Sinodo sulla famiglia????????????????????????????????????
La DIOCESI DI PADOVA per le unioni di persone dello stesso sesso
La quinta tappa di
avvicinamento al sinodo dedicato alla famiglia (che vivrà un primo
momento importante in ottobre) riporta una riflessione di coniugi
Benciolini, medico legale impegnato sui temi della bioetica lui,
psicologa e psicoterapeuta lei. «In una chiesa di persone adulte –
scrivono – dev’esserci lo spazio per la voce di chi vive esperienze
omoaffettive. Sgombrando il campo da luoghi comuni pesantemente
offensivi».
14/04/2014
Osserviamo che, a differenza di altri temi, pur di grande rilevanza e complessità, sia teologica che pastorale, quello dellerelazioni omosessuali viene
qui posto per la prima volta, e in maniera esplicita, all’attenzione di
tutta la comunità dei credenti. Sentiamo, dunque, la particolare
responsabilità che questi specifici interrogativi ci pongono come laici
che vivono l’esperienza familiare e, per alcuni di noi, anche l’impegno
nello studio delle scienze umane.
Come ci ha ricordato papa Francesco (Lettera alle famiglie, 2 febbraio
scorso), l’appuntamento del sinodo «coinvolge tutto il popolo di Dio» e a
ciascuno viene chiesto di accompagnare il cammino dei padri sinodali
«partecipando attivamente alla preparazione con suggerimenti concreti»,
oltre che con la preghiera. È questo, del resto, anche lo stile
propostoci del Concilio (in particolare della Gaudium et Spes) che sollecita ai laici il duplice contributo di competenza ed esperienza. Concordiamo con Giuseppe Trentin (Difesa n. 3/2013 ) sul perdurante rischio di una visione antropologica inadeguata della “questione omosessuale”,
che richiede invece di essere inquadrata in «nuove scale di valori,
nuovi modelli di vita, ma soprattutto un nuovo modo di impostare un
rapporto tra le persone».
Tra questi “valori” si colloca certamente anche la sessualità, finora troppo condizionata dal rapporto con la fertilità.
Osserviamo che anche il ricorso al termine “omosessualità” può
facilitare il rischio di un visione riduttiva del problema e proponiamo
di sostituirlo con quello di “omoaffettività”, certamente di più
ampio respiro e adeguato a comprendere una estesa gamma di vissuti e
interrogativi che non possono essere circoscritti al solo esercizio
della sessualità.
Ma sul piano della vita quotidiana e delle esperienze che ci
interpellano come credenti che vivono in una società democratica, quali
spunti ricavare dall’invito del questionario? Sentiamo che in una
chiesa di persone adulte vi deve essere lo spazio per la voce di chi
vive esperienze omoaffetive o anche legami più precisi con persone dello
stesso sesso. Lo esige in primo luogo il rispetto della dignità di ogni persona, sul quale si fonda la nostra convivenza. In una visione di fede, poi, lo richiede la consapevolezza che condividiamo lo stesso battesimo e la stessa confermazione che ci è stata donata dallo Spirito.
Va dunque sgombrato il campo da ogni fraintendimento legato a
superate classificazioni di ordine patologico, così come da giudizi
morali precostituiti, inaccettabili alibi che ancora oggi
favoriscono luoghi comuni pesantemente offensivi. Non si tratta, certo,
di un impegno che riguarda la sola comunità ecclesiale, anzi. Questi
luoghi comuni (che non troviamo solo sulle labbra di chi è facile alle
battute da osteria ma anche nelle dichiarazioni pubbliche di personaggi
con responsabilità politiche) sono ancor oggi ricorrenti e talora così
fortemente incidenti sulla sensibilità di alcuni (specie se molto
giovani) da portare alla drammatica rottura del loro fragile equilibrio
di vita.
Ci piace pensare alla possibilità di scambi preziosi tra le comunità dei credenti e le famiglie al
cui interno si vivono in prima persona gli interrogativi che nascono (a
volte in modo inaspettato) dalla “scoperta” che un proprio figlio
manifesta orientamenti omoaffettivi. La famiglia deve poter trovare
luoghi e persone adeguate per poter esprimere serenamente i propri “vissuti” e
le domande che essi le stanno proponendo, ma anche la comunità può
risultarne arricchita e divenire, agli occhi di tutti, un luogo
esemplare di testimonianza, in grado di incidere (e questo sarebbe
veramente un grande risultato del lavoro di preparazione del sinodo)
anche sul sentire comune. Una chiesa che sa riconoscere anche questi
“segni dei tempi” e che non ha timore che i suoi membri si pongano, nel
confronto con tutti gli uomini, in atteggiamento di piena e laicale
disponibilità a contribuire alla crescita dei valori umani. Anche
condividendo, sul piano delle scelte politiche, soluzioni legislative in grado di tutelare socialmente queste unioni.
Accenniamo, da ultimo, a due preziose esperienze di cui siamo a conoscenza. La prima è quella portata avanti dal gruppo Emanuele,
amici che vivono la condizione omosessuale, desiderosi di crescere
nella loro fede in Cristo Gesù. Organizza serate di approfondimento
intorno a temi e personaggi biblici e di condivisione delle proprie
esperienze di vita e di preghiera e, ogni anno, una veglia di preghiera
per tutte le vittime dell’omofobia. Una diversa esperienza è stata
recentemente promossa dal centro universitario: un incontro,
dedicato all’esame del questionario per il sinodo, che ha visto la
partecipazione di coppie sposate, conviventi, fidanzati, divorziati
risposati e una coppia gay. Sono state ore vissute da tutti con
particolare intensità, grazie alla possibilità che ciascuno ha avuto di
esprimersi e confrontarsi, anche sui temi dell’omoaffettività, con
libertà e serenità.
Questioni di priorita', esclusioni e inclusioni....
RispondiElimina"O stolti Galati, chi mai vi ha ammaliati? proprio voi agli occhi dei quali fu rappresentato al vivo Gesu' Cristo crocifisso?"
coglionerie psico-sociologiche, stantie e superate, da parrocchietta, se ancora ve ne fossero, con qualche digressione clericale in totale assenza del Magistero e della tradizione sapienziale della Chiesa. Basta leggere i loro tristi interventi. Ma triste è che questi personaggi hanno voce indiscussa nella diocesi di Padova, relatori ad incontri sulla famiglia. Provenienza Fuci, zombie.
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