Gay e nuovi diritti. Dibattito al Meeting di Cl a Rimini
Che cosa ha sentito il giornalista e saggista Marco Cobianchi
Grazie all’autorizzazione del gruppo Class editori pubblichiamo la lettera di Marco Cobianchi a Italia Oggi, il quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi.
Caro direttore,
ti prego, non titolare questa lettera con «Cl apre ai gay» perché è esagerato. Però la notizia c’è e te la devo dire. Al Meeting c’è stato un incontro intitolato: «Il rovescio del diritto: i nuovi diritti». Cioè: al Meeting di Cl si interroga su «diritti», «nuovi diritti», «diritti sociali» e (addirittura) «diritti civili».
Mai successo. Ne hanno parlato Orlando Carter Snead del Center for Ethics and Culturedell’Università americana di Notre Dame e Tomaso Emilio Epidendio, assistente di studio alla Corte Costituzionale. Il discorso è volato alto, altissimo, ma la sostanza è che a Rimini è stata pronunciata una parola impronunciata: «Nuovi diritti». E, per di più, Epidendio se ne è uscito con questa frase: «Non dobbiamo imbracciare l’arma dei divieti, ma bisogna riportare il dibattito su ciò che la retorica dei diritti oscura: i costi, non solo ma anche quantitativi».
E poi quest’altra: «L’errore di noi cattolici è tradurre interamente la morale in diritto». Il messaggio è sottile, ma chiaro: i «diritti», anche quelli «civili» non sono il diavolo e se è vero che un politico cattolico non può non tradurre la sua morale in politica, è anche vero che non la può tradurre «interamente». Quindi i famosi «diritti» non sono da rifiutare «interamente». Mi sembra chiaro, no? Tu mi chiederai: come è successo che il Meeting, dove di diritti non si è mai parlato, almeno in questo senso, abbia iniziato a discuterne?
Francamente non lo so, però, ieri sono passato per caso di fianco al salone dove vengono presentati i libri e ho sentito una voce dall’altoparlante che diceva che «il vero tradimento di Giuda non è stato quello di consegnare Gesù ai gendarmi». Mi ha incuriosito e mi sono avvicinato. Era Andrea Simoncini, docente di diritto Costituzionale a Firenze (lo stesso che ha moderato l’incontro sui diritti) che continuava a ripetere che «Giuda non ha tradito Gesù perché lo ha baciato». Ora: io capisco tutto, ma sostenere che Giuda non ha tradito Gesù è francamente troppo, anche per dei buonisti come i ciellini. Mi sono seduto e ho iniziato ad ascoltare perché volevo capire, come diceva Totò, «questo dove vuole andare a parare».
Simoncini ci ha girato un po’ intorno e alla fine è arrivato al punto: «Il vero tradimento di Giuda è quello di non aver voluto credere ai suoi occhi, e cioè che Gesù faceva i miracoli. Quindi il suo primo tradimento è verso la realtà, non verso Gesù». Cosa c’entra questo con i «nuovi diritti»? Secondo me c’entra, perché non si può negare che la realtà sia diversa da come anche i ciellini vorrebbero che fosse. Come noi tutti vorremmo che fosse. Se non si riconosce che la realtà è diversa, si tradisce. Se si vuole imporre ciò che si ha in testa a ciò che si ha di fronte agli occhi, allora si diventa violenti. E’, invece, ciò che si ha di fronte agli occhi, che si impone a ciò che hai nella testa sennò, oltre che traditore, sei pure un pirla.
Questo incontro sui diritti è la cosa più importante che è successa ieri da queste parti. Certo, ci sono stati anche i politici, ma per fortuna nessuno di loro ha detto nulla che meriti di essere raccontato. E speriamo continuino così.
http://www.formiche.net/2014/08/28/gay-nuovi-diritti-dibattito-al-meeting-cl-rimini/
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La secolarizzazione dei ciellini
Brevi note a margine di un articolo di Dal Bosco e Vassallo («Meeting», il fumo tossico di CL).
La secolarizzazione del movimento di Comunione e Liberazione ha come
biglietto da visita la progressiva e inarrestabile riduzione della fede
ad un baldanzoso incontrismo, della speranza ad un incoercibile ottimismo e della carità ad un brillante darsi da fare
nella società e nella Chiesa. Il risultato - e contemporaneamente la
dimostrazione - è l'ormai completa istituzionalizzazione del movimento:
dalla fase dell'attiva persecuzione (1) (i giornali li calunniavano, le
Brigate Rosse li gambizzavano, i preti li emarginavano, gli studenti
lanciavano loro bombe molotov, i vescovi li cacciavano via dai seminari
(2) e dalle parrocchie), i ciellini sono divenuti presenza rispettata,
vezzeggiata e addirittura ricercata (i vescovi avvertono l'urgenza di
ripopolare le parrocchie, il servizio d'ordine ciellino assicura la
riuscita dei grandi eventi diocesani, le opere caritative di CL sembrano
le uniche a reggere in piedi nonostante la doppia crisi economica ed
ecclesiale...).
Lontani sembrano i tempi in cui i
consacrati di CL che in pubblico discettavano di avvenimento,
esperienza, memoria, in privato (3) ti illustravano la Summa Teologica e
il Catechismo di san Pio X, prendevano sul serio l'Angelo custode e
l'Arcangelo Michele, tuonavano contro «la lobby dei preti ricchioni», leggevano autori cattolici ferocemente tradizionali, facevano infuriare i massoni, controbattevano alle traduzioni eretiche del Credo e del Pater ed alla liturgia ridotta a "istruzioni per l'uso", pregavano
molto più in latino che in italiano, e gustavano un buon whisky
motteggiando goliardicamente contro lo sfascio liturgico del Vaticano II
(incluso quello abbracciato per spirito di obbedienza dai preti
ciellini stessi)...
L'istituzionalizzazione di CL è, in altri termini, il lavare quel
«secondo peccato originale» (4), cioè spazzar via quel che resta della carica "tradizionale" del movimento (5), parlando di una "esperienza" della fede senza farvi più implicare un'adeguata
conoscenza dottrinale. L'andare ad una scuola di comunità (gli incontri
di formazione di CL) è infatti diventato deprimente e noioso non meno
che qualsiasi altro incontro parrocchiale, dove un capetto tiene la sua
più o meno brillante omelia per improvvisare la spiegazione di qualche
complesso concetto dai libri del fondatore (6), mentre nelle prime file
gli autoincaricati fedelissimi si sforzano di comporre qualche domanda intelligente fino a quando al termine dell'incontro arriva l'unico momento pimpante: quello degli avvisi. Proprio come per una messa Novus Ordo,
si prova un senso di gioiosa liberazione nell'uscire da quel
cerimoniale che non ti cambia la vita nemmeno per sbaglio e di cui sotto
sotto i partecipanti non protagonisti ne farebbero volentieri a meno.
La peggior disgrazia che poteva capitare a CL è l'essere diventata
perfettamente interscambiabile - anche come numero di sbadigli procurati
- con qualsiasi altro movimento ecclesiale, cioè riducendo "Cristo"
alla buzz-word con cui ornare le proprie domande intelligenti e i propri discorsetti pensosi e ricercati.
Un indiscutibile merito di don Giussani era stato l'aver insistito per
tutta la vita sulle conseguenze del fatto che Cristo è la risposta
ultima alle esigenze dell'uomo (7), evitando di intruppare i suoi nella
massa di pecoroni postconciliari intenti a combattere i mulini a vento
della presunta "ingessatura" della fede ingessandola in
intellettualismi, spettacolarizzazioni, volontarismi ed emotività. Ma
quella sacrosanta insistenza su Chi è il vertice di ogni perfezione, di
ogni bellezza, di ogni giustizia, di ogni aspirazione dell'uomo, a lungo
andare - e specialmente dopo la morte di don Giussani - ha perso
mordente perché in tutto quel parlare di incontro ed esperienza si
è finito per mettere sempre più in secondo piano la conoscenza della
dottrina cattolica. Ha perso mordente perché la foga di riconoscere la
positività del reale veniva intesa come un ottimismo esente da qualsiasi
lamento e critica. Ha perso mordente perché l'ubbidienza alla gerarchia
ecclesiastica veniva intesa come l'evitare ogni polemica, ogni attrito,
ogni scontento. (8)
Quella carica "tradizionale", di cui resta qualche traccia nel
gregoriano e polifonico che può capitarvi ancor oggi in certe messe
cielline, a furia di compromessi non sarebbe durata a lungo: accanto
alla sacrosanta insistenza sull'esperienza non c'è stata
l'indispensabile formazione alle verità di fede, relegata alla vita
privata con sempre meno esempi vivi a disposizione. La sete di Cristo,
per i ciellini, si è inspiegabilmente liberata del desiderio di
conoscere anche la dottrina cattolica. Il fatto cristiano, per
i ciellini, finiva per diventare sempre più un "come Giovanni e Andrea"
applicato alle vicende personali del giorno prima, una spremitura di
Bibbia ad uso sospiri piuttosto che quella originaria ricerca
appassionata e sistematica delle sue premesse e delle sue conseguenze. La liturgia, per tanti, tantissimi ciellini, si è ridotta al doveroso entertainment religioso: "basta
che sia breve". La carità ridotta ad attivismo e all'abitudine di
essere una presenza tutto sommato rispettata ha prodotto scene surreali,
come quella dell'invitare una famigerata radicale a presentare il Meeting di Rimini o quella del leader di CL che esprime l'aumentata ammirazione per il presidente che fino ad un momento prima chiamavano «comunista».
Il colpo di grazia a CL è venuto a mio avviso con l'allarmante
abdicazione di Benedetto XVI e l'imbarazzante ascesa al soglio di
Francesco. Abituati da anni ad un papismo di maniera - era facile essere
fan di Ratzinger - i ciellini si sono ritrovati all'improvviso a dover incarnare una coerente tifoseria papista, fino
ai vertici stessi dove si è correttamente valutato che anche il più
innocente dei distinguo avrebbe comportato al movimento danni
incalcolabili (anzitutto per quanto riguarda i privilegi parrocchiali e
diocesani acquisiti con la sullodata istituzionalizzazione). Un
significativo esempio del titanico sforzo di rintracciare i lodevoli denti bianchi è in un editoriale di Tracce tutto proteso a elogiare lo scivolone pontificio (lì definito «tesoro») poi spazzato via persino dal sito web del Vaticano (9), ed in quello del mese successivo,
dove il leader di CL, dopo essere stato randellato personalmente dal
Papa deve fare qualche acrobazia per addolcire la pillola ai suoi
(secolarizzati sì, fessi no), per poi difendere il «testo ricchissimo» della Evangelii Gaudium (10) di questo Papa che «si colloca nella scia dei suoi predecessori»...
La parola d'ordine, per i ciellini, è di barcamenarsi e proseguire
secondo il programma del club, confondendo la fedeltà al dolce Cristo in
Terra con la tifoseria a prescindere.
Non è un caso che la maggioranza degli attacchi a Gnocchi e Palmaro,
autori di un'onesta riflessione più volte citata su questo stesso blog
(11) siano provenuti paradossalmente da esponenti di area ciellina.
Nemmeno è un caso che i politici ciellini si ritrovino ad azzeccare le
stesse figuracce dei peggiori democristiani
e ad assumerne gli stessi atteggiamenti (incluso l'accurato evitare di
rispondere ai messaggi dei loro fedelissimi che tentano di salvar loro
la faccia). E neppure è un caso che tanti ciellini si stiano scontrando
col muro di gomma del clericalismo (12) proprio in CL, che fino a pochi
anni fa era una delle rarissime realtà ecclesiali dove tale tumore
ecclesiale non aveva allignato. Giussani augurava ai suoi di «non stare
mai tranquilli», ma è esattamente ciò che vediamo oggi in CL:
l'abituarsi alla "mangiatoia bassa" è il preludio dell'intiepidirsi, è
il principale indizio che il "sale" sta perdendo sapore, è il segnale
che l'ubbidienza è divenuta un manieristico servilismo, l'esperienza
della fede un elegante intimismo dotato di gergo barocco, e la
conoscenza delle cose della fede un banale parlarsi addosso.
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1) Persecuzione motivata, non ricercata, ma sopportata. Giussani: «Ci
chiamano integristi proprio rabbiosamente, con razzismo ideologico,
perché sono pronti ad amare qualunque persona, qualunque idea (…) salvo
di essere prontissimi a odiare i loro confratelli cristiani che non la
pensano come loro! Ci chiamano integristi perché noi urgiamo la Fede!
Loro obiettano: “Ma la fede non guarda il potere… così se siamo
perseguitati è meglio!” Come, “se siamo perseguitati è meglio?”. È una
frase da intellettuali! Perché nella persecuzione chi ci lascia le penne
sono i più deboli, i più poveri! Nelle catacombe, se Dio ci manda, noi
invocheremo lo Spirito, ma andarci senza cercare di difendersi, è
cretino!» (da Vita di Don Giussani, pag. 523).
2) Non molti anni fa un vescovo italiano così si rivolgeva ad un giovane
che aspirava al sacerdozio: «però voi di CL siete contrari al dialogo».
"Dialogo", nel gergo episcopalese, indica l'elasticità
liturgico-dottrinale. L'aspirante non fu accettato in diocesi e fu
costretto a cercare altre strade.
3) Le nonnette che andavano a quella messa dei giovani, cioè
quella di CL, ne erano state attratta dai canti tradizionali, dalla
scarsa invadenza delle chitarre, dal vederli tutti in ginocchio alla
consacrazione. Solo che adesso il Papa ha comandato
ai ciellini di spazzar via anche gli accenti tradizionali residui,
«osservando che non sarà la pura “restaurazione” di forme del passato
che potrà rendere attuale il cristianesimo per l’uomo di oggi».
4) Cfr. ad esempio il mons. Luigi Negri che poco tempo fa ancora avvertiva il bisogno di giustificare il fatto di essere un ciellino e desiderava proclamarsi pubblicamente indomito fautore dell'incremento dell'«intarsio di vita parrocchiale».
5) Molti anni prima del motu proprio più famoso degli ultimi secoli, un ciellino Memor Domini entusiasta
della liturgia tradizionale portò il sottoscritto in una moderna
catacomba ad assistere alla Messa di sempre. Evidentemente non era una rara eccezione.
6) L'intera storia della Chiesa è tappezzata di capetti autoincaricati di spiegare piuttosto che presentare il carisma di qualche santo: soggetti del genere nell'ambiente ciellino venivano una volta sprezzantemente etichettati giussanologi. Grazie
alla zelante opera di questi ultimi, tanti gruppi ciellini in
tumultuosa crescita si sono trasformati in club autoreferenziali in
decrescita costante.
7) In altri termini: «Ci hai fatti per te, o Signore, e il nostro cuore non ha posa finché non riposa in te» (sant'Agostino, Confessioni, I,I,I).
La riduzione intellettualistica della fede consiste nel mettere in
secondo piano il fatto che la Verità, in quanto tale, è l'unica risposta
che può saziare l'anima dell'uomo: come a dire che Cristo sarebbe tutto
«via» e «verità», ma non troppo «vita». L'ideologia dell'incontrismo parte
invece dall'errore specularmente opposto: tutto «via» e «vita», ma non
troppo «verità» e quindi non troppo «dottrina». Così si assiste al
bizzarro fenomeno - non esclusivo di CL, e certamente meno grave in CL
che altrove - di quelli che si svenano a comprare e leggere i libri di
qualche carismatico fondatore senza mai mettere mano almeno ad un
Compendio del Catechismo (con risultati a volte surreali, come quei
cattolici che sanno tutto del ramadan e dei cibi kosher ma non hanno
idee chiare sul digiuno eucaristico e su quello quaresimale). Per onestà
occorre pure notare che a nominare le verità di fede, ci si inimica
subito il clero e il vescovo...
8) Sebbene non si possa strettamente parlare di servilismo ciellino se
non come fenomeno recente, è certo che l'ideale di ubbidienza di don
Giussani (chi disobbedisce censura almeno un aspetto della realtà, chi
obbedisce non censura niente) risultava comodissimo ai deboli che
preferivano ridurre l'ubbidienza al servilismo. Un notevole risultato
pratico di questa mentalità fu l'introduzione della "comunione sulla
mano" nelle messe cielline: certo in modo molto ordinato e rispettoso ma
sistematico (addirittura con un assistente laico che, posto fermo come
una statua accanto a chi distribuisce, tiene le mani in modo da
ricordare come si fa), come se si avesse il terrore di scontentare i
vescovi.
9) Sul benemerito UCCR online (a maggioranza ciellina) c'è lo spiegone di circostanza.
10) Ricchissimo sì, ma di «caricaturali simulacri di narcisismo ed estetismo ipocriti». Dopo che per decenni i cattomodernisti si erano abituati a contestare tutto del Papa, all'improvviso, con Francesco, arriva il contrordine: elogiare tutto del Papa... gareggiando paradossalmente col mondo. Con tutto ciò che comporta il doversi atteggiare a tifoseria papista.
11) Gnocchi e Palmaro, «Questo Papa non ci piace», e articoli successivi qui, qui, e qui.
Il compagno Livio Stalin Fanzaga ha avuto il sovietico piacere di
epurare Mario Palmaro poco prima della morte di quest'ultimo.
12) Clericalismo inteso anzitutto come autoritarismo autoreferenziale che
contrariamente ai propri proclami non ha più bisogno della verità: «Il
metodo, imparato anche da noi, è appunto il vaglio dell’esperienza
elementare; è l’opposto del clericalismo, che vuole convincere in nome
di una autorità non verificata. Il clericalismo è: "Mi devi credere
perché sono prete, oppure più frequentemente perché sono professore,
sono giudice o sono scienziato", non perché ti testimonio qualcosa che
risulterà vero anche a te».
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