ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 3 giugno 2014

Il Chinagate di Bergoglio

Vaticano, Bergoglio e il piano per la visita in Cina

ESCLUSIVO: Normalizzazione con Taiwan e apertura alla Corea del Nord. Così il papa potrebbe sbarcare a Pechino.

SVOLTA




















La foresta di corpi di Copacabana era dietro le spalle e l'aereo non era ancora atterrato a Ciampino quando papa Francesco annunciava di voler visitare l'Asia entro la fine dell'anno. Tornando dallo World Youth day, il papa «venuto dalla fine del mondo» era già pronto a toccare l'altro capo del Pianeta, quasi a voler prolungare il volo senza passare per il Vaticano. 

LA DECISIONE DI RATZINGER. La tappa asiatica era già stata decisa da Ratzinger quando ancora i corvi non gracchiavano su San Pietro e gli scandali finanziari erano ancora nascosti all'ombra del colonnato del Bernini. Bergoglio ha deciso di proseguire la missione lasciata in sospeso, fissando dal 14 al 18 agosto la visita in Corea del Sud.
Nelle chiese di Seul e nei palazzi romani, però, pochi sanno cosa avrebbe significato quel viaggio se il papa emerito, viste le ombre che si addensavano sulla Curia, non avesse presentato le dimissioni. E forse lo stesso papa Francesco ne è stato tenuto all'oscuro.
LA PREPARAZIONE ALL'INCONTRO DEL PCC. Uomini fidati e silenziosi, hanno rivelato aLettera43.it fonti ben informate, lavorano da tempo a una diversa ipotesi di viaggio che avrebbe portato il pontefice a superare confini finora invalicati, a stringere mani finora nemiche e a cambiare la storia. A incontrare, insomma, i dirigenti del Partito comunista cinese e aprire la via al riconoscimento della Chiesa cattolica romana nella Repubblica popolare.

Le resistenze della Curia all'iniziativa di papa Ratzinger

I francobolli celebrativi dell'ultimo viaggio in Asia di un pontefice si comprano su eBay per pochi dollari: la faccia liscia di Karol Wojtyla sorride sotto una scritta in coreano. Era l'ottobre del 1989, quattro mesi dopo il massacro di piazza Tienanmen e poche settimane prima del crollo del Muro di Berlino, il papa polacco arrivava in Corea del Sud a poche decine di chilometri dall'atomica di Pyongyang: allora una visita a Pechino era inimmaginabile.
IN CINA 20 MILIONI DI CATTOLICI. I contatti tra Cina e Santa Sede, però, non si sono mai interrotti. E hanno intessuto meticolosamente la tela per riemarginare la ferita tra il regime comunista e i cattolici cinesi, stimati oggi in almeno 20 milioni.
Gli ingranaggi si sono mossi lentamente, in modo paziente e inesorabile. E hanno sfruttato gli spazi ai margini della Associazione patriottica cattolica, l'unica organizzazione 'cattolica' formalmente riconosciuta dall'Ufficio Affari religiosi dello Stato cinese e controllata dallo stesso Partito comunista.
IL RAPPORTO CONTROVERSO CON ROMA. Sulla carta i suoi vescovi non riconoscono l'autorità della Santa Sede: negli ultimi 50 anni l'annuario pontificio ha contato un solo cardinale per tutto l'ex Impero celeste. Ma sotto la superficie dell'oppressione, la comunità clandestina cresce, gli officianti che chiedono l'approvazione della Chiesa di Roma sono sempre più numerosi e il tempo in cui Mao Ze Dong definiva la religione veleno si fa ogni giorno più remoto.
LA LETTERA DI BENEDETTO XVI. Benedetto XVI, al centro di un fitto lavoro diplomatico, aveva alzato la sua voce in difesa dei perseguitati, indirizzando nel 2007 una lettera ai cattolici cinesi in cui denunciava l'atteggiamento del regime comunista e il mancato riconoscimento dei sacerdoti. Il pontefice teologo teneva alta l'attenzione e aperto il dialogo, nonostante le coriacee resistenze di una parte consistente della Curia vaticana, contraria a una revisione dei rapporti con la potenza rossa.
IL VIAGGIO DI ROMEO E LE DIMISSIONI. Quando scoppiò lo scandalo Vatileaks e venne alla luce un dossier riservato su colloqui avuti in Cina dall'arcivescovo di Palermo Paolo Romeo, si parlò di un complotto per uccidere il pontefice. Questo sarebbe stato un modo per «sabotare» i possibili contatti di Ratzinger con Pechino, secondo quanto sostengono le fonti con cui è entrata in contatto Lettera43.it, per le quali ora le autorità cinesi «starebbero vagliando anche la possibilità di restituire alla Chiesa cattolica i suoi beni e le sue chiese».

La normalizzazione dei rapporti con Taiwan e la triangolazione sulla Corea

Il presidente cinese Xi Jinping è salito ufficialmente alla guida della Repubblica popolare il 14 marzo 2013, a sole 24 ore dalla nomina di Jorge Maria Bergoglio al soglio di Pietro: «I due papi sono sincronizzati», era la battuta circolante su Weibo (il social network cinese) e come tutte le battute carica di verità profonde.
Xi è destinato a guidare la transizione epocale della società cinese alla leadership mondiale e ripensare il ruolo della Cina nel mondo. Mentre sulla stampa occidentale si accumulano notizie che vanno in direzione opposta e contraria, con la nuova presidenza di Pechino il piano di riavvicinamento al Vaticano sembra avere basi più solide sul piano internazionale.
IL MEETING DEL 12 FEBBRAIO. Il 12 febbraio 2014 i ministri di Pechino e Taiwan, la Cina separatista e anti rivoluzionaria di Chiang Kai Shek, riconosciuta dal Vaticano e divenuta il primo ostacolo diplomatico alla normalizzazione dei rapporti con la Santa Sede, si sono incontrati dopo 65 anni di conflitto freddo.
I rapporti con la dittatura nordcoreana si sono allentati. E nei grattacieli affacciati sul cemento di Seul, i manager in grisaglia hanno una sola immagine del futuro: la riunificazione tra le due Coree, magari anche grazie all'abbraccio della Chiesa.
LA CHIESA APRE AI CATTOLICI NORDCOREANI. Il 21 maggio per la prima volta nella storia, il vescovo sudcoreano Andrew Yeom Soo-jung ha passato il confine del 38esimo parallelo, sollevando la curiosità della stampa internazionale sulla sua missione. E il 27 maggio la Chiesa sudcoreana ha invitato i cattolici nordcoreani, che nella loro terra rischiano di essere segregati nei campi di lavoro, a partecipare alle celebrazioni della visita pontificia di agosto.
Tutti segnali che rendono concreta l'idea del riavvicinamento. «Il viaggio», garantiscono i ben informati, «sarebbe infatti pensato come una visita di Bergoglio a Pyongyang, realizzata grazie all'aiuto logistico delle forze di sicurezza cinesi, e dopo la tappa nordcoreana la presidenza cinese inviterebbe il pontefice a Pechino». «Se volesse», concludono le fonti, «il papa potrebbe passare una giornata in Corea del Nord e una in Cina e portare il suo annuncio di pace». Così il pontefice chiamato a «curare le ferite» della Chiesa, potrebbe guarire anche quelle della storia.

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