Lascia la sedia a rotelle dopo un viaggio a Lourdes.
Si è recato a Lourdes con la sedia
a rotelle e al termine del suo pellegrinaggio – dopo essersi bagnato nelle
vasche del Santuario – ha ripreso a camminare con i propri piedi. E’ quanto
accaduto a Biagio Conte, il missionario laico e cittadino
palermitano che da oltre vent’anni si prende cura di moltissimi
extracomunitari, poveri e senzatetto. E’ l’Arcidiocesi di Palermo a darne
ufficialmente la notizia in un comunicato stampa.
La conferma dell’inspiegabile
guarigione arriva dallo stesso missionario laico fondatore della missione
“Speranza e carità” distinta in tre comunità: due destinate all’accoglienza
maschile e una per l’accoglienza di donne singole o mamme con bambini, per un
totale di quasi un migliaio di immigrati, poveri, senzatetto ed ex tossicodipendenti.
“Per me è stata una grazia inaspettata – afferma fratel
Biagio – che ho ricevuto dal buon Dio che ha incaricato la sua madre Maria. Io
ho sempre avuto a cuore la Vergine, ma non mi ero mai recato nel santuario di
Lourdes, un viaggio che è stato possibile grazie all’Unitalsi che mi ha
invitato insieme ai malati”.
Il lavoro di servizio ai poveri, nella missione da lui
fondata, è notevole, e Biagio Conte non si è mai risparmiato nel sostenere
anche le fatiche più grandi, fino a quando il fisico non ha retto, e a causa di
alcune vertebre schiacciate è stato costretto ad utilizzare la sedia a rotelle.
Dopo tante insistenze da parte dei suoi collaboratori, fratel Biagio si è
recato a Lourdes con il solo intento di vivere l’esperienza del pellegrinaggio,
e null’altro. “Io non pretendevo nulla ed anzi ho dato la precedenza agli altri
malati – dichiara il missionario laico – poi mi sono deciso e subito dopo
essermi immerso ho avvertito come un fuoco dentro che mi ha permesso di tornare
non a camminare, ma a correre verso le tante persone che me lo chiedono”. Il
fatto prodigioso – si legge nel comunicato stampa dell’Arcidiocesi palermitana
– è confermato anche da padre Pino Vitrano, il sacerdote che collabora con
Biagio Conte nella missione “Speranza e carità”. “Biagio da tempo soffriva a
causa di alcune vertebre schiacciate che gli impedivano anche di camminare e di
altri problemi circolatori che gli facevano gonfiare i piedi – dichiara il
sacerdote – subito dopo il ritorno dal pellegrinaggio, me lo sono veduto venire
incontro a piedi in maniera clamorosa, senza nessuna difficoltà. Anche i medici
da noi interpellati non sanno fornire una spiegazione scientifica plausibile”.
“Dopo il bagno in piscina non ho sentito più il bisogno
della sedia a rotelle… Se il Signore adesso mi chiede di più lo faccio
volentieri e con tutto il cuore – conclude Biagio Conte – a vantaggio degli
ultimi. E’ questo infatti quello che tutti siamo chiamati a fare in un momento
così difficile per la nostra società fortemente in crisi. La nostra risposta
deve essere quella di andare incontro agli ammalati, ai poveri, ai bisognosi,
ai disabili e agli anziani. Soltanto così potremo dare una risposta a ciò che
Dio chiede d ogni uomo”.
Scritto per Vatican
Insider
http://www.virgolettato.altervista.org/?p=3035#more-3035
*Marinetti: un “cretino fosforescente” a Lourdes
Ci sono biografie che è interessante leggere, per
stupirsi della pochezza che ha caratterizzato alcune epoche della
storia. L’Ottocento italiano è il secolo della decadenza del nostro
grande paese. Benchè si parli di Risorgimento, decadiamo da tutti i
punti di vista: umano, politico, artistico, letterario, scientifico…
E alla fine sulla scena spuntano, come giusta punizione, i Mussolini, i D’Annunzio, i Marinetti… Personaggi che visti con gli occhi di oggi appaiono quasi caricaturali e grotteschi
e che sono in tutto e per tutto figli di un rinnegamento e di un’
abiura. Rivoluzionari, si definiscono, tutti e tre, e come spesso accade
dietro il rivoluzionario c’è il cialtrone e l’egocentrico.
A D’Annunzio e a Marinetti ha dedicato ottime
biografie uno storico e giornalista come Giordano Bruno Guerri, che di
questa tipologia di rivoluzionari libertini è grande ammiratore.
Ma è proprio anche leggendo queste narrazioni che
viene da chiedersi come un popolo abbia potuto elevare simili personaggi
a idoli e maestri. Prendiamo Marinetti, padre fondatore del futurismo,
condannato dalla storia ad essere il meno celebre, suo malgrado, dei
tre.
Guerri cerca di descriverlo come un uomo straordinario,
avvolgendolo in un’atmosfera di eroismo e di grandezza. Ne viene fuori,
invece, per usare un’espressione utilizzata da D’Annunzio, un “cretino
fosforescente”, convinto di essere un genio assoluto proiettato nel
futuro. Un cretino che dichiara di preferire alle cattedrali, i mercati
coperti e le stazioni ferroviarie; al profumo dell’incenso, la puzza e
il fumo delle ciminiere; alla musica dei grandi del passato, il rombo
dei motori; all’inginocchiatoio di legno, il divano sfondato dalle
serate lussuriose; alla famiglia, il libero amore; all’amor di patria,
il tronfio nazionalismo guerrafondaio…
Leggere oggi Marinetti significa catapultarsi
nell’età dei declamatori e dei tribuni che affondano le lame della loro
gonfia retorica nel vuoto di ideali e di passioni vere dell’inizio
Novecento italiano. Che propongono ai loro contemporanei, come valori su
cui fondare la vita, surrogati in immediata scadenza; che cercano di
affermare se stessi attraverso trionfi mondani di cui, incredibilmente,
non sembrano scorgere, se non a tratti, la vacuità.
Così Guerri ci descrive Marinetti che, pur di far parlare di sé, compera ogni settimana duemila copie di una rivista morente,
per tenerla in vita, dopo essersi accordato con il direttore affinché
lo calunni, “anche con le panzane più grosse”; descrive un uomo, “sciocco, molto ricco e molto vanesio”,
secondo Andrè Gide, che pur di ottenere successo valuta accuratamente
il potere dei padri delle innumerevoli amanti; un uomo che predica
l’amore libero, i figli di Stato, il nazionalismo, la guerra “sola igiene del mondo”, il fascismo più becero, sempre con la stessa convinzione di essere profeta.
Un uomo che, dopo aver fatto il
rivoluzionario di professione, finisce calzato e vestito con i simboli
del potere e della Accademia fascista, e che, per urlare al
mondo che lui nonostante tutto è diverso, originale, unico, lancia una
terribile crociata per l’abolizione della… pastasciutta, accusata
nientemeno che di indurre “fiacchezza, pessimismo, inattività nostalgica e pessimismo”.
Siamo nel 1930 e il sedicente poeta di cui non si leggerebbe nulla da
tempo, se non per obbligo scolastico, riesce ancora a far parlare di sé:
i più normali rispondono vestendosi da Marinetti, e esibendosi “in
pantagrueliche mangiate di pastasciutta”; altri, come i figli del duce,
Vittorio e Bruno, accolgono l’urlo emancipatore, e a donna Rachele che
scodella l’italica pastasciutta, rispondono in coro: “Noi siam figli della rivoluzione. Questi son piatti da vecchi borghesi”.
Questo Marinetti, che a tratti Guerri cerca,
senza riuscirci, di descrivere come “felice”, aveva, come Mussolini e
D’Annunzio, le sue radicate superstizioni, ma una fiera avversione alla
Chiesa: del papa Pio X scriveva trattarsi di “carceriere della
terra, sorcio mostruoso delle fogne del cuore, vecchio scarafaggio
nutrito d’immondizia… fetido sterco nero e greve, caldo uscito dal mio
sfintere di grande uccello d’Italia…”.
Tutto ciò non toglie che si possa rintracciare, anche nella biografia di Marinetti, un aneddoto interessante.
Narra Guerri, infatti, che il giovane futurista viaggiava in treno, quando salirono a bordo vari pellegrini diretti a Lourdes.
Sul treno salì anche la bella Yvette, al seguito di una cugina in
barella. Marinetti rimase colpito dalla ragazza, abbandonò gli amici e
la seguì. A Lourdes accadde l’incredibile: “la cugina di Yvette,
‘ammalatissima malata’, d’improvviso spalanca ‘due occhi immensi verdi
come un mare dopo molte scogliere’ e si alza guarita: ‘Ed era forse la
vita oppure la volontà di Dio’. Tutti gridano al miracolo e Tom (cioè
Marinetti, ndr) è turbato. Ha assistito a ‘un’autentica frattura del
mondo fisico’ dice ai medici…”.
Ma Yvette è ormai persa, dietro i fatti eclatanti
di cui è protagonista: Marinetti (che pure crede di aver visto un
miracolo) decide di ripartire. Accade sempre così: i cretini
fosforescenti non riescono a vedere intorno a sé nessuna luce, intenti
come sono ad osservare la propria fatua fosforescenza. Il Foglio, 17 gennaio 2013
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