Era ormai una consuetudine per il segretario Cei ottenere – al termine del mandato – un'Arcidiocesi con titolo cardinalizio. L'ultimo in ordine di tempo ricevere la berretta rossa è stato monsignor Giuseppe Betori, dal 2008 Arcivescovo di Firenze. A Monsignor Mariano Crociata, nemmeno un mese e mezzo riconfermato come Segretario della Cei, e dunque come numero due del cardinale Angelo Bagnasco, questa possibilità per il momento non è spettata: va a Latina, diocesi che non dà diritto alla berretta cardinalizia.
COME CAMBIERA' LA CEI- Perché Crociata non ha avuto la promozione ad un'arcidiocesi e un futuro da Cardinale non è – dicono Oltretevere ad Affari – per motivi disciplinari o personali. Insomma, non è stata una punizione. Semmai, la nomina di Crociata a Latina è un segnale chiaro che viene da Santa Marta: la Cei, così com'è, deve cambiare. “Questa non è più la Chiesa di Giovanni Paolo II, in cui certi meccanismi sembravano automatici” - dicono nei Sacri Palazzi. E precisano: “C'è un Papa che vuole cambiare la Cei, per cui non nominerà più la classe dirigente, che sarà eletta un domani dai vescovi come accade nelle altre Conferenze Episcopali”. Non è tutto: il punto, secondo i rumors che vengono riferiti ad Affari, è che è tempo di cambiare un'intera classe dirigente. Due i punti cardine: la presenza, nel seguito papale della visita di Francesco al Quirinale della senatrice a vita Elena Cattaneo, ritenuta vicina al Papa e che certo non ha idee in tema di bioetica simili a quelle della Chiesa (tutt'altro, anzi). La seconda: questo Papa non pone più l'accento sui “valori non negoziabili” (aborto, eutanasia, contraccezione, tutti temi molto cari a Giovanni Paolo II), ma più sulla dottrina sociale. Lo ha detto anche nell'intervista a Eugenio Scalfari, se è per questo: per cui occorre “rottamare” la classe dirigente attuale. E questo implica che prossimamente alla guida della Cei potrà esserci un nuovo presidente, stavolta eletto dai vescovi italiani e non scelto in base a logiche curiali. E qui lo scenario potrebbe cambiare ulteriormente.
UNO DEL SUD? - Da dove potrebbe venire il prossimo presidente dei vescovi italiani, il primo eletto dai confratelli? Molto probabilmente dal Centro-Sud Italia, dove ci sono più diocesi. E guardando un po' all'atlante della geografia ecclesiastica, alcuni nomi spuntano subito: Bruno Forte, Arcivescovo di Chieti-Vasto classe 1949; segue l'Arcivescovo di Bari-Bitonto Francesco Cacucci, che però è classe 1943 e tra un paio d'anni prossimo alla pensione; e infine proprio monsignor Pennisi, peraltro molto noto per il suo impegno antimafia. A meno che non spunti un outsider: che per il momento, a guardare specie nel Settentrione d'Italia, non sembrerebbe esserci. Sempreché non si parli di monsignor Giuseppe Zenti vescovo di Verona classe 1947 e salito alla ribalta qualche giorno fa per una presa di posizione contro la crisi, sottolineando come sia: “giusto ridurre le tasse a chi non ce la fa a pagarle” e chiedendo “alle aziende che non riescono a pagare” la riduzione delle imposte. Un bell'appello sociale che potrebbe piacere a Papa Francesco. Per finire: una delle voci più gettonate in questi giorni continua a parlare – vi avevamo già accennato su queste pagine - della possibile promozione di monsignor Rino Fisichella ad una sede Arcivescovile. Lontana da Roma.
di Antonino D'Anna
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