ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

domenica 22 giugno 2014

Latinorum

 LE RAGIONI DI UNA BATTAGLIA. Alcune vicende “dal campo” della realtà e, andando al senso delle cose, la morale da trarne

«La verità genera odio; per questo alcuni, per non incorrere nell'odio degli ascoltatori, velano la bocca con il manto del silenzio. Se predicassero la verità divina, come verità stessa esige e la divina Scrittura apertamente impone, essi incorrerebbero nell'odio delle persone mondane, che finirebbero per estrometterli dai loro ambienti. Siccome camminano secondo la mentalità dei mondani […]».  (Sant'Antonio da Padova)


Corpus Domini 2014

Mi domandavo (condividendo con la presente questo mio interrogativo) come mai a un noto centro di Messa "Vetus Ordo", qualche domenica fa, mancando il parroco (attuale incaricato per la celebrazione della Messa tradizionale), si son visti "costretti" a far celebrare la Messa di Paolo VI (in latinorum!) al vice parroco.
Eppure, era lo stesso religioso, fino  a poco prima, a celebrare la Messa antica! Non avrebbe potuto dirla lui, evitando così l'effetto sorpresa per i fedeli? E perché la scelta della Messa di Paolo VI in latino? Forse ancora non hanno capito che le ragioni della nostra battaglia non sono di ordine linguistico ma dottrinali, sostanziali?
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«La radice del disorientamento attuale non sta tanto nella forza dell’errore,
quanto nella debolezza di quelli che dovrebbero testimoniare la verità.»
(S. Agostino)
Nicolas Fulvi

Indubbiamente la preghiera in latino porta con sé il buon profumo della lingua sacra, più ampiamente il senso del sacro e del mistero; e dell’unità della Chiesa, nello spazio e nel tempo (cfr., ad es., S.S. Pio XII Mediator Dei). Ma la questione in oggetto era forse di tipo meramente o sostanzialmente linguistico? No. Né oggettivamente (non essendo certo per un gusto personale o per un salotto culturale – una delle evasioni di comodo – che facciamo quello che facciamo, almeno noi) né soggettivamente (non risultando vere richieste locali in tal senso e avendo assai probabilmente quella S. Messa, nel Novus Ordo in latino, scontentato quasi tutti i fedeli coinvolti: sia i frequentatori del Vetus Ordo sia i visitatori di passaggio – buoni tuttavia a fare numero – Novus Ordo). Ciò premesso, tre domande, che speriamo stimolanti.
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1)      La domanda fondamentale è quella già posta da Nicolas: quali sono «le ragioni della nostra battaglia»? Quanto al nostro gruppo, sono quelle da egli accennate. Il senso di quello che si fa, è forse marginale? «Perché» facciamo quello che facciamo?
Nelle Marche, all’opposto della Francia, l’interesse al Vetus Ordo (e alle questioni liturgiche in genere) è ben poco diffuso; all’opposto del menefreghismo, conformista e opportunista, che impera. Ma anche tra quei pochi che hanno un interesse a riguardo, e anche tra quegli ancor più pochi che ci fanno una «battaglia» e la fanno durevolmente (perché quanti “fuochi di paglia” abbiamo visto in questi anni! Specie gli ultimi. Emblematica la vicenda di quel tale che, rimangiandosi cinicamente quanto detto – poi il capro espiatorio, anche falsandosi la coscienza, si trova sempre… –, se la svignò alla chetichella dalle S.S. Messe da noi organizzate; per buttarsi – venimmo poi a sapere – in un nascente centro di Messa V.O., che ai suoi occhi prometteva di essere più… soddisfacente. Peccato che noi, avendo tenuto duro, siamo ancora qui; mentre per quell’allettante centro di Messa la prima celebrazione fu anche l’ultima, e quel poco resistente peripatetico di lì a poco lasciò del tutto perdere la pratica del Vetus Ordo, in qualsiasi luogo)… Anche tra questi pochi, quali sono «le ragioni»? Sicuro che sono le stesse? «Forse ancora non hanno capito», o forse hanno altre motivazioni?
2)     E qual’è il senso di quanto – vicenda in sé piccola ma non banale – è accaduto quella domenica?
Si potrebbe pensare: mancava il celebrante della S. Messa nel Vetus Ordo, un altro sacerdote che la sapesse dire e che fosse disponibile non c’era, dunque il sostituto ha celebrato nel Novus Ordo in latino perché questa Messa la sapeva dire. Ma così non è, perché il sostituto era appunto il precedente celebrante (anche) della S. Messa nel Vetus Ordo. Dunque che senso ha, in veste di supplente di una Messa V.O. autorizzata da ogni punto di vista, celebrare nel N.O. in latino, lasciando spaesati – come effettivamente risulta da più fonti – diversi fedeli?
Si potrebbe allora pensare che si sia trattato piuttosto di una questione ideologica: dare una prova (ancora un’altra prova! Ancora sotto esame!) che si accetta pienamente, senza riserva alcuna, il Novus Ordo Missae. Così, peraltro, andando oltre la normativa vigente (in questi tempi di antinomismo anarcoide!): la quale, pur molto “politica”, pone – eventualmente – condizioni più limitate. Così, peraltro, favorendo non il genuino spirito di riconciliazione e, al fondo, la carità ecclesiale: ma piuttosto, da un lato le furbate, dall’altro gli irrigidimenti e le esasperazioni (quando non – specialmente in questi ultimi anni – entrambi i fenomeni insieme… opportunisticamente, ipocritamente o superficialmente). E a coloro che seguono il Novus Ordo, vengono chieste prove che non si è affatto contrari al Vetus Ordo, che si accetta davvero il Vetus Ordo? Questa motivazione comunque potrebbe essere più plausibile; ma fino a un certo punto. Giacché per il celebrante questa non contrarietà si poteva già ragionevolmente presupporre, celebrando egli quotidianamente nel Novus Ordo (senza manifestare di farlo almeno obtorto collo, con un certo disagio). E per i fedeli: quelli presenti erano “parrocchiani senza problemi”; mentre una parte dei frequentatori (inclusi quelli di area FSSPX e comunque che del Novus Ordo Missae dicono – in privato – peggio di noi), avendo questa parte saputo per tempo della sorpresa, si era recata quella domenica in un altro centro di Messa (non da noi, né presso il convento della S. Gregorio Magno).
E allora, qual è il senso più plausibile di quella celebrazione della Messa nuova in latino? (Alla quale noi avremmo preferito, ma non è per oggi, la Messa tradizionale in italiano: quella del 1964-1965, la Messa “Vaticano II”). Sarebbe temerario (oltre che sgradevolmente pettegolo) affermare che quanto stiamo per dire sia stato il fine di quella vicenda, ma sarebbe da ciechi negare (anche per la troppo comoda via agnostica) che, a prescindere dalle persone su cui bisogna essere cauti, queste sono dinamiche presenti, questa è la realtà oggettiva. Infatti se una Messa prima viene sospesa all’improvviso, convogliando i frequentatori (ufficialmente tutti) sulle S. S. Messe N.O. della Parrocchia che ne è sede, senza poter difendere neppure l’ultima celebrazione già confermata; poi viene fatta riprendere a orario pastoralmente proibitivo per una buona parte dei suoi vecchi frequentatori, e intanto viene riorganizzata (come anche la scuola collegata, pur essendo i cambiamenti “in corso d’opera” abbastanza discutibili); poi (dopo le critiche a questi aspetti) cambia di nuovo orario; e ora si palesa così mal tollerata, precaria e dipendente dall’attuale “selezionato” celebrante che non viene fatto quanto avviene in qualsiasi Parrocchia del mondo: il Parroco sta male, o ha un impegno, telefona liberamente a un confratello e si fa sostituire (e se il Parroco fosse trasferito?): in una situazione del genere, chi si azzarderà a fiatare? (Almeno alla luce del sole; perché poi i dissensi qualche strada, più o meno leale e costruttiva, com’è la prendono). In questo quadro comunque, non si convogliano le forze a costruire sulla sabbia? E per quanto riguarda la lingua latina con cui quella celebrazione è stata condita: beh, un po’ la differenza la mascherava… Il primato dell’immagine?
3)     La terza domanda dovrebbe emergere quasi da sé dalle precedenti. Domanda scomoda ma la poniamo lo stesso, preferendo un modello pensante all’andazzo demagogico: ma perché, anche dicendo loro queste cose, «ancora non hanno capito»? Quali sono «le ragioni» anche di questo fatto? Com’è il livello anche, diciamo in parte, dell’ambiente del rito antico? Cfr. Non è tutt’oro quel che luccica…
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P.S.: Sono recentemente pervenute in redazione segnalazioni, via e-mail, di due scritti, dalla morale unica.

Uno dovrebbe richiamare l’attenzione su un problema gravissimo, di cui oggi anche negli ambienti cattolici “di minoranza” si parla poco. È il seguente: Martini massone. Naturalmente nei singoli casi – anche plausibili – è giusto andare coi piedi di piombo, non potendo escludersi del tutto il “millantato credito”. Resta comunque il seguente fatto: è già un “segno dei tempi” pesantissimo che si possano diffondere messaggi del genere senza che risuonino (da parte dei collaboratori del Cardinale, ancora ben viventi) decise smentite.

Anche di questo accade “senza problemi” nella presente, pluridecennale crisi neomodernista. Realtà cui un Vescovo molto conosciuto nei nostri ambienti, mons. Schneider, ha recentemente reso una testimonianza più forte del solito, del solito anche da parte sua: «I problemi sono così gravi che questa è la quarta grande crisi nella storia della Chiesa, paragonabile alla crisi ariana del quarto secolo nella quale una gran parte della gerarchia è stata implicata». Ed ha evocato espressamente «una scissione».

Va anche detto, tuttavia, che quando chi scrive andò a parlare, tra gli altri, con questo Vescovo di buona fama (e di oggettivi meriti) in favore della liberazione del famoso “Allegato” inedito di Fatima, anch’egli – pur manifestando di essere a conoscenza della sua esistenza – si sottrasse all’invito (peraltro con un certo fastidio); considerando che era problematico, dirompente, sicché era più opportuno lasciare le cose come stavano. Cioè in una delle massime crisi nella Chiesa, Eccellenza? 

E già c’erano i precedenti! Quest’arma fortissima, vero dono di grazia, venne messa dal Cielo nelle mani di S.S.Pio XII, del card. Ottaviani, del card. Ratzinger. I quali dell’aiuto offerto un po’ tennero anche conto, ma senza andare sino in fondo e lasciando prevalere altri fattori; risultato: la storia che è sotto gli occhi di tutti. Avendo il Cielo risposto col terribile castigo medicinale del “sia fatta la tua volontà”.

Se ne sarà poi pentito, mons. Schneider, come a suo tempo i Cardinali Ottaviani e Siri? Speriamo; ma senza facili entusiasmi per ognuno che appare benpensante, battagliero… Apprezziamo invece le gioie piccole, ma vere e solide!


Solideo Paolini

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