i miracoli di San Silvestro e la magia di Virgilio
“Mia figlia proprio non ci riusciva, ad avere un bambino, e così abbiamo deciso di andarci. Una volta arrivati, all’improvviso ho udito voci e risatine di bimbi provenire dal bosco, eppure ero più che sicura che non ci fosse nessuno… allora ho capito, e sono subito corsa da mio marito: ‘Emilio, Emilio, inginocchiati – gli ho detto – inginocchiati e prega, perché questo è un miracolo! Il tempo di ritornare in paese e ne ho avuto la conferma: la ragazza finalmente era incinta!”
Questo suggestivo racconto lo avevo raccolto – e tradotto – dalle labbra di Luisella, un’anziana contadina di Altavilla Irpina, e mi era sembrato talmente bello e appassionante da giustificare lo sforzo di una visita. Così sono partito anch’io, come Luisella ed Emilio, per il Santuario di San Silvestro Papa: una minuscola chiesetta arroccata sui fianchi aspri e scoscesi di uno spuntone di roccia alle pendici del Monte Vallatrone, a 900 metri su su in alto salendo dal paesino di Sant’Angelo a Scala.
La grotta della sorgente, bassa, angusta, buia ed umida con in fondo la vasca di pietra per bagnarsi, è letteralmente tappezzata di preghiere, ex voto, foto ed effetti personali dei devoti: ci ho trovato persino un paio di mutande sporche, ma tant’è… quello che conta è la fede. E quest’angolo sperduto d’Irpinia ci propone incredibilmente una situazione che avremmo potuto trovare attuale duemila e più anni fa: lo spettacolo della fonte magica della vita, abilmente sincretizzata nel culto cattolico che la assorbe.
San Silvestro I fu uno dei primi papi, alla fine del cui pontificato si tenne il controverso Concilio di Nicea. Gli viene attribuito l’impulso per la fondazione della Basilica di San Pietro, e risulta inoltre destinatario di una delle più famose false fonti del diritto ecclesiastico: la celebre “Donazione di Costantino”, sulla quale si attestarono per secoli le pretese del primato del potere ecclesiastico su quello temporale e imperiale. È strano come originario di queste parti, di Sant’Angelo o forse di Capriglia Irpina pochi chilometri più in basso, fosse anche un altro papa, stavolta del XVI secolo: Gian Pietro Carafa, assurto al trono pontificio con il nome di Paolo IV e ahimé tristemente passato alla storia per la pubblicazione dell’indice dei libri proibiti e l’istituzione dei ghetti ebraici.
Torniamo però ora a noi ed alla nostra cappella che, oggetto di recenti e ben fatti restauri, appare curata e ben tenuta, ed è tutt’ora meta – almeno per quello che mi è parso sbirciando al di là della cancellata chiusa – di sporadica ma regolare frequentazione. Mie supposizioni e non altro, visto che quando sono arrivato il sito era piacevolmente deserto (era una di quelle fredde mattinate invernali in cui tanto mi piace vagare in montagna).
Durante la discesa con la mia brava bottiglia di acqua santa nello zainetto – ho letto poi che l’effetto miracoloso si esplica bagnandovisi e non bevendola – riflettevo su quanti incantevoli misteri possa ancora celare il massiccio del Partenio che sovrasta la mia città, Avellino.
Il Mons Vergilianus, monte di Virgilio prima che della Vergine alla quale sarà poi consacrato dall’astuto cattolicesimo teso a fagocitare ogni culto pagano, nasconde infatti tra i suoi fitti boschi addirittura l’ubicazione fantastica dell’“orto virgiliano”, la mitica radura ove, secondo la tradizione popolare partenopea settecentesca, il poeta Publio Virgilio Marone – “Vergilio o’ Mago”, nella involontariamente comica vulgata napoletana del latino Vergilius Maro – soleva, secoli prima, raccogliere erbe dai magici poteri.
Il vero Virgilio, come si sa, visse ed ha la sua tomba a Napoli, cioè praticamente dall’altro versante di questi stessi monti. L’orto del Mago Virgilio, invece, non è stato mai trovato, perché altro non si tratta che di una leggenda. Io per la verità una mezza idea di una sua possibile, fantasiosa collocazione ce l’avrei… magari ve ne parlerò un’altra volta se, tanto per restare sull’affascinante tema dei diversi e misconosciuti passaggi di Virgilio in Irpinia, deciderò di raccontarvi di dove, sempre a pochi chilometri di qua, tra le letali pozze sulfuree della vicina Valle d’Ansanto, si spalancano le tenebrose Porte degli Inferi di cui egli racconta nel settimo libro dell’Eneide.
Frattanto, il santuario e la fonte di San Silvestro sono là che vi aspettano per placare sin da subito la vostra sete di meraviglioso!
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