E per i Francescani dell'Immacolata
L'Immacolata vive un
indubbio momento di crisi. Inutile nascondercelo. Primo grande segno è la foga
satanica che si è abbattuta su uno dei suoi migliori monumenti viventi:
l'ordine dei Francescani dell'Immacolata.
Sulla dura prova che
i frati azzurri vanno subendo - e in parte auto-infliggendosi - in
questi mesi,
è stato scritto tanto in diverse salse, da persone esperte, e persino su
questo
blog. Si sono alternate letture politiche di 'destra' e di 'sinistra';
j'accuse
e petizioni (la più recente, promossa da Roberto de Mattei e volta a
ottenere le dimissioni del commissario padre Fidenzio Volpi, è
reperibile qui); esegesi sedevacantiste
e stroncature anti-curiali. Più di uno, assai giustamente, ha ricordato il
profilo spirituale e soprannaturale dell'evento: come a tutti i grandi santi,
così anche a questo Ordine di uomini di Dio doveva capitare di subire una dura
prova espiatrice e purificatrice.
Non ricordo però che
alcuno abbia circostanziato ulteriormente il riferimento mistico, precisamente
soffermandosi sul fatto che i frati sono votati appunto all'Immacolata. Ci
riflettevo domenica scorsa, ricorrenza della meravigliosa solennità mariana:
non è un caso se Dio permette questo nuovo scandalo ecclesiale proprio attorno
al nome immacolato della Vergine. Credo faccia parte di quello scatenamento
diabolico, il cui corno più esplicito si vede invece – sostenevo nell’ultimo
mio articolo – nella furia irrazionale e anti-vitale dell’omosessualismo di
Stato.
Oggi però non scrivo
per recensire o riflettere. Scrivo per rilanciare da questa pagina l'appello di Blondet: affidare a una nuova crociata di rosari la salvaguardia dell'ordine
religioso e morale italiano, chiedendo però di
integrare esplicitamente nell’impresa l'intenzione per la reintegrazione
dell'Ordine francescano dell'Immacolata.
Ma perché ritenere
questa urgenza? Per dare voce all’osservazione soprannaturale di cui sopra,
certo. Ma non solo. L'apprensione per le sorti dei fraticelli che si salutano
all'esclamazione soave di "Ave Maria!" non è semplice partigianeria.
Anzi, direi che è l'opposto della partigianeria. Ne è l'antidoto. E' cioè
l'opposto di quella sciatteria materialmente eretica (Dio non voglia lo sia
pure formalmente) cui ha dato ennesima espressione don Ciotti. Prontamente
rilanciato dalle pagine web di Repubblica, sta facendo il giro degli schermi il
video deprimente della santa Messa da lui celebrata lo scorso 8 dicembre in
ricordo del defunto don Gallo.
Messa intrinsecamente santa, ma manifestamente ambigua, nella
quale non è stato chiaro a chi spettasse il primato d’adorazione: se a nostro
Signore, alla sua Madre Immacolata, a don Gallo, ai suoi derelitti, o a don
Ciotti (novello Gallo, aspirante Eliseo o più probabilmente contro-figura
pseudo-mistica di Renzi nel giorno delle primarie PD?). Unica cosa chiara è
l'imbarbarimento cultuale e culturale del consesso partigiano - e in questo
senso, dicevo, alla partigianeria mi oppongo - in cui il compagno Presidente
intona una ambigua Bella Ciao. A chi? Alla Madonna? Spero di no.
Ed è dunque contro
tale decadenza antropolatra e priva di gusto che un Ordine umile ma serrato
come i FFI di p. Manelli rappresenterebbe l'efficace alternativa. La miglior
contro-rivoluzione. Sufficientemente franceschiana da piacere pure al Papa.
Chiudo con un inno.
Don Ciotti, riferiscono le testate, ha usato l’Ave Maria di De Andrè. Io
piuttosto avrei usato Eden di Paolo Conte. Più schietto. E maggiormente in tono
con il dittico patristico della festa (Maria novella Eva, diceva Giustino). In
definitiva – state quieti - né De André né Conte. Noi che abbiamo avuto la
pazienza di riscoprire senso ed efficacia di un rito alto e plurisecolare, non
temiamo la citazione di musiche vertiginose. Musiche che non moriranno con noi,
coi nostri pallidi successori, coi nostri pavidi persecutori. Tremendamente
umane eppur quasi divine. Realmente mariane.
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