ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 21 gennaio 2014

mastini & chihuahua (ad usum Missae delendae!)

Se il papa sopprime il Motu Proprio è colpa vostra, tradizionalisti impazziti! J’Accuse di don Ariel

Aveva dichiarato di celebrare con le porte sbarrate la messa antica: per non essere accerchiato dai professionisti del tradizionalismo ideologico. Dopo la dura polemica di padre Ariel con le vestali del tradizionalismo anonimo e amaro, un suo lungo J’Accuse. Su questa plumbea atmosfera che olezza di putrefazione e cancrena, di isteria frammista a cupio dissolvi che ammorba il mondo della “messa di sempre”. E che sembra preludere al suicidio rituale di massa dei “tradizionalisti”. Sempre che Francesco non decida di farla finita prima, con loro: gli ideologi del tradizionalismo nevrastenico. Facendone pagare a tutti le conseguenze, anche quelli che in santa pace celebrano o assistono alla messa antica, senza inaugurare crociate contro papi, concili e mulini a vento di Ariel S. Levi di Gualdo Alessio Cervelli

Il Padre Ariel, trattando con vera amabilità il Vescovo Marcel Lefebvre, come pochi ecclesiastici e teologi lo hanno trattato in questi decenni e trattando quindi i membri della Fraternità di San Pio X con la venerazione dovuta a dei confratelli nel sacerdozio, giorni fa ha scritto un articolo che ha scatenato una ridda di polemiche nate perlopiù da umori feriti, invece di articolarsi nel merito delle questioni da lui sollevate. Per questo è tornato di nuovo sull’argomento per approfondire il discorso sulle suscettibilità e le incoerenze di una parte di questo mondo cosiddetto tradizionalista, articolando le sue analisi assieme all’autore di un saggio musicale-liturgico [qui e qui] edito sulla collana teologica “Fides quaerens intellectum” diretta dal Padre Ariel. Alessio Cervelli, oggi ventinovenne, per anni in stretto contatto col mondo della tradizione che rammenta con profonda gratitudine per aver sperimentato in seno ad esso la propria riscoperta della fede cattolica, nel corso di questa polemica ha tentato inutilmente di portare la sua esperienza vissuta, attraverso risposte e quesiti qui riproposti, ai quali nessuno gli ha però risposto nel merito.
STAVO AFFILANDOMI LE UNGHIE PRONTO AD ATTACCARE IL MIO AMICO
ANTONIO MARGHERITI DICENDOGLI PIÙ O MENO: «TU  SARAI ANCHE UN
MASTINO, MA IO SONO UN LEONE» E FORSE CI SAREMMO AZZUFFATI, CON
PROFONDA CARITÀ CRISTIANA, S’INTENDE. INVECE IL BUON MASTINO ERA
INNOCENTE COME UN AGNELLO …  
Ariel-Stefano-Levi-di-Gualdo-foto-11
Don Ariel
Ariel S. Levi di Gualdo —
Dopo la pubblicazione di un mio articolo su Chiesa& Postconcilio nel quale ho trattato il delicato tema legato ai cosiddetti tradizionalisti [11.01.2014, qui], solo questa mattina ho potuto leggere sullo stesso sito un testo di comprensibile rettifica [14.01.2014 qui].
Ho avuto il piacere di pubblicare alcuni articoli su questo sito grazie all’amichevole fiducia della cara Maria Guarini, alla quale rinnovo la mia più sincera gratitudine.
Sul momento non sono neppure riuscito a capire quel che fosse accaduto, per questo ho chiamato Antonio Margheriti Mastino per chiedergli spiegazioni, dato che il problema sarebbe partito da un suo messaggio su un blog, dove da una parte costui elargiva insolenze, dall’altra faceva capire di avermi istigato egli stesso a prodigarmi in certi scritti e risposte.
Conosco Antonio e l’ho frequentato a Roma, so ch’é aduso usar tinte ironiche forti, mai però insultanti; a maggior ragione sono rimasto colpito da quello scritto. Così ho principiato ad affilare le unghie, pronto all’attacco con tanto di copione già pronto: «Tu, caro Antonio, sarai anche un mastino, ma io sono un leone». E detto ciò ci saremmo azzuffati, con profonda carità cristiana, s’intende, da autentici gentiluomini cattolici, di quelli che prima di accoltellarsi benedicono il pugnale e recitano una preghiera a Santa Maria Ausiliatrice. Antonio mi ha riso, poi mi ha spedito in quel giocondo paese dove non batte mai il sole e infine ha risposto che qualcuno aveva postato un commento a suo nome e che lui, appena se n’è accorto, ha subito inviato un messaggio facendo presente che qualche anonimo s’era spacciato per lui, che mai aveva scritto e inviato quel messaggio, benché il gestore del blog non abbia pubblicato il suo chiarimento in proposito.
Via col vento... don Ariel
Via col vento… don Ariel
Questo, Antonio mi ha spiegato, io non ho motivo di dubitare della sua sincerità. Possiamo infatti discutere sul suo stile, come sullo stile diretto e graffiante che talvolta caratterizza certi scritti miei, nei quali è però arduo dimostrare — se è vero che scripta manent — che io abbia mai insolentito qualcuno: casomai ho “apostrofato” con certo stile in qualche modo amabilmente graffiante ma, in tutta sincerità, mai “insolentito” volutamente chicchessia.
Per quanto riguarda il mio articolo sui “tradizionalisti cattolici e sui sedevacantisti acattolici” posso confermare a chi vorrà credermi che non sono giunto al mezzo secolo di vita per farmi manovrare e strumentalizzare, come invece è stato insinuato.
Prendo atto  e questo spero me lo conceda anzitutto la cara Maria Guarini — che i commenti sono stati molti, gran parte dei quali giocati sugli umori personali e non sulle questioni da me sollevate, tutte incentrate sulla ecclesiologia, sulla dogmatica sacramentaria e sulla liturgia. Per non parlare delle accuse a me rivolte da numerose persone che non avendo di che smentire nel merito mi hanno variamente tacciato di arroganza, supponenza, superbia e via dicendo, il tutto in svariate decine di commenti che parevano fuoriusciti dal cervello del Grande Fratello.
Questo cupo clericalismo diffuso nel laicato mi turba, perché quando i peggiori clericali di tutti i tempi non sanno come smentire il proprio pungente interlocutore, allora ricorrono ad espressioni fatidiche e senza appello, per esempio: “Ah, che superbia … che arroganza!”. Questo unicamente per dare un’etichetta ad uno stile scrittorio che — lo ammetto senza problemi — zampillando da una fonte della cultura sociale e letteraria di Dante e soprattutto ahimè di Boccaccio, tale appunto son io, d’impatto lo è senza dubbio, specie per persone molto timorate di Dio nate e vissute nelle amene valli del Sud Tirolo, dove nessuno oserebbe mai dir “cacca” manco finendo col piede in un lago escrementizio fuoriuscito dall’ameno pertugio di un’incontinente mucca alpina; perché dir “cacca” sta male e, se proprio la si pesta, allora si finge d’essersi macchiati con del cioccolato svizzero, magnificandone semmai pure la beltà dell’aroma.
Maria Guarini
Maria Guarini
Come già ho scritto in un precedente post al mio articolo in questione, mi sono dispiaciuto profondamente che una degna persona come Maria Guarini sia stata trascinata per causa mia in una polemica così accesa attraverso un mio articolo che in modo sereno e fiducioso ella ha avuto la bontà di pubblicarmi, s’intende: su mia offerta che le ho proposto l’articolo. Forse questa ottima cattolica considera certi amanti della Tradizione animati tutti dalla spirituale apertura mentale che caratterizza lei, nobilitata proprio da queste sue qualità come donna impegnata nella Chiesa per la difesa della dottrina e della buona liturgia.
Visto che è stato tirato in ballo Antonio Margheriti Mastino, torno ospite con un lungo articolo su Papalepapale per approfondire più ancora questa vicenda, presentando i motivi che animano certe mie riflessioni, sempre nella speranza di essere smentito nel merito di ciò che dico, non nel merito degli umori personali di coloro che si sono sentiti feriti o che si sentiranno ancora feriti.
Desidero far giungere ancora il mio più sincero e amichevole saluto a Maria Guarini assieme alla mia grata stima, scusandomi ancora per l’involontario inconveniente che le ho creato e che mai avrei desiderato crearle.
CHIARIAMO ANZITUTTO QUEL MONDO COMPLESSO E ARTICOLATO
CHE È IL COSIDDETTO MONDO DELLA TRADIZIONE
DSC00854
Alessio Cervelli
Alessio Cervelli 
Il mondo dei fedeli e dei sacerdoti e religiosi cattolici che vivono la propria spiritualità sentendosi legati alle tradizioni liturgiche, è una realtà estremamente articolata, varia e, per certi versi, complessa e assai delicata, specie se si considera che in ballo c’è sempre il bene supremo, cioè la salvezza delle anime. Proprio per questo non ho affatto la pretesa che la mia esperienza vissuta sia la verità assoluta, né che possa venir considerata un’etichetta da affibbiare ad un’intera realtà, in seno alla quale ho conosciuto anche ottime persone.
Nelle mie terre toscane d’origine mi hanno sovente catalogato col nomignolo di “giovane Lefebvre”. C’è un motivo. Sono organista e ho prestato servizio per molto tempo, volontariamente e senza compenso alcuno, alla cosiddetta “Messa di Sempre”.
P1070471Ho riscoperto la fede grazie a questa Messa e pur essendo un laico cattolico impegnato in seno alle strutture ecclesiali, ho insegnato a celebrarla a non pochi sacerdoti su loro espressa richiesta, ne ho spiegato la bontà di forma e la retta dottrina a molti giovani e a molti adolescenti con i quali lavoro sia come educatore sia come maestro di organo liturgico, unicamente perché —fino a prova contraria — non si tratta solamente di un rito venerando della storia liturgica della Chiesa d’Occidente, ma anche di un rito legittimamente permesso da un motu proprio, per adesso, visto che come i lettori potranno leggere appresso, stando a certi fatti e reazioni, il Padre Ariel spiega più oltre tutti i sui rammaricati dubbi circa la possibile continuità di questa concessione fatta da Benedetto XVI.
Per quanto mi riguarda mai mi sono mai vergognato, né mai me ne vergognerò di testimoniare che la salvezza della mia fede è dipesa in gran parte dalla Messa Antica, celebrata presso una comunità delle mie terre. Tuttavia, sempre secondo la mia esperienza, ho riscoperto la fede mediante la Messa tradizionale celebrata da buoni parroci, da sacerdoti secolari, da presbiteri “normali”, ossia non facenti parte di realtà ecclesiastiche particolari, talvolta particolari, purtroppo, in tutti i sensi, e non sempre positivi, fatta eccezione per alcuni rari casi in cui ho partecipato alla Messa nel Vetus Ordo celebrata da ottimi padri dei Francescani dell’Immacolata.
Econe: una comunità con il Superiore della San Pio X
Econe: una comunità con il Superiore della San Pio X
Le uniche esperienze negative che ho avuto in ambito sacerdotale, mi duole ammetterlo ma così sono state proprio con sacerdoti della Fraternità di San Pio X, che ho avuto modo di incontrare più assiduamente negli ultimi tempi, a seguito dei miei studi ecclesiastici di organo e musica sacra: bambini di sette/otto anni che escono terrorizzati dalla confessione, chierichetti che piangono perché dopo la Messa hanno ricevuto rimproveri tremendi per delle minuzie risibili, giovani adolescenti che hanno perduto la fede a causa di omelie infuocate che hanno più il sapore dell’ideologia che della retta dottrina. Insomma, a fronte di una bella liturgia, ben cantata e perfettamente celebrata, ho trovato una pastorale, una pedagogia e un criterio di relazione umana che, almeno per quanto mi riguarda, mi ha profondamente deluso ed amareggiato nelle mie vesti di giovane educatore, formatore di adolescenti e musicista sacro che si sforza da sempre di combattere la buona battaglia della fede, che ha esultato all’elezione di Papa Benedetto XVI e che è stato il primo a difendere e contribuire a diffondere nelle sue tosche terre il Summorum Pontificum ed il Messale del 1962, attraverso il servizio dell’organo e del canto.
Vorrei proporre a tal proposito la sobria e mite analisi di un anziano presbitero della mia madre Chiesa di Siena-Colle Val d’Elsa-Montalcino, il quale fu il mio primo maestro, addormentatosi nel Signore quest’anno. Pochi mesi prima della sua morte, volle rivolgermi queste parole, che reputo di una bontà, mitezza e lungimiranza straordinarie …
LASCIAMO LA PAROLA ALLA SPIRITUALITÀ, ALLA SAGGEZZA E
ALLO SPIRITO PASTORALE DI UN VECCHIO PRETE TOSCANO,
AMANTE DELLA BELLEZZA E DELLA BUONA LITURGIA
S23 … mi narrava questo mio Maestro:
«Sapessi quante volte in vita mia ho confessato persone che, pur avendo tutto quello che di materiale si potrebbe solo sognare, venivano a mostrarmi le ferite di una miseria interiore, di un vuoto, di una disperazione infinita; mi rammentavano quale consolazione venisse loro da una bella Messa cantata, con musiche d’organo, buon canto di popolo, begli arredi sacri e paramenti splendidi addosso al celebrante: quelli erano i momenti — sono parole loro — in cui quel vuoto, quella fame, quella povertà venivano appagati.
Del resto lo sai bene pure tu, figlio mio, quanto sia più facile trovare chiese piene e con una larga partecipazione giovanile presso quelle comunità che oggi celebrano la Messa in latino del Motu Proprio, così come quanto siano affollati i seminari e i noviziati di quegli ordini religiosi e congregazioni che hanno abbracciato la tradizione pre-conciliare. Intendimi bene: la cosa mi preoccupa e non poco, e mi preoccupa per varie ragioni. Può infatti capitare che in fase di crescita, per problemi fisici di svariata natura, una gamba manifesti un principio d’anomalia, e tenda a storpiarsi. Così, i genitori e i medici collaborano insieme con opportune terapie ed interventi per risolvere sul nascere questo problema.
La stessa cosa vale col “corpo della Chiesa”. La salute della fede era molto buona, ma poteva crescere e migliorare: si poteva lasciare spazio ad una maggiore partecipazione alla Messa, con canti appropriati, le letture ed alcune parti della liturgia in lingua nazionale, più spazio nella vita parrocchiale alla lettura delle Sacre Scritture accanto al catechismo, e così via.
Ora, la cosa migliore per la gamba del paziente è sottoporla a terapie che, certo tengano conto delle innovazioni in ambito medico, ma che non commettano l’assurdità di tagliare i ponti con la letteratura clinica precedente, anche solo per non ripiombare in vecchi errori, oltre che per avvalersi dell’esperienza e delle ottime scoperte fatte dai predecessori.
Giovani vocazioni alla San Pio X
Giovani vocazioni alla San Pio X
Invece, se arriva un’equipe che col logorroico entusiasmo sbandiera una miracolosa cura innovativa, sperimentale ma dall’esito assicurato, vi sottoponiamo il paziente e questa gamba, anziché guarire, peggiora in poco tempo e rasenta la storpiatura, andrà a finire che occorrerà praticare una volontaria, drastica frattura clinica delle ossa, per poter sistemare gli sbagli sciagurati di questi “geni dell’innovazione” e poi cominciare una paziente, faticosissima terapia di risanamento.
Ecco, oggi siamo a questo punto: ne ho davvero tutta l’impressione. Solo che una tale situazione non può che spaventare e deludere. Restano delusi coloro che avevano investito tanta aspettativa e speranza in questa cura sperimentale che è lo “spirito del Concilio”: anzi, spesso troviamo personaggi che si sono talmente inebriati di esso da rifiutare ideologicamente di ammettere il fallimento della rivoluzione innovatrice post-conciliare. E vi sono poi gli spaventati, coloro che, consapevoli della validità di un saggio legame con quanto ci ha preceduto nei secoli, sapevano bene che gettarsi tra le braccia della tradizione era seguire l’esempio dell’apostolo Giovanni, che reclina il capo sul Cuore del Signore Gesù, conscio dei tesori e delle ricchezze che vi erano contenute.
Vuoi per spavento, vuoi per le accanite e sprezzanti oppressioni che certi gruppi tradizionalisti hanno dovuto subire negli ultimi cinquant’anni per quella che io considero una vera e propria mancanza di carità a sapienza pastorale da parte della gerarchia, si è inevitabilmente creata la “storpiatura della gamba”: un esasperato e scipito nichilismo modernista da una lato, ed una sorta di sospettosa e sfiduciata chiusura verso tutto ciò che di nuovo può venire, dall’altro.
tradizionalisti sessantottiniCosì, però, si rifiuta a priori qualsiasi intenzione di novità, di cambiamento, anche se prima fosse stata sottoposta ad un prudente esame, compiuto sì secondo il criterio della Tradizione della Chiesa, ma anche col cuore aperto e la vista allargata di chi sa bene che “ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche.
In altre parole, potremmo dire che ogni insegnante, maestro, liturgista, teologo proveniente da una convinta e sincera adesione a tutta la Tradizionedeve anche saper riconoscere e discernere i segni di crescita e i desideri sinceri e buoni del “corpo della Chiesa”, secondo un’autentica e sana innovazione nella tradizione, come del resto è sempre avvenuto nei secoli passati.
Ho i miei anni sulle spalle, ho vissuto a lungo, ed ho proprio l’impressione che questa via di sano equilibrio, dato dall’amore grato e riconoscente per il passato e un’apertura prudentissima ma serena verso l’oggi, non ci sia mai stata nel post-concilio.
Detto fatto: tradizionalisti comprensibilmente incattiviti da un cinquantennio di dinieghi e derisioni da un lato, e dall’altro personaggi ideologizzati dalla modernità delusi ma intestarditi sulle loro ormai palesemente errate convinzioni, sui loro aberranti e creativi abusi liturgici. Ho tanta paura che siamo arrivati alla necessità di attuare una frattura clinica a questa gamba, che ha preso davvero una brutta piega. Papa Benedetto XVI ha dato inizio a questa operazione, in continuità coi documenti magisteriali di Papa Giovanni Paolo II.
Il curato d'Ars: la purezza nel cuore
Il curato d’Ars: la purezza nel cuore
Per quanto invece riguarda Papa Francesco possiamo dire ben poco, per più motivi. È da poche settimane sul soglio di Pietro [NdA il mio maestro sarebbe morto poco tempo dopo queste parole], è un uomo che proviene da un’altra cultura; è un gesuita della vecchia guardia, cioè di quegli uomini accanto ai quali potresti passarci una vita intera senza conoscerli mai, tanto sono bravi a tener nascosto ciò che realmente pensano, per mera prudenza e dominio di sé. La mia preoccupazione è il fraintendimento da parte della nostra gente europea e dei mass-media del continuo richiamo del Santo Padre alla povertà, che io sono propenso ad interpretare come un invito alla “sobrietà” di costumi di vita quotidiana, anche nel clero. Altra cosa, invece, è la Liturgia.
Forse il Curato d’Ars non era un uomo di Dio che viveva nella più assoluta povertà? Altroché se lo era! Eppure ha lasciato una chiesa splendida ed una sacrestia ricolma di paramenti ed arredi sacri degni della Cattedrale di Notre Dame, perché, come diceva lui stesso: “Per rendere culto a Dio niente è mai abbastanza bello!”. Pur non essendo affatto un fine teologo, il Santo Curato andava d’accordo con San Tommaso d’Aquino, quando scrive la sequenza del Lauda Sion: “Loda, Sion, il Salvatore, loda la tua guida ed il tuo pastore con inni e cantici. Osa tutto ciò che puoi, perché Dio è ben più grande di ogni lode, e tu non puoi produrre un canto che sia sufficientemente degno!”. Ed è vero: non c’è canto sufficientemente degno; ma osa, osa più che puoi, perché è in questo osare che il tuo amore soprannaturale per Dio si mantiene in cammino, si rinnova, si alimenta e lascia dietro di sé frutti magnifici d’arte, musica, architettura e teologia! Se non si osa, se ci si ripiega sul ragionamento che a Dio tutto questo non serve — ed è vero; però serve a noi, così come la grazia dei Sacramenti —, sopravviene l’apatia liturgica e lo sciattume culturale che poi è indice di disordine interiore circa la vita di fede e la vita di grazia».
Questi sono i santi preti che mi hanno insegnato l’amore per la Divina Liturgia e la vera natura del linguaggio della bellezza nella Lode di Dio e nel servizio al Suo Popolo.
PIETRO IMPARTÌ LA PRIMA BENEDIZIONE “URBI ET ORBI”
SENZA ABITO CORALE
"Mamma li tradizionalisti!"
“Mamma li tradizionalisti!”
Non poche volte, specie da quando conduco i miei studi ecclesiastici di musica sacra in terra fiorentina, mi è capitato di soffermarmi a parlare coi sacerdoti della Fraternità, e non poche volte ne sono rimasto piuttosto deluso. In coloro che ho incontrato ho dubito constatare una pressoché totale ignoranza dei Padri della Chiesa; l’incapacità di accostarsi con serenità agli ottimi risultati della filologia classica moderna a supporto della validità storica del Nuovo Testamento impugnando — in modo invero assai inopportuno e sommario — la Pascendi Dominici Gregis di San Pio X; la pressoché nulla conoscenza della storia liturgica dei riti d’Occidente, per nulla dire circa quelli d’Oriente.
Silenzio dall’altra parte: non ne aveva neanche sentito parlare.
«E a proposito dei turbamenti che molti fedeli hanno avuto riguardo alla Evangelii Gaudium, circa questioni delicate ed importanti che però, agli occhi di molti cattolici, sembrano trattate con linguaggio quantomeno ambiguo? In che modo lei potrebbe suggerire qualche sana, costruttiva e non polemica riflessione in merito?».
"Meglio che mi nascondo, si avvicinano i tradizionalisti"
“Meglio che mi nascondo, si avvicinano i tradizionalisti”
Ugualmente silenzio.
Al che, sconsolato, chiesi al giovane prete: «Lei sa da dove proviene la tradizione della benedizione Urbi et Orbi?». Ancora un imbarazzante silenzio.
Così spiegai: “Viene dal momento stesso dell’esecuzione capitale di Pietro, sul colle Vaticano, per crocifissione. Prima di stendere le braccia sulla croce che sarebbe stata issata capovolta, ormai completamente nudo agli occhi del mondo — visto che i romani crocifiggevano nudi e crudi, senza perizomi di sorta, che sono stati un’aggiunta artistica voluta dal Concilio di Trento, allorquando si ritenne opportuno proibire la nudità nell’arte sacra — il Principe degli Apostoli volse lo sguardo su Roma, poi sull’orbe intera e implorò la benedizione celeste per tutta questa umanità per la quale non ricusava di versare il suo sangue, in imitazione di quanto aveva fatto il Suo Signore Crocifisso e Risorto.
Ebbene mi dica: se il Santo Padre Francesco si affaccia alla loggia delle benedizioni senza abito corale, ma con la medesima fede degli Apostoli  — e casomai è su questo che si potrebbe discutere — in fin dei conti, cosa importa? Mario Righetti, il Venerabile Pio XII, lo stesso San Pio X e tanti altri cultori della liturgia ci hanno insegnato come essa sia fatta di elementi di divina istituzione, dunque immutabili, e di elementi accidentali, soggetti alle comprensibili, naturali e prudentemente valutate mutazioni della sensibilità umana al sacro, all’arte e alla musica. Altrimenti, ci saremmo dovuti fermare ai graffiti delle catacombe, senza mai giungere alla Sistina di Michelangelo, alla Sagrada Familia di Gaudì; ci saremo fermati alle cantillazioni sinagogali della prima generazione apostolica, senza avere il gregoriano, la polifonia, le messe di Mozart, lo Stabat Mater di Pergolesi, le gioconde e soavi pagine per organo di Zipoli, le immortali pagine di Perosi, di Bartolucci, e così via».
"M'hanno scoperto.. i tradizionalisti! Madò che mal di testa"
“M’hanno scoperto, maledizione!..! Madò mi scoppia la testa”
Il problema è che, di conversazioni di questo genere me ne sono capitate molte, sia coi seminaristi che coi sacerdoti, per non parlare dei laici. Posso solo dire che, a seguito della mia personale esperienza – che ripeto non ha la pretesa di essere un assoluto da applicare senza appello a tutta una realtà complessa e delicata – ho cessato di credere che la San Pio X possa essere la soluzione giusta per la tragica situazione ecclesiale di questi tempi che corrono.
Devo fornire un altro esempio ancora? Detto e fatto: al momento che in un mio commento nel forum in cui venivano date decine e decine di sommarie risposte all’articolo del Padre Ariel, ho rammentato l’episodio dell’esecuzione del Principe degli Apostoli sul Colle Vaticano come circostanza da cui prese i natali la benedizione Urbi et Orbi, sono stato prontamente tacitato da certi individui che mi hanno accusato di essere un melenso romantico che crede alle favole, incapace di accostarmi alle vere fonti liturgiche. La cosa davvero straordinaria è che non si trattava di filo modernisti infarciti della più bieca demitizzazione bultmaniana, ma di laici militanti della cosiddetta “tradizione” che tentavano con argomentazioni a volte risibili, e sempre lungi dall’entrare nel merito alle questioni sollevate, di smentire l’articolo del Padre Ariel.
"Che?? I tradizionalisti mi  scomunicano? Sto tremando... "
“Che?? I tradizionalisti mi scomunicano? Sto tremando… “
Ora, a costoro ho risposto che nel mio piccolo, un minimo di criterio nel valutare le fonti della comunità paleocristiana romana e della tradizione liturgica credo di averlo, se non in forza di studi teologici, quantomeno in virtù dei miei studi di filologia classica svolti presso l’Università di Siena, dove peraltro ho trovato docenti laici e dichiaratamente atei che mai, secondo i criteri di un’encomiabile onestà intellettuale, si sono mai permessi in sede di lezione di mettere in dubbio certi elementi storici e filologico-testuali della Scrittura e delle fonti delle prime comunità. Oltre tutto, occorre fare anche questo ragionamento: se, al di là delle minuzie forse un tantino generose quanto ad agiografia, ci si sente in diritto di dubitare di un’obiettiva insita storicità di questi elementi, allora è inutile condurre gli scavi e presentare i risultati dell’archeologia biblica e paleocristiana; quindi è inutile recitare i nomi di antichi santi nel Canone Romano, perché forse … non sarebbero mai esistiti.
"Brutta fine vi faccio fare... "
“Brutta fine vi faccio fare… “
È inutile venerare quella che la tradizione, congiuntamente a solidi studi di vari esperti ha indicato come la tomba contenente le ossa dell’Apostolo Pietro, la cui nuova urna il Sommo Pontefice Francesco ha tenuto tra le braccia durante il canto del Credo in chiusura dell’Anno della Fede. Infine, perché credere ai miracoli del Signore Gesù e, dulcis in fundo, alla risurrezione di Cristo nel Suo vero corpo? In altre parole, con certe affermazioni abbiamo dato un bel ceffone al povero Agostino d’Ippona, che tanto aveva caro il motto: Crede ut intellegas, et intellege ut credas, che io sono solito tradurre così per i miei allievi di latino: credi per usare bene il cervello, ed usa il cervello per ben credere.
Un’ultima pennellata ho caro offrire ai lettori. Un breve episodio che mi ha lasciato a dir poco sbalordito. Nelle mie terre vi è un sacerdote a me davvero molto caro, perché l’ho conosciuto sin da quando ero dodicenne. Nutro un profondo affetto per lui, sebbene, come sono solito dirgli col sorriso sulle labbra: “Padre mio, certo che tu ti intendi di liturgia quanto io di fisica nucleare!”. Questo sacerdote è uno dei classici “sessantottini rampanti”: ilclergyman per lui è un’etichetta da evitare per non tenere a distanza la gente, tanto per capirsi, figurarsi l’abito talare. Eppure, una delle sere seguenti questi miei addolorati incontri “tradizionalisti”, andai a fargli visita e, quasi senza volerlo, scendemmo nei particolari di questa esperienza. Non vi dico cosa mi rispose, con mia grandissima sorpresa:
"Meglio berci su, alla faccia vostra!"
“Meglio berci su, alla faccia vostra!”
« […] io da piccolo sono rimasto abbastanza traumatizzato dalla messa in latino, perché mi annoiavo, non capivo niente, non comprendevo cosa stesse facendo il prete. Però, secondo me, Papa Benedetto ci ha offerto una possibilità buona, adesso: far vedere alle generazioni nuove, che non vi sono cresciute dentro, la messa di prima, perché queste generazioni possano riscoprire quell’indubbio senso della bellezza e del sacro che vi è nella vecchia liturgia. Ma se, anziché essere una bellezza offerta col sorriso e con mitezza, diventa una spranga di ferro con cui spaccare la testa agli altri che non la pensano come questi estremisti che ti è capitato di incontrare, allora sono loro i primi a tradire le buone intuizioni di Benedetto XVI, che potrebbero davvero farci riscoprire le cose belle di quella Messa: l’arte del ricamo per i paramenti, i tesori dei testi liturgici antichi, la preziosità della storia della nostra arte e della nostra musica sacra».
IN QUESTO MOMENTO DI GRANDE CONFUSIONE ECCLESIALE
LA FRATERNITÀ DI SAN PIO X PUÒ ESSERE UNA SOLUZIONE?
Ariel-Stefano-Levi-di-Gualdo-foto-11
Don Ariel
Ariel S. Levi di Gualdo
Torno a ribadire con cognizione di causa e con documenti ufficiali da chiunque reperibili che l’attuale superiore della Fraternità di San Pio X, il Vescovo Bernard Fellay — persona di indubbia spiritualità e spessore teologico — si trova a dover fare i conti con una situazione interna tutt’altro che idilliaca nella quale i giovani sacerdoti si sono col tempo ripiegati su se stessi incentrando tutto su questioni perlopiù liturgiche e indugiando su polemiche teologiche alquanto polverose. Per non parlare dello sprezzo ideologico da essi nutrito verso il Concilio Ecumenico Vaticano II, di cui non conoscono, nell’ipotesi migliore, neppure i principali documenti, caricati come sono con due semplici e banali frasi fatte, tutte incentrate sul loro mal compreso senso della apertura alla libertà religiosa, sull’ecumenismo e, naturalmente, sulla sacrilega ”messa protestantica” di Paolo VI.
All’interno della Fraternità si è sviluppata divisione e litigiosità, le spaccature sono evidenti ed i gruppi autonomi che da essa hanno preso vita scindendosi dalla stessa sono innegabili, a partire da quello guidato dal Vescovo Richard Williamson, espulso dalla Fraternità per sue opinioni discordanti [quiquiquiqui].
fellay (1)Da alcuni anni mi dedico ai sacerdoti in foro interno e in foro esterno e diversi sono stati i giovani confratelli che in questi momenti di grande crisi ecclesiale mi hanno espresso la loro convinzione di lasciare diocesi ridotte non di rado a covi di modernisti, popolate anche di frati saltimbanchi e di suore aspiranti vedette [qui], di preti a basso tasso di testosterone che riducono le Sante Messe a incontri di convivialità sociale e i Sacramenti in burletta da teatrino [qui].
Diversi mi hanno chiesto negli ultimi tempi se forse non fosse giunto il momento di entrare nella Fraternità di San Pio X. Li ho dissuasi dicendo che l’erba del vicino non è affatto verde né tanto meno migliore rispetto a come sembra; e li ho invitati a riflettere, perlomeno a studiare il fenomeno più a fondo, per esempio visitando le loro case di formazione, spulciando i libri e le dispense in uso nei loro seminari, parlando con i loro giovani preti o con i loro seminaristi.
Coloro che hanno seguito questo mio suggerimento — ovvero tutti, dato che prima di perdere un prete io sarei capace ad andare a riprenderlo sulla luna persino senza razzo — sono rimasti nelle loro problematiche “isole infelici”, dopo avere capito che l’isoletta alla quale avevano pensato di approdare, dietro alle belle e devote Messe celebrate col “Messale di sempre”, oggi non ha affatto la solidità teologica e formativa da essi sperata, meno che mai l’unità interna.
BASTASSE UN VECCHIO MESSALE, PER FARE UN BUON PRETE
ANCHE SE UN BUON PRETE HA BISOGNO COMUNQUE DI UN
BUON MESSALE
0702v49bPer quanto riguarda la “Messa di sempre” in rapporto a certi giovani preti della Fraternità di San Pio X, mi dispiace deludere certi laici romantici: in Svizzera ne ho conosciuti diversi che seppur preti da vari anni dopo essere stati formati nei loro rigorosi seminari, nei quali si fa passare la neoscolastica decadente per pura scienza tomista, non erano in grado di rispondere e di spiegare la storia di certe parti del messale di San Pio V alla luce della più ortodossa dogmatica sacramentaria, ovviamente di quella pre-conciliare, s’intende. Però tutti si inchinavano, allargavano e chiudevano le mani come degli automi da laboratorio, con la gioia di certi nostri eccitati laici cattolici che si professano amanti della “Messa di sempre”.
È forse questa la liturgia che a certe frange cattoliche piace della tanto reclamata “Messa di sempre”? Quella celebrata da giovani “macchinette da messa” che esaltano il latino ecclesiastico, pur se diversi di loro non sono in grado di tradurre dal latino neppure due righe della letteratura classica? Che non sono in grado di spiegare su quale antica tradizione apostolica sono improntate certe frasi del canone romano, quale sia il profondo significato teologico di altrettante espressioni che compongono il rito della Messa secondo quella santa opera a mio parere mirabile che è il Messale di San Pio V e che per questo non deve essere né perduto né tanto meno archiviato tra gli scaffali della liturgia antica che fu, ma offerto dalla Chiesa per la edificazione e il nutrimento spirituale del Popolo di Dio?
Se per celebrare “sempre” e “come sempre” l’ineffabile Sacrificio Eucaristico bastasse solo un po’ di latinorum, una pianeta e un manipolo e dei gesti scanditi a cronometro, si corre davvero il rischio che Nostro Signore, attaccato ai chiodi della croce, finisca col dirci: “Ma allora su questo legno ho proprio fallito in tutto, se i miei figli non riescono a giungere da questo palo alla pietra rovesciata del sepolcro del Risorto!”. Anche perché, con buona pace di tutti, mi dispiace dover deludere certuni, ma Nostro Signore non ha istituito il Santissimo Sacramento dell’Eucaristia usando il Messale di San Pio V, o forse qualcuno ritiene che quella sua “prima messa” non fosse valida, se non peggio ancora: filoprotestante?
IL BUON VESCOVO BERNARD FELLAY NON HA SCELTO DI LOTTARE PER LA VERITÀ, HA  
SCELTO IL SUICIDIO VOLONTARIO E PER QUANTO MORALMENTE CONTRARI AL SUICIDIO,
PRENDIAMO ATTO DI QUESTA SUA LIBERA SCELTA CHE PRODURRÀ EFFETTI DEVASTANTI
Bernard Fellay
Bernard Fellay
Il Sommo Pontefice Francesco non amaparticolarmente le solennità e i fasti liturgici, perché per sua formazione — che può essere anche oggetto di doverosa perplessità e quindi di conseguente discussione — tende a vedere in certe espressioni non la manifestazione della fede e di quanto di più bello possa essere usato per rendere onore a Dio, bensì l’opulenza, il fasto delle antiche corti imperiali, per non parlare poi di quelle coloniali.
Molti di noi, il sottoscritto incluso, non sono d’accordo in questo col Santo Padre, pur accettando lo stile liturgico da egli preferito e usato. E dicendo che questo suo stile rasenta non di rado quasi la trasandatezza, quantomeno agli occhi della Chiesa Europea, abituata alla gloria della propria storia liturgica, non si reca certo oltraggio alla sacra persona del Romano Pontefice, si esprime solo un’opinione, non un’eresia, specie dinanzi a gesti particolarmente eclatanti compiuti in un giorno molto speciale e nel corso di sacre celebrazioni molto particolari, per esempio la Missa in Coena Domini nella quale si ricorda la istituzione dell’Eucaristia e del Sacro Ordine Sacerdotale, durante la quale il Sommo Pontefice ha compiuto il rito della lavanda dei piedi a un “collegio di apostoli” composto anche da donne e da non cristiani, lasciando molti vescovi e sacerdoti a dir poco sconcertati, anche se tutti i perplessi, vescovi e sacerdoti, hanno scelto me incluso di tacere.
Veniamo adesso alla cecità di certi tradizionalisti che hanno lamentato che nella curia romana sembra essere in atto una sorta di “pulizia etnica”. Tra gli illustri colpiti da questa scure, hanno fatto indubbio scalpore due porporati riconosciuti da sempre come degnissime persone, nonché difensori della sana dottrina cattolica e della bella liturgia. Mi riferisco ovviamente ai Cardinali Mauro Piacenza e Raymond Leonard Burke.
Riguardo la estromissione del Cardinale Burke dalla presidenza del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, vari commentatori cattolici hanno scritto, se non addirittura tuonato, che il porporato sarebbe stato “castigato” per la sua indefessa difesa dei valori non negoziabili.
Falso!
Il cardinale Burke
Il cardinale Burke
Che durante questo pontificato la Chiesa abbia un po’ abbassato i toni — cosa forse anche salutare a farsi, considerata l’esistenza anche di molti e gravi peccati che vanno tutti quanti dalla cintura in su — non vuol dire che si sia messa a benedire e neppure ad accettare tacitamente ciò che non può né mai potrà accettare: aborto, coppie di fatto, matrimoni gay e via dicendo.
Volete dunque una spiegazione pertinente sul “licenziamento” del Card. Burke? Ecco il motivo: è bastato che qualche anima pia esibisse al Santo Padre un paio di foto di questo porporato con la cappa magna e con un antico galero sulla testa, o che gli esibisse foto che lo ritraevano a celebrare solenni liturgie in rito antico anche presso le più discusse comunità di cosiddetti tradizionalisti, che il gioco è stato presto fatto.
Io che sono figlio della cultura europea e al tempo stesso, in quanto prete italiano con natali in terra ad alto rischio, pure figlio di buona donna, a dire il vero non m’impressiono affatto, se il Card. Burke si mette qualche metro di cappa magna con mozzetta d’ermellino.
Uno invece come il Santo Padre, divenuto prete e poi vescovo dando particolare attenzione alle villas de las miserias, sicuramente potrebbe pensarla diversamente ed essere assalito da augusta orticaria apostolica e, più che arrabbiarsi, potrebbe agire direttamente ricordando col proprio agire chi è l’autorità suprema e totale — ossia lui — e come egli intenda esercitare la propria autorità, che per divina volontà resta appunto totale e insindacabile, quando si esprime in materia di dottrina e di fede o quando emana personalmente verdetti, ma anche quando decide come e dove impiegare i Padri Cardinali nella loro qualità di collaboratori diretti dell’Augusto Pontefice.
Presto detto il gioco è stato fatto, altro che “martire dei valori non negoziabili”!Semmai martire della profonda allergia che il Sommo Pontefice manifesta per certi ambienti e ancor peggio per principesche glorie d’altri tempi, con tanto di “caudatari che reggon divoti le sacre code purpuree et chatolici cavalieri onorabili d’ordini nobili et vetusti che procedean appresso allo Eminente Messere in cappa magna et ermellino”.
Sbaglia il Santo Padre?
Forse si, anzi credo che in certe sue scelte e reazioni tenda a sbagliare anche in modo disinvolto. A maggior ragione, proprio dinanzi al suo errore, per me il Romano Pontefice è Pietro e rimane Pietro, supremo custode dell’unità della Chiesa, passibile di cadere in errore come vi cadde lo stesso Principe degli Apostoli scelto dal Signore in persona, ripreso non a caso per il suo errore dall’Apostolo Paolo in toni anche parecchio duri [I Gal, 2, 1-14], senza che mai, l’Apostolo delle Genti, mettesse però in discussione la sua autorità e il suo primato, come invece fanno con estrema disinvoltura certi tradizionalisti, salvo sentirsi per questo i più cattolici dei cattolici.
Mano a mano è così incominciato ad accadere che diverse chiese, incluse alcune basiliche romane, hanno sospeso la Messa in rito antico [quiquiquiqui]. I lungimiranti tradizionalisti, hanno colto il suono del campanello d’allarme e si sono dati forse un minimo freno? Giammai! Hanno moltiplicato da una parte i pianti e dall’altra le accuse, paventando rosari di protesta davanti ai sagrati delle basiliche, petizioni e tutto ciò che non può in alcun modo impressionare, anzi semmai profondamente irritare un uomo come il Santo Padre Francesco.
NOI CATTOLICI RITENIAMO COSA INFAME E SACRILEGA CHE IL
VESCOVO BERNARD FELLAY ABBIA OSATO LEVARE LA SUA VOCE
CONTRO IL SOMMO PONTEFICE ACCUSANDOLO DI ERESIA
Fellay
Fellay
Il Vescovo Bernard Fellay, commentando l’attuale stato ecclesiale non ha esitato ad uscire fuori da tutte le righe accusando il Sommo Pontefice di modernismo e definendolo “un autentico modernista” [vedere qui equi].
Chi di noi conosce il linguaggio teologico e i documenti del Magistero della Chiesa, sa molto bene che il Santo Pontefice Pio X, non solo ha definito il modernismo come eresia, ben più ancora: come la sintesi, ossia la madre di tutte le eresie. È Presto detto in che modo infamante e grave il Vescovo Fellay si sia permesso di definire non solo eretico il Romano Pontefice, ma addirittura ricettacolo di tutte le peggiori eresie.
Posso garantire, conoscendo bene il futuro pontefice testé citato, che se il tutto fosse accaduto sotto il pontificato di Benedetto XVIII [qui e qui], il Vescovo Fellay sarebbe stato prontamente scomunicato entro le successive 48 ore da quelle sue dichiarazioni, previa informativa che, qualsiasi fedele cattolico che avesse partecipato alle sue celebrazioni o alle celebrazioni dei suoi sacerdoti — prontamente dichiarate valide ma illecite — in disubbidienza alla suprema autorità della Chiesa, sarebbe incorso ipso facto in scomunicalatae sententiae.
Detto questo mi dispiaccio per non essere riuscito neppure a smuovere certi ultras così chiusi e aggressivi, incapaci a cogliere e valutare che non hanno più a che fare col mite Benedetto XVI che ha teso le braccia in tutti i modi al mondo della tradizione, salvo prendersi in cambio due sberle da non pochi cosiddetti tradizionalisti che di fondo, previa strumentalizzazione della Messa antica, ciò che in realtà pretendono è l’impossibile: vale a dire che la Chiesa sconfessi un intero concilio ecumenico, perché questo è ciò che di fatto la Fraternità di San Pio X pretende, si leggano i loro documenti ufficiali e se ne avrà indubbia prova.
Siccome sulla cattedra di Pietro non c’è più il bavarese mite, educato e regale, grande amante di Bach e di Mozart, bensì un risoluto e in apparenza pacioso generale latinoamericano, casomai dalla sera alla mattina la Santità di Nostro Signore revocasse ilmotu proprio, certi ciechi lagnosi che di blog in blog, di sito in sito, di rivista tradizionale in rivista tradizionale lamentano concili eretici, papi formalmente eletti ma di fatto antipapi sin dal 1958, messali protestantici congegnati da quel “gran massone” di Annibale Bugnini e promulgati da quell’ “autentico anticristo” di Paolo VI, per seguire con pietose e ingiuriose amenità simili a non finire, non dovranno far altro che ritmare, in uno splendido latino metrico: mea culpa, mea culpa, mea maxima culpa.
Questo è ciò che ho cercato di trasmettere, sebbene inutilmente, a diverse persone accecate da manifesta ideologia, a causa delle quali, quando poi giungeranno inevitabili i provvedimenti o quando ciò che Benedetto XVI ha concesso sarà revocato, a pagare saremo tutti quanti noi, veri amanti della tradizione cattolica, me incluso, che ben volentieri uso il Messale di San Pio V in contesti normali e soprattutto con persone normali, non certo prestandomi — come hanno fatto alcuni preti della Fraternità di San Pio X — alla celebrazione di Messe in rito antico per gruppi fanatici di Forza Nuova o per leghisti trasgressivi che non vanno alla Messa neppure per Natale e per Pasqua, ma che per sfizio volevano la Messa antica alle sacre fonti di Pontida con la coreografia delle loro armature nello stile dei soldati arruolati in battaglia da Alberto di Giussano.
New priests pose for a picture under a sE qualora l’uso del Messale di San Pio V fosse in qualche modo proibito, mai lo userei in disubbidienza alla Chiesa, se la Chiesa stabilisse per questioni di opportunità pastorale e di unità ecclesiale che non è più concesso usarlo; e come me molti altri miei confratelli sacerdoti, a partire da Nicola Bux, sensibile teologo e brillante liturgista beneamato dal mondo della tradizione, che mai oserebbe però proferire mezzo sospiro in disobbedienza all’autorità della Chiesa, lui che la Chiesa l’ha sempre servita e che devotamente intende servirla sino all’ultimo respiro di vita.
Ciò che umanamente e sacerdotalmente mi distingue da certi ideologi e da certi cattolici per i quali la fede pare essere solo un appetitoso pretesto di lotta politica, tanto da rapportarsi alla Chiesa come si trattasse di lotte tra partiti, è la ricerca della coerenza, dell’onestà intellettuale.
Coetus summorum FrancescoChiunque abbia letto o legga miei scritti e libri dovrebbe sapere come la penso, quanto la mia teologia sia aderente al dogma e al Magistero della Chiesa, quanto abbia attaccato certi teologi bandiera da me definiti devastanti, Karl Rahner in testa e tutti i suoi nipotini contemporanei … purtroppo però, per coerenza e onestà intellettuale, con un sacrificio interiore enorme sono costretto a dire, dinanzi agli odierni fatti concreti, che sotto certi aspetti avevano ragione personaggi come l’Arcivescovo di Chieti-Vasto, Bruno Forte, l’Arcivescovo di Pisa, Alessandro Plotti e vari altri vescovi di cosiddetta area marcatamente progressista, che all’uscita del motu proprio affermarono ch’esso avrebbe creato non pochi disagi pastorali, spaccato certe comunità di fedeli e creato due partiti dentro la Chiesa … e se la liturgia è il centro di unità per eccellenza della vita della Chiesa, è presto detto.
Si vada a vedere con quali toni duri ho trattato più volte la ecclesiologia di Bruno Forte, poi, dinanzi a quest’affermazione fatta proprio da uno come me, qualcuno si ponga semmai qualche serio interrogativo, per esempio domandandosi: non è che forse siamo noi a sbagliare, impegnati da decenni a puntare il dito contro i presunti sbagli dell’intera Chiesa universale in nome dei nostri animi che riteniamo essere stati feriti, anziché agire in nome della verità?
CERTI TRADIZIONALISTI FANNO CAMPAGNE A FAVORE DEI
FRANCESCANI DELL’IMMACOLATA, MA SI GUARDANO BENE
DAL COGLIERE LA SANTITÀ DEL LORO ESEMPIO E LA LORO
ASSOLUTA DEVOZIONE ALL’AUTORITÀ DELLA CHIESA 
Il padre Manelli, nei giorni della tristezza e del silenzio: il martirio dell'obbedienza. Abbracciato al suo solo Signore
Il padre Manelli, nei giorni della tristezza e del silenzio: il martirio dell’obbedienza. Abbracciato al suo solo Signore
Concludiamo con un esempio: i Francescani dell’Immacolata sono una congregazione improntata su sano e profondo rigore cattolico e su altrettanto sano amore per la tradizione. Nati agli inizi degli anni Settanta, i Francescani dell’Immacolata hanno donato alla Chiesa diversi filosofi, storici, teologi ed ecclesiologi di alto livello e spessore. Ed è stato anche e non ultimo grazie a questa squadra di valenti studiosi che all’occorrenza hanno sezionato la pseudo teologia di tanti teologi bandiera del Novecento, che hanno attaccato molti falsi profeti, che hanno attaccato la massoneria, che hanno spiegato quanto assurdo fosse pensare di poter beatificare un soggetto dalla ecclesiologia e dalla teologia a dir poco precaria come quella che impregnava il Vescovo Tonino Bello [qui]. E per quest’opera tutta quanta meritoria, hanno infine pagato — e stanno pagando — ciò che oggi è sotto gli occhi di tutti.
Si provi adesso a fare l’elenco dei filosofi, degli storici, dei teologi e degli ecclesiologi nati e usciti in altrettanti anni dalla Fraternità di San Pio X, che vanta da sempre seminari pieni di seminaristi e un numero da sempre elevato di ordinazioni sacerdotali, insomma, di “macchinette” da Messa antica sfornate pel sommo gaudio di certo popolo passionale.
Non basta un “vecchio” messale e tanto sentimentalismo popolare per fare un buon prete, posto che il messale è il primo strumento di cui deve avvalersi ogni buon prete, posto inoltre che dagli anni Settanta a oggi, la Fraternità di San Pio X non è riuscita a sfornare neppure la metà di un Padre Serafino Lanzetta, cosa questa che dovrebbe indurre a serie riflessioni, perché la fede non si basa sui sentimentalismi ma sui fatti, perché è proprio dai fatti — o se vogliano dai frutti e dalle opere — che tutti noi saremo riconosciuti, non certo dal messale della “Messa di sempre”.
images (3)Il problema di fondo è che un certo mondo della Tradizione tende a prendere dai fatti e dalle situazioni ciò che strumentalmente può in qualche modo giovare alla loro ideologia ed a rigettare, spesso con spirito di cecità assoluta, tutto ciò che non tira acqua al loro mulino. Proprio come nel caso dei Francescani dell’Immacolata: si sono infatti ben guardati, i tradizionalisti duri e puri dal prendere come modello d’esempio l’insegnamento di questi frati e del loro santo fondatore. Hanno raccolto migliaia di firme, la mia inclusa che ho felicemente apposto tra alcune delle prime centinaia raccolte, ma ben guardandosi come da peste dal cogliere l’esempio che questi devoti religiosi hanno dato all’orbe cattolica intera.
Contrariamente a certi tradizionalisti passionari e ideologici, per i Francescani dell’Immacolata io ho firmato in segno di stima per la devota obbedienza da essi mostrata alla Chiesa e alla sua autorità, molti altri hanno invece firmato credendo in tal modo di firmare un pubblico appello contro la “diabolica Chiesa conciliare” e la sua “illegittima” autorità.
Tra i numerosi firmatari tradizionalisti, diversi dei quali sognano ancora i fasti delle sedie gestatorie coi flaubelli e che certe cose dovrebbero loro insegnarle a tutti quanti noi, si sono forse dimenticati che la Chiesa non è una democrazia parlamentare? Per questo temo che taluni tendano a forme di dissociazione borderline della personalità. O forse pensano di impressionare l’attuale “Presidente della Repubblica Cattolica Universale” fondata sul lavoro e sulle pari opportunità, con una petizione popolare di oltre 10.000 firme raccolte in internet e con i rosari alla Beata Vergine Maria trasformati in sit-in di protesta? E di grazia: a quando lo sciopero della fame secondo i gloriosi schemi di Marco Pannella? Ebbene sì, vogliamo vedere un esercito di Emma Bonino cattoliche incatenate per protesta alle cancellate della Basilica di Santa Maria Maggiore! E poi cos’altro: forse la crisi di governo, la richiesta di dimissioni del premier, i franchi tiratori nelle urne del parlamento?
Pio V, domenicano: un ritratto del futuro papa
Pio V, domenicano: un ritratto del futuro papa
Cosa ci riserveranno ancora certi buoni tradizionalisti, non avendo ancora capito che l’attuale “Presidente della Repubblica Cattolica Universale”, analogamente all’ex Primo Ministro della Repubblica Italiana, non mollerebbe neppure dietro i colpi delle peggiori sentenze? Insomma: è davvero singolare che proprio i difensori della più pura tradizione vogliano mutare la Chiesa in una democrazia parlamentare con tanto di referendum propositivo o abrogativo …
Suvvia ragazzi: svegliatevi! Siete messi male, lo so, però rasserenatevi: tutti siamo messi male, per questo intendo annunciarvi che Cristo è morto e risorto proprio per aprire gli occhi a tutti quelli messi male come noi, me primo in testa a tutti nella fila, sia ben chiaro:Nobis quoque peccatoribus famulis tuis, de moltitudine miserationum tuarum sperantibus … [Missale Romanum, Pio V. Nella versione italiana della Prima Preghiera Eucaristica o Canone Romano: “Anche a noi tuoi ministri, peccatori, ma fiduciosi della tua infinita misericordia …”].
Sia comunque chiaro a certi difensori ai quali non fa comodo cogliere il tutto:  il Venerabile Padre Stefano Mannelli non è incarcerato a Castel Sant’Angelo sotto massima e stretta sorveglianza armata e non è ad alcun titolo prigioniero di alcuna feroce autorità ecclesiastica: è libero, in tutti i sensi. Ossia: libero ad esempio di convocare in qualsiasi momento una conferenza stampa per smentire o mettere in discussione l’operato del discutibile personaggio preposto come commissario di questa congregazione. Nulla di tutto ciò farebbe mai un santo uomo di Dio come il Padre Stefano, che dinanzi al sopruso e all’ingiustizia ha scelto — liberamente e coscientemente — di ubbidire la legittima autorità ecclesiastica della Chiesa, lasciando che certi artefici di siffatto sopruso rispondano domani per le loro pessime azioni a Dio e alla Storia.
Giovani frati francescani dell'Immacolata celebrano il Sacrifico della Messa, nel rito extraordinario
Giovani frati francescani dell’Immacolata celebrano il Sacrifico della Messa, nel rito extraordinario
Tutti i frati che da sempre rappresentano le punte di diamante della congregazione, mandati dalla sera alla mattina agli angoli estremi del mondo, uno in Austria, uno in Africa, uno in America Latina … non sono stati scortati al confine dalla guardia armata palatina, in modo analogo al loro fondatore hanno liberamente scelto di ubbidire in totale devozione alla Chiesa.
Proviamo adesso a immaginare l’imbarazzo e la sofferenza che stanno provando i Francescani dell’Immacolata per causa di certi tradizionalisti, vedendosi difesi ed elevati da costoro a  strumentale vessillo; difesi da cupi personaggi che nei loro numerosi blog e siti ufficiali lanciano disinvolte accuse di eresia agli ultimi sei pontefici della Storia, compreso Benedetto XVI. Loro, i poveri Francescani dell’Immacolata, che pagano ciò che stanno pagando per testimoniare la loro fede e il loro amore alla Chiesa in spirito di indefessa obbedienza, ulteriormente vilipesi dalle difese inopportune portate avanti a loro favore da gente che sprezza l’autorità della Chiesa e che rigetta la dottrina di un intero concilio ecumenico, in quanto a loro dire “semplicemente pastorale”.
Ma siamo proprio alla follia intra ecclesiale!
Un commento di questo genere lo postai in risposta a un mio acceso contestatore che alla fine del mio precedente articolo osò levarmi il vessillo dei Francescani dell’Immacolata. Sollevando le questioni sin qui espresse chiesi se lui, contestatore pubblico di Sommi Pontefici e del “diabolico” e “solo pastorale” Concilio Vaticano II, era disposto a cogliere il vero esempio che questi religiosi stavano dando: l’esempio dell’obbedienza alla Chiesa e alla sua autorità.
L’interlocutore non mi rispose per un semplice fatto: quel mio commento non fu mai pubblicato, mentre io, se ancora nutrivo qualche dubbio e qualche speranza, compresi presto e bene con che genere di mondo irragionevole e ferito si deve avere purtroppo a che fare, quando si parla di certi gruppi di cosiddetti tradizionalisti ideologici.
HO PORTATO L’ESEMPIO DI ATANASIO VESCOVO DI ALESSANDRIA, MA
TUTTI I BUONI TRADIZIONALISTI INTERVENUTI CON FERVORE HANNO
FINTO PERÒ DI NON CAPIRE E NESSUNO MI HA RISPOSTO
Sant'Atanasio
Sant’Atanasio
Per concludere ripropongo la parte finale trattadal mio articolo precedente dove riassumo l’esperienza di Atanasio Vescovo di Alessandria, Santo e Dottore della Chiesa, che dinanzi ai vescovi ariani che la facevano da padroni e che lo costrinsero all’esilio, rispose: «Voi avete le chiese, io ho la fede nella verità». E come una sorta di vescovo vagante prese a formare e consacrare nuovi vescovi e presbiteri.
[…] È indubbiamente vero che l’unità non può essere però salvata a scapito della Verità rivelata. Credo pertanto che oggi noi siamo in un momento di gravissimo pericolo, ma non credo sia giunto ancora il tempo di fare la scelta sacrosanta di Sant’Atanasio, non ultimo per un motivo di non poco conto: dove lo peschiamo ai giorni nostri, all’interno dell’attuale collegio episcopale formato anche da vescovi che smanettano in un flash mob equiparabile a una conventicola di saltimbanchi [qui], un uomo della levatura del vescovo alessandrino, tra le numerose persone attaccate più al “potere” delle cattedre delle loro Chiese anziché alla verità della fede?
Semmai giungessimo però a quel doloroso e inevitabile bivio, per quanto mi riguarda io seguirò sempre il Vescovo Atanasio, ma solo quando la casa sarà completamente avvolta dalle fiamme e tutti saranno fuggiti dal suo interno. Finché posso fare il pompiere ed entrare con tutti i rischi del caso dentro la casa in fiamme per salvare qualche vita umana, non lascerò mai bruciare la casa dietro di me anche con una sola persona al suo interno che strilla: “Aiuto!”.
chiesa con fulminiE’ la storia biblica di Sodoma e Gomorra. Sarà lo Spirito Santo di Dio a comandare al momento opportuno ai suoi servi fedeli di fuggire via e fuggendo di guardarsi bene persino dal volgersi indietro, salvo essere mutati in statue di sale come la moglie di Lot.
A me, al momento, lo Spirito Santo di Dio non ha ancora comandato di fuggire mettendo in salvo la mia famiglia, pertanto rimango dentro le degradate Sodoma e Gomorra a fare tutto ciò che posso fare, in attesa di precisi ordini che però devono venirmi dallo Spirito Santo di Dio, mediante quei mezzi che Egli sceglierà. Solo su ordine del mio Signore, Padre e Creatore, abbandonerò le due città malefiche, prima che su di esse si scateni la sua santa ira.
E a tutto questo, nessuno, mi ha ancora risposto.
VI ABBIAMO SUONATO IL FLAUTO E NON AVETE BALLATO,
ABBIAMO CANTATO UN LAMENTO E NON AVETE PIANTO …
DSC00854
Alessio Cervelli
«A chi dunque posso paragonare la gente di questa generazione? A chi è simile? È simile ai bambini che, seduti in piazza, gridano gli uni agli altri così: “Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non avete pianto!”. È venuto infatti Giovanni il Battista, che non mangia pane e non beve vino, e voi dire: “E’ indemoniato”. È venuto il figlio dell’uomo, che mangia e beve, e voi dite: “Ecco un mangione e un beone, un amico dei pubblicani e dei peccatori!”» [Lc 7, 31-34].
Forse, anche in questo articolo, abbiamo parlato al vento e predicato nel deserto, perché da sempre non c’è sordo peggiore di colui che si rifiuta di udire. A maggior ragione è bene parlare e predicare, perché qualche cosa, nel tempo, rimane sempre …
In ogni caso, quando prima o poi, su certi gropponi, si abbatterà inevitabile il buon bastone pastorale, potremo perlomeno dire: ci avevamo provato, perfino più volte, a suonare il flauto o a cantare un lamento, ma ogni strumento e canto è risultato ai vostri orecchi solo musica sgradita.
Insomma: ve lo avevamo detto per tempo e con anticipo, e ora piangete pure sul latte versato… l’unica cosa che ci dispiace — al Padre Ariel come prete e a me come organista liturgico — è che purtroppo ci toccherà piangere con voi per quanto avremo perso e che la bontà del mite Benedetto XVI aveva inteso nuovamente donare come preziosa opportunità di riscoperta e di purificazione a tutta la Chiesa.
Amen!

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.