Di streghe, verbali e confessioni
Il Papa non è Rudy Giuliani. La tolleranza zero, una boiata pazzesca
Papa Francesco (foto LaPresse)
Un verbale è cosa diversa da una confessione. Su questo credo si possa concordare senza problemi. La confessione è segreta, espressione sacramentale di un intimo rapporto con Dio mediato dalla chiesa di Cristo e dai suoi rappresentanti consacrati. Il verbale può essere provvisoriamente secretato, ma il suo destino è l’escussione pubblica in dibattimento, l’archivio consultabile, per non dire dei leak alla stampa, così ordinariamente frequenti. In un verbale un indagato o imputato ha diritto di mentire, ciò che non è per il teste, ma in confessionale la menzogna e la reticenza sono peccato mortale, condanna in sé massima anche nel foro interno della coscienza.
La specialità della giustizia di stato, e della clemenza eventuale, è il verbale, il proprio della giustizia divina, e della misericordia, è la confessione. La pena è fredda come dovrebbero essere le procedure che vi conducono; la penitenza, la conversione, la salvazione dal peccato sono materie calde, e derivano da procedure specifiche, che afferiscono non all’amministrazione del codice ma alla cura d’anime, alla cura del cuore di carne cristiano. Sono banalità, ma offuscate e ingarbugliate, più ancora che dal Papa o dalla Santa Sede e dai suoi comportamenti, dal modo in cui questi comportamenti si lasciano recepire e rilanciare nel circuito dei media, a partire dalle fonti da cui scaturiscono le sacre notizie.
ARTICOLI CORRELATI Arresto, condanno ma non giudico Bergoglio O.O, Papa nullo. E Ratzinger ancora lo è Vescovo in gattabuia, una premièreMisericordia e tolleranza zero si escludono l’una con l’altra. Un vescovo, perfino il vescovo di Roma, non si comporterà in nessun caso come Rudy Giuliani, ex sindaco di New York, creatore dell’ideologia della tolleranza zero. La giustizia divina può e in certi casi deve fulminare il peccato, in particolare il peccato grave contro gli innocenti e i bambini, ma del peccatore, cui la sanzione canonica, e la sanzione spirituale, e l’imposizione di una severa penitenza, sono atti dovuti dalla gerarchia a lui sovraordinata, deve sempre anche essere considerato redimibile, anima in aspettativa di un giudizio non umano, di una conversione di coscienza non esente dal tributo della grazia, come nel caso dell’Innominato manzoniano. Elementare.
Può darsi, e si deve dare, il caso della giustizia laica che afferra la personalità togata per un reato comune contro la persona. Essa è e deve essere libera di agire nel suo campo proprio, con la sua metodologia, con le sue procedure di diritto, vorrei vedere. Si possono arrestare, estradare anche dal Vaticano, giudicare dopo indagini corrette e dibattimenti inseriti in giusto processo, tutti coloro, nessuno escluso, che si ritengano autori di reati, in particolare quelli odiosi di cosiddetta pedofilia, insomma adescamento e maltrattamento abusivo, a scopo di piacere carnale o psicologico, di efebi o infanti raccolti qui e là. Ma un laico serio ha diritto a vedere distinte le cose che vanno distinte: la freddezza della legge e il calore di conversione della cura d’anime, un magistrato che sbatte in galera un vescovo oppure una estradizione verso le spiagge del diritto comune, e un prete, massime un Papa, che piange nella sua interiorità e prega e immagina la prospettiva di espiazione, penitenza, redenzione e salvezza di un successore degli apostoli che ha così gravemente lordato la sua eccelsa funzione clericale ed ecclesiale.
Nel 2002 un cattolico (Buttiglione) fu vergognosamente escluso da un incarico nella Commissione europea perché, da credente, aveva opinioni diverse sulla sessualità, pedofilia compresa, da quelle di libero amore di Daniel Cohn-Bendit e Marco Pannella, che lo esaminarono e lo bocciarono nonostante la sua chiara adesione kantiana alla distinzione tra opinioni sul peccato e sfera diversa del reato. I cattolici sono streghe da bruciare quando aderiscono al catechismo della loro religione e fede, e dannano quella che giudicano una sessualità disordinata; e sono streghe da bruciare, anche nelle segrete vaticane, e nella gogna conseguente, quando praticano una sessualità disordinata, che con disprezzo non solo per il peccato ma anche per il peccatore il capo della chiesa paragona a una messa nera. C’è qualcosa che non va. Sia nel segreto della coscienza sia nella prassi e nelle opinioni e leggi distinte di stato e chiesa.
© FOGLIO QUOTIDIANO
LOBBY CONTINUA - A SANTO DOMINGO C’ERA UNA “CRICCA PEDOFILA” COPERTA DAL VESCOVO WESOLOWSKI. LA STORIA DI PADRE ALBERTO, RICERCATO DALL’INTERPOL FINO IN POLONIA
Dalle indagini su Padre Alberto, al secolo Wojciech Gil, si è risaliti alla responsabilità del vescovo: bambini abusati, foto porno, festini tra Europa e America Latina - La lobby pedofila polacca risale agli anni di Wojtyla, quando il papa si occupava d’altro e i preti furono liberi di andarsene in Europa e Centroamerica…
Marco Ansaldo Agnieszka Zakrzewicz per “la Repubblica”
Erano felici i fedeli di Juncalito, nella provincia di Santiago, un’ora di strada dalla capitale della Repubblica Dominicana. Padre Alberto, come lo chiamavano, al secolo il reverendo Wojciech Gil, era ancora una volta riuscito a organizzare un viaggio in Europa per i bambini della parrocchia. Certo, era proprio in gamba quel prete polacco: giovane, massiccio, «un macho» lo ricordano oggi.
Quando poi compariva a bordo di una moto, o del suo pick-up argentato, in molti lo guardavano con ammirazione. Così come osservavano con un pizzico di invidia e di inquietudine l’arma che portava, una pistola, pure quella argentata. Per vederla i ragazzini salivano sulla jeep, e poi via, verso qualche posto riparato, dove padre Alberto li fotografava, li accarezzava, succedeva anche altro ma nessuno disse mai cosa.
Per molti anni tutto questo rimase un segreto, fra il prete polacco e i bambini di Juncalito. Poi, però, all’improvviso qualcosa accadde. E padre Alberto scomparve, da un giorno all’altro. Vacanza in Polonia. La polizia, però, sapeva perché: fece irruzione nella canonica. Accese il computer sul tavolo. E d’incanto apparvero quelle immagini. Tante: 87mila, dissero gli agenti. Contenute nell’hard disk della parrocchia. Le foto dei bambini abusati di Santo Domingo.
«Molte erano pornografiche — raccontò il vice procuratore Bolivar Sanchez — In alcune i maschi posavano indossando della lingerie, come se fossero femmine. In altre si vedevano minori mentre avevano rapporti con adulti, e bambini avere relazioni omosessuali fra di loro». Sulla base delle imbeccate avute, i poliziotti passarono quindi a visionare il computer dell’amico di padre Alberto, anch’egli polacco, e addirittura ambasciatore della Santa Sede a Santo Domingo, il vescovo Jozef Wesolowski.
Qui le foto erano ancora di più: 100mila, un archivio con tanto di video e file allegati. Scattò la denuncia della Procura dominicana, e la notizia approdò in Vaticano. Wesolowski venne richiamato a Roma.
La storia risale all’agosto del 2013. Ma nessuno a Juncalito ha dimenticato le scorribande di padre Alberto. Da allora la linea fra la giustizia dominicana e quella polacca è diventata bollente, gli scambi di informazione continui. A settembre anche Varsavia comincia a indagare sul cittadino Wojciech Gil, di professione presbitero.
E finalmente, l’ex padre Alberto viene scovato. È vicino a Cracovia, nascosto in una casa del clero. Le informative inviate dai magistrati di Santo Domingo dicevano che le vittime, 15 ragazzi che avevano vuotato il sacco e raccontato quel che accadeva sul pick-up argentato del prete, non lo avevano mai riconosciuto in foto. Gil era stato attento. Però nelle immagini, a guardare bene, c’erano le sue mani. Attraverso intrecci di indagine esteri, l’Interpol arriva spiccare un mandato. Nessun arresto, ma una notifica di dimora.
A gennaio 2014 la procura di Santo Domingo chiude l’inchiesta e accusa il prete polacco di due reati: atti sessuali contro minori e possesso di materiale pedopornografico. Gil nega tutto, dice che il caso di pedofilia è stato montato ad arte dai trafficanti locali perché lui sottraeva i ragazzi alla droga. Viene sospeso dal sacerdozio dai superiori del suo Ordine di San Michele. Il Vaticano è al corrente di tutto.
Dalla Segreteria di Stato seguono lo scandalo del nunzio Wesolowski. Papa Francesco vuole una linea durissima sui fatti degli abusi sessuali interni. La lobby pedofila polacca, evidenziata nella Repubblica Dominicana dal duo Wesolowski-Gil, è purtroppo una questione nota. Negli anni di Karol Wojtyla, mentre il Papa era impegnato nella difesa dei cattolici sul fronte dell’Est Europa, alcuni sacerdoti omosessuali fuoriuscirono dalla Polonia per arrivare a Roma, oppure trovare rifugio e nuova vita in America Latina. Però, oggi, la banda dei preti pedofili finisce per mettere in imbarazzo tutta la Chiesa.
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