“È un dono di Dio”, ha detto papa Francesco di internet, quando offre
“maggiori possibilità di incontro e di solidarietà tra tutti”.
Detto e fatto. Lo stesso giorno in cui è stato presentato il suo messaggio per la giornata della comunicazione, il papa ha diffuso in inglese e spagnolo, via tweet, le seguenti parole: “Prego per la Marcia per la Vita a Washington. Che Dio ci aiuti a rispettare sempre la vita, specialmente quella dei più deboli”.
Al contrario di altri, questo tweet di Francesco non ha avuto risonanza sui media. È ciò che capita all’attuale papa ogni volta che tocca gli argomenti tabù. L’aborto è uno di questi.
Nell’esortazione apostolica “Evangelii gaudium” vi ha dedicato due paragrafi taglienti, che però nell’entusiasmo dei commenti sono stati praticamente ignorati, o al massimo ne sono state applaudite soltanto le ultime righe, là dove il papa denuncia “che abbiamo fatto poco per accompagnare adeguatamente le donne che si trovano in situazioni molto dure”.
Parole puntualmente assunte come una critica alla durezza di cuore dei movimenti pro-life nei confronti delle donne che abortiscono. Quando invece si sa che è tutto l’opposto e che non ci vorrebbe meno ma più mobilitazione pro-life per rimediare alla denuncia del papa.
La Marcia per la Vita di Washington, che sfila ogni anno nella ricorrenza della sentenza “Roe vs. Wade” con la quale nel 1973 la corte suprema ha legalizzato negli Stati Uniti l’aborto, proprio a questo era esplicitamente dedicata, come spiegato sul suo blog dal neopresidente della conferenza episcopale statunitense, Joseph Edward Kurtz, arcivescovo di Louisville:
“Marciamo in ricordo di chi è caduto per l’aborto. Marciamo per i bambini senza voce, per difendere il loro diritto alla vita, soprattutto per coloro che, come mio fratello George, sono nati con la sindrome di Down e le cui vite troppo spesso sono considerate indegne di vedere la luce del giorno. Marciamo per le donne che avendo preso in considerazione l’aborto, attraverso il nostro interessamento per i loro bisogni, troveranno la forza di scegliere la vita”.
In più, quest’anno, la Marcia tendeva una mano amorevole alle donne che hanno difficoltà a diventare madri, incoraggiate a optare per l’adozione.
La temperatura polare ha ridotto questa volta il numero dei partecipanti alla Marcia. Ma negli ultimi due anni – proprio quelli del braccio di ferro tra la Chiesa cattolica degli Stati Uniti e Barack Obama – associazioni e gruppi pro-life hanno visto non diminuire ma raddoppiare i loro partecipanti. E nel solo 2013 una settantina di interventi normativi e giudiziari nei vari Stati si sono mossi in difesa della vita dei nascituri.
“Se è vero che l’America ci precede, come sempre si dice, osserviamo bene anche su questo decisivo fronte”, conclude un editoriale di Francesco Ognibene su “Avvenire” del 24 gennaio.
*
Come promemoria, ecco i due paragrafi della “Evangelii gaudium” sull’aborto:
213. Tra questi deboli, di cui la Chiesa vuole prendersi cura con predilezione, ci sono anche i bambini nascituri, che sono i più indifesi e innocenti di tutti, ai quali oggi si vuole negare la dignità umana al fine di poterne fare quello che si vuole, togliendo loro la vita e promuovendo legislazioni in modo che nessuno possa impedirlo. Frequentemente, per ridicolizzare allegramente la difesa che la Chiesa fa delle vite dei nascituri, si fa in modo di presentare la sua posizione come qualcosa di ideologico, oscurantista e conservatore. Eppure questa difesa della vita nascente è intimamente legata alla difesa di qualsiasi diritto umano. Suppone la convinzione che un essere umano è sempre sacro e inviolabile, in qualunque situazione e in ogni fase del suo sviluppo. È un fine in sé stesso e mai un mezzo per risolvere altre difficoltà. Se cade questa convinzione, non rimangono solide e permanenti fondamenta per la difesa dei diritti umani, che sarebbero sempre soggetti alle convenienze contingenti dei potenti di turno. La sola ragione è sufficiente per riconoscere il valore inviolabile di ogni vita umana, ma se la guardiamo anche a partire dalla fede, “ogni violazione della dignità personale dell’essere umano grida vendetta al cospetto di Dio e si configura come offesa al Creatore dell’uomo”.
214. Proprio perché è una questione che ha a che fare con la coerenza interna del nostro messaggio sul valore della persona umana, non ci si deve attendere che la Chiesa cambi la sua posizione su questa questione. Voglio essere del tutto onesto al riguardo. Questo non è un argomento soggetto a presunte riforme o a “modernizzazioni”. Non è progressista pretendere di risolvere i problemi eliminando una vita umana. Però è anche vero che abbiamo fatto poco per accompagnare adeguatamente le donne che si trovano in situazioni molto dure, dove l’aborto si presenta loro come una rapida soluzione alle loro profonde angustie, particolarmente quando la vita che cresce in loro è sorta come conseguenza di una violenza o in un contesto di estrema povertà. Chi può non capire tali situazioni così dolorose?
Detto e fatto. Lo stesso giorno in cui è stato presentato il suo messaggio per la giornata della comunicazione, il papa ha diffuso in inglese e spagnolo, via tweet, le seguenti parole: “Prego per la Marcia per la Vita a Washington. Che Dio ci aiuti a rispettare sempre la vita, specialmente quella dei più deboli”.
Al contrario di altri, questo tweet di Francesco non ha avuto risonanza sui media. È ciò che capita all’attuale papa ogni volta che tocca gli argomenti tabù. L’aborto è uno di questi.
Nell’esortazione apostolica “Evangelii gaudium” vi ha dedicato due paragrafi taglienti, che però nell’entusiasmo dei commenti sono stati praticamente ignorati, o al massimo ne sono state applaudite soltanto le ultime righe, là dove il papa denuncia “che abbiamo fatto poco per accompagnare adeguatamente le donne che si trovano in situazioni molto dure”.
Parole puntualmente assunte come una critica alla durezza di cuore dei movimenti pro-life nei confronti delle donne che abortiscono. Quando invece si sa che è tutto l’opposto e che non ci vorrebbe meno ma più mobilitazione pro-life per rimediare alla denuncia del papa.
La Marcia per la Vita di Washington, che sfila ogni anno nella ricorrenza della sentenza “Roe vs. Wade” con la quale nel 1973 la corte suprema ha legalizzato negli Stati Uniti l’aborto, proprio a questo era esplicitamente dedicata, come spiegato sul suo blog dal neopresidente della conferenza episcopale statunitense, Joseph Edward Kurtz, arcivescovo di Louisville:
“Marciamo in ricordo di chi è caduto per l’aborto. Marciamo per i bambini senza voce, per difendere il loro diritto alla vita, soprattutto per coloro che, come mio fratello George, sono nati con la sindrome di Down e le cui vite troppo spesso sono considerate indegne di vedere la luce del giorno. Marciamo per le donne che avendo preso in considerazione l’aborto, attraverso il nostro interessamento per i loro bisogni, troveranno la forza di scegliere la vita”.
In più, quest’anno, la Marcia tendeva una mano amorevole alle donne che hanno difficoltà a diventare madri, incoraggiate a optare per l’adozione.
La temperatura polare ha ridotto questa volta il numero dei partecipanti alla Marcia. Ma negli ultimi due anni – proprio quelli del braccio di ferro tra la Chiesa cattolica degli Stati Uniti e Barack Obama – associazioni e gruppi pro-life hanno visto non diminuire ma raddoppiare i loro partecipanti. E nel solo 2013 una settantina di interventi normativi e giudiziari nei vari Stati si sono mossi in difesa della vita dei nascituri.
“Se è vero che l’America ci precede, come sempre si dice, osserviamo bene anche su questo decisivo fronte”, conclude un editoriale di Francesco Ognibene su “Avvenire” del 24 gennaio.
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Come promemoria, ecco i due paragrafi della “Evangelii gaudium” sull’aborto:
213. Tra questi deboli, di cui la Chiesa vuole prendersi cura con predilezione, ci sono anche i bambini nascituri, che sono i più indifesi e innocenti di tutti, ai quali oggi si vuole negare la dignità umana al fine di poterne fare quello che si vuole, togliendo loro la vita e promuovendo legislazioni in modo che nessuno possa impedirlo. Frequentemente, per ridicolizzare allegramente la difesa che la Chiesa fa delle vite dei nascituri, si fa in modo di presentare la sua posizione come qualcosa di ideologico, oscurantista e conservatore. Eppure questa difesa della vita nascente è intimamente legata alla difesa di qualsiasi diritto umano. Suppone la convinzione che un essere umano è sempre sacro e inviolabile, in qualunque situazione e in ogni fase del suo sviluppo. È un fine in sé stesso e mai un mezzo per risolvere altre difficoltà. Se cade questa convinzione, non rimangono solide e permanenti fondamenta per la difesa dei diritti umani, che sarebbero sempre soggetti alle convenienze contingenti dei potenti di turno. La sola ragione è sufficiente per riconoscere il valore inviolabile di ogni vita umana, ma se la guardiamo anche a partire dalla fede, “ogni violazione della dignità personale dell’essere umano grida vendetta al cospetto di Dio e si configura come offesa al Creatore dell’uomo”.
214. Proprio perché è una questione che ha a che fare con la coerenza interna del nostro messaggio sul valore della persona umana, non ci si deve attendere che la Chiesa cambi la sua posizione su questa questione. Voglio essere del tutto onesto al riguardo. Questo non è un argomento soggetto a presunte riforme o a “modernizzazioni”. Non è progressista pretendere di risolvere i problemi eliminando una vita umana. Però è anche vero che abbiamo fatto poco per accompagnare adeguatamente le donne che si trovano in situazioni molto dure, dove l’aborto si presenta loro come una rapida soluzione alle loro profonde angustie, particolarmente quando la vita che cresce in loro è sorta come conseguenza di una violenza o in un contesto di estrema povertà. Chi può non capire tali situazioni così dolorose?
Settimo Cielo
LA RELIGIONE DIVENTA DIGITALE E PAPA FRANCESCO BENEDICE INTERNET: «È UN DONO DI DIO»
Più volte, Jorge Mario Bergoglio ha dato prova di essere un Papa un po’ “stravagante”, sin da quel primo «Buonasera», pronunciato davanti al mondo intero qualche minuto dopo la sua nomina.
Ha continuato a sorprenderci con i frequenti cinguetti, con le telefonate fatte ai fedeli, con il battesimo di una bambina, figlia di una coppia sposata solo civilmente.
E ci ha stupiti anche ieri, quando, in relazione alla 48esima Giornata delle Comunicazioni Sociali, prevista per domenica primo giugno, ha dato ad Internet la sua benedizione, definendo la rete un «dono di Dio» perché in grado di «offrire maggiori possibilità di incontro e di solidarietà tra tutti».
Chi avrebbe mai detto che un giorno il pontefice si sarebbe espresso con tali parole nei confronti di uno strumento spesso tacciato come negativo e, addirittura, pericoloso? Con il suo discorso, Papa Francesco apre ufficialmente le porte della Chiesa all’ambiente digitale, consapevole che bisogna «inserirsi nel dialogo con gli uomini e le donne di oggi, per comprenderne le attese, i dubbi, le speranze, e offrire loro il Vangelo».
L’invito rivolto ai fedeli è esplicito e diretto: «Non abbiate timore di farvi cittadini dell’ambiente digitale». Ma ad una condizione, ossia il recupero della “lentezza”: «la velocità dell’informazione – infatti – supera la nostra capacità di riflessione e giudizio e non permette un’espressione di sé misurata e corretta».
Così, all’ottavo giorno, Dio creò Internet.
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