Verso il Vaticano III
Situazione drammatica di distacco e incomprensione registrata nel documento per il Sinodo
Papa Francesco I celebra la messa a San Giorgio con i vescovi (Foto La Presse)
Roma. Avranno molto di cui parlare, il prossimo ottobre a Roma, i padri sinodali chiamati da Francesco a discutere di famiglia. L’Instrumentum laboris, la traccia che orienterà il dibattito e che è stata presentata ieri mattina in Vaticano, offre una fotografia allarmante di quanto poco conosciuto sia l’insegnamento cattolico in fatto di morale sessuale, soprattutto in Europa e America.
“Il riscontro della scarsa conoscenza dell’insegnamento della chiesa domanda agli operatori pastorali una maggiore preparazione e l’impegno a favorirne la comprensione da parte dei fedeli”, ha detto il cardinale Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sinodo, illustrando il corposo documento di quasi ottanta pagine. E anche ai pastori viene “imputata” – così nel testo ufficiale – “la responsabilità della scarsa diffusione di questa conoscenza”.
Secondo il giudizio di alcuni fedeli, infatti, i sacerdoti “non conoscono loro stessi in profondità l’argomento matrimonio-famiglia dei documenti, né sembrano avere gli strumenti per sviluppare questa tematica”. Pastori “inadeguati e impreparati a trattare problematiche che riguardano la sessualità, la fecondità e la procreazione, cosicché spesso si preferisce non affrontare questi temi”. Il caso limite, denuncia l’Instrumentum laboris, è relativo a quei “sacerdoti che appaiono indifferenti rispetto ad alcuni insegnamenti morali”, al punto che “il loro disaccordo con la dottrina della chiesa ingenera confusione tra il popolo”. Ma il problema maggiore è che “la stragrande maggioranza delle risposte mette in risalto il crescente contrasto tra i valori proposti dalla chiesa su matrimonio e famiglia e la situazione sociale e culturale diversificata in tutto il pianeta”.
ARTICOLI CORRELATI Famiglia vaticana allargataL’Humanae Vitae, l’enciclica “tanto contestata, quanto incompresa o poco conosciuta” – ha detto mons. Bruno Forte, segretario speciale del Sinodo – è totalmente ignorata (“crea confusione”, aveva messo nero su bianco la Conferenza episcopale tedesca): “Nella stragrande maggioranza delle risposte pervenute, si evidenzia come la valutazione morale dei differenti metodi di regolazione delle nascite venga oggi percepita dalla mentalità comune come un’ingerenza nella vita intima della coppia e una limitazione all’autonomia della coscienza”. Certo, vi sono “differenziazioni di posizione e di atteggiamenti tra i credenti”, ma in generale è possibile affermare che “per parecchi cattolici il concetto di paternità e maternità responsabile inglobi la responsabilità condivisa di scegliere in coscienza il metodo più adeguato per la regolazione delle nascite”. Tutte le risposte, poi, indicano come la difficoltà a recepire il messaggio cristiano sull’amore fecondo tra uomo e donna si relazioni al “grande divario tra la dottrina della chiesa e l’educazione civile”, soprattutto nelle aree più segnate dalla secolarizzazione. Chiusura totale, invece, alle nozze tra persone dello stesso sesso.
Su questo fronte, il parere delle conferenze episcopali è unanime, benché sia necessario e opportuno mantenere “un atteggiamento rispettoso e non giudicante”, dal momento che “le reazioni estreme nei confronti di queste unioni, sia di accondiscendenza che di intransigenza, non hanno facilitato lo sviluppo di una pastorale efficace, fedele al magistero e misericordiosa nei confronti delle persone interessate”. Un fattore più volte richiamato nell’Instrumentum laboris è quello relativo alla “promozione dell’ideologia del gender”, che “in alcune regioni tende a influenzare anche l’ambito educativo primario, diffondendo una mentalità che, dietro l’idea di rimozione dell’omofobia, in realtà propone un sovvertimento della identità sessuale”.
Ampia, poi, è la parte del documento dedicata alle “situazioni di irregolarità canonica” anche perché “le risposte si concentrano soprattutto sui divorziati risposati”, a conferma che sarà questo uno dei punti centrali del Sinodo del prossimo ottobre: se da una parte si mette in risalto il numero consistente di chi vive con noncuranza tale condizione e non richiede di essere ammesso all’eucarestia o alla riconciliazione, dall’altra c’è chi si domanda “perché altri peccati siano perdonati e questo no”. Il rischio – si legge nel documento – è che si faccia strada una “mentalità rivendicativa nei confronti dei sacramenti stessi”, quasi che “si trattasse di una punizione” imposta dalla chiesa. Un pericolo che ha portato il card. Peter Erdo, relatore generale del Sinodo, a dire che “l’elemento marcante a livello sociologico” emerso dalle risposte al questionario inviato alle diocesi del mondo lo scorso autunno “sembra essere il rifiuto più o meno generale delle istituzioni”. Ecco perché è urgente – ha osservato il card. Baldisseri – “permettere alle persone ferite di guarire e di riconciliarsi, ritrovando nuova fiducia e serenità. Di conseguenza, serve una pastorale capace di offrire la misericordia che Dio concede a tutti senza misura. Si tratta dunque di proporre, non imporre; accompagnare, non spingere; invitare, non espellere; inquietare, mai disilludere”.
Riguardo ai divorziati risposati, ha aggiunto il porporato toscano, “la chiesa si sente interpellata a trovare soluzioni compatibili con il suo insegnamento, che conducano a una vita serena e riconciliata”. La possibile via d’uscita è la semplificazione e lo snellimento dei procedimenti giudiziali di nullità matrimoniale”. Avverte però mons. Forte che tutto questo “non ha nulla a che vedere con lo slogan banalizzante di ‘divorzio cattolico’”, visto che “la medicina della misericordia non è mai finalizzata a favorire i naufragi, ma sempre e solo a salvare la barca sul mare in tempesta e a dare ai naufraghi l’accoglienza, la cura e il sostegno necessari”. Se non si comprende questo, ha detto ancora l’arcivescovo di Chieti-Vasto, “si equivocherà irrimediabilmente quanto il Sinodo potrà dire sulla situazione dei divorziati, dei divorziati risposati, delle convivenze, delle unioni di fatto, o delle unioni fra persone dello stesso sesso”.
di Matteo Matzuzzi | 27 Giugno 2014 ore 06:30
© FOGLIO QUOTIDIANO
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