- GLI ALTI PRELATI ITALIANI SONO TUTTI CASE (E TERRENI, FATTORIE, CAPANNONI) E CHIESA: IN UN LIBRO LA MAPPA DELLE PROPRIETÀ (PRIVATE) DEI SIGNORI DELLA FEDE
Mario Guarino con “Vaticash” racconta gli immensi possedimenti di cardinali, vescovi e prelati italiani: dalle centinaia di ettari e palazzi di Monsignor Andreatta (38 fogli di visure immobiliari) a Bertone, che si dichiara nullatenente. In mezzo, Balestrero, Ruini, Romeo - Lo strano caso del parroco mafioso a cui sequestrarono beni che però passarono agli eredi...
Estratti dall’articolo di Paolo Biondani per “l’Espresso”
Beati i poveri, perché di essi è il regno dei cieli, insegnava Gesù di Nazareth nel Discorso della Montagna. Dopo duemila anni di predicazioni nel nome di Cristo, però, sulla terra continuano a passarsela meglio i ricchi. Non solo i laici, agnostici o miscredenti. Anche tra i cattolici più devoti c'è chi ostenta patrimoni invidiabili. E perfino tra gli alti prelati di Santa Romana Chiesa ora spunta una specie di club dei milionari: cardinali e vescovi che sono proprietari di grandi fortune private. Palazzi, appartamenti, monolocali, fabbricati rurali, capannoni, cantine, fattorie, agrumeti, uliveti, frutteti, boschi e pascoli sterminati.
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A regalare le prime risposte documentate è il nuovo libro-inchiesta di Mario Guarino ("Vaticash", ed. Koinè), il giornalista investigativo che più di vent'anni fa svelò molti segreti di Silvio Berlusconi quando era solo "il signor tv". Dopo aver ripercorso i vecchi e nuovi intrighi ecclesiastici, dall'Ambrosiano allo Ior, dalle collusioni mafiose alle cricche edilizie e finanziarie, Guarino espone i risultati di mesi di ricerche catastali sui patrimoni personali di oltre cento alti prelati, con dati aggiornati all'aprile 2014.
Una collezione di fortune private regolarmente dichiarate al fisco, che non ha nulla a che fare, dunque, con le polemiche sulle leggi di favore per le istituzioni religiose o sull'esenzione dalle tasse riservata ai beni degli enti ecclesiastici. Nessuno scandalo giudiziario, insomma: solo un viaggio ragionato, tra citazioni dei vangeli e appelli all'umiltà e alla modestia di Papa Francesco, alla scoperta delle fortune immobiliari, schedate nei pubblici registri del catasto italiano, che fanno capo alle persone fisiche di cardinali e vescovi. Un'inchiesta giornalistica che sfata e riserva parecchie sorprese.
Monsignor Liberio Andreatta è da molti anni il responsabile dell'Opera romana pellegrinaggi (Orp), l'agenzia vaticana per il turismo religioso (...). A suo nome, il catasto italiano rilascia ben 38 fogli di visure immobiliari.
Monsignor Andreatta infatti possiede a titolo personale svariate centinaia di ettari di terreni, coltivati a uliveti, frutteti, boschi da taglio e castagneti, sparsi tra la Maremma e le campagne di Treviso. Nella provincia natia, precisamente a Crespano del Grappa, possiede anche un edificio di 1432 metri quadrati e, insieme ad alcuni parenti, ha altri tre immobili in usufrutto
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Stando ai registri catastali, ha accresciuto il suo patrimonio anche in tempi recenti, acquistando tra il 2008 e il 2011 altre centinaia di ettari di uliveti in Maremma.
Grande possidente, specializzato però nell'edilizia residenziale, è anche l'attuale arcivescovo di Palermo, il cardinale Paolo Romeo, nato nel 1938 ad Acireale: nella sua cittadina d'origine risulta aver acquistato, dal 1995 al 2013, otto appartamenti e quattro monolocali in via Felice Paradiso, oltre ad alcune abitazioni per complessivi 22 vani e altri due monolocali in corso Italia.
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Più diversificato il patrimonio personale del cardinale Camillo Ruini: l'ex presidente della Conferenza episcopale italiana (Cei), nato a Sassuolo nel 1931, è proprietario di tre appartamenti e tre monolocali a Modena, in via Fratelli Rosselli. A Reggio Emilia possiede un ulteriore appartamento, più un monolocale e un seminterrato. Insieme a una sorella, inoltre, è cointestatario di un'abitazione (con pertinenze immobiliari) nella natia Sassuolo. Il catasto infine attribuisce all'ex rappresentante dei vescovi italiani la proprietà di altri tre appartamenti e un monolocale a Verona.
Molto meglio se la passano alcuni prelati che hanno assunto cariche importanti negli ultimi anni. L'arcivescovo ciellino Ettore Balestrero, nato a Genova nel 1966, che si schierò al fianco del cardinale Tarcisio Bertone nella contesa sullo Ior, è un poliglotta che ha girato il mondo e ora è nunzio apostolico in Colombia. Eppure conserva numerose proprietà in Italia, tra cui una residenza di dieci vani a Roma, in via Lucio Afranio, alle spalle dell'Hotel Hilton Cavalieri, altre quattro unità immobiliari a Genova tra le vie Tassorelli e Pirandello (la più grande è di 9,5 vani) e un appartamento in nuda proprietà a Stazzano, nell'Alessandrino, dove però possiede anche molti terreni agricoli e boschi da taglio.
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I terreni agricoli sono un bene-rifugio molto apprezzato anche da altri prelati. L'arcivescovo Michele Castoro, presidente dal 2010 della fondazione che controlla tra l'altro il grande ospedale di San Giovanni Rotondo, possiede 43 ettari di terreni a Gravina di Puglia, oltre a vari fabbricati rurali e a due appartamenti (il più grande di 12,5 vani). Ad Altamura, dove è nato nel 1952, risulta inoltre comproprietario, con cinque familiari, di altri 63 ettari di vigneti. Mentre l'ex decano dei cerimonieri pontificali, monsignor Paolo Camaldo, possiede insieme a due parenti nella natia Basilicata, tra Lagonegro e Rivello, un totale di 281 ettari di campi e vigneti.
Il libro di Guarino riporta correttamente che decine di cardinali italiani anche con ruoli di prim'ordine, come Angelo Bagnasco, Pio Laghi, Giovan Battista Re o Angelo Sodano, non hanno alcuna proprietà immobiliare. Nullatenente risulta, come molti altri, anche l'ex segretario di Stato, Tarcisio Bertone, criticato però per la scelta di una lussuosa abitazione intestata al Vaticano: un attico di circa 700 metri quadrati a Palazzo San Carlo, ricavato dall'accorpamento di due residenze (la prima di un monsignore morto nel 2013, l'altra di una vedova convinta a sgomberare).
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Un vero mistero (errore della burocrazia o qualcosa di peggio?) riguarda don Agostino Coppola, l'ex parroco di Carini che fu arrestato e condannato come complice dei mafiosi corleonesi di Luciano Liggio nella sanguinosa stagione dei sequestri di persona. Gettata la tonaca e sposatosi, si era visto sequestrare tutti i beni scoperti dai giudici di Palermo e Milano, tra cui una villa da un miliardo di lire, prima di morire nel 1995. Eppure l'ex sacerdote, che celebrò le nozze in latitanza di Totò Riina, compare tuttora come proprietario di 83 ettari di uliveti e 14 di agrumeti a Carini.
A nome del defunto e dei suoi familiari è registrato pure il possesso perpetuo (con l'antico sistema dell'enfiteusi) di altri 49 ettari di campagne e due fabbricati a Partinico. Terreni concessi al prete mafioso, stando ai dati del catasto siciliano, da due proprietari istituzionali: il Demanio statale e l'Amministrazione del fondo per il culto.
http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/vaticash-prega-incassa-alti-prelati-italiani-sono-tutti-case-81049.htm
Finita la tregua, riprende il tiro alla porpora
Neanche i ritmi compassati dell'estate risparmiano i cardinali di Santa Romana Chiesa dal finire sbattuti sulle pagine di giornali e settimanali. Ha iniziato Repubblica domenica, con la pubblicazione del colloquio tra Eugenio Scalfari e il Papa, ricostruito ex post dal fondatore del quotidiano oggi diretto da Ezio Mauro con evidenti fantasiose aggiunte, come peraltro ha osservato padre Federico Lombardi nella nota in cui s'è anche domandato se si tratti di «dimenticanza o esplicito riconoscimento che si sta facendo una manipolazione per i lettori ingenui».
In quel colloquio, Francesco avrebbe parlato di «vescovi e cardinali pedofili» ancora attivi nella Chiesa, contro i quali si riprometteva di «usare il bastone come fece Cristo». Naturale che domenica, di primo mattino, in Vaticano, più d'un porporato abbia letto e riletto l'articolo di Scalfari domandandosi se davvero il Pontefice avesse pronunciato quelle parole. Qualche curiale di rango e di peso, poi, si sarebbe detto perfino "indignato", al punto da spingere Lombardi a smentire in poche ore la ricostruzione del fondatore di Repubblica, pur ammettendo che «si può ritenere che nell'insieme l'articolo riporti il senso e lo spirito del colloquio». Due, in particolare, le questioni toccate nel colloquio che hanno lasciato perplessi gli inquilini dei palazzi vaticani: la frase sui «cardinali pedofili» e il modo in cui è stato trattato il problema del celibato sacerdotale. Non pochi prelati hanno alzato la cornetta chiedendo spiegazioni innanzitutto circa la veridicità di quanto riportato dal quotidiano di largo Fochetti.
Risolta la questione e calmati i curiali che già bussavano alla porta di Santa Marta per chiedere rassicurazioni – sarebbe stato loro rivelato che il Papa aveva chiesto al "Fondatore" di non divulgare il contenuto della conversazione –, ci ha pensato l'Espresso, recensendo il libro di Mario Guarino ("Vatica$h", edizioni Koiné), che snocciola uno dopo l'altro i conti dei cardinali, tanto da parlare di «club dei milionari». Si viene così a sapere che nel Sacro Collegio più d'uno è proprietario di «grandi fortune private, palazzi, appartamenti, monolocali, fabbricati rurali, capannoni, cantine, fattorie, agrumeti, oliveti, frutteti, boschi» e addirittura «pascoli sterminati». Elenco completo delle metrature degli appartamenti, dei vani in possesso dei cardinali (anche di quelli ereditati dai genitori defunti), degli ettari di campi agricoli. Ricchezze, però, «assolutamente lecite» e sulle quali la magistratura non ha nulla da dire. Ecco perché diversi prelati – al riparo di microfoni e taccuini – si sono domandati il motivo di tale inchiesta su vere o presunte «fortune immobiliari», per nulla convinti che di mezzo ci siano gli «appelli all'umiltà e alla modestia» lanciati e rilanciati da Francesco.
Ma il tiro alla porpora non è certo iniziato in questi giorni. Il primo a finire al centro dell'attenzione mediatica era stato il cardinale Tarcisio Bertone, con tanto di foto del suo nuovo appartamento (a due passi da Santa Marta) che avrebbero, dicevano i soliti bene informati, sconvolto il Papa. L'ex segretario di Stato, dopo aver atteso qualche giorno, precisò con una nota ai giornali che Bergoglio l'aveva chiamato per manifestargli solidarietà per gli attacchi ricevuti, sottolineando altresì che l'appartamento non era di 700 metri quadrati come riportato da diversi organi di stampa, «ma solo 350».
E la questione irrisolta della metratura della nuova casa di Bertone non è che l'ultimo – e meno grave – tra i problemi che assillano colui che governò la curia sotto il pontificato di Benedetto XVI. Sotto la lente di ingrandimento ci sono i legami con lo Ior, tanto che al più presto sarà svolta una “indagine trasparente”, hanno assicurato dal Vaticano il giorno della presentazione del nuovo board, presieduto dal francese Jean-Baptiste de Franssu. In particolare, sarà fatta luce sul finanziamento erogato dall’Istituto per le opere di religione allaLux Vide di Ettore Bernabei per circa quindici milioni di euro. Operazione che, secondo il quotidiano tedesco Bild (mai smentita neppure dal direttore generale dell’Aif, lo svizzero René Bruelhart, in grande spolvero dopo le polemiche dimissioni del cardinale Nicora) sarebbe stata caldeggiata proprio dall’ex segretario di stato.
E la questione irrisolta della metratura della nuova casa di Bertone non è che l'ultimo – e meno grave – tra i problemi che assillano colui che governò la curia sotto il pontificato di Benedetto XVI. Sotto la lente di ingrandimento ci sono i legami con lo Ior, tanto che al più presto sarà svolta una “indagine trasparente”, hanno assicurato dal Vaticano il giorno della presentazione del nuovo board, presieduto dal francese Jean-Baptiste de Franssu. In particolare, sarà fatta luce sul finanziamento erogato dall’Istituto per le opere di religione allaLux Vide di Ettore Bernabei per circa quindici milioni di euro. Operazione che, secondo il quotidiano tedesco Bild (mai smentita neppure dal direttore generale dell’Aif, lo svizzero René Bruelhart, in grande spolvero dopo le polemiche dimissioni del cardinale Nicora) sarebbe stata caldeggiata proprio dall’ex segretario di stato.
E prima ancora, a finire nell’occhio del ciclone erano stati i cardinali Giovanni Battista Re e Francesco Coccopalmerio, rei – stando a quanto scrisse Giovanni Bianconi sul Corriere della Sera lo scorso maggio – d’aver partecipato a una cena organizzata dall’ex ministro Claudio Scajola, al quale avrebbero promesso il loro impegno in vista delle elezioni europee, garantendo i voti necessari all’elezione del politico ligure. «Sai, questi da soli, in quella circoscrizione lì, dove c'è il pieno di Chiesa, possono valere 15.000 voti eh! Un bel lavoro, ben fatto, lo portano avanti bene. Molto soddisfatto», disse Scajola alla moglie in una telefonata intercettata e finita sui giornali. Per la cronaca, Scajola poi non trovò posto in alcuna lista.
16-07-2014
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