Di questi tempi, per noi cattolici (e non solo ovviamente), potrebbe rivelarsi necessario effettuare una sana e corretta rilettura dei testi che anticipano la venuta futura dell’Anticristo, perché sono un utile strumento se letti alla luce della Tradizione; sono un dono che “Dio ha voluto rivelarci affinché potessimo premunirci”, come giustamente scrive Don Nitoglia, e che la Provvidenza ci ha dato perché non ignorassimo i pericoli che sempre corre l’umanità, come già aveva avvertito San Pio X. Peccato che oggi, proprio quando se ne percepisce sempre più l’urgenza, il cattolico “moderno” ignori o confonda quelle che sono le basi stesse della sua Fede, forse perché la Chiesa, attualmente e a partire dagli anni ’60, preferisce non parlare più di certi argomenti.
Alcune di queste verità si devono ritenere quasi una “certezza teologica”, in quando dedotte dalla stessa sacra Scrittura dai Padri e dai Dottori. E tra queste, la figura dell’Anticristo ricopre un ruolo del tutto particolare.
Come spesso abbiamo dovuto ascoltare o leggere in questi anni, l’“uomo d’iniquità” – secondo la definizione di San Paolo – è stato via via definito un “mito”, un “demonio”, un’“eresia” od una “corrente di uomini o pensiero”. Ma queste interpretazioni divergono in misura sempre maggiore dalla sana esegesi che la Chiesa cattolica ha sempre effettuato deducendola dall’Antico testamento, dai Vangeli, dall’Apocalisse e dalle lettere paoline. Lo scopo del classico di Augustin Lémann, che oggi rilanciamo, è appunto quello di far correttamente conoscere il pericolo in cui l’epoca nostra, forse più d’ogni altra, si trova di cadere sotto il tirannico regno dell’Anticristo, ed i mezzi efficaci per sventare tale catastrofe — perché questi mezzi esistono e ce ne possiamo servire. La storia difatti non è scritta per noi uomini (benché Dio, essendo al di fuori del tempo, ne conosce già gli esiti) e tale punizione (ovvero la venuta dell’Anticristo), che certamente un giorno colpirà l’umanità, può essere da noi allontanata se continuiamo a combattere per la ricostruzione spirituale, morale e culturale della società.
Ai giorni nostri però, l’allarme più evidente del pericolo che stiamo correndo – e che fa temere per il peggio –, quel “segno” già previsto da san Paolo, è l’apostasia ormai dilagante (insieme a molti altri “segni”: uno di questi è il ritorno degli ebrei in Terra Santa). Come scrive anche Maurizio Blondet, «viviamo nel tempo della “discessio a sancta Romana Ecclesia”, nell’apostasia generale, anche questa predetta». Nel trattare il tema “Anticristo” pertanto, non ci si può esimere dall’affrontare anche un discorso legato al celeberrimokatechon paolino, che quando verrà meno alla sua missione di “baluardo e “trattenimento” causerà il manifestarsi di quel “mistero d’iniquità” sempre potenzialmente in atto, che percuoterà anche la Chiesa di Cristo fino a realizzare l’“abominio della desolazione” nel “luogo santo” — ovvero Roma, secondo la maggioranza dei Padri.
Allora, la corposa introduzione che abbiamo affidato a don Curzio Nitoglia (di cui daremo un piccolo assaggio in questo articolo), completa il quadro di un’opera ai giorni nostri quantomeno utile, un testo che rappresenta un’ulteriore tassello nel mosaico delle Edizioni EFFEDIEFFE.
Lorenzo de Vita
Presentazione
Agli inizi del Novecento il canonico Augustin Lémann, ebreo convertito, scrisse due libri sull’anticristo, in cui riportava i commenti dei Padri e dei Dottori su cose probabili, certe, indecise e fantasticherie riguardanti l’Anticristo come persona storica, che verrà verso la fine del mondo per combattere Cristo e la sua Chiesa; e tipi figurativi dell’Anticristo nell’AT, ossia gli anticristi o pseudocristi e pseudoprofeti che vivranno lungo il corso della storia sacra dall’AT sino al corso storico del NT, per lasciare poi il posto all’uomo d’iniquità, l’Anticristo storico, attorno alla fine del mondo.
Rifarsi dunque a questi testi (nel presente nostro caso a quello dell’abate Lémann) – che si basano sulla Tradizione della Chiesa, dunque dei santi Padri e dei Dottori –, è indispensabile per capire bene, senza tema di errore, qual sarà la natura di questo personaggio che Dio ha voluto rivelarci affinché potessimo premunirci contro le sue insidie senza cedere allo scoraggiamento, e senza cadere nell’eccesso delle fantasie morbose o nel difetto di vederlo solo come una favola. Mala praevisa, minus feriunt ci ammoniscono i Padri e sarebbe stolto non ascoltare la loro voce, che è quella che ci trasmette, infallibilmente, la Tradizione divino-apostolica. Ancor di più ai nostri giorni, perché la situazione odierna è spiegabile solo alla luce di quanto la S. Scrittura (Apocalisse compresa) ci rivela riguardo alla grande apostasia. Dio ha voluto rivelarci tutto ciò affinché fossimo pronti e non ci facessimo irretire ed ingannare. Queste letture sono pertanto essenziali, come preparazione, per ogni cristiano di buona volontà.
È poi molto utile rammentare che la Chiesa ha sempre vietato, intorno alla manifestazione dell’Anticristo, tutti quei calcoli matematici temerari che pretendono fissarne con certezza l’anno, il mese e il giorno. Come non tutti sanno, il 14 gennaio 1516 il V Concilio Lateranense decretava: «Ordiniamo di non presumere di fissare un tempo determinato per i mali futuri, sia per la venuta dell’Anticristo, sia per il Giudizio finale». Se la Chiesa impedisce tali calcoli matematici «certi», non impedisce tuttavia le prudenti congetture, come ce ne testimoniano le moltissime fatte dai Padri e dai Dottori. Però, per quanto essi dicano che la venuta dell’Anticristo è prossima, vicina, imminente, non parlano mai né di anni, né di mesi, né di giorni con assoluta certezza, e tale avvento lo deducono non da calcoli numerici ed umani, ma dai segni certi che ci dà la S. Scrittura, il più importante dei quali è la grande apostasia che noi, presumibilmente, stiamo già pienamente sperimentando.
Dall’introduzione che comparirà nel libro, che potrà essere ben più corposa, estrapolo qui alcuni punti essenziali.
Avvento dell’Anticristo
L’Ostacolo (II Tessalonicesi, II, 3-7)
S. Tommaso d’Aquino (Opuscolo 68 De Antichristo, edizione di Parma, 1864) dice che l’ostacolo alla manifestazione dell’Anticristo è la sottomissione alla Chiesa romana e che colui che lo trattiene è il Papato. E Padre Arrighini commenta: «Ogni qualvolta quindi, a causa di persecuzioni, scismi, eresie, sconvolgimenti sociali, questo ostacolo (la sottomissione alla Chiesa e al suo Capo) viene compromesso, s’indebolisce e sembra venir meno, si può ritenere con tutta ragione imminente l’apparizione dell’Anticristo».
Per L’Angelico quindi, l’ostacolo non verrà meno fintanto che la società rimarrà fedele e sottomessa all’Impero spirituale Romano (la Chiesa cattolica), trasformazione dell’antico impero temporale romano, l’Anticristo non potrà comparire. Ma un giorno, secondo San Paolo, II Tess., II, vv. 3-4: «(…) prima dovrà venire l’apostasia e dovrà essere rivelato l’uomo iniquo, il figlio della perdizione, colui che si contrappone e si innalza sopra ogni essere che viene detto Dio o è oggetto di culto, sino a sedere nel tempio di Dio, additando sé stesso come Dio».
Difatti, San Tommaso d’Aquino spiega nel Commento alla II Epistola ai Tessalonicesi II, 3-4 (capitolo 2, lezione 1, n. 34-35):
«Ci sarà l’apostasia dall’impero romano al quale tutto il mondo era sottomesso […]. L’impero romano è stato istituito affinché sotto il suo dominio la fede venisse predicata in tutto il mondo. […]. L’impero romano non è venuto meno, ma si è trasformato da temporale in spirituale. Perciò bisogna dire che l’apostasia dall’impero romano si deve intendere non solo da quello temporale, ma anche da quello spirituale, cioè dalla fede cattolica della Chiesa romana [nondum cessavit, sed est commutatum de temporali in spirituale. Et ideo discessio a romano imperio debet intellegi, non solum a temporali, sed a spirituali, scilicet a fide catholica romanae Ecclesiae]».
Accanto all’ostacolo vi è dunque un custode e questo è il Papa; finché il Papa sarà riconosciuto, rispettato anche socialmente, l’ostacolo sussisterà, la società rimarrà fedele all’impero spirituale romano e alla fede cattolica. Ma se questo custode, il Papa, viene ad essere disconosciuto, messo da parte, rigettato dalla società, con lui sparirà anche l’ostacolo (la sottomissione alla Chiesa) e l’Anticristo sarà libero di comparire. In breve S. Tommaso, fondandosi su S. Paolo nella II lettera ai Tessalonicesi, dice che l’ostacolo al regno dell’Anticristo è la sottomissione della società civile alla Chiesa romana e che colui che trattiene ancora l’Anticristo, fino a che sarà tolto di mezzo, è il Papa riconosciuto socialmente come tale.
Sempre nel «Commento alla II epistola ai Tessalonicesi» (lezione II, capitolo II, vv. 3-7, n. 32-45, Torino, Marietti, 1953, pp. 197-200), l’Angelico fornisce anche un’altra spiegazione che è correlativa a questa. Egli scrive: «Quando l’iniquità sarà resa e portata in pubblico, allora si manifesterà l’Anticristo. Infatti, molti ora peccano in privato, mentre altre volte arriva in pubblico. Ora, Dio sopporta i peccatori sino a quando sono occulti, mentre quando peccano pubblicamente, allora non li sopporta più, come risulta per i Sodomiti» (Gen. XIX, 24).
Comparsa dell’Anticristo
S. Giovanni è il primo a dargli nel Nuovo Testamento l’appellativo di Anticristo: «Figliuoli miei, avete sentito che l’Anticristo deve venire» (I. Ep., 22, 18). Nell’Apocalisse, poi, ci svela il nome dell’Anticristo mediante un numero misterioso: «Chi ha intelligenza calcoli il nome poiché è numero d’uomo ed il suo numero è 666» (Ap., 13, 17). Il significato di tale cifra resta per noi oscuro e soltanto quando l’Anticristo sarà comparso diverrà chiaro; per ora diciamo, con S. Roberto Bellarmino, che «è verissima la sentenza – a tale riguardo – di coloro che confessano la loro ignoranza». Quindi ci basti il nome generico di Anticristo o Bestia che S. Giovanni usa nell’Apocalisse (13, 1 e segg.), dove al cap. 13 ci descrive la Bestia: «Vidi una bestia che saliva dal mare, che aveva sette teste e dieci corna, e sopra le sue corna dieci diademi, e sopra le sue teste nomi di bestemmia (...) le fu data una bocca per dire cose grandi e bestemmie; e le fu dato potere di agire per quarantadue mesi. Aprì dunque la bocca in bestemmie contro Dio (...) e le fu concesso di fare guerra ai santi e di vincerli. E le fu dato potere sopra ogni tribù e popolo e lingua e nazione. E la adorarono tutti quelli che abitano la terra, i nomi dei quali non sono iscritti nel libro della vita».
I commentatori, unanimi, vedono nella Bestia l’Anticristo. Molti di essi, inoltre, vedono nell’altra bestia allegorica – che sùbito dopo la prima l’evangelista di Patmos dice di aver vista salire dal mare – un precursore dell’Anticristo e un suo primo ministro.
«Poi vidi un’altra bestia (...) ed esercitava tutta la potestà della prima bestia, e taceva sì che la terra e tutti quelli che in essa abitano, adorassero la prima bestia (...) e faceva anch’essa grandi segni e prodigi, e faceva uccidere quelli che non adoravano la prima bestia».
S. Paolo, nella II Epistola ai Tessalonicesi, dice che la fine del mondo dovrà essere preceduta dall’Anticristo e che l’Anticristo sarà preceduto a sua volta dall’apostasia generale. Si tratterà della defezione di un gran numero di cristiani provocata dall’indifferentismo o dall’eresia o dalla persecuzione o da tutte queste cause ed altre unite insieme. S. Pio X, per esempio, nella sua enciclica E supremi apostolatus cathedra (1904) scrive:
«Chi tutto questo considera bene [la generale perdita della fede, n.d.a.] ha ragione di temere che siffatta perversità di menti sia quasi un saggio e forse il cominciamento dei mali che agli estremi tempi son riservati, e che già sia nel mondo il figlio della perdizione (...) In quella vece ciò che appunto, secondo il dire medesimo dell’Apostolo, è il carattere proprio dell’Anticristo, “l’uomo si è posto in luogo di Dio (...) ha fatto dell’universo quasi un tempio a se medesimo per esservi adorato”».
È chiaro che S. Pio X parla del segno precursore dell’apostasia profetata da S. Paolo. Se consideriamo poi lo stato attuale delle cose, il culto dell’uomo penetrato non solo negli Stati ma anche nel tempio di Dio, il panteismo professato esplicitamente dai nuovi teologi e dai Pastori, non dobbiamo forse concludere che siamo davanti alla grande apostasia, che non c’è più l’ostacolo alla manifestazione dell’Anticristo, perché le nazioni hanno divorziato dalla Chiesa romana, e che «colui che lo trattiene» non esercita l’azione di trattenimento che dovrebbe compiere?
Circa l’universalità dell’apostasia, S. Roberto Bellarmino afferma che sarà proprio l’Anticristo a doverla completare, per cui se questa non ha ancora toccato il vertice, farà in tempo a toccarlo. S. Paolo ci dice inoltre che dopo la defezione e l’apostasia l’uomo del peccato apparirà «in omni seductione iniquitatis»; esso aumenterà quindi l’apostasia e la renderà universale. Ma, viene da domandarci: che cosa manca ormai più se non l’avvento stesso dell’Anticristo e la persecuzione fisica? E come avverrà?
Cercheremo di rispondere in maniera più esaustiva all’interno del libro.
Come detto all’inizio, la situazione odierna è spiegabile solo alla luce di quanto la S. Scrittura ci rivela riguardo alla grande apostasia. Dio ha voluto rivelarci tutto ciò affinché fossimo ben preparati e non ci facessimo irretire dalla nuova religione dell’uomo.
Non ci resta quindi che aspettare gli avvenimenti – Expectans expectavi (...) – possibilmente ben preparati ed attenti ai segni dei tempi che si manifestano, certamente sereni nella vittoria finale promessa da N. S. Gesù Cristo.
Questa è la ragione che giustifica pienamente un nuovo «recupero» del presente testo dell’abate Lémann da parte delle edizioni EFFEDIEFFE. Buona lettura
d.Curzio Nitoglia
(144 pagine, 12 euro)
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