Bergoglio: i nemici in Vaticano e Usa
Tornano le lettere anonime. Attacchi pure da Tea Party e Novak.
In Vaticano, la dialettica con cui giornalmente il Foglio di Giuliano Ferrara pungola il nuovo corso di papa Francesco viene battezzata come una sorta di «strategia dell'attenzione», studiata, tra
l'altro, per non lasciare il monopolio a Eugenio Scalfari e a Repubblica, che con Bergoglio sembrano avere subito sviluppato un feeling degno di quello avuto per lunghi anni con il defunto Cardinal Carlo Maria Martini.
l'altro, per non lasciare il monopolio a Eugenio Scalfari e a Repubblica, che con Bergoglio sembrano avere subito sviluppato un feeling degno di quello avuto per lunghi anni con il defunto Cardinal Carlo Maria Martini.
Se è da verificare che il pontefice argentino legga ogni mattina la testata guidata dall'Elefantino, ratzingeriano mai pentito, è quantomeno probabile che i consiglieri più ascoltati, primo tra tutti i fedeli segretari Xuereb e Pedacchio, gli riferiscano per sommi capi il sugo di articoli ed editoriali che provano a fornire ai lettori un'ermeneutica bergogliana.
Alla domanda se prima o poi Francesco deciderà di scrivere una lettera a Ferrara o lo chiamerà al telefono per invitarlo alla Casa Santa Marta, Oltretevere abbozzano sorrisi enigmatici, consci che le mosse del 'principale' sono del tutto imprevedibili, tra opere caritatevoli nottetempo e prediche mattutine intrise di spiritualità e buonsenso popolare.
PER IL TEA PARTY È UN «PAPA MARXISTA». Negli uffici della segreteria di Stato, in cui Pietro Parolin ha fatto un ingresso felpato e quindi sideralmente distante dall'incedere vigoroso del predecessore Tarcisio Bertone, in questi giorni si seguono con attenzione le polemiche che giungono dall'altra parte dell'oceano, con gli ambienti del Tea Party in agitazione verso un papa definito persino «marxista» dal popolare commentatore radiofonico Rush Limbaugh. Il quale, evidentemente, ignora che se a Bergoglio bisogna per forza affibbiare una matrice ideologico-politica, essa è fuor di dubbio individuabile in quel peronismo di cui s'intravvedono richiami nella recente esortazione apostolica Evangelii Gaudium.
In un passaggio della sua predica, Limbaugh, in passato arrestato in Florida per possesso di stupefacenti, ha sostenuto che «la Chiesa cattolica americana ha un bilancio annuale da 170 miliardi di dollari. Penso sia più di quello che la General Electric incassa ogni anno. La Chiesa è il principale proprietario edile a Manhattan. Voglio dire: hanno un sacco di soldi. Raccolgono un sacco di soldi. Non potrebbero operare come fanno, senza un sacco di soldi».
Critiche a uso interno, per un movimento, quello del Tea Party, forse in cerca di nemici importanti capaci di creare una cassa di risonanza che possa portare consensi in vista delle prossime scadenze elettorali negli Stati Uniti.
NOVAK: «FRANCESCO SI FA STRUMENTALIZZARE». Chi non si può invece liquidare come estremista è Michael Novak, il più noto filosofo cattolico americano, in ottimi rapporti con Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, che a settembre ha dichiarato a Vatican Insider che papa Francesco non si rende probabilmente conto dei danni creati con certi commenti estemporanei nei confronti di chi «lavora da sempre per la difesa della vita» ( il riferimento era ad alcune frasi pronunciate da Bergoglio durante l'intervista concessa a Padre Spadaro, di Civiltà Cattolica). Il timore di Novak, e di quanti in America seguono la sua linea, è che le sortite di Francesco lo espongano «alla strumentalizzazione di chi vuole colpire la Chiesa».
Una preoccupazione, questa, dei pensatori cattolici conservatori «a stelle e strisce», che non smuove troppo la locale Conferenza episcopale, che ha rinnovato i propri vertici all'insegna del moderatismo, con l'arcivescovo di Philadelphia, il conservatore Charles Chaput, che ha dovuto rassegnarsi a rappresentare una minoranza, per quanto significativa di colleghi.
A turbare i sacri palazzi non sono quindi diatribe giornalistiche o dissensi interni provenienti da ambienti atlantici poco rilevanti, quanto il ritorno in grande stile dei corvi, il cui volo ha contraddistinto la fase finale del pontificato di Joseph Ratzinger.
MISSIVE AL VELENO CONTRO LA NOMINA DI MARRANCI. Il 3 dicembre su il Fatto quotidiano, Marco Lillo, cronista già in passato 'sollecitato' da fonti anonime vaticane, ha raccontato di una missiva indirizzata dal Cardinal Nicora, presidente dell'Autorità di Informazione finanziaria, ad Ernst von Freyberg, numero uno dello Ior.
Il porporato varesino, nella lettera di cui il giornale diretto da Antonio Padellaro è entrato in possesso, critica senza mezzi termini la scelta di promuovere Rolando Marranci quale direttore generale della banca di Dio (mossa che segnerebbe la vittoria degli 'americani' legati ai Cavalieri di Colombo), e ancora una volta i 'celesti stracci' divengono di pubblico dominio, così come le ataviche diatribe sugli appalti ordinati dalle varie cordate curiali a ditte amiche o simpatetiche.
Un'altra puntata di Vatileaks, infine, viene considerata anche l' improvvisa fiammata di stampa, stavolta proveniente dall' Argentina, su un Bergoglio «che potrebbe dimettersi seguendo l' esempio di Benedetto XVI». Come se l' attuale Pontefice non avesse appena iniziato l' avventura sul Sacro Soglio.
di Daniele Gensini
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