"Evangelii gaudium": l’alleanza con gli ebrei fu irrevocata, fu San Paolo a sbagliare
Preghiera di inizio studio: Signore
Gesù Cristo, che hai detto di essere unicamente Tu la Via, Verità e
Vita che ci conduce al Padre, aiutaci in questi tempi difficili ad
essere vero lievito per la salute eterna degli uomini, che Ti degnasti
di voler riscattare con il Sangue versato sulla Santissima Croce.
Sostienimi in questo studio, affinché possa essere di testimonianza alla
Verità e in alcun modo possa gettare scandalo nella Chiesa. Te lo
chiedo per intercessione di Maria Santissima e di San Tommaso Doctor
Angelicus. Amen.
Il 24 Novembre, papa Francesco ha pubblicato una esortazione apostolica destinata alla Chiesa e al mondo, Evangelii Gaudium.
Alcuni
dicono che questo documento dovrebbe essere infallibile, in quanto
“magistero ordinario”. Molti altri sostengono invece che questo
documento non goda di infallibilità, ma che è “vincolante nei punti che
non contraddicono l’infallibile Magistero”, e non è infallibile proprio
perché “magistero ordinario”. Preferisco non esprimermi e riportare
semplicemente, senza nulla togliere o aggiungere, la Dottrina della
Chiesa Cattolica, cosa si insegna davvero a proposito del Magistero
ordinario del Papa, se le esortazioni apostoliche ne siano parte e se
sia o meno infallibile.
RISPONDONO DOGMATICAMENTE:
a) Leone XIII in Satis Cognitum:
«Per questo i padri del concilio Vaticano (Primo) nulla hanno decretato
di nuovo, ma solo ebbero in vista l’istituzione divina, l’antica e
costante dottrina della Chiesa e la stessa natura della Fede, quando
decretarono: “Per Fede divina e cattolica si deve credere tutto ciò che
si contiene nella parola di Dio scritta o tramandata, e viene proposto
dalla Chiesa o con solenne definizione o con ordinario e universale
magistero come verità da Dio rivelata”»
b) Nel Denzinger prima della modifica dell’ateologo Karl Rahner1:
"L’infallibilità spetta pure al Concilio ecumenico, se d’accordo col
Papa che ne approva le decisioni…, e al Magistero universale-ordinario
quando —sempre in materia di Fede e morale— si svolge sotto la tacita
approvazione del Vicario di Cristo. L'infallibilità pontificia è dogma
di fede, solennemente definito da Pio IX nel Concilio Vaticano I, il 18
luglio 1870 [Denzinger, 3074]".
c) Paolo VI,
dunque un pontefice post conciliare: "Fondandosi appunto su questa
verità, il Concilio Vaticano I definí qual è l'oggetto della Fede
cattolica: “Si devono credere con fede divina e cattolica tutte quelle
cose che sono contenute nella parola di Dio scritta o trasmessa, e che
dalla Chiesa, con solenne giudizio o nel Magistero ordinario e
universale, sono proposte a credere come divinamente rivelate”. Di
conseguenza, l'oggetto della fede cattolica —che specificamente va sotto
il nome di dogmi— come necessariamente è ed è sempre stato la norma
immutabile per la fede, altrettanto lo è per la scienza teologica»
[Congregazione per la Dottrina della Fede, DICHIARAZIONE CIRCA LA
DOTTRINA CATTOLICA SULLA CHIESA PER DIFENDERLA DA ALCUNI ERRORI D'OGGI,
Prefetto Francesco Card. Seper, 24.06.1973, Ratifica e conferma Paolo
VI, 11.05.1973)".
Anche Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, nel libello Verità della Fede,
la cui dottrina fu dichiarata dal Pontefice “esente da ogni censura
teologica”, scrive che: “Altri tra costoro [gli erranti, N.d.A.] dicono
che il Papa è infallibile, ma solamente quando procede maturamente nel
definire le questioni, dopo aver ascoltato il giudizio dei saggi e
specialmente del concistoro dei cardinali, e dopo aver implorato il lume
dello Spirito Santo e fatto fare pubbliche preghiere. Altri
contrariamente dicono che è meglio che tale condizione sia di sola
congruenza, ma non assolutamente di necessità, poiché l'infallibilità al
solo pontefice è stata promessa, non già ai suoi consultori o solo
conseguentemente la consultazione, altrimenti gli eretici sempre
potrebbero opporre che non si è posto il dovuto esame o che il Papa si
sia valso del consiglio di uomini poco dotti o pregiudicati. Ma se il
Papa procedesse temerariamente senza l'opportuno consiglio? Questo caso
non può avvenire, risponde il Bellarmino (de Summo Pontifice); perché quel Dio che ha promesso l'assistenza al suo vicario affinché non erri mai nelle definizioni di fede (rogavi pro te, ut non deficiat fides tua
- ho pregato per te, affinché la tua fede non venga mai meno), siccome
non può mancare nelle sue promesse, così non può permettere né che il
Papa erri, né che egli definisca temerariamente”.
Qualunque cosa si pensi (infallibilità
in ogni documento magisteriale o solo in quelli di Magistero
straordinario o solo in quelli di Magistero straordinario e ordinario in
cui però si precisa l’uso dell’infallibilità), sta di fatto, ed è un
fatto, che la Evangelii Gaudium contiene vari punti in
particolare che gravemente contrastano con la Dottrina Cattolica di
sempre stabilita dal Vangelo e dai Sacrosanti Concili, quindi, comunque
la si pensi a riguardo, si dovrebbe convenire su questo fatto: la Evangelii Gaudium
erra, poiché i Concili sono magistero straordinario, e tutti convengono
nel dire che il magistero straordinario è sempre infallibile. Uno
studio approfondito della questione dell’infallibilità papale sarebbe
troppo lungo, discosterebbe troppo dal tema trattato, per il momento è
meglio rimandare ad altri studi dell’amico Carlo Di Pietro:- Sulla necessità dell’infallibilità del Pontefice e sulla condanna della collegialità
- L’infallibilità della Chiesa: Magistero straordinario e ordinario
Nell’esortazione apostolica di Papa Francesco Evangelii Gaudium
vi sono scritte, stavolta senza ambiguità (sono affermazioni chiare,
precise, non come quelle tipiche del Concilio o dei papi
post-conciliari, che potevano essere “portate all’ortodossia”, portate
cioè ad una interpretazione sana e in linea con la Dottrina di sempre),
errori dottrinali, in pieno contrasto con il Magistero di duemila anni,
da Gesù Cristo ad oggi. Ognuno faccia le proprie personali conclusioni.
«
Proclamiamo e definiamo dogma rivelato da Dio che il Romano Pontefice,
quando parla ex cathedra, cioè quando esercita il suo supremo ufficio di
Pastore e di Dottore di tutti i cristiani, e in forza del suo supremo
potere Apostolico definisce una dottrina circa la fede e i costumi,
vincola tutta la Chiesa, per la divina assistenza a lui promessa nella
persona del beato Pietro, gode di quell’infallibilità con cui il divino
Redentore volle fosse corredata la sua Chiesa nel definire la dottrina
intorno alla fede e ai costumi: pertanto tali definizioni del Romano
Pontefice sono immutabili per se stesse, e non per il consenso della
Chiesa » (Concilio Vaticano I, Pastor Aeternus, capo IV)
Passiamo ora ad analizzare il punto critico della Evangelii Gaudium di Papa Francesco, di cui attendiamo – si spera – dallo stesso una rettifica o, per lo meno, una spiegazione.
L’alleanza con gli ebrei fu irrevocata?
“247. Uno sguardo molto speciale si rivolge al popolo ebreo, la cui Alleanza con Dio non è mai stata revocata, perché «i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili» (Rm 11,29).
La Chiesa, che condivide con l’Ebraismo una parte importante delle
Sacre Scritture, considera il popolo dell’Alleanza e la sua fede come
una radice sacra della propria identità cristiana (cfr Rm 11,16-18). Come cristiani non possiamo considerare l’Ebraismo come una religione estranea, né includiamo gli ebrei tra quanti sono chiamati ad abbandonare gli idoli per convertirsi al vero Dio (cfr 1 Ts 1,9). Crediamo insieme con loro nell’unico Dio che agisce nella storia, e accogliamo con loro la comune Parola rivelata”.
Leggiamo adesso cosa sostiene il Catechismo di San Pio X:
225. Chi sono quelli che si trovano fuori della vera Chiesa?Si trovano fuori della vera Chiesa gli infedeli, gli ebrei2, gli eretici, gli apostati, gli scismatici e gli scomunicati.
E ancora:200. Chi non credesse alle solenni definizioni del Papa, quale peccato commetterebbe?
Chi non credesse alle definizioni solenni del Papa, o anche solo ne dubitasse, peccherebbe contro la fede, e se rimanesse ostinato in questa incredulità, non sarebbe più cattolico, ma eretico.
Ma,
evidentemente, tutti i pontefici, i santi, i teologi, i dottori da Gesù
Cristo (!) in poi erano in errore, incluso Gesù Cristo. E già, perché se
gli ebrei non necessitano di conversione – ma, secondo l’esortazione,
non solo loro!3 – in virtù dell’antica alleanza irrevocata, come mai Nostro Signore pianse su Gerusalemme?
“Gerusalemme, Gerusalemme, che
uccidi i profeti e lapidi quelli che ti sono inviati, quante volte ho
voluto raccogliere i tuoi figli, come una gallina raccoglie i pulcini
sotto le ali, e voi non avete voluto! Ecco: la vostra casa vi sarà
lasciata deserta! Vi dico infatti che non mi vedrete più finché non
direte: Benedetto colui che viene nel nome del Signore!” (Matteo XXIII,
38-39)Non è difficile fare l’esegesi di questi versetti, se non per motivi di politicamente corretto, che ci costringono a tacere determinate verità. Ci sembra, infatti, che questo stesso passo dell’EG che stiamo analizzando, sia stato scritto più per compiacere i bisogni del politically correct, dell’ecumenismo politicante, piuttosto che della Verità del Vangelo di Gesù Cristo. Nostro Signore è chiarissimo: il popolo eletto, i giudei, ha rifiutato il Messia a loro promesso e Iddio, che era venuto anzitutto “per le pecore perdute della casa di Israele”, piange su Gerusalemme e sulla sua rovina, spirituale ancor prima che materiale. Infatti: loro non vedranno più Dio finché non diranno: Benedetto Colui che viene nel nome del Signore; ossia finché non riconosceranno che Gesù Cristo è il Messia.
Ma, evidentemente, anche Gesù Cristo deve aggiornarsi ed adeguarsi alla Evangelii Gaudium?
La Chiesa deve abbandonare il Vangelo ed adeguarsi alla nuova pastorale?
Eppure, anche in questo caso, la Chiesa dogmaticamente rispose, condannando le seguenti proposizioni:
“58. La verità non è immutabile più di quanto non lo sia l'uomo stesso, poiché si evolve con lui, in lui e per mezzo di lui.[…]
62. Gli articoli principali del Simbolo apostolico non avevano per i cristiani dei primi tempi lo stesso significato che hanno per i cristiani del nostro tempo.
63. La Chiesa si dimostra incapace a tutelare efficacemente l'etica evangelica, perché ostinatamente si attacca a dottrine immutabili, inconciliabili con i progressi odierni.
64. Il progresso delle scienze richiede una riforma del concetto che la dottrina cristiana ha di Dio, della Creazione, della Rivelazione, della Persona del Verbo Incarnato e della Redenzione.
[…]
Nella seguente Feria V, il giorno 4 dello stesso mese ed anno, fatta di tutte queste cose accurata relazione al Santissimo Signor Nostro Pio Papa X, Sua Santità approvò e confermò il Decreto degli Eminentissimi Padri e diede ordine che tutte e singole le sopra enumerate proposizioni siano considerate da tutti come riprovate e condannate.” (LAMENTABILI SANE EXITU, Decreto della Sacra Congregazione del Sant'Uffizio del 3 luglio 1907)
L’esortazione apostolica di Bergoglio, in ogni modo, pare davvero ingiustificabile, inconciliante con il Magistero di duemila anni, lo ripetiamo: da Gesù Cristo in poi, Gesù Cristo incluso.
Ora, dovremmo chiederci: uno dei due ha torto, o ha sbagliato la Chiesa, da Cristo in poi e Cristo incluso, oppure sbaglia Bergoglio. Chi è dunque in errore?
Ma analizziamo meglio, una per una, le affermazioni di Francesco:
a) L’Alleanza degli ebrei con Dio non è mai stata revocata, perché “i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili” (Rm 11,29). b) La Chiesa considera il popolo dell’Alleanza e la sua fede come una radice sacra della propria identità cristiana (Rm 11,16-18)
c) L’ebraismo non è una religione estranea al cattolicesimo, né gli ebrei sono chiamati alla conversione (1Ts 1,9)
Notiamo che Bergoglio associa sempre ciascuna affermazione ad un passo biblico. Dunque, secondo Bergoglio, è la stessa Parola di Dio che porta acqua al suo mulino ( un po’ come si illudevano i vari riformatori del passato, da Lutero a Russell ). Come vedremo, in sostanza, si compie una grave confusione tra l’Alleanza e la Legge divine, che sono immutabili, e l’Alleanza e la Legge mosaica, già revocate. Per Bergoglio non vi è differenza e l’Alleanza mosaica non è stata mai revocata.
SEMBRA che
l’Alleanza degli ebrei con Dio non sia mai stata revocata, perché è
scritto chiaramente nella Scrittura: “Quanto al vangelo, essi [i giudei,
n.d.r.] sono nemici, per vostro vantaggio; ma quanto alla elezione,
sono amati, a causa dei padri, perché i doni e la chiamata di Dio sono
irrevocabili!” (Romani 11,28-30). Ed è proprio da questi versetti che il
Papa estrapola la giustificazione biblica alla sua prima dichiarazione.
Sembra anche che la Chiesa debba considerare gli ebrei e la fede
ebraica come una radice sacra della propria identità cristiana, dal
momento che è pure scritto: “Se le primizie sono sante, lo sarà anche
tutta la pasta; se è santa la radice, lo saranno anche i rami. Se però
alcuni rami sono stati tagliati e tu, essendo oleastro, sei stato
innestato al loro posto, diventando così partecipe della radice e della
linfa dell'olivo, non menar tanto vanto contro i rami! Se ti vuoi
proprio vantare, sappi che non sei tu che porti la radice, ma è la
radice che porta te” (Romani 11,16-18). La radice del cristianesimo è
l’ebraismo. Se noi cristiani rifiutiamo l’ebraismo come parte viva della
nostra fede, siamo come quei rami innestati che si vantano tanto di sé,
ma che dovrebbero invece avere come unico vanto il fatto che è grazie
alla radice (l’ebraismo) che noi (il cattolicesimo) esistiamo. Da tutto
ciò si deduce facilmente che l’ebraismo non è una fede estranea al
cattolicesimo, che anzi sono la stessa cosa magari, e che comunque non
hanno bisogno di conversione, perché in virtù di quell’Alleanza mai
revocata da Dio anch’essi sono chiamati alla salvezza eterna. Che
bisogno hanno infatti di convertirsi se la loro Alleanza è ancora
ritenuta valida da Dio? E’ infatti scritto che: “Sono loro infatti a
parlare di noi, dicendo come noi siamo venuti in mezzo a voi e come vi
siete convertiti a Dio, allontanandovi dagli idoli, per servire al Dio
vivo e vero” (1Ts 1,9). Il giudeo dunque, morendo giudeo, anche
conoscendo Cristo, non necessita del Battesimo e non necessita di
riconoscere Gesù Cristo come Messia, per salvarsi. Il giudeo infatti non
è idolatra, crede nello stesso Dio di Gesù Cristo, dunque non c’è
motivo per lui di convertirsi al Cattolicesimo.
IN CONTRARIO, è scritto anche: “Ecco:
la vostra casa vi sarà lasciata deserta! Vi dico infatti che non mi
vedrete più finché non direte: Benedetto colui che viene nel nome del
Signore!” (Matteo 23, 38-39). Dunque è condizione necessaria per gli
ebrei riconoscere Gesù Cristo come Messia per ri-vedere Dio. In altre
parti del Vangelo, sta scritto: “Sono venuto a salvare le pecore perdute
della casa di Israele”. Inoltre, la parola Alleanza compare nella
Scrittura in diverse occasioni e con diverse accezioni. La prima volta è
in Genesi 6,18: “Ma con te io stabilisco la mia alleanza. Entrerai
nell'arca tu e con te i tuoi figli, tua moglie e le mogli dei tuoi
figli”. Dio stabilisce una Alleanza con Noè, l’unico uomo che
sopravvisse al Diluvio Universale e dal quale potè continuare ad
esistere la specie umana. E’ dunque l’inizio di una Alleanza con
l’umanità tutta, non con un popolo particolare. Più avanti, in Genesi
17,9-11, Dio ripete il termine Alleanza ad Abramo, ma con una accezione
diversa: “Da parte tua devi osservare la mia alleanza, tu e la tua
discendenza dopo di te di generazione in generazione. Questa è la mia
alleanza che dovete osservare, alleanza tra me e voi e la tua
discendenza dopo di te: sia circonciso tra di voi ogni maschio. Vi
lascerete circoncidere la carne del vostro membro e ciò sarà il segno
dell'alleanza tra me e voi”. L’Alleanza universale di Dio, perenne ed
irrevocabile, iniziata con Noè, si manifesta qui nell’Alleanza con
Abramo e con il popolo ebraico, di cui la circoncisione diviene segno.
L’Alleanza con gli ebrei, dunque, è una manifestazione dell’Alleanza
perenne di Dio con l’umanità, Alleanza che troverà il suo pieno
compimento con Gesù Cristo, il quale appunto dirà nell’ultima cena:
“Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che viene versato per
voi” (Luca 20,22). L’Alleanza con Abramo e con gli ebrei è rimasta
valida sino a poco tempo dopo la predicazione dei santi apostoli, come è
scritto: “Gesù è diventato garante di un'alleanza migliore” (Ebrei
7,22) e ancora: “Dicendo però alleanza nuova, Dio ha dichiarato
antiquata la prima; ora, ciò che diventa antico e invecchia, è prossimo a
sparire” (Ebrei 8,13).
Come vanno
dunque interpretati i passi citati da Bergoglio? Qual è
l’interpretazione ufficiale della Chiesa Cattolica, per duemila anni? La
Bibbia Martini (1771) commenta Romani 11,28. in tal modo: “Vers. 28. Riguardo al Vangelo, nemici per cagione di voi. Questi ebrei, se si considerano relativamente al Vangelo, al quale contraddicono ostinatamente, sono miei, e vostri nemici; e sono nemici per cagione di voi;
viene a dire, perché l’alienazione, che hanno del Vangelo, nasce
principalmente dal vedere, che a voi pure, benché Gentili, la porta
dello stesso Vangelo da noi è aperta. Queste parole per cagion di voi possono anche spiegarsi per util vostro, essendo stata la avversione, che gli ebrei hanno al Vangelo, occasione a Dio di operar la salute delle nazioni”. E continua nel commento: “Vers. 29. I doni, e la vocazione di Dio non soggiacciono a pentimento.
Ma dirà alcuno: i Giudei cari a Dio una volta, ma nemici adesso della
fede, e del Vangelo, saranno esclusi dalla salute. Mai no, dice
l’Apostolo: imperocché il dono della vocazione divina è immutabile. Parla qui l’Apostolo delle promesse,
e della vocazione, che nasce dalla eterna elezione di Dio. Quelli
adunque, che Dio determinò di chiamare, e di arricchire dei suoi doni,
non li abbandonerà giammai. Non muterà adunque Dio per l’incredulità di
un numero di Ebrei, ancorché grande, quello che stabilì ab eterno di
fare una volta per questo popolo già suo, e anche in questo tempo per
molti del medesimo popolo”.
Mons.
Martini commentava dicendo che “parla qui l’Apostolo delle promesse”,
cioè l’apostolo profeta, riguardo alla futura salvezza del popolo
ebraico. Infatti, poco prima nella stessa lettera ai Romani, l’apostolo
aveva scritto: “Non voglio infatti che ignoriate, fratelli, questo
mistero, perché non siate presuntuosi: l'indurimento di una parte di Israele è in atto fino a che saranno entrate tutte le genti. Allora tutto Israele sarà salvato come sta scritto:
Da Sion uscirà il liberatore, egli toglierà le empietà da Giacobbe.
Sarà questa la mia alleanza con loro quando distruggerò i loro peccati”
(Romani 11,25-27).
Allora
diviene chiaro che il dono irrevocato di cui parlava l’Apostolo non è
l’Alleanza mosaica (che come è scritto in altre parti, chiaramente, è
stata sì revocata), ma l’elezione alla salvezza ab eterno. San Paolo
scrive che, a motivo dell’elezione, gli ebrei per pura grazia si
convertiranno a Cristo, cioè si salveranno, ma fino ad allora saranno
come induriti, pertinaci nemici del Vangelo. Questo non toglie,
ovviamente, che molti giudei nel corso dei secoli si sono liberamente
convertiti a Cristo e hanno ottenuto la salvezza eterna. Cosa fa dunque
Bergoglio? Estrapola un versetto biblico e lo porta fuori contesto, per
traviare la sua giusta interpretazione. Posto infatti in discontinuità
con i versetti che abbiamo pocanzi riportato, il passo citato da
Bergoglio sembra dare ragione alla sua innovativa tesi, cioè che l’Alleanza antica non è mai stata revocata e che anzi convive insieme alla nuova.
Sant’Agostino, in una epistola con San Girolamo, parlando riguardo a ciò che l’apostolo Paolo ripudiò del giudaismo, scrive: “Del giudaismo dunque Paolo aveva abbandonato solo ciò che era male:
anzitutto il fatto che misconoscendo la giustizia di Dio e cercando di
stabilire la propria giustizia non si sono assoggettati alla giustizia
di Dio. In secondo luogo non approvava che dopo la passione e la
risurrezione di Cristo, dopo essere stato concesso e manifestato il
mistero della grazia alla maniera di Melchisedech, essi ancora
credevano che gli antichi riti dovessero celebrarsi non come ricorrenze
sacre e tradizionali ma come necessarie alla salvezza (Alleanza e
Legge antiche, n.d.r.). Ammettiamo però che, se essi non fossero mai
stati necessari, il martirio affrontato dai Maccabei sarebbe stato senza
merito e senza scopo. Paolo infine ripudiò il giudaismo per il fatto
che i Giudei perseguitavano i Cristiani come nemici della Legge perché
predicavano la grazia. Sono tali errori e colpe di tal genere che Paolo
afferma d'aver reputati come danni e spazzatura per guadagnare Cristo e
non le pratiche legali qualora venivano compiute per rispetto della
tradizione degli antenati, senz'affatto credere che fossero necessarie
alla salvezza (mentre invece i Giudei ritenevano che lo fossero) e non già per finzione o simulazione come faceva Pietro per cui Paolo lo rimproverò. Orbene,
se Pietro compiva quelle pratiche religiose simulandosi giudeo per
guadagnare a Dio i Giudei, perché mai non avrebbero dovuto pure compiere
sacrifici coi pagani, dato che viveva come uno senza Legge per
guadagnare a Cristo anche quelli ch'erano senza Legge? Non agiva
forse così, Paolo, se non perché era giudeo di nascita? Tutto quel
discorso lo fece non per apparire falsamente quel che non era, ma perché
credeva suo dovere venire in loro aiuto con sentimenti di misericordia
come se egli stesso soffrisse per lo stesso errore; non agiva cioè con
astuzia da bugiardo ma con amore di chi prova compassione. Proprio ciò
vuol far capire nello stesso brano con una frase di portata più
generale: Mi son fatto debole, per guadagnare i deboli, e con la
conclusione che segue: Mi son fatto tutto a tutti, per guadagnare tutti;
frase che deve intendersi nel senso che Paolo volle apparire preso
da compassione per chiunque fosse debole come se lo fosse lui stesso.
Così pure quando diceva: Chi è malato senza che lo sia pure io?, non
voleva far intendere ch'egli fingesse d'avere in sé le malattie degli
altri, ma solo che pativa con loro.”
Sant’Agostino
commenta dicendo che San Pietro, primo papa, errava perché simulava di
essere giudeo nella vana speranza di portare i giudei a Cristo e San
Paolo apostolo lo riprese, facendogli notare argomentando con retta
ragione che sarebbe stato inutile. Non è forse tutto ciò di grande
attualità?
Ricordiamo
infine che Gesù Cristo ai Giudei che vantavano la loro discendenza da
Abramo oppose che non va intesa la «stirpe carnale» bensì quella
spirituale nell’imitazione di Abramo, il proseguirne le opere nella sua
fede; in Matteo 3,9 e Luca 3,8 si legge di Giovanni Battista che predica
così ai Giudei: «Non crediate di poter dire fra voi: Abbiamo Abramo per
padre. Vi dico che Dio può far sorgere figli di Abramo da queste
pietre». Per approfondire: Stirpe di Abramo: un altro cattolicesimo nel post-concilio?
Note:
1 Vedi link facebook.
2 Per ebrei non si intende una “razza”, ma gli appartenenti alla religione ebraica. La Chiesa accoglie a braccia aperte chiunque si converte, da qualsiasi fede, appartenente a qualsiasi popolo od etnia, sesso ed età.
3 “I non cristiani, per la gratuita iniziativa divina, e fedeli alla loro coscienza, possono vivere «giustificati mediante la grazia di Dio», e in tal modo «associati al mistero pasquale di Gesù Cristo». Ma, a causa della dimensione sacramentale della grazia santificante, l’azione divina in loro tende a produrre segni, riti, espressioni sacre, che a loro volta avvicinano altri ad una esperienza comunitaria di cammino verso Dio. Non hanno il significato e l’efficacia dei Sacramenti istituiti da Cristo, ma possono essere canali che lo stesso Spirito suscita per liberare i non cristiani dall’immanentismo ateo o da esperienze religiose meramente individuali. Lo stesso Spirito suscita in ogni luogo forme di saggezza pratica che aiutano a sopportare i disagi dell’esistenza e a vivere con più pace e armonia. Anche noi cristiani possiamo trarre profitto da tale ricchezza consolidata lungo i secoli, che può aiutarci a vivere meglio le nostre peculiari convinzioni” (Evangelii Gaudium, n. 254). Ci chiediamo a questo punto: anche i riti pagani, che gli apostoli, i primi cristiani e i primi vescovi hanno combattuto spesso a costo del martirio, erano “canali che lo Spirito suscita per liberare i non cristiani dall’immanentismo ateo”? E se no, qual è allora il limite di demarcazione tra rituali-canale e rituali negativi? Mistero.
1 Vedi link facebook.
2 Per ebrei non si intende una “razza”, ma gli appartenenti alla religione ebraica. La Chiesa accoglie a braccia aperte chiunque si converte, da qualsiasi fede, appartenente a qualsiasi popolo od etnia, sesso ed età.
3 “I non cristiani, per la gratuita iniziativa divina, e fedeli alla loro coscienza, possono vivere «giustificati mediante la grazia di Dio», e in tal modo «associati al mistero pasquale di Gesù Cristo». Ma, a causa della dimensione sacramentale della grazia santificante, l’azione divina in loro tende a produrre segni, riti, espressioni sacre, che a loro volta avvicinano altri ad una esperienza comunitaria di cammino verso Dio. Non hanno il significato e l’efficacia dei Sacramenti istituiti da Cristo, ma possono essere canali che lo stesso Spirito suscita per liberare i non cristiani dall’immanentismo ateo o da esperienze religiose meramente individuali. Lo stesso Spirito suscita in ogni luogo forme di saggezza pratica che aiutano a sopportare i disagi dell’esistenza e a vivere con più pace e armonia. Anche noi cristiani possiamo trarre profitto da tale ricchezza consolidata lungo i secoli, che può aiutarci a vivere meglio le nostre peculiari convinzioni” (Evangelii Gaudium, n. 254). Ci chiediamo a questo punto: anche i riti pagani, che gli apostoli, i primi cristiani e i primi vescovi hanno combattuto spesso a costo del martirio, erano “canali che lo Spirito suscita per liberare i non cristiani dall’immanentismo ateo”? E se no, qual è allora il limite di demarcazione tra rituali-canale e rituali negativi? Mistero.
Gaetano Masciullo
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.