Ad ampio colloquio con il vaticanista Marco Politi, autore di “Francesco tra i lupi. Il segreto di una rivoluzione”. Consensi veri, consensi a fior di labbra, opposizioni latenti ed estese. Tanti blog cattolici sono conservatori. Il Papa è consapevole delle resistenze all’interno del mondo cattolico. Una strategia inclusiva. I media come strumento per lanciare il dibattito. L’allontanarsi dei giovani, in particolare delle ragazze, con prevedibili difficoltà gravi nella trasmissione della fede.
Una corporatura robusta, un impermeabile bianco, una barbetta grigia. E, nelle occasioni importanti, un movimento perenne alla ricerca (spregiudicata) di un posto giornalisticamente al sole. Buon conoscitore del mondo russo (è stato anche per sei anni corrispondente da Mosca), ci suggerisce talvolta l’idea che potrebbe far la sua bella figura in un film di fine Ottocento/inizio Novecento, indifferentemente come ministro zarista o congiurato bolscevico. Personaggio d’antico pelo e d’astuzia nativa, il sessantasettenne Marco Politi è oggi editorialista de il Fatto Quotidiano, dopo aver illustrato per vent’anni la Repubblicacon le sue cronache vaticane tanto acute quanto maliziose. Tra i suoi libri, molto noto internazionalmente è “His Holiness/Sua Santità” (1997), scritto con Carl Bernstein e riguardante Giovanni Paolo II. Per Laterza ha scritto nel 2013 “Joseph Ratzinger. Crisi di un papato” e ora replica con “Francesco tra i lupi. Il segreto di una rivoluzione”, 250 pagine che scorrono, divise in una quindicina di capitoli, tra i quali non ne manca uno sulle “parroche nascoste”, in cui emerge tale Monika Schmid scovata a Effretikon nella parte zurighese della diocesi di Coira. Altri titoli promettenti: “Il colpo di Stato di Benedetto XVI”, “San Pietro non aveva una banca”, “La guerra dei cardinali”. Eccoci qui allora in Sala Stampa vaticana per una conversazione a 360 gradi sul momento ecclesiale…
“Francesco tra i lupi”: Marco, il titolo non è un po’ pessimista?
E’ una metafora, anche ironica, della leggenda di san Francesco. Il lupo di Gubbio, dopo la predica di san Francesco, leccò le mani e diventò un agnellino…
Ho la netta impressione che per te questi lupi siano parenti molto alla lontana dell’esemplare eugubino…
Proprio così, cuginastri. Mi sembra che, come lo stesso papa Francesco sa, la sua predicazione e soprattutto i suoi programmi suscitino opinioni molto diverse. E quindi anche resistenze. E quindi anche opposizioni. Ci troviamo in una fase di transizione storica della Chiesa uguale a quella del tempo del Concilio: chi conosce la cronaca di quegli anni sa che le opposizioni a Giovanni XXIII e ai progetti di riforma erano tante. Il che non significa che si possano suddividere Curia e gerarchia della Chiesa universale tra ‘conservatori’ e ‘riformisti’, considerato come sui singoli punti uno può essere riformista o conservatore, come spesso è accaduto e accade.
Però quel ‘lupi’ del titolo spontaneamente viene interpretato nell’accezione negativa…
Francesco vuole una Chiesa più comunitaria, più sinodale, come egli stesso ha detto apprezzando la sinodalità ortodossa. Ci sono invece persone che nel mondo cattolico e anche nelle gerarchie ecclesiali che temono che ciò significhi una diminuzione del primato papale. Da qui l’opposizione. Ricordo però che anche il cardinale Ratzinger, in un’intervista concessami pochi mesi prima di essere eletto, ammise che nel mondo attuale “una Chiesa dalle dimensioni mondiali non può essere governata in modo monarchico”.
Dicono alcuni: se la Chiesa cattolica ‘perdesse’ il suo Papa – ridotto a una specie di ‘uno di noi’ – potrebbe andare incontro al triste destino del mondo protestante, che – almeno in Europa – si sta liquefacendo…In altre parole: la desacralizzazione della figura papale comporta delle conseguenze pesanti su come viene percepita dentro e fuori la Chiesa, sulla presenza, sulla forza, sull’incisività della Chiesa nel mondo…
Certamente. Conosco l’obiezione e la registro. Sono un osservatore. A me interessa far capire al lettore come il grande processo di rimodellamento della Chiesa che Francesco ha incominciato, incontri consensi, opposizioni, passività…
FRANCESCO NON PIACE A TUTTI
Per le opposizioni basta navigare su internet… tante voci…
C’è tutto un mondo di siti internet, anche di giornali come in Italia “Il Foglio”, che hanno come obiettivo la lotta a pezzi di riforma di Francesco. Per esempio lo accusano di distruggere il primato papale…
Forse più che di ‘obiettivo’, io parlerei di registrazione di idee e di gesti di Francesco con cui si dice – anche sulla base di un discorso razionale – di non essere d’accordo…
Credo che dobbiamo tornare al panorama conciliare. Tutte le forze all’interno del Concilio avevano l’obiettivo di far sì che la Chiesa rispondesse alla loro visione. Penso che anche oggi ci siano tante visioni diverse. Aggiungo che, secondo me, anche diversi elettori di Francesco in Conclave non pensavano che il loro candidato andasse così in là. E’ successo lo stesso di quel che accadde con Giovanni XXIII. Eleggendolo si voleva sottolineare l’esigenza di un Papa più pastorale rispetto alla visione ieratica di papa Pio XII, ma nessuno si aspettava che indicesse un Concilio e soprattutto assicurasse la libertà di dibattito conciliare. Una buona parte dei cardinali che hanno votato per Francesco voleva certamente una riforma della Curia, una pulizia in campo economico e maggiori contatti tra Roma e i vescovi. Francesco sta andando oltre: ha creato il Consiglio degli otto cardinali (una sorta di ‘Consiglio della Corona’), intende affidare ai Sinodi un potere di proposta reale per sciogliere i nodi nell’ambito dell’etica familiare, sostiene che le donne devono poter raggiungere posti decisionali nella Chiesa, chiede un uso diverso dei beni economici della Chiesa…qui mi torna alla mente l’esempio dei conventi vuoti che non dovrebbero essere trasformati in alberghi come succede a Roma, ma destinati agli immigrati…
E’ però anche vero che, grazie al denaro ottenuto dalla trasformazione, non poche Congregazioni aiutano le loro ‘filiali’ impegnate nel sociale in Africa, in America latina…
E’ chiaro che queste idee di Francesco creano resistenze…
Dicevi prima dei tanti siti internet e di qualche giornale che criticano tale e tal altro aspetto dei contenuti dei programmi di Francesco…
Dietro ci sono anche pezzi di gerarchia che preferiscono – per le note ragioni e salvo eccezioni come quella ad esempio del cardinale statunitense Raymond Burke- esprimersi indirettamente sui tanti blog conservatori e su pochi quotidiani o mensili. Ricordare ciò mi interessa per mostrare al lettore che siamo nel vivo di un processo storico, che non si esaurisce con gli applausi in Piazza san Pietro. Sono stato sei anni a Mosca per ‘Repubblica’ durante la perestrojka e mi rammento che i direttori dei giornali inneggiavano a Gorbaciov vincitore… tutti noi giornalisti stranieri di cultura democratica avevamo una stima enorme di Gorbaciov e tuttavia io nelle mie corrispondenze raccontavo che in Unione Sovietica si stava formando un’opposizione allo stesso presidente. Insomma: mi sento un osservatore che vuole informare dei movimenti in atto in un grosso organismo storico, sociale, culturale e spirituale qual è la Chiesa Cattolica con la sua comunità di un miliardo e 200 milioni di membri.
Papa Francesco è ben cosciente, anzi: sempre più cosciente dell’esistere di un’opposizione a questo o quest’altro aspetto del suo programma di Pontificato, tant’è vero che l’ha ricordata anche nella recente ‘conferenza-stampa’ in aereo tra Tel Aviv e Roma…
Francesco non solo è cosciente di questa opposizione, ma applica una sua strategia, attuando una politica inclusiva, figlia della sua volontà che tutte le varie anime della Chiesa partecipino allo sforzo di rinnovamento…
UNA STRATEGIA INCLUSIVA
A tale proposito si può pensare agli incarichi importanti affidati al cardinale australiano George Pell, che non può essere annoverato tra i cosiddetti ‘progressisti’…
Penso anche alla composizione stessa del Consiglio degli 8 cardinali, che vede lo stesso Pell accanto a riformisti come Rodriguez Maradiaga e O’Malley o al centrista ratzingeriano Marx. D’altra parte il cardinale Mueller non fa mistero della sua opposizione alla comunione ai divorziati risposati, ma il Papa gli ha dato ugualmente la porpora. A Francesco sembra interessi soprattutto suscitare un clima di dibattito di tipo conciliare, che abbia però un esito come nel Concilio dove si è misurato il consenso per l’una o l’altra tesi a suon di voti…
Si può però pensare che i cosiddetti ‘progressisti’ partano favoriti, dato il clima generale che si respira nella società e il timore di molti di apparire ‘passatisti’ e dunque di essere emarginati…Tu credi che alcune osservazioni del Papa in materia di regole e prassi in materia antropologica mirino solo a suscitare dibattito oppure già in un certo senso a istradarlo? Lo sai che tali osservazioni poi non di rado vengono riprese, enfatizzate e generalizzate da una parte della stampa…
Il Papa è perfettamente consapevole del gioco mediatico. Bergoglio tra l’altro, come cardinale arcivescovo, frequentava poco i media a Buenos Aires, compresa la sua televisione cattolica. Diventato Papa, ha capito che, per suscitare il dibattito e dare poi soluzione a una serie di problemi, è importante che la discussione si apra anche sui media, a costo a volte di essere reso un po’ semplicisticamente, specie nei titoli.
Però i titoli sono importanti, oggi sono la parte più letta di un giornale…e spesso molti si fermano lì…
Trovo comunque interessante anche la tecnica utilizzata dal Papa per far discutere, ponendo spesso le sue osservazioni per mezzo di una domanda: ‘Chi sono io per giudicare?’, ‘Che dobbiamo fare con la bambina che torna triste a casa…
…perché è antipatica alla donna che convive con la mamma? Domande, domande legittime… che rischiano di suscitare grandi attese, magari al di là di quanto è oggettivamente possibile fare…
Assolutamente sì. Credo che ci sia una preoccupazione, anche da parte di chi sostiene papa Francesco, che si creino troppe attese. E che non tutte possano essere soddisfatte. E che questo possa provocare una reazione di delusione. Mi preoccupa un fatto come osservatore: i grandi movimenti laicali, al pari di tanti episcopati, fin qui sono restati sostanzialmente inerti rispetto alle questioni antropologiche o della presenza delle donne o dell’uso dei beni ecclesiastici….
GRANDI MOVIMENTI LAICALI ALLA FINESTRA
Vuoi dire che restano in attesa di sviluppi certi?
Non vedo né sostegno in documenti scritti né prese di posizione franche…
Cioè negative, secondo il gergo utilizzato nei comunicati dell’era comunista…
Sì. Mi sembra che ci sia una fetta consistente di mondo cattolico organizzato che sia in posizione attendista…
In Italia?
Non solo in Italia, dove il fenomeno è sotto gli occhi di tutti, ma anche all’estero. In passato, ad esempio, quando papa Wojtyla ha lanciato il suo progetto di rievangelizzazione, abbiamo visto scendere massicciamente in campo e con forza movimenti come Comunione e Liberazione o l’Opus Dei. Qui, nonostante tutto, constato che il Papa resta abbastanza solo…
Però se riandiamo ad esempio alla questione della messa a disposizione dei conventi per gli immigrati o della vendita delle chiese per i poveri, dobbiamo riconoscere che tali argomenti sono molto complessi e sfaccettati e non è che si possano risolvere perentoriamente, con un ‘sì’ immediato…
Proprio perché la questione è complessa, mi aspettavo che nelle loro riunioni gli episcopati o gli Ordini e Congregazioni religiose la mettessero all’ordine del giorno per un esame approfondito. Fin qui questo mi sembra non essere successo. Mi pare che, quando il Papa tratta di argomenti in campo economico, i consensi siano più di labbra – Lippenbekenntnis dicono bene i tedeschi – che nel profondo. Visto che parliamo di economia, è giusto ricordare che tra i ‘lupi’ non di Gubbio già citati, si annoverano anche quelli ‘extra-ecclesiali’, che non sono d’accordo sulla critica continua del Pontefice alla gestione del sistema economico internazionale. Sono statunitensi, ma ce ne sono anche in Germania e in Gran Bretagna: dopo l’Evangelii gaudium si sono lette critiche molto dure, in cui si suggeriva che al Papa piacessero Vietnam del Nord, Cuba, Corea del Nord… insomma una sottovalutazione totale di ciò che Francesco ritiene siano le nuove schiavitù e la cultura dello scarto. Lupi o anche muri, che non hanno nessuna voglia di interloquire con un Papa che dice: “Io non do ricette, ma vi ricordo che ci sono milioni di esseri umani spinti verso l’emarginazione”.
‘EFFETTO BERGOGLIO’ DIFFICILMENTE QUANTIFICABILE
Si parla molto dell’effetto Bergoglio, un tema solo apparentemente facile…
Nel mio libro sono molto cauto su questo. Ritengo che Bergoglio abbia suscitato attenzione, riflessione e dibattito in ambienti agnostici e non credenti che non si erano mai occupati di Chiesa. E ha anche risvegliato una voglia di ritorno in praticanti che si erano allontanati. Quello che finora non ho potuto misurare è un incremento reale di frequenza alle messe o di pratica dei sacramenti. Ogni volta che pongo tale domanda a vescovi o sacerdoti, ricevo solo risposte generiche, non cifre reali…
Difficile misurare se le emozioni che suscita il Papa si trasformino veramente in una modifica dei comportamenti…
Parlerei in ogni caso del recupero della presenza e della credibilità della Chiesa e del Papato nella società contemporanea. Non dobbiamo però dimenticare che l’eclissi del sacro è un fenomeno sociale e storico profondissimo: l’erosione delle Chiese tradizionale è un processo di lunga durata…
Nel libro mi sembri pessimista su questo argomento: riferendoti all’Italia e citando uno studio recente dell’Osservatorio socio-religioso del Triveneto, rilevi i giovani vanno sempre meno in chiesa e, tra loro, la frequenza delle ragazze ha subito un crollo…il che lascia intuire le difficoltà future nella trasmissione della fede in famiglia, normalmente riservata alle donne…
Non sono pessimista, ma riporto solo i dati, frutto di un lavoro molto serio fatto nella diocesi di Venezia: essi registrano un fenomeno nuovo, non solo italiano, dell’allontanamento dei giovani dalla pratica e soprattutto indicano che non c’è quasi più differenza tra maschi e femmine nella distanza dei giovani dalla Chiesa. A tale proposito ricordo il libro di don Armando Matteo sulla ‘prima generazione incredula’ (Rubbettino). Se i dati sono questi, il problema è enorme per la trasmissione della fede. Gorbaciov raccontava che la nonna gli aveva trasmesso il senso dell’icona che stava all’angolo della strada…ma oggi io sento tante persone della mia età, che sono nonne, rammaricarsi: Non riesco più a influire sull’educazione religiosa dei nipoti, dal momento che i genitori sono agnostici. Si è dunque ormai spezzata una capacità formativa generazionale…
IL ‘GOLPE’ DI PAPA RATZINGER
L’ultimo capitolo del tuo libro si chiama “Un Papato a termine”… in effetti papa Francesco, sempre nella recente conferenza-stampa aerea, non ha escluso, quando venisse il momento, la possibilità della rinuncia…
Analizzando il passaggio storico tra le dimissioni di Benedetto XVI e il modo in cui Francesco ha voluto e sta istituzionalizzando la realtà dei Papi emeriti (parificati un po’ a vescovi in pensione), ho capito perché alcuni amici argentini mi hanno detto sin dall’inizio che questo Papa, sapendo di non avere molto tempo, avrebbe lavorato intensamente per tre, quattro, cinque anni e poi si sarebbe dimesso, se avesse compreso di non avere più forze a sufficienza per espletare il suo mandato. Pochi giorni fa il Papa l’ha ripetuto in aereo tra Tel Aviv e Roma. Siamo entrati ormai nell’era in cui termina l’era del Papato semi-divino ed eterno…
Non pensi che larga parte del popolo cattolico abbia ormai assimilato – e l’ha fatto in fretta – l’idea del ‘Papa a termine’ fin quando reggono le forze psichiche e fisiche?
E’ un dato che il popolo dei fedeli ha assorbito molto più rapidamente di quanto non abbia fatto la gerarchia.
Però non si può negare che i timori di non pochi conservatori sulle conseguenze di una de-sacralizzazione della figura del Papa abbiano qualche buon motivo a loro favore… ad esempio lo sgretolamento di un’identità cattolica precisa…
Quello che è stato considerato per secoli un elemento portante, cruciale dell’identità cattolica. Ratzinger invece ha spostato l’accento, evidenziando che la Chiesa è di Cristo e non del Papa. Il Papa è un servitore, che presta servizio fino a quando ha le forze sufficienti per farlo…
Nel tuo libro tu sostieni che papa Ratzinger ha fatto un ‘golpe’…
‘Colpo di Stato ‘ è un linguaggio metaforico, per dire che Benedetto XVI non ha rinunciato solo per stanchezza o vecchiaia: ha rinunciato anche come uomo razionale, che ha capito come le sue dimissioni permettevano di azzerare anche tutto quel nido di vipere e di corvi (come ha detto il cardinale Bertone) che si era creato in Vaticano con la questione dei Vatileaks. In questo senso il potere di tutti i clan è stato azzerato.
Per concludere: qual è per te e fin qui la novità più rilevante del pontificato di Francesco?
E’ la prospettiva di dare reali poteri propositivi al Sinodo dei Vescovi, realizzando la collegialità. Attendiamo dunque con curiosità e anche fiducia i Sinodi sulla famiglia di quest’anno e dell’anno prossimo.
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