ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

lunedì 22 settembre 2014

Te la dò io la collegialità..!


L’ultimo sarà il primo. A Chicago è andata così


cupich
La nomina del nuovo arcivescovo di Chicago fatta sabato 20 settembre da papa Francesco è stata una sorpresa che ha preso in contropiede l’episcopato statunitense.
Che sia stata una sorpresa si può evincere dal fatto che l’ultimo numero del settimanale “Our Sunday Visitor” – il più ufficiale dei periodici cattolici a stelle e strisce, che ha come presidente della omonima casa editrice il giornalista Greg Erlandson, membro della commissione sui media vaticani che si riunirà per la prima volta la prossima settimana –, nell’elencare otto dei possibili successori del cardinale Francis E. George ha omesso proprio il prescelto da papa Jorge Mario Bergoglio, e cioè Blase J. Cupich, finora vescovo di Spokane.
Che la nomina abbia inoltre preso in contropiede l’episcopato Usa è reso evidente dai risultati delle elezioni degli attuali presidente e vicepresidente della conferenza episcopale, che si sono tenute meno di un anno fa, nel novembre del 2013.
In quella tornata elettorale, infatti, tra i dieci candidati c’era anche Cupich. E la sua era considerata dai colleghi come la più marcatamente “progressista”, ecclesiasticamente parlando, tra quelle presentate.

Ebbene, nella prima votazione, che vide la subitanea elezione a presidente della conferenza del vicepresidente uscente, e cioè l’arcivescovo di Louisville, Joseph E. Kurtz, con 125 voti su 236, Cupich arrivò solo settimo con appena 10 voti.
Presero più suffragi di lui il cardinale di Houston Daniel N. DiNardo (25), l’arcivescovo di Philadephia Charles J. Chaput (20), gli arcivescovi di Los Angeles José H. Gomez e di Baltimora William E. Lori (15 voti ciascuno), l’arcivescovo di New Orleans Gregory M. Aymond (14).
Nelle due votazioni per la vicepresidenza Cupich fu poi ben lontano dall’essere eletto, arrivando quinto (su nove) sia al primo turno con 24 voti su 236, sia al secondo con 17 voti su 235.
Per la successione a Chicago, quindi, papa Francesco non ha tenuto conto degli umori dell’episcopato degli Stati Uniti, al contrario, ad esempio, di quanto è avvenuto in Spagna, dove a Madrid ha promosso Carlos Osoro Sierra, che da arcivescovo di Valencia lo scorso marzo era stato eletto vicepresidente della conferenza episcopale al primo turno con 46 voti su 79.
Né sembra che il papa abbia tenuto conto delle indicazioni del cardinale George, che avrebbe desiderato come coadiutore un sacerdote della sua diocesi. Al contrario di quanto avvenuto per Sydney, dove Francesco ha fatto arcivescovo il 18 settembre il domenicano Anthony Colin Fisher, pupillo dell’ordinario uscente e cioè di quel cardinale George Pell che il papa ha chiamato a Roma come “zar” dell’apparato economico finanziario vaticano.
C’è solo un punto sul quale invece papa Francesco ha usato per Chicago la stessa procedura utilizzata per Madrid e Sydney. In tutti e tre i casi ha proceduto alla nomina senza farla prima discutere dai porporati e vescovi membri della congregazione per i vescovi, anche se tutti da lui rinominati lo scorso anno con significativi nuovi ingressi ed altrettanto significative epurazioni (la più clamorosa quella del cardinale statunitense Raymond L. Burke).
Non è una novità di questo pontificato che nomine episcopali, anche importanti, non siano discusse collegialmente dall’apposito dicastero vaticano. Con Benedetto XVI non fu discussa la provvista di Venezia (ma quelle di Milano, Malines-Brussel, Santiago del Cile e Manila sì). Con questo pontificato. questo accantonamento delle procedure sembra essere usato con una frequenza molto maggiore.
Non sono passate a questo vaglio, infatti, non solo le nomine di Chicago, Sydney e Madrid, ma nemmeno tutte quelle (una ventina) che hanno riguardato l’Argentina.
In Italia non sono passate per l’esame della congregazione dei vescovi le nomine di Locri e di Isernia, dove sono stati promossi i vicari generali di due ecclesiastici di fiducia del papa, e cioè, rispettivamente, del vescovo di Cassano all’Jonio e segretario generale dela CEI Nunzio Galantino, e dell’arcivescovo di Chieti-Vasto e segretario speciale del prossimo sinodo Bruno Forte.
Sabato 20 settembre, oltre alla nomina del nuovo arcivescovo di Chicago, è stata annunciata in Vaticano anche la nascita di una Commissione speciale di studio per la riforma del processo matrimoniale canonico, con l’obiettivo di “semplificarne la procedura, rendendola più snella e salvaguardando il principio di indissolubilità del matrimonio”.
Ne fanno parte undici membri. Oltre al fatto che nessuna donna è stata chiamata a farne parte, elemento curioso è il fatto – sembra senza precedenti – che la commissione, pur avendo tra i suoi membri un cardinale (Francesco Coccopalmerio) e due vescovi (Luis Ladaria e Dimitrios Salachas) sia però presieduta da un “semplice” sacerdote, monsignor Pio Vito Pinto, seppur avente il titolo di eccellenza in quanto decano della Rota Romana.

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