Riforma della Curia, il Papa “caccia” Bagnasco dalla Congregazione per i vescovi
Lo scontro tra i due dura da nove mesi: il Pontefice ha chiesto ai vescovi italiani di diminuire le diocesi italiane. Ora c’è da aspettarsi che acceleri anche la modifica dello statuto della Conferenza Episcopale Italiana e l’elezione del presidente e del segretario
Uno scontro che dura da nove mesi, ovvero dalla fumata bianca del 13 marzo scorso, quando un comunicato della Cei, firmato dall’ormai ex segretario generale monsignor Mariano Crociata, salutava a nome dell’episcopato italiano l’elezione di Papa Angelo Scola. Una nota ufficiale che fece saltare dalle sedie porporati e vescovi ma che, però, non comportò, nemmeno formalmente, le dimissioni dei responsabili. Una macchia indelebile con la quale in maniera più o meno esplicita usciva allo scoperto l’accordo tra Scola e Bagnasco per riportare sul trono di Pietro un italiano dopo il polacco Karol Wojtyla e il tedesco Joseph Ratzinger. In questi nove mesi di pontificato la Cei non è riuscita a sintonizzarsi sulla lunghezza d’onda di Papa Francesco dimostrando di essere appiattita su posizioni che appaiono a dir poco anacronistiche al confronto con la rivoluzione incarnata in tempi record da Bergoglio.
Il Papa ha chiesto innanzitutto ai vescovi italiani di diminuire le diocesi tricolore, anche all’insegna di una “santa” spending review che Francesco ha attuato fin da subito in Vaticano. E poi ha chiesto di modificare lo statuto della Cei per consentire ai vescovi di eleggere il loro presidente e il loro segretario, così come avviene in tutti gli altri Paesi del mondo. Fino a oggi, infatti, è il Papa, in quanto vescovo di Roma e primate d’Italia, a nominare i vertici della Cei. Bergoglio, che è stato presidente della Conferenza Episcopale Argentina dal 2005 al 2011, vuole che la Chiesa sia meno “vaticano centrica” per dare voce alle “periferie esistenziali”. La collegialità è il suo metro di governo e su questa rotta vuole che si allinei anche la Cei. Bagnasco è rimasto sordo alle parole del Papa continuando a navigare come se nulla fosse cambiato all’ombra del cupolone. A tradirlo, però, sono state le due ultime prolusioni pronunciate davanti ai confratelli vescovi: quella di maggio durante l’assemblea generale della Cei in Vaticano e quella della sessione autunnale del Consiglio Episcopale Permanente. Entrambe hanno messo in luce la totale mancanza di sintonia con la “rivoluzione Francesco” e anche il profondo senso di sbandamento della presidenza della Cei che non ha compreso quale sia la missione che il Papa vuole dai vertici della Conferenza Episcopale Italiana.
Lo scontro di questi mesi, però, è stato più volte anestetizzato fino a quando, dopo l’estate, Bergoglio ha prorogato e non confermato il segretario generale Mariano Crociata, spedito dallo stesso Pontefice poco più di un mese dopo alla guida della diocesi di Latina. Una bocciatura senza alcun appello se si considera che gli ultimi quattro segretari della Cei, Camillo Ruini, Dionigi Tettamanzi, Ennio Antonelli e Giuseppe Betori, hanno ricevuto la porpora. Se il Papa avesse voluto premiare Crociata avrebbe potuto affidargli la sede cardinalizia di Palermo che aspetta da tempo il successore del dimissionario, per limiti d’età, Paolo Romeo. Ma per il segretario uscente della Cei Bergoglio aveva in mente la sede prestigiosa dell’Ordinariato militare in Italia, a due passi dal Quirinale, forte anche del parere favorevole espresso nei confronti di Crociata dall’arcivescovo uscente della Chiesa castrense, monsignor Vincenzo Pelvi. Il numero due della Cei, però, non ha voluto accettare questo incarico pensando di poter rimanere ancora a lungo accanto a Bagnasco. Ora c’è da aspettarsi che il Papa acceleri la modifica dello statuto della Conferenza Episcopale Italiana e l’elezione del presidente e del segretario. Per il primo incarico è in pole il teologo napoletano Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto e segretario speciale del Sinodo dei vescovi sulla famiglia che si terrà in Vaticano nell’ottobre del 2014. E non è un mistero che sul nome di Forte alla Cei c’è anche la benedizione di Papa Francesco.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/12/18/riforma-della-curia-il-papa-caccia-bagnasco-dalla-congregazione-per-i-vescovi/818178/
Cari disoccupati, precari, finte partite iva, cari cittadini che guadagnate 600 euro al mese e avete una laurea con lode; cari pescatori, agricoltori, muratori e badanti costretti a lavorare in nero 12 ore al giorno e che alla fine del mese non avete nemmeno i soldi per pagare le bollette; insomma, cari milioni di disperati che non potete nè mettere su nè mantenere una famiglia normale, marito uomo, moglie donna e pargoli senza problemi sessuali, NON PERCHÉ SIETE ASSEDIATI DALLA LOBBY GAY, ma perché siete MORTI DI FAME, tanto per intenderci, ADESSO SAPETE DA CHI ANDARE A CHIEDERE I SOLDI CHE VI MANCANO; ve lo diciamo noi; dovete andarli a chiedere ad uno dei campioni del predicar bene e del razzolar male; costui è uno dei principali esponenti del VATICANO PARASSITA, L'AZIENDA PIÙ RICCA DEL MONDO, l'azienda che ha piene le sue fila di predicatori nullafacenti che si riempiono la bocca con frasi altisonanti sulla famiglia, ma che dissanguano le casse pubbliche di miliardi di euro che potrebbero essere invece impiegati per il sostegno alle famiglie in difficoltà; sapete chi è costui? Eccolo:
IL BABY PENSIONATO PARASSITA ANGELO BAGNASCO, ex arcivescovo ordinario militare; tutto Dio, Carri Armati e Famiglia, che con i suoi emolumenti milionari potrebbe sfamare e far vivere nel lusso un intero quartiere di famiglie svantaggiate come quello di Scampia! Ma non lo fa, perché a lui della famiglia non gliene frega un benemerito cazzo. A lui interessa solo il suo portafoglio e la gloria del POTERE VATICANO.
Mi raccomando cari sfigati, disperati, disoccupati, la prossima volta che andate a messa dategli i vostri ultimi centesimi, vedrete che per voi arriverà presto in cambio il paradiso, come preannunciato dalle scritture, e il cammino verso questo luogo idilliaco verrà in tutti i modi agevolato dal vostro "buon" pastore, il cui stipendio o la cui pensione verranno pagati con i soldi pubblici che lo stato ha tolto a voi per darli a lui, al "buon" pastore, che in cambio vi dispenserà il suo servizio dicendovi al massimo di andare a ritirare un pacco di pasta alla Caritas, un pacco di pasta che vi deve bastare per un mese; un pacco di pasta che non è nemmeno il suo, ma che l'Azienda più ricca del mondo ha ricevuto sotto forma di aiuti dall'UE, pagata di tasca nostra.
Bagnasco: Razzolatore Babypensionato
Cari disoccupati, precari, finte partite iva, cari cittadini che guadagnate 600 euro al mese e avete una laurea con lode; cari pescatori, agricoltori, muratori e badanti costretti a lavorare in nero 12 ore al giorno e che alla fine del mese non avete nemmeno i soldi per pagare le bollette; insomma, cari milioni di disperati che non potete nè mettere su nè mantenere una famiglia normale, marito uomo, moglie donna e pargoli senza problemi sessuali, NON PERCHÉ SIETE ASSEDIATI DALLA LOBBY GAY, ma perché siete MORTI DI FAME, tanto per intenderci, ADESSO SAPETE DA CHI ANDARE A CHIEDERE I SOLDI CHE VI MANCANO; ve lo diciamo noi; dovete andarli a chiedere ad uno dei campioni del predicar bene e del razzolar male; costui è uno dei principali esponenti del VATICANO PARASSITA, L'AZIENDA PIÙ RICCA DEL MONDO, l'azienda che ha piene le sue fila di predicatori nullafacenti che si riempiono la bocca con frasi altisonanti sulla famiglia, ma che dissanguano le casse pubbliche di miliardi di euro che potrebbero essere invece impiegati per il sostegno alle famiglie in difficoltà; sapete chi è costui? Eccolo:
IL BABY PENSIONATO PARASSITA ANGELO BAGNASCO, ex arcivescovo ordinario militare; tutto Dio, Carri Armati e Famiglia, che con i suoi emolumenti milionari potrebbe sfamare e far vivere nel lusso un intero quartiere di famiglie svantaggiate come quello di Scampia! Ma non lo fa, perché a lui della famiglia non gliene frega un benemerito cazzo. A lui interessa solo il suo portafoglio e la gloria del POTERE VATICANO.
Mi raccomando cari sfigati, disperati, disoccupati, la prossima volta che andate a messa dategli i vostri ultimi centesimi, vedrete che per voi arriverà presto in cambio il paradiso, come preannunciato dalle scritture, e il cammino verso questo luogo idilliaco verrà in tutti i modi agevolato dal vostro "buon" pastore, il cui stipendio o la cui pensione verranno pagati con i soldi pubblici che lo stato ha tolto a voi per darli a lui, al "buon" pastore, che in cambio vi dispenserà il suo servizio dicendovi al massimo di andare a ritirare un pacco di pasta alla Caritas, un pacco di pasta che vi deve bastare per un mese; un pacco di pasta che non è nemmeno il suo, ma che l'Azienda più ricca del mondo ha ricevuto sotto forma di aiuti dall'UE, pagata di tasca nostra.
Chiesa
Bagnasco, pensione da generale
I cappellani militari costano allo stato oltre 15 milioni di euro l'anno. E tra loro abbondano i vescovi babypensionati con emolumenti d'oro. Tra cui anche l'attuale capo della Conferenza episcopale italiana
All'interno della cittadella militare della Cecchignola c'è un seminario. Vi nascono i futuricappellani militari, preti che per l'esercito italiano sono anche ufficiali. Il seminario è cattolico, ma a pagare la formazione degli attuali otto seminaristi ci pensa lo stato italiano. Perché la «Scuola allievi cappellani militari» fa parte dell'ordinariato militare, una speciale diocesi che però è anche una struttura delle forze armate e i cui soli uffici centrali romani pesano per 2 milioni di euro sul bilancio del ministero della Difesa. Sembrano tanti, ma pensioni e stipendi di tutti i sacerdoti e, soprattutto dei vescovi che comandano, toccano la cifra di ben 15 milioni di euro all'anno. E abbondano i casi di babypensionamenti.
Tra questi babypensionati spunta il presidente della Conferenza Episcopale Italiana, Angelo Bagnasco, che dal 2003 al 2006 è stato anche arcivescovo ordinario militare, cioè reggente della diocesi, per legge equiparato ad un generale di corpo d'armata. Un ruolo del genere si aggira sui 190mila euro lordi di stipendio all'anno, quello che riceve l'ordinario attuale, monsignor Vincenzo Pelvi. Come pensione, si parla di oltre 4mila euro lordi al mese, ma Bagnasco prende di meno perché non è arrivato ai venti anni di servizio. Detto questo, raggiungendo nel 2006 i sessantatre anni d'età ha avuto diritto al vitalizio sostanzioso con soli tre anni di contributi, e come lui tre generali predecessori: i monsignori Gaetano Bonicelli (sette anni di contributi), Giovanni Marra (otto anni) e Giuseppe Mani (otto anni).
Il problema delle pensioni dei cappellani è un vero dilemma: interrogato da Maurizio Turco dei Radicali, il ministro della difesa Di Paola ha risposta che l'Inpdap non sa dire a quanto ammontino, ma ha stimato che la media degli assegni per i 160 religiosi, di cui 16 alti graduati, si aggiri sui 43 mila euro lordi annui. Sommandoli agli 8,6 milioni di euro che costano i 184 cappellani in attività, vescovi compresi, si arriva a 15 milioni. Un bel costo per «l'assistenza spirituale delle forze armate».
«Il governo parla di tagliare 30-40 mila posti tra militari e civili al ministero della Difesa, ma i cappellani dovevano scendere a 116 e invece superano ancora i 180». spiega Luca Comellini del partito per la tutela dei diritti dei militari, che con Turco ha sollevato il caso delle spese. C'è un sacerdote alla Croce Rossa e ce ne sono al fronte: «Per altro quando dicono messa la domenica ricevono l'indennità di lavoro festivo e se vanno in guerra quella di missione».
L'unico che nella storia ha sciolto i cappellani è stato Mussolini il giorno dopo la marcia su Roma dell'ottobre 1922. Temeva fossero infiltrati del Vaticano, ma negli anni '30 iniziò a riaprire le truppe alla presenza dei preti. Poi nessuno ci ha rimesso mano. Anzi, nel 1997 il governo di centrosinistra di Romano Prodi ha alzato i gradi e con loro lo stipendio dei religiosi: il vicario generale, secondo della gerarchia dell'ordinariato, passò da generale di brigata a generale di divisione, gli ispettori da tenenti colonnello a generali di brigata. Furono creati altri ruoli di rango elevato, così che se prima i sacerdoti erano tenenti, capitani o maggiori, adesso possono essere anche colonnelli e tenenti colonnello.
Un discorso a parte, anzi un articolo a parte, meriterebbe tutta la discussione interna alla Chiesa sul valore dei cappellani. Nel '65 un gruppo di loro scrisse di ritenere «un insulto alla Patria e ai suoi Caduti la cosiddetta «obiezione di coscienza», che, «estranea al comandamento cristiano dell'amore, è espressione di viltà». Ci pensò Don Lorenzo Milano a rispondere che «È troppo facile dimostrare che Gesù era contrario alla violenza e che per sé non accettò nemmeno la legittima difesa». Da anni, dai tempi di monsignor Tonino Bello, Pax Christi chiede di smilitarizzarli e di passare la cura delle anime dei soldati alle parrocchie in cui ha sede la caserma. Insomma, all'interno delle curie è un tema che fa discutere. Ma un altro si presenterà allo stato laico: stanno arrivando soldati di fede diversa, ma l'ordinariato è un ufficio puramente cattolico. Come farà a garantire l' «assistenza spirituale delle forze armate» che non credono in Cristo o almeno non nel papa? Sarà un altro bel dilemma.
Tra questi babypensionati spunta il presidente della Conferenza Episcopale Italiana, Angelo Bagnasco, che dal 2003 al 2006 è stato anche arcivescovo ordinario militare, cioè reggente della diocesi, per legge equiparato ad un generale di corpo d'armata. Un ruolo del genere si aggira sui 190mila euro lordi di stipendio all'anno, quello che riceve l'ordinario attuale, monsignor Vincenzo Pelvi. Come pensione, si parla di oltre 4mila euro lordi al mese, ma Bagnasco prende di meno perché non è arrivato ai venti anni di servizio. Detto questo, raggiungendo nel 2006 i sessantatre anni d'età ha avuto diritto al vitalizio sostanzioso con soli tre anni di contributi, e come lui tre generali predecessori: i monsignori Gaetano Bonicelli (sette anni di contributi), Giovanni Marra (otto anni) e Giuseppe Mani (otto anni).
Il problema delle pensioni dei cappellani è un vero dilemma: interrogato da Maurizio Turco dei Radicali, il ministro della difesa Di Paola ha risposta che l'Inpdap non sa dire a quanto ammontino, ma ha stimato che la media degli assegni per i 160 religiosi, di cui 16 alti graduati, si aggiri sui 43 mila euro lordi annui. Sommandoli agli 8,6 milioni di euro che costano i 184 cappellani in attività, vescovi compresi, si arriva a 15 milioni. Un bel costo per «l'assistenza spirituale delle forze armate».
«Il governo parla di tagliare 30-40 mila posti tra militari e civili al ministero della Difesa, ma i cappellani dovevano scendere a 116 e invece superano ancora i 180». spiega Luca Comellini del partito per la tutela dei diritti dei militari, che con Turco ha sollevato il caso delle spese. C'è un sacerdote alla Croce Rossa e ce ne sono al fronte: «Per altro quando dicono messa la domenica ricevono l'indennità di lavoro festivo e se vanno in guerra quella di missione».
L'unico che nella storia ha sciolto i cappellani è stato Mussolini il giorno dopo la marcia su Roma dell'ottobre 1922. Temeva fossero infiltrati del Vaticano, ma negli anni '30 iniziò a riaprire le truppe alla presenza dei preti. Poi nessuno ci ha rimesso mano. Anzi, nel 1997 il governo di centrosinistra di Romano Prodi ha alzato i gradi e con loro lo stipendio dei religiosi: il vicario generale, secondo della gerarchia dell'ordinariato, passò da generale di brigata a generale di divisione, gli ispettori da tenenti colonnello a generali di brigata. Furono creati altri ruoli di rango elevato, così che se prima i sacerdoti erano tenenti, capitani o maggiori, adesso possono essere anche colonnelli e tenenti colonnello.
Un discorso a parte, anzi un articolo a parte, meriterebbe tutta la discussione interna alla Chiesa sul valore dei cappellani. Nel '65 un gruppo di loro scrisse di ritenere «un insulto alla Patria e ai suoi Caduti la cosiddetta «obiezione di coscienza», che, «estranea al comandamento cristiano dell'amore, è espressione di viltà». Ci pensò Don Lorenzo Milano a rispondere che «È troppo facile dimostrare che Gesù era contrario alla violenza e che per sé non accettò nemmeno la legittima difesa». Da anni, dai tempi di monsignor Tonino Bello, Pax Christi chiede di smilitarizzarli e di passare la cura delle anime dei soldati alle parrocchie in cui ha sede la caserma. Insomma, all'interno delle curie è un tema che fa discutere. Ma un altro si presenterà allo stato laico: stanno arrivando soldati di fede diversa, ma l'ordinariato è un ufficio puramente cattolico. Come farà a garantire l' «assistenza spirituale delle forze armate» che non credono in Cristo o almeno non nel papa? Sarà un altro bel dilemma.
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