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mercoledì 13 novembre 2013

La Cardinala


Ecco l’incubo della “Cardinala” (Cattolici, tremate, le Papesse son tornate!)  -  di Roberto Dal BoscoLa Chiesa, le donne, Lucetta Scaraffia, le “femministe cattoliche” e il buon senso


guglielm
Ne parlava ieri il nostro Roberto Dal Bosco, nel suo articolo “Ecco l’incubo della ‘Cardinala’ “. Lucetta Scaraffia, le cui mirabili parole sono già state citate nel suddetto articolo (riprese da Il Gazzettino di martedì 24 settembre), torna a parlarne proprio oggi sul quotidiano Italia Oggi. Potete leggere l’articolo sotto.
Che dire? L’articolo di Roberto Dal Bosco l’abbiamo pubblicato non solo perché Dal Bosco scrive molto bene, ma anche perché lo condividiamo e sottoscriviamo.
Ci viene da aggiungere solo una considerazione: ma non ci sono cose un tantino più serie di cui occuparsi?
Dulcis in fundo, la risposta ce la dà sempre una donna. Riprendiamo dall’articolo di ieri: “…Costanza Miriano, che è con ogni evidenza un faro nella burrasca presente, ha già cominciato a rispondere. In una lettera che ha consegnato di persona al Papa ad una udienza privata a latere di un seminario sulla Mulieris Dignitatem del mese scorso, ha scritto: «le vere rivoluzionarie sono le donne che vogliono, come Maria, servire, non quelle che chiedono maggior potere nella Chiesa. Noi sappiamo che il ministero mariano precede quello petrino, e sappiamo che solo l’amore è credibile, e che solo la croce rende vero l’amore, il resto non ci interessa. Noi sappiamo che l’unico privilegio a cui anelare è quello dello Spirito, e il sacerdozio che vogliamo per le donne è solo quello del cuore. Noi donne al servizio della vita non vogliamo contare di più, né tanto meno diventare cardinali: non ne abbiamo tempo, dobbiamo crescere i nostri figli!»…”

By Riscossa Cristiana On 12 novembre 2013 
Redazione

Ecco l’incubo della “Cardinala” (Cattolici, tremate, le Papesse son tornate!) 

di Roberto Dal Bosco

la_papesse_tarot_argolanceQuando avevo nemmeno vent’anni, finii come tanti coetanei per stare a Londra, con il fermo intento di lavoricchiare e vivere la gioventù con somma leggerezza. Dev’essere il fatto che non sempre quest’ultimo obbiettivo mi riesce, ma mi ritrovai, per una serie di coincidenze, a casa di uno strambo prete anglicano interessato a Evola, a Bachofen, allo Zen e ai quadri di Francis Bacon. Un giorno, il reverendo mi offrii un caffè lungo su un mug, la caratteristica tazza da cereali americana. Sopra vi era impressa una scritta a caratteri cubitali: «FORWARD IN FAITH». Avanti nella fede. Il logo, ben definito, vedeva una croce radiante che poggiava sul globo terrestre. Chiesi da dove saltasse fuori questa scodella mistica. «È un gruppo all’interno della chiesa anglicana. Si oppone in modo frontale all’ordinazione sacerdotale delle donne». Nella mia beata incoscienza di ragazzino che era lì per i rave party e i film d’essai, cosa potevo saperne io di questa querelle religiosa angloide? Non potevo essere a conoscenza che gli anglici  già nel 1944 ordinarono sacerdote (sacerdotessa? sacerdota?) tale Lim Ti-Oi, eletta parroco (parroca?) in quel di Macao, che peraltro è forse la più splendida oasi cattolica che esista in Oriente. Non sapevo nemmeno che nel 1976 a Philadelphia (un’altra città super-cattolica!) gli Episcopaliani, in comunione con gli Anglicani, né ordinarono 11 in un colpo. Non potevo essere a conoscenza del fatto che nel 1989 in Massachusetts (curioso: uno stato fortemente cattolico) avevano consacrato Barbara Harris, la prima donna-vescovo (vescova?). Dal 1992, Canterbury ha dato la sua autorizzazione definitiva, e nel 2010 una ricerca ha appurato che le donne prete (pretesse?) sono ordinate in numero maggiore rispetto ai colleghi mascoli (che ora andranno a definirsi «uomini-prete»). No, nulla di tutto questo potevo avere in testa; anzi, la cosa non mi riguardava, del resto non potevo nemmeno dire che ero «cattolico», o lo ero come certi vescovi e cardinali di oggi (OK, forse anche da ragazzino incosciente, lo ero un po’ di più di certi cardinali: la contraccezione mi ha sempre ripugnato assai). Quel giorno a Kensington mi parve che gli anglicani, o quel che ne restava, fossero un dettaglio della civiltà divenuto ridicolo, tanto più che il loro rappresentante mi infarciva il tutto con teorie esoteriche sull’inferiorità della donna («Otto Weininger, l’unico ebreo che Hitler ammirava»). Proseguendo la discussione teologico-filosofica, dopo che si era passati per Spinoza e il buddismo giapponese, il reverendo arrivò a dirmi, con tono soddisfatto e sornione, che «Dio è morto». Anche se mi chiedevo come avessero potuto far prete uno così, non potevo arrivare ad immaginare che questa era una naturale, diligente evoluzione dell’Anglicanesimo, cioè di una Chiesa che ha perso di vista la dottrina, il magistero, Dio. Nel 1984 era stato pubblicato un sondaggio sui vescovi anglicani, da cui emerse che 31 su 39 pensavano che i miracoli, la nascita dalla Vergine, la resurrezione non sono accaduti esattamente come dice la Bibbia. Solo 11 ritenevano che Cristo fosse Uomo e Dio, mentre per 19 era sufficiente considerare Gesù come «supremo agente di Dio»[1]. Capite, quindici anni dopo, dire che Dio è morto doveva venire naturale. È l’aggiornamento, bellezza.
Pensavo di essermi dimenticato per sempre quella tazza di caffè. Poi, in una improbabile cornice zambiana del tardo 2009, mi tornò alla mente. Mi capitò di leggere, in un quotidiano afro-britannico, qualcosa che nessun giornale italiano riportò con la dovuta importanza: il Rev. Vescovo anglicano John Broadhurst, vescovo anglicano di Fulham e capofila del movimento Forward in Faith, disse, testuali parole, «the anglican experiment is over». L’esperimento anglicano è finito. Si trattava, a tutta evidenza, di un trionfo dell’unica vera Chiesa che nel frattempo avevo ritrovato e giurato di difendere sino alla morte. La Chiesa di Benedetto XVI si preparava a riassorbire la ribellione inglese con la Costituzione Apostolica Anglicanorum Coetibus. Vittoria. A cinque secoli dallo scisma, giustizia era fatta. In quel giorno di sole africano, quanto mi sembrava lontana quella brumosa discussione sulle donne-prete e le donne-vescovo (vescove?) dei pazzi anglicani! Guardando Lusaka e i luridi slums creati dal colonialismo inglese, mi dissi con cuore poetico: «the Wasteland is over». La terra sta guarendo. Dio è vivo. E viva il Papa.
Ecco, dunque, che mi trovo a svegliarmi un giorno di qualche autunno dopo: è l’anno del Signore 2013. Sui giornali anglofoni campeggia la foto di una teologa irlandese quarantanovenne, Linda Hogan. Il titolo a tutta pagina del Daily Mail: «Può questa femminista sposata divenire la prima donna cardinale? Consistenti voci che il riformista Papa Francesco si stia preparando  a rompere con novecento anni di storia»[2]. La Hogan, vicepreside del Trinity College di Dublino e fondatrice dell’Association for Catholic Social Thought, non è nemmeno sola. James Keenan, del Boston Jesuit College, su Facebook (i cattolici ora si esprimono così…) parla di una rosa di nove candidate: due dal Brasile, tre dall’Africa, una dall’Australia, una tedesca e una dalle Filippine.
Una donna cardinale (cardinalessacardinala?)? Si può, dicono tutti. Per 700 anni il Papa poté nominare cardinale chi voleva, come Alessandro VI che rese porporato il figlio diciottenne Cesare Borgia. Poi, nel 1917, una legge canonica stabilì che potevano diventare cardinali solo uomini con ordinazione sacerdotale. Quello che sostengono in molti è che il Papa dalle mille sorprese potrebbe semplicemente bypassare questa legge. (Nessuno per il momento ha pensato all’ipotesi più catastrofica: nomina di cardinale con annessa immediata ordinazione sacerdotale di una donna, e cioè un tris magico – donna-cardinale, donna-sacerdote, sacerdote/cardinale sposato – che potrebbe divenire un poker apocalittico con l’aggiunta di qualche altro ingrediente-sorpresa… ).
Personalmente, avevo salutato per sempre la follia anglica della sacerdotessa, buttata fuori dalla finestra della Storia. Ora questa rientra dalla porta principale della Chiesa, dal cancello di San Pietro: letteralmente. L’esperimento anglicano non è finito: al contrario, sta proprio per iniziare. A casa nostra. È l’imprevedibile mercurialità della realtà: uno si addormenta felicemente cattolico e si risveglia in un incubo anglicano. (Un incubo, che gli stessi anglicani pensavano fosse terminato).
Ci stupiamo? Si tratta di esercizi di tranquilla genderizzazione della Chiesa Cattolica. Se la Chiesa deve incontrare il mondo, e il mondo va spedito verso la teoria del gender, perché mai dovrebbe invertire la rotta?
La voce pare sia partita da Juan Arias, un brasiliano che ancora sotto Paolo VI si spretò per sposarsi. Lo spagnolo El Paisl’aveva raccolta a settembre, i giornali inglesi sono andati in visibilio non appena hanno registrato che non si trattava di una bufala impazzita. Ecco, si compie vendetta vera sull’Anglicanorum Coetibus. Ma, senza fossilizzarci sulla questione anglica, vediamo come questa possibilità apra in tutto e per tutto alla prospettiva di una «Chiesa femminista» di cui parlava Romano Amerio: «l’accomodazione della Chiesa al mondo manifestatasi nell’idoleggiare la gioventù, si manifesta pure nel secondare il femminismo che si pone, quale fu negli esordi, come sistema di emancipazione e agguagliamento integrale della donna rispetto all’uomo»[3]. Inevitabile che alla dott.ssa Scaraffia – una che volendo può firmarsi con l’inquietante espressione «Lucetta della Loggia» – abbia fatto esplodere la gioia più grande: «Sembra veramente incredibile che le gerarchie ecclesiastiche pensino che queste donne non abbiano nulla da dire, nulla di interessante da suggerire. Che non siano, cioè, interlocutori indispensabili per creare un futuro vitale alla Chiesa. Ma Papa Francesco, che vuole soprattutto “scaldare i cuori”, sa che le donne, nel fare questo, sono maestre e che un futuro diverso, più vivo, non può essere realizzato senza il loro attivo contributo»[4].
Finalmente, la Lucetta potrà risolvere la sua biografia schizoide: potrà essere, al contempo, papista e femminista – in una parola, papessista. Già sentiamo il coro che si scatena nel cuore nostalgico della Scaraffia: «Maschi, tremate, le papesse son tornate!».
Perché di questo si parla: del ritorno della Papessa. Credere che, giunti alla Cardinala, ci fermeremo? Ma no: arriverà la Papessa.
Sì, il ritorno della Papessa Giovanna, che era una grande calunnia dei protestanti: una chiesa che si protestantizza, non solo crede alla Papessa, ma finisce per forza per eleggerne una. E perché non dovrebbe?
Il sommovimento è tale che anche il canale TV La7, che apparecchia furbamente palinsesti in tempo reale sperando di incidere sulla realtà del Paese, qualche giorno fa ha mandato in onda Die Päpstin, un oscuro film tedesco sulla mitologica donna-Papa dove la Chiesa è dipinta come un postribolo di machisti lussuriosi e violenti, uomini insensibili all’amore e alla bellezza, del quale invece sono ovviamente esperte le donne, che – ça va sans dire – sono più adatte a guidare la Chiesa.
Papessa è bello. Pensate, finalmente la Chiesa potrebbe vantare l’ecumenismo anche con l’Occulto: la Papessa è la seconda carta degli arcani maggiori Tarocchi. Viene subito dopo il Bagatto e prima della carta dell’Imperatrice: secondo l’occultista Oswald Wirth, la Papessa  «con la mano destra tiene socchiuso il libro dei segreti, che nessuno mai potrà scoprire se la Papessa non gli affida le chiavi che tiene nella mano sinistra. Di queste due chiavi che aprono l’interno delle cose (Esoterismo), una è d’oro e connessa al sole (Verbo, Ragione), l’altra è d’argento e dunque connessa alla Luna (Immaginazione, lucidità intuitiva) (…) Rivelatrice di Misteri, detentrice delle chiavi della Grande Opera. La Materia prima dei Saggi, enigma iniziale che l’operatore deve risolvere prima di giungere al magistero. Questa Materia misteriosa è dovunque, si ottiene a prezzo vile, ma solo i Figli dell’Arte riescono a discernerla. Senza di essa, ogni operazione chimica è vana»[5]. Insomma, la Chiesa, con la Papessa, farebbe pace con la Magia Nera: e sarebbe anche l’ora. Già intravediamo un giubilante articolo di Franco Cardini sull’argomento, con conseguente premio della Massoneria. Alla quale peraltro la Papessa piace assai: su certi tarocchi essa, «Madre degli Iniziati», è raffigurata sopra quel pavimento a scacchi neri e bianchi su cui si dispone ogni Loggia di grembiulini che si rispetti.
Uno dice, sarà solo una voce. Sì, ricordiamo come andò a finire quando Antonio Socci qualche anno fa raccolse la voce sulle dimissioni del Papa[6]. Una panzana emersa da chi raschia il barile, si pensò, buona per stimolare la prosa lucida e contorta di Giuliano Ferrara: «un Papa che si dimette perché ritiene spiritualmente un dovere assecondare un rinnovamento e rilancio che non cancelli il suo stesso magistero, ma anzi lo rilanci, ha indirettamente la possibilità di influenzare con maggiore tempra e fondamento la successione (sceglie i tempi, offre un segno grande e terribile di vita extra-ordinaria della sua chiesa)»[7]Aha! Diciamo che non è andata esattamente così. Ferrara ha sbagliato un po’ la mira, ma gli spifferi sulla Chiesa, in ispecie in un’era in cui i maggiordomi papali zanzano documenti a go-go, vanno presi sul serio – dannatamente. E ci è andata pure bene: lo spiffero profetico ulteriore, che proveniva dal bizzarro viaggio cinese di un vescovo meridionale, parlava di attentati al Pontefice e dell’elezione al Soglio di un cardinale vicino a CL. Fiuuu.
Ora, le voci sulla Cardinala e sulla Nuova Chiesa Papessista già eccitano tutti. Famiglia Cristiana («Fanghiglia Pagana») già lancia un festoso rilevamento online: «Una donna cardinale: cosa ne pensate?». Il sondaggismo, malattia terminale del Cattolicismo. (Pregasi notare anche come vi abbiano piazzato una foto di suore che ballano felici ad una GMG).
guglielmSembra passato un millennio da quando Giovanni Paolo II scrisse l’Esortazione ApostolicaFamiliaris Consortio (15 dicembre 1981), nella quale riassumeva gli orientamenti prescritti dal Sinodo dei vescovi per la famiglia. Al n.23 leggiamo che si deve eradicare la mentalità per cui «si stima che l’onore della donna derivi più dal lavoro fatto fuori casa che da quello domestico». N.25: «che mogli e madri non si trovino di fatto costrette a lavorare fuori casa, e che le loro famiglie possano vivere degnamente e prosperare anche quando esse dedicano tutte le loro cure alla propria famiglia»[8]. «Est profecto ita! Necesse  est familiae nostrae aetatis ad pristinum statum revocentur»[9]: «e Proprio così! Bisogna che le famiglie del nostro tempo ritornino alla condizione prima», conclude Woytila[10]. Trent’anni fa il Santo Padre parlava così. Ora, come la mettiamo con i figli della Cardinala? Resteranno soli mentre la madre va al conclave? E se la dovessero eleggere Papessa, come concilierebbe il lavoro con la famiglia? Papessa part-time? Papessa in maternità? Domande abissali, che forse dobbiamo cominciare a porci.
Costanza Miriano, che è con ogni evidenza un faro nella burrasca presente, ha già cominciato a rispondere. In una lettera che ha consegnato di persona al Papa ad una udienza privata a latere di un seminario sulla Mulieris Dignitatem del mese scorso, ha scritto: «le vere rivoluzionarie sono le donne che vogliono, come Maria, servire, non quelle che chiedono maggior potere nella Chiesa. Noi sappiamo che il ministero mariano precede quello petrino, e sappiamo che solo l’amore è credibile, e che solo la croce rende vero l’amore, il resto non ci interessa. Noi sappiamo che l’unico privilegio a cui anelare è quello dello Spirito, e il sacerdozio che vogliamo per le donne è solo quello del cuore. Noi donne al servizio della vita non vogliamo contare di più, né tanto meno diventare cardinali: non ne abbiamo tempo, dobbiamo crescere i nostri figli!»[11].
filmBasterebbero queste parole perfette per chiudere questo excursus su pretesse, cardinale (plurale di cardinala) e papesse. Voglio però ricordare un film di Pupi Avati. Regista non sopraffino, che iniziò la carriera con una serie di memorabili film horrorambientati nella bassa padana. Uno di questi, La casa dalle finestre che ridono, ora è un cult internazionale. Al termine di una storia di efferati delitti che sconvolgono il paesino emiliano, si scopre – attenzione, spoiler! – che l’assassino è il prete, che in realtà non è nemmeno un prete, è una donna: il finale, agghiacciante, implica la rivelazione del prete-donna. Tanti anni fa, ad un incontro di presentazione del DVD, sentii dire ad Avati che l’idea gli venne dai racconti di sua nonna, che usava, per farlo dormire, la favola nera del prete-donna: una leggenda locale, dove alla morte di un sacerdote si scoprì che non era un uomo. «Se non fai il bravo viene il prete-donna!» diceva la nonna al piccolo Pupi, il quale – confessava – non riusciva a pensare ad un abominio più grande. Chiedo pubblicamente ad Avati quindi, di mettere in cantiere un seguito – anzi, una trilogia, come si usa fare ora – con un horror sulla Cardinala ed uno sulla Papessa. La quale, peraltro, potrebbe non essere nemmeno il capitolo finale di questo incubo. Nell’aprile 1979, sulla rivista Seminari e teologia, apparve l’articolo di una suora che parlava di «stranissima anomalia» e di «madornale equivoco» nella teologia trinitaria cattolica: lo Spirito Santo è in realtà una Spirita santa. Scrive Amerio che non si può in alcun modo «trovare nuova la stravaganza della Spirita Santa. Essa trovasi notata già in Agobardo e d’altronde gli eretici nominati Osceni facevano femmina la terza persona e la adoravano incarnata nella Guglielmina Boema»[12]. Guarda guarda chi si rivede: Guglielmina la Boema, guaritrice-strega del XIII secolo il cui culto fu condannato da Bonifacio VIII. Sì, esattamente lei: quella presso la cui tomba, all’Abbazia di Chiaravalle, si volle far seppellire Raffaele Mattioli, gran massone e signore del sistema bancario italiano. Una biografia tedesca la chiama, appunto, Die Päpstin von Mailand, la Papessa di Milano. Il quadro c’è tutto: streghe, Papesse e incappucciati.
Come abbiamo detto più sopra, ci siamo addormentati cattolici e ci siamo risvegliati in un incubo: anglicano, protestante, massonico, gnostico – ancora non ci è dato di sapere quali siano le sue fattezze esatte. Ma è comunque un incubo più mostruoso di quanto noi stessi riusciamo ora ad immaginare.
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[1] «Shock Survey of Anglican Bishops», Daily News, 25 giugno 1984.
[2] «Could this married feminist be the Catholic Church’s first woman cardinal? Rumours rife that reforming Pope Francis is preparing to break with 900 years of history», Daily Mail, 3 Novembre 2013.
[3] Romano Amerio, Iota Unum, Fede&Cultura, Verona 2009; p.184.
[4] Lucetta Scaraffia, «Papa Francesco alle prese con l’ultimo tabù: le donne cardinale», Il Gazzettino, martedì 24 settembre.
[5] Oswald Wirth, I tarocchi, Edizioni Mediterranee, Roma 1997, p. 128 e 287.
[6] Antonio Socci, «Le dimissioni del Papa… Preghiamo che Dio ce lo conservi a lungo», Libero 25 settembre 2011.
[7] Giuliano Ferrara, «Le dimissioni del Papa», Il Foglio, 10 marzo 2012.
[8] Enchiridion del Sinodo dei Vescovi 1965-1988, Centro Editoriale Dehoniano, Bologna 2005; p.1744.
[9] Ibid.; p.1648.
[10] Gli faceva eco Madre Teresa di Calcutta, che al Giornale Nuovo del 29 dicembre 1980 disse che «la donna è il cuore della famiglia. E se oggi abbiamo grossi problemi è per il fatto che la donna non è più il cuore della famiglia, e quando il bambino torna a casa non trova più la madre a riceverlo».
[11] Costanza Miriano, Lettera al Papa, costanzamiriano.com 22 ottobre 2013.

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