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venerdì 6 giugno 2014

Gioco di squadra

«La Civiltà Cattolica» sostiene la «teologia in ginocchio» di Kasper


Walter Kasper
WALTER KASPER

Il teologo Scannone, pur senza citarle, sembra riferirsi ad alcune reazioni negative alla relazione sulla famiglia del cardinale tedesco: c'è un pensiero e un linguaggio univoco che «in questioni morali tende a rinchiudersi in una pura casuistica astorica e astratta, che astrae dai contesti reali e personali»

ANDREA TORNIELLICITTÀ DEL VATICANO
È un mini-saggio molto colto e scientificamente attrezzato quello che padre Juan Carlos Scannone - il gesuita argentino che fu insegnante di Bergoglio - pubblica nel numero de «La Civiltà Cattolica» che sarà in distribuzione da sabato. Un articolo nel quale, a partire dall'elogio fatto da Papa Francesco alla relazione tenuta dal cardinale Walter Kasper al concistoro dello scorso febbraio, Scannone spiega l'importanza non solo di «ciò che» si dice, ma anche del «come» lo si dice, poiché questo «come» fa parte del contenuto, non è una semplice circostanza accidentale estrinseca. 


Il punto di partenza è l'elogio che Francesco rivolse Kasper. Il Papa parlò infatti di «teologia in ginocchio», ringraziando pubblicamente il porporato di fronte al concistoro, dopo che la relazione sulla famiglia, nella quale trovava posto anche un capitolo sui sacramenti ai divorziati risposati, aveva suscitato varie reazioni contrarie. Padre Scannone ricorda inoltre il discorso tenuto da Bergoglio lo scorso 10 aprile ai professori e agli studenti si alcuni atenei pontifici, quando aveva parlato una filosofia e di una teologia realizzate «con mente aperta e in ginocchio», facendo riferimento di nuovo all’«atteggiamento esistenziale» che deve accompagnarle perché siano feconde. In quella occasione Francesco aggiunse: «Il teologo che si compiace del suo pensiero completo e concluso è un mediocre. Il buon teologo e filosofo ha un pensiero aperto, cioè incompleto, sempre aperto al maius di Dio e della verità, sempre in sviluppo».
  
All'opposto, osserva Scannone, troviamo «un pensiero univoco, non aperto, per mezzo dell’analogia del linguaggio, né alla trascendenza, né alla novità storica, né all’alterità irriducibile degli altri». Un chiudersi che «spesso è provocato dal timore proprio di queste novità e alterità, e persino della propria libertà e dell’imprevedibilità del Dio sempre più grande». Il teologo gesuita, parlando dell’importanza di un linguaggio adeguato per «la proclamazione e accettazione del Vangelo», cita le parole del Papa contenute nell'esortazione «Evangelii gaudium»: «A volte, ascoltando un linguaggio completamente ortodosso, quello che i fedeli ricevono, a causa del linguaggio che essi utilizzano e comprendono, è qualcosa che non corrisponde al vero Vangelo di Gesù Cristo». 

Padre Scannone, dopo aver osservato che «in tutte le circostanze Papa Francesco parla con semplicità, ma non per questo smette di avere profondità», analizza e approfondisce la lode fatta al cardinale Kasper e quello che definisce «il carattere sereno della sua teologia», servendosi delle due filosofie del linguaggio contemporanee, cioè «la filosofia analitica, prevalentemente anglosassone, e la fenomenologia, prevalentemente europea». 

E mette in guardia da quello che definisce il «timore della novità inattesa o del futuro sconosciuto, che sono sempre una sfida e possono smuovere il piano della nostre (apparenti) sicurezze. Il proverbio dice che il timore è il peggiore consigliere: lo è non solo nelle decisioni pratiche, ma anche nelle affermazioni teoriche (quando esse suppongono il momento pratico di opzione ermeneutica per una determinata interpretazione o comprensione dell’elemento umano, storico, morale, sociale, politico, culturale, religioso); e lo è soprattutto quando si tratta del timore della libertà (sia della propria, sia di quella dello Spirito Santo)».

Il rischio è che «il timore di una novità imprevista — propria dell’azione di Dio in quanto mistero libero e insondabile —, del rischio della libertà e dell’irriducibile alterità di ogni altra persona, immagine di Dio», si rifletta «in un pensiero e in un linguaggio univoci, cioè non aperti alla trascendenza di Dio, dell’imprevedibile e degli altri, forse per timore di perdere sicurezze. In questioni morali, esso allora tende a rinchiudersi in una pura casuistica astorica e astratta, che astrae dai contesti reali e personali, li formalizza in semplici applicazioni sillogistiche, riducendoli così a semplici «casi» di una regola generale». 

«Da qui l’importanza - continua il teologo gesuita - di quella che Bernard Lonergan chiama "conversione affettiva" (conversione da un affetto disordinato alla serenità di lasciar essere la verità a se stessa). Per questo studioso del metodo, essa è necessaria anche per la metodologia delle scienze, in primo luogo per la teologia. Quanto più lo è allora nelle decisioni della vita ordinaria, specialmente nella convivenza con gli altri, sia nelle relazioni personali, sia nelle "macro-relazioni", mediate da istituzioni e strutture, perché, come insegna Benedetto XVI (cfr Caritas in veritate, n. 2), la carità deve informare entrambe».
  
Infine, l'articolo de «La Civiltà Cattolica», ispirandosi al teologo Hans Urs von Balthasar, distingue chiaramente «il timore negativo» di cui si è parlato a proposito dell'«ermeneutica del timore», dalla «funzione essenziale (sebbene non sia la più essenziale) che nella Chiesa ha il timore di essere infedeli alla tradizione». 

Von Balthasar afferma che tutti i cristiani «condividono il principio mariano, in quanto Maria è madre, immagine e prototipo di tutta la Chiesa e di ciascuno di noi nella Chiesa e in quanto Chiesa». Perciò anche quelli che in essa hanno il carisma, ed esercitano il compito di custodire la tradizione «non cessano di partecipare innanzitutto al principio mariano e al suo corrispondente stato d’animo di amore disinteressato per tutti e per ciascuno degli altri, e di misericordia materna verso quelli che soffrono». E il loro «timore fondato di essere infedeli alla tradizione - conclude padre Scannone -  non è mai il timore della libertà  - cattivo consigliere -, ma fa parte dell’avvicinamento comunitario del popolo di Dio alla verità nella carità, e pertanto saprà anche riconoscere opportunamente la voce che dice alla Chiesa ciò che Gabriele disse alla Vergine: "Non temere, Maria!"».
L'approfondimento di padre Scannone non entra nel dibattito in corso sul prossimo Sinodo sulla famiglia. Ma è evidente che - al di là del merito delle diverse posizioni circa questione dei sacramenti ai divorziati risposati - a essere messo in discussione è un modo di accostarsi a queste tematiche e di parlarne che «tende a rinchiudersi in una pura casuistica astorica e astratta» e che «astrae dai contesti reali» della vita delle persone.  

http://vaticaninsider.lastampa.it/vaticano/dettaglio-articolo/articolo/kasper-kasper-kasper-34570/

Febbre da mondiale in Vaticano

calcio cardinali
Sul numero di Panorama in edicola troverete una mia pagina dedicata alla febbre da mondiale in Vaticano: mi son divertito a chiedere ai principali collaboratori di Papa Francesco un pronostico sulla coppa del mondo. Le squadre favorite sembrano essere…

Brasile, Argentina, Spagna e Italia. Ma, a dire dei cardinali e dei monsignori intervistati, potrebbero esserci delle sorprese.
Il gruppo di supporter più numeroso è quello schierato a favore dell’Italia, composto da centinaia di laici ed ecclesiastici italiani. Assai folta è la “curva” degli svizzeri: le 110 guardie del Papa seguiranno i match da un maxischermo. In Vaticano la febbre da mondiali sta già contagiando tutti e i pronostici vogliono in finale Spagna, Brasile, Argentina e Italia. Due i tifosi principali: Papa Francesco, che potrebbe vedere l’Argentina in tv da Santa Marta, e il Papa emerito, Benedetto XVI, che con il suo segretario guarderà qualche partita della Germania. Non si sa se il Segretario di Stato, Card. Pietro Parolin, potrà assistere alle partite dell’Italia. Il suo predecessore, il Card. Tarcisio Bertone, invece sintonizzerà la tv sugli azzurri.
Mons. Angelo Becciu (ITALIA)
Sostituto della Segreteria di Stato“Cercherò di seguire tutte le partite del mondiale, compatibilmente con i miei impegni di lavoro. Il mio augurio per la nostra Nazionale è che ci stupisca e vada oltre ogni attesa. Per la vittoria finale le squadre favorite sembrano essere Spagna, Argentina e Brasile, ma io confido nell’Italia. Succederà? Certo, se succedesse…”.
Card. Santos Abril y Castelló (SPAGNA)
Presidente Commissione Cardinalizia di Vigilanza dello IOR 
“Faccio certamente un grande augurio alla mia Spagna, ma l’augurio è per tutte le squadre: che possano giocare con lealtà e onestà, ricordando che il calcio non è la soluzione a tutti i problemi. Siamo i campioni in carica, quindi abbiamo una grande responsabilità sul dare il buon esempio in campo e non. Che vinca il migliore”.
Card. Oscar Rodriguez Maradiaga (HONDURAS)
Arcivescovo di Tegucigalpa – Coordinatore “G8” di Papa Francesco
“Vivrò questo mondiale sicuramente con gioia, anche se non so se avrò tanto tempo per seguire le squadre. Don Bosco diceva che lo sport è buonissimo per i giovani e, convinto che tanti di loro seguiranno i match, allora anch’io voglio incoraggiarli. Faccio quindi i miei migliori auguri per il nostro Honduras: è la terza volta che partecipiamo a un mondiale e devo dire che per un piccolo paese è un grande sforzo. Non so se andremo avanti nel girone, penso che la Spagna sia una squadra con molte possibilità”.
Card. Walter Kasper (GERMANIA)
Presidente Emerito Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani
“Il mondiale è soprattutto un incontro fra le nazioni, fra team che rappresentano il proprio Paese per un gioco, e questo è segno di pace e buoni rapporti tra i popoli. Auguro che i tedeschi possano mostrasti utili alla pace con gioia. Spero ovviamente che la Germania vinca i mondiali, ma non è la cosa principale, la cosa più importante è il vivere serenamente questi giochi con tanta amicizia tra le genti in gara”.
Card.  Leonardo Sandri (ARGENTINA)
Prefetto Congregazione Chiese Orientali
“Seguirò le partite dei mondiali, impegni e orari permettendo. Come tifoso dello sport e del calcio in particolare, mi auguro che la competizione si svolga in modo corretto e sereno, e sia una festa per tutti, esaltando il gioco e nel rispetto delle regole. Chi vincerà? Direi che intravedo, non senza qualche dubbio, un tris di stelle: Argentina, Italia e Brasile! Ma vedremo in finale chi sarà il migliore!”.
Card. Odilo Pedro Scherer (BRASILE)
Arcivescovo di San Paolo
“Spero di avere la possibilità di seguire le partite in TV. Mi auguro ovviamente che il Brasile giochi bene e faccia delle partite piacevoli. Sarei contento se vincessimo i mondiali, comunque è bene che vinca la squadra migliore in campo”.
Card. José Saraiva Martins (PORTOGALLO)
Prefetto Emerito Congregazione per le Cause dei Santi
“Sono un amante del calcio e dello sport e non potrò non seguire i mondiali in TV. I miei auguri vanno certamente al Portogallo: con il nostro Cristiano Ronaldo non escludo a priori che la nostra nazionale possa diventare campione del mondo o arrivare comunque tra i primi posti. Però, come si sa, è un gioco e dipende molto dagli episodi e dalla fortuna. In bocca al lupo!”
Card. Sean O’Malley (USA)
Arcivescovo di Boston – Membro del “G8” di Papa Francesco
“Non ho un televisore per seguire le partite, cercherò però di tenermi informato con internet e con i giornali. Tutti nella nostra Arcidiocesi, che si trova in uno Stato (il Massachusetts) dove il calcio è uno sport in crescita, preghiamo che il mondiale sia un bel momento per la comunità internazionale, riunita grazie allo sport per sostenere la propria squadra. Naturalmente speriamo che gli USA alzino la coppa del mondo”.
Card. Peter Kodwo Turkson (GHANA)
Presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace
“Seguirò le partite del mondiale, di questa festa delle nazioni che spero sia senza incidenti. E’ una competizione, una mostra di abilità e talento che diverte e che deve svolgersi pacificamente. Ovviamente spero che il Ghana vinca lil torneo, credo che questa volta possiamo davvero farcela”.

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