CITTÀ DEL VATICANO - Un Papa ha "una strada definitiva", la sua fine è "in quella tomba". Si tratta di affermazioni banali se dette da chiunque, ma in questo caso a parlare è Francesco, e le affermazioni assumono tutta un'altra luce nei giorni in cui si discute delle condizioni di salute del pontefice e mentre si parla della possibilità (seppur al momento remota) che papa Bergoglio possa seguire la strada del suo predecessore, Benedetto XVI, e in futuro presentare le dimissioni e diventar Papa Emerito.

Bergoglio ha parlato ieri sera nei Giardini Vaticani con un gruppo di giovani della diocesi di Roma in ricerca vocazionale. A proposito dell'aspetto "definitivo" dell'essere vescovo di Roma, Francesco ha sottolineato: "Credo che uno che ha più sicura la sua strada definitiva è il Papa! Perché il Papa... dove finirà il Papa? Lì, in quella tomba, no?". Una battuta probabilmente, ma che è destinata a far parlare e sembra profilare un'opinione contraria alla possibilità di dimissioni. Solo un mese fa Bergoglio non aveva escluso la possibilità di essere il prossimo papa emerito.

Il discorso di Francesco partiva da una riflessione sulla provvisorietà, dopo che un giovane aveva riferito che avrebbe voluto fare il prete in via provvisoria, soltanto per dieci anni. "E' così, abbiamo paura del definitivo. E per scegliere una vocazione, una vocazione qualsiasi, anche quelle vocazioni 'di stato', il matrimonio, la vita consacrata, il sacerdozio, si deve scegliere con una prospettiva del definitivo. E' una parte della cultura che a noi tocca vivere in questo tempo, ma dobbiamo viverla, e vincerla".

L'omelia per San Pietro e Paolo. "Il problema della paura e dei rifugi pastorali", che rappresentano delle tentazioni anche per i pastori di oggi, che rischiano di cercare per questo l'appoggio dei potenti, è stato al centro dell'omelia di Papa Francesco in occasione della festa dei Santi Pietro e Paolo, protettori di Roma e della Sede Apostolica. "Noi, cari fratelli vescovi - ha detto - mi domando: abbiamo paura? Di che cosa abbiamo paura? E se ne abbiamo, quali rifugi cerchiamo, nella nostra vita pastorale, per essere al sicuro?". "Cerchiamo forse - ha continuato il Pontefice - l'appoggio di quelli che hanno potere in questo mondo? O ci lasciamo ingannare dall'orgoglio che cerca gratificazioni e riconoscimenti, e lì ci sembra di stare sicuri? Cari fratelli vescovi, dove poniamo la nostra sicurezza?".

Papa Francesco si è poi unito ai vescovi dell'Iraq "nel fare appello ai governanti perchè, attraverso il dialogo, si possa preservare l'unità nazionale ed evitare la guerra". Esprimendo vicinanza ai tanti profughi, tra cui i cristiani, il Papa ha aggiunto: "La violenza genera altra violenza; il dialogo è l'unica via per la pace".

Al termine dell'Angelus papa Francesco ha salutato "in modo speciale" i fedeli di Roma, "nella festa dei Santi Patroni"; come pure i familiari degli arcivescovi metropoliti che stamattina hanno ricevuto il pallio e le delegazioni che li hanno accompagnati.

Quindi ha salutato "gli artisti di tante parti del mondo che hanno realizzato una grande infiorata", e ha ha ringraziato la Pro Loco di Roma per averla promossa. "Sono stati bravi questi artisti, eh? Complimenti!". "Un augurio - ha quindi aggiunto - anche per il tradizionale spettacolo di fuochi d'artificio che avrà luogo stasera a Castel Sant'Angelo, il cui ricavato sosterrà una iniziativa per i ragazzi della Terra Santa".

Il pallio a 24 nuovi arcivescovi. Papa Francesco ha consegnato il "sacro pallio", cioè la stola bianca con croci nere che simboleggia l'unione speciale delle sedi metropolitane con il Pontefice, a 24 nuovi arcivescovi da lui nominati negli ultimi 12 mesi due dei quali italiani: Giuseppe Fiorini Morosini, di Reggio Calabria-Bova, e Marco Arnolfo, di Vercelli. Altri tre arcivescovi, Stephan Burger di Friburgo, Nicholas Wang Tangh del Myanmar, e Tarcisius G. Zyaye del Malawi, riceveranno invece il pallio nelle loro sedi in quanto impossibilitati a recarsi a Roma.