Sinodo, l’ora del Pressing
In queste ore, e già da ieri, è in atto un’azione di pressing da parte dei sostenitori della linea Kasper nei Circuli Minores, per spostare l’opinione dei vescovi indecisi o contrari, ma forse manovrabili. Sconcerto per le dichiarazioni di Kasper sui vescovi africani.
Intanto hanno destato non poco stupore, e anche qualche cosa di più, le dichiarazioni del card. Kasper sui vescovi africani, in un’intervista a Edward Pentin. Il cardinale ha praticamente affermato che le idee che i vescovi africani hanno sull’omosessualità non sono ascoltate dai delegati occidentali nell’assemblea. Sono ascoltati, ha aggiunto, in Africa…Notando che è “impossibile” per i delegati occidentali commentare i problemi africani, ha detto che gli africani “ non dovrebbero dirci troppo che cosa dobbiamo fare”.
Molti presuli sono furiosi con la Relazione presentata nei giorni scorsi, perché hanno avuto dai loro Paesi reazioni a come i media locali hanno presentato le parti controverse, soprattutto sull’omosessualità, e considerano che si tratti di un danno pastorale ingente.
Intanto si sta sviluppando un forte pressing, in vista del voto di sabato sulla relazione finale del Sinodo. Kasper ha detto nell’intervista che spera che si formi una maggioranza favorevole. E i membri della “colonna Kasper” stanno lavorando in questo senso. Nei circuli minores è stato notato che quando uno dei kasperiani deve assentarsi per un qualche motivo, viene immediatamente sostituito da un altro. Il cardinale Marx è stato udito commentare ad alta voce che per lui è incomprensibile come i Padri sinodali siano più legati alla tradizione del Papa.
Si può ragionevolmente ipotizzare che non siano stati resi pubblici gli interventi in Aula perché sarebbe stato più difficile, in seguito, spiegare delle modifiche di orientamento, dovute alla "moral suasion" operata in queste ore.
Modifiche che probabilmente ci saranno; i vescovi, anche se molti di essi privatamente vedono i meccanismi, esprimono sentimenti non idilliaci verso la Segreteria dei Sinodo che li ha organizzati e li gestisce, e sono contro la linea imposta, sono consci di uno stile di governo che punisce inesorabilmente chi non ha potuto, o non è stato abbastanza veloce o credibile nell’allinearsi al nuovo stile.
Ne fanno fede i casi Burke, Piacenza, Canizares, Morga fra i più eclatanti. E i vescovi vedono che chi fino a un paio di anni fa scodinzolava teologicamente davanti a Benedetto XVI ha trovato sotto Francesco gli onori aspirati.
I Circuli Minores hanno fino a questo momento prodotto una grande quantità di emendamenti, che dovrebbero modificare in profondità la discussa Relatio di Erdo e (soprattutto) di Forte. Ma come ci diceva un Padre sinodale, bisogna vedere quanti di questi saranno accolti dalla Commissione che redigerà il testo finale. Una commissione a cui il Papa ha voluto aggiungere, con un gesto senza precedenti, sei nuovi estensori. Indovinate su che linea….
SAN PIETRO E DINTORNI | Marco Tosatti |
SINODO: IL RISCHIO DELLA PERCEZIONE CHE DIVENTA VERITA’ - di GIUSEPPE RUSCONI –www.rossoporpora.org – 16 ottobre 2014
Sostantivi, aggettivi, verbi, avverbi, perfino virgole dei documenti finali del Sinodo (Messaggio e Relatio) saranno analizzati con attenzione dai media, che trasmetteranno poi le loro valutazioni all’opinione pubblica. Frasi fumose, locuzioni ambigue, aggettivi ridondanti e domande melense non potranno che far percepire all’esterno un Sinodo diverso da quello che sarà veramente stato.
I giorni volano e siamo ormai quasi alla conclusione del Sinodo sulla famiglia, tappa (certo importante) di un percorso che verrà approfondito localmente durante l’anno che ci separa dal secondo Sinodo previsto sull’argomento nell’ottobre del 2015. Quello che stiamo vivendo è il Sinodo dell’approfondimento delle tematiche emerse durante il tempo della preparazione, che è stato caratterizzato anche dalla diffusione del famoso questionario e dall’esame delle risposte pervenute. Quello che verrà sarà invece il Sinodo delle proposte calate nella realtà concreta e delle decisioni connesse.
In questi giorni, parallelamente alla discussione nei Circuli minores divisi in gruppi linguistici, stanno procedendo sia l’elaborazione del tradizionale ‘Messaggio’ al popolo di Dio che la redazione della Relatio Synodi, che conterrà una sintesi delle prime considerazioni e, forse, ipotesi di soluzione delle questioni più brucianti cui saranno pervenuti i padri sinodali.
E’ noto che la Relatio post disceptationem di lunedì - nominalmente attribuita al relatore generale cardinale Erdoe (che poi se n’è distanziato pubblicamente in conferenza-stampa, almeno in parte e in punti delicatissimi) – ha suscitato una forte reazione in molti padri sinodali. Tanto che il giorno dopo la Segreteria del Sinodo è dovuta intervenire cercando di ridimensionare (un fatto inaudito) la stessa Relatio. Ed è pure noto che, dopo i primi interventi liberi nell’Assemblea, già in diversi casi duramente critici, le discussioni nei Circuli minores hanno portato alla luce una forte opposizione di fondo ai contenuti più ‘audaci’ (qualcun altro dirà ‘profetici’) della Relatio. Questo è un fatto, non un’opinione. Eppure ci tocca ancora leggere frasi come le seguenti di un fiato schieratissimo (dal marzo 2013): “Appare comunque chiaro che la direzione è ormai tracciata”. Anche: “E non allarmano né turbano le critiche manifestate (le stesse che si conoscevano già prima del Sinodo) da pochi padri su 191 votanti”. Può darsi naturalmente che ai fiati schieratissimi della fanfara che accompagna la ‘gioiosa macchina da guerra’ non sia noto che in più Circuli minores la maggioranza dei padri ha letteralmente stralciato dalla Relatio le parti sulla ‘gradualità’ dell’accesso ai sacramenti per i divorziati risposati, della ‘santificazione’ presente nelle unioni diverse dal matrimonio religioso, per non parlare dei paragrafi sulle convivenze omosessuali. Non è finita. C’è chi tra i fiati storicamente schieratissimi scrive ancora, dopo aver notato che “il card. Mueller, capofila dei rigoristi, è uscito dall’Aula con una faccia da funerale” (Ndr: poteva il terribile guardiano dell’ortodossia- ah, quei bavaresi… non cambiano mai! - uscire dall’Aula con una faccia sorridente?): “A contribuire a mutare, e anzi a capovolgere il clima esasperato e ideologico della vigilia, è stato ovviamente ( Ndr: notare l’avverbio ‘ovviamente’) papa Francesco, che segue i lavori con una regía attentissima (Ndr: notare la parola ‘regía’). Correttamente, Bergoglio non interviene in Aula, ma ad essa non cessa di riferirsi in tutte le occasioni possibili”.
Si sa che, nella nostra società massmediatica e dell’apparenza, liquida quant’altre mai, la percezione di un avvenimento spesso diventa per l’opinione pubblica una vera e propria verità, se possibile più vera dell’accadere del fatto stesso. In tal senso i documenti che usciranno da questo Sinodo saranno vagliati, com’è giusto, con grande attenzione dai media, che li trasmetteranno poi nei loro contenuti principali (o tali considerati) all’opinione pubblica. E’ certo perciò che dai padri sinodali si pretende oggi una particolare attenzione ai sostantivi utilizzati, anche agli aggettivi, ai verbi, agli avverbi, perfino alle virgole. Perché ogni termine potrebbe, specie se estrapolato scorrettamente, servire per dare all’opinione pubblica una percezione del Sinodo non rispondente alla verità dei fatti. Da questo punto di vista la Relatio post disceptationem (che, è bene ribadirlo, non è affatto stata redatta nei punti più delicati dal relatore generale, card. Erdoe) presenta a tratti, ma spesso là dove la questione è delicata, un linguaggio fumoso, ambiguo, con molte domande che suonano non raramente retoriche e melense, ricordando assai l’ecclesialese post-sessantottino.
I padri che nei Circuli minores richiedono lo stralcio di tali parti sono coscienti della pericolosità di dare in pasto ai media e, dunque, all’opinione pubblica, frasi e mezze frasi che dicono e non dicono, giustificando qualsiasi interpretazione e creando gran confusione e grossi malintesi. C’è solo da sperare che l’intera Assemblea si renda conto del problema, così da fare in modo (almeno per quanto è possibile) che la percezione del Sinodo da parte dell’opinione pubblica corrisponda sostanzialmente a quello che il Sinodo sarà stato. Stato, non immaginato e desiderato.
Attorno al Sinodo non tutto è informazione. C'è anche dell'altro ...(a cura Redazione "Il sismografo")
(Luis Badilla) E' veramente disarmante ciò che abbiamo visto e letto in questi giorni. Parlo della copertura giornalistica del Sinodo, in particolare da parte di non pochi giornalisti che Massimo Faggioli ha ben definito "giornalisti-attivisti". Sono tra l'altro operatori sbarcati a Roma per l'occasione con progetti precisi, studiati a tavolino, con buona disponibilità di risorse. Ovviamente, ogni giornalista ha diritto di avere una sua opinione e ha altrettanti diritti affinché essa circoli e si ponga su un piano di dialogo con altri pareri espressi da distinti commentatori. Sarebbe un pregevole contributo alla chiarezza e un gesto di buona educazione nei confronti dei lettori.
Fare il giornalista, praticare la non sempre facile professione giornalistica, cercare di far passare opinioni personali come informazione oggettiva diventa in seguito insopportabile, e comportamenti simili vanno rimandati esplicitamente all'attivista-mittente. Attorno al Sinodo, da qualche giorno, crescono testi, interviste e servizi che vorrebbero far credere all'utente che quanto si afferma è vero, quando in realtà si tratta di analisi e commenti personalissimi dell'autore, o addirittura della linea editoriale prefissa dalla testata di riferimento.
Tutto passa per veritiero, tutto prende forma come si trattasse di una vera cronaca parallela allo svolgersi dei lavori sinodali, tutto in questa maniera si presenta fallacemente provocando il cosiddetto "caos della notiziabilità". Questa folta pattuglia di "giornalisti-attivisti" ha una grande capacità di azione e sembra muoversi con un certo coordinamento allo scopo di fare lobbying. L'idea sembra semplice, ma efficace: creare ondate di stampa che in qualche modo finiscano per condizionare le riflessioni dei padri sinodali, eventualità (per fortuna) inverosimile. Una delle caratteristiche dei lavori del Sinodo, sino ad oggi, è proprio quella di non essere un'Assemblea soggetta a vani condizionamenti di propaganda esterna fatta di affermazioni non vere, mezze verità, confusioni deliberate, rumors e gossip.
E' proprio il caso di prendere sul serio la riflessione di M. Faggioli, che ha scritto: "Nessuno sembra aver notato infatti come il ruolo della stampa vera al Sinodo sia accompagnato, se non in certi casi oscurato, da quello degli attivisti. Una delle cose sorprendenti (a dir poco) della conferenza stampa di martedì è stato vedere lo spazio enorme dato, in conferenza stampa, a giornalisti-attivisti americani, come quelli di "Voice of the Family". Questi giornalisti-attivisti hanno incitato apertamente il cardinale Napier in conferenza stampa (e in questi giorni chissà quanti altri membri del Sinodo) ad una aperta ribellione contro il Sinodo, la Relatio e la sua gestione".
Per fortuna, occorre dunque sottolinearlo, la stragrande maggioranza dei giornalisti che segue i lavori sinodali lo ha fatto e lo fa ancora con estrema professionalità, serietà e consapevolezza del proprio delicatissimo compito, il quale non si limita solo a informare nel modo più veritiero possibile ma diviene fondamentale e di base per la formazione dell'opinione pubblica. Questi operatori sociali dell'informazione sono consapevoli inoltre che la "notizia", soprattutto se riguarda questioni di grande rilevanza etica e morale, non è una "merce" qualsiasi che si può offrire o vendere per interesse, convenienza o ideologia. Ci affidiamo pertanto a costoro, come abbiamo fatto nel corso di questi giorni.
La vittoria di Francesco nel sinodo dei vescovi: Una chiesa del dialogoFare il giornalista, praticare la non sempre facile professione giornalistica, cercare di far passare opinioni personali come informazione oggettiva diventa in seguito insopportabile, e comportamenti simili vanno rimandati esplicitamente all'attivista-mittente. Attorno al Sinodo, da qualche giorno, crescono testi, interviste e servizi che vorrebbero far credere all'utente che quanto si afferma è vero, quando in realtà si tratta di analisi e commenti personalissimi dell'autore, o addirittura della linea editoriale prefissa dalla testata di riferimento.
Tutto passa per veritiero, tutto prende forma come si trattasse di una vera cronaca parallela allo svolgersi dei lavori sinodali, tutto in questa maniera si presenta fallacemente provocando il cosiddetto "caos della notiziabilità". Questa folta pattuglia di "giornalisti-attivisti" ha una grande capacità di azione e sembra muoversi con un certo coordinamento allo scopo di fare lobbying. L'idea sembra semplice, ma efficace: creare ondate di stampa che in qualche modo finiscano per condizionare le riflessioni dei padri sinodali, eventualità (per fortuna) inverosimile. Una delle caratteristiche dei lavori del Sinodo, sino ad oggi, è proprio quella di non essere un'Assemblea soggetta a vani condizionamenti di propaganda esterna fatta di affermazioni non vere, mezze verità, confusioni deliberate, rumors e gossip.
E' proprio il caso di prendere sul serio la riflessione di M. Faggioli, che ha scritto: "Nessuno sembra aver notato infatti come il ruolo della stampa vera al Sinodo sia accompagnato, se non in certi casi oscurato, da quello degli attivisti. Una delle cose sorprendenti (a dir poco) della conferenza stampa di martedì è stato vedere lo spazio enorme dato, in conferenza stampa, a giornalisti-attivisti americani, come quelli di "Voice of the Family". Questi giornalisti-attivisti hanno incitato apertamente il cardinale Napier in conferenza stampa (e in questi giorni chissà quanti altri membri del Sinodo) ad una aperta ribellione contro il Sinodo, la Relatio e la sua gestione".
Per fortuna, occorre dunque sottolinearlo, la stragrande maggioranza dei giornalisti che segue i lavori sinodali lo ha fatto e lo fa ancora con estrema professionalità, serietà e consapevolezza del proprio delicatissimo compito, il quale non si limita solo a informare nel modo più veritiero possibile ma diviene fondamentale e di base per la formazione dell'opinione pubblica. Questi operatori sociali dell'informazione sono consapevoli inoltre che la "notizia", soprattutto se riguarda questioni di grande rilevanza etica e morale, non è una "merce" qualsiasi che si può offrire o vendere per interesse, convenienza o ideologia. Ci affidiamo pertanto a costoro, come abbiamo fatto nel corso di questi giorni.
Corriere della Sera
(Alberto Melloni) La pubblicazione della relatio sui primi giorni di Sinodo ha scatenato un diluvio di commenti. In gran parte voci entusiastiche, come quella di monsignor Bruno Forte che ha spiegato che il superamento di una cultura del disprezzo per le persone omosessuali era ormai necessaria. Non più vasti, ma molto visibili sono stati i giudizi negativi, che vanno dall’allarmismo di chi è fuori dal Sinodo come l’ex presidente della Conferenza episcopale italiana, Camillo Ruini, a chi ne è parte come il presidente della Conferenza polacca, Stanislaw Gadecki, che si appella al magistero di Giovanni Paolo II, considerandolo insuperabile.
Quasi tutti i commenti si sono in realtà misurati con due soli passaggi della scrupolosa relatio redatta dal cardinale Péter Erdo: quello nel quale si parla dell’omosessualità a partire dall’amore e non dalla natura, e quello nel quale si cerca un nuovo atteggiamento verso i divorziati risposati. Altri passaggi, ad esempio dove si ribadisce la condanna della contraccezione non «naturale» (forse mitigata da un inciso non chiaro), non hanno invece attirato molta attenzione.
Questa trasformazione di un atto intermedio come la relatio in uno scoop ha due cause. Chi guarda il Sinodo da lontano crede spesso che il suo valore stia solo nell’adeguamento alla «tendenza Francesco» e che la ragione per cui il Papa l’ha convocato sia di contare i suoi pochi antagonisti. Chi lo vive da dentro si affanna a negare la portata delle divisioni, sostenendo che nel Sinodo non si fa la conta: mentre è questo lo strumento principe dell’assemblea dei vescovi (come del Concilio o del Conclave) e il suo banco di prova. In realtà la dialettica sinodale ha mostrato che esiste un settore neo-rigorista, che aveva un disegno ostruzionista sostanzialmente fallito; un settore neo-lassista, che ha auspicato in aula aperture più attese che pensate; e un settore neo-casuistico, che cerca in qualche virtuosismo canonistico la risposta a problemi che sono il dono e il dolore di milioni di figli di Dio.
È rimasta meno visibile — nella relatio e nei commenti — la posizione di chi ha capito che il Papa non pensa che la misericordia sia a mezza via fra lassismo e rigorismo, ma costituisca una dimensione altra: ed è stata meno udita la voce di chi condivide con Francesco l’idea che il problema della chiesa non sia dire dei sì o dei no, ma dire il Vangelo di Gesù e il Gesù del Vangelo a vite vere per lungo tempo invisibili alla chiesa.
Perché l’operazione di Francesco sul Sinodo non punta a una riforma del matrimonio o della morale, ma a una restaurazione della conciliarità nel cattolicesimo romano, da cui passa il futuro della ecclesiologia e dell’ecumenismo. In ogni campo Francesco ha detto più volte che non ama le «soluzioni chiuse», invece crede che un nuovo atteggiamento radicato nella conversione del cuore sia davvero più efficace di modifiche normative affidate a cuori corrotti dall’immobilismo. Questa idea di una «riforma a norme invariate» l’ha applicata al Sinodo, finora imprigionato dentro una consultività umiliante e nel quale non c’è spazio per far sentire dal vivo il dibattito teologico. Il Papa, senza fare decreti riformatori, s’è limitato a due soli passi: promettere che promulgherà il documento sinodale come tale e convocare due assemblee sullo stesso tema. Così facendo ha di fatto messo la chiesa intera in stato sinodale. Con queste poche mosse ha restituito una dignità «conciliare» al Sinodo, di cui i conflitti e i contrasti — fisiologici, dato che non si parla di quisquilie — sono la prova che c’è riuscito.
Quello che la minoranza del Sinodo e la maggioranza del Collegio cardinalizio rimproverano al Papa è proprio il successo nell’apertura di una fase di dialogo o, per dirla in termini tecnici, di uno «stato sinodale» della chiesa. Uomini della levatura politica di Ruini sanno che la posizione del cattolicesimo non inciderà mai sulle leggi che regolano la vita delle famiglie. I cardinali che, guidati o trascinati dal prefetto della dottrina della fede, Gerhard Müller, pubblicano un libro contro la linea del Papa intitolato Permanere nella verità di Cristo non chiedono norme restrittive. Sostengono che dentro la chiesa non c’è nulla di cui discutere: che la comprensione del Vangelo non pretende null’altro che essere ripetuta. Ed è contro questo che il Papa ha reagito con la sua mitissima durezza e, lo si può già dire, ha vinto. Proprio perché anche chi non voleva ha dovuto discutere, esprimersi, ascoltare. Francesco ha costretto tutti ad accettare che la verità di Cristo non è un talento da seppellire, ma cammino nella storia, navigazione sospinta dal vento dello Spirito, ricerca inesausta della voce del Maestro. Se riuscirà, se il cattolicesimo romano guadagnerà non soltanto la credibilità evangelica del suo Papa, ma la credibilità conciliare del suo corpo, allora tutto sarà possibile. Proprio tutto: perché il futuro del cristianesimo o sarà conciliare o non sarà altro che un presente degradato, di cui la chiesa romana ha già sentito il sapore amaro varie volte negli ultimi dieci secoli e negli ultimi dieci anni.
fonte
Quasi tutti i commenti si sono in realtà misurati con due soli passaggi della scrupolosa relatio redatta dal cardinale Péter Erdo: quello nel quale si parla dell’omosessualità a partire dall’amore e non dalla natura, e quello nel quale si cerca un nuovo atteggiamento verso i divorziati risposati. Altri passaggi, ad esempio dove si ribadisce la condanna della contraccezione non «naturale» (forse mitigata da un inciso non chiaro), non hanno invece attirato molta attenzione.
Questa trasformazione di un atto intermedio come la relatio in uno scoop ha due cause. Chi guarda il Sinodo da lontano crede spesso che il suo valore stia solo nell’adeguamento alla «tendenza Francesco» e che la ragione per cui il Papa l’ha convocato sia di contare i suoi pochi antagonisti. Chi lo vive da dentro si affanna a negare la portata delle divisioni, sostenendo che nel Sinodo non si fa la conta: mentre è questo lo strumento principe dell’assemblea dei vescovi (come del Concilio o del Conclave) e il suo banco di prova. In realtà la dialettica sinodale ha mostrato che esiste un settore neo-rigorista, che aveva un disegno ostruzionista sostanzialmente fallito; un settore neo-lassista, che ha auspicato in aula aperture più attese che pensate; e un settore neo-casuistico, che cerca in qualche virtuosismo canonistico la risposta a problemi che sono il dono e il dolore di milioni di figli di Dio.
È rimasta meno visibile — nella relatio e nei commenti — la posizione di chi ha capito che il Papa non pensa che la misericordia sia a mezza via fra lassismo e rigorismo, ma costituisca una dimensione altra: ed è stata meno udita la voce di chi condivide con Francesco l’idea che il problema della chiesa non sia dire dei sì o dei no, ma dire il Vangelo di Gesù e il Gesù del Vangelo a vite vere per lungo tempo invisibili alla chiesa.
Perché l’operazione di Francesco sul Sinodo non punta a una riforma del matrimonio o della morale, ma a una restaurazione della conciliarità nel cattolicesimo romano, da cui passa il futuro della ecclesiologia e dell’ecumenismo. In ogni campo Francesco ha detto più volte che non ama le «soluzioni chiuse», invece crede che un nuovo atteggiamento radicato nella conversione del cuore sia davvero più efficace di modifiche normative affidate a cuori corrotti dall’immobilismo. Questa idea di una «riforma a norme invariate» l’ha applicata al Sinodo, finora imprigionato dentro una consultività umiliante e nel quale non c’è spazio per far sentire dal vivo il dibattito teologico. Il Papa, senza fare decreti riformatori, s’è limitato a due soli passi: promettere che promulgherà il documento sinodale come tale e convocare due assemblee sullo stesso tema. Così facendo ha di fatto messo la chiesa intera in stato sinodale. Con queste poche mosse ha restituito una dignità «conciliare» al Sinodo, di cui i conflitti e i contrasti — fisiologici, dato che non si parla di quisquilie — sono la prova che c’è riuscito.
Quello che la minoranza del Sinodo e la maggioranza del Collegio cardinalizio rimproverano al Papa è proprio il successo nell’apertura di una fase di dialogo o, per dirla in termini tecnici, di uno «stato sinodale» della chiesa. Uomini della levatura politica di Ruini sanno che la posizione del cattolicesimo non inciderà mai sulle leggi che regolano la vita delle famiglie. I cardinali che, guidati o trascinati dal prefetto della dottrina della fede, Gerhard Müller, pubblicano un libro contro la linea del Papa intitolato Permanere nella verità di Cristo non chiedono norme restrittive. Sostengono che dentro la chiesa non c’è nulla di cui discutere: che la comprensione del Vangelo non pretende null’altro che essere ripetuta. Ed è contro questo che il Papa ha reagito con la sua mitissima durezza e, lo si può già dire, ha vinto. Proprio perché anche chi non voleva ha dovuto discutere, esprimersi, ascoltare. Francesco ha costretto tutti ad accettare che la verità di Cristo non è un talento da seppellire, ma cammino nella storia, navigazione sospinta dal vento dello Spirito, ricerca inesausta della voce del Maestro. Se riuscirà, se il cattolicesimo romano guadagnerà non soltanto la credibilità evangelica del suo Papa, ma la credibilità conciliare del suo corpo, allora tutto sarà possibile. Proprio tutto: perché il futuro del cristianesimo o sarà conciliare o non sarà altro che un presente degradato, di cui la chiesa romana ha già sentito il sapore amaro varie volte negli ultimi dieci secoli e negli ultimi dieci anni.
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Sinodo dei vescovi 2014, ottavo giorno. "L'intransigenza vuota" dei consevatori non bloccherà l'apertura della chiesa
La relazione di metà Sinodo resiste. Nonostante l'impressione suscitata dalla reazione del cardinale sudafricano Napier martedì contro la relazione di metà Sinodo letta dal cardinale Erdö il giorno prima e nonostante le reazioni sempre più scomposte degli oppositori, le uscite pubbliche di mercoledì dei massimi protagonisti del Sinodo danno l'impressione di una linea che va solidificandosi. Alla conferenza stampa mons. Fisichella (dalle credenziali di teologo fedele alla linea e non certo vicino alla sinistra né ecclesiale né politica) ha parlato del valore delle unioni caratterizzate da fedeltà e stabilità, ha ripreso il termine semina verbi e illustrato il ruolo delle convivenze prematrimoniali nella cultura africana, diverso che in Europa. Il presidente dei vescovi statunitensi Kurtz ha parlato della relazione di metà Sinodo in termini cauti ma non negativi. Il cardinale spagnolo Sistach ha definito la relazione di Erdö"sufficientemente oggettiva". Insomma nessuna marcia indietro: anche grazie alla massiccia presenza dei giornalisti-attivisti di cui parlavamo ieri, i membri del Sinodo invitati alla conferenza stampa hanno avuto molte occasioni per prendere le distanze dalla relazione e dalla direzione presa dall'assemblea, ma non lo hanno fatto. Nelle interviste pubblicate mercoledì il cardinale Tagle si è detto molto contento della relazione, e in termini analoghi si è espresso il cardinale di Guadalajara, Ortega. Nel complesso, il cardinale Napier appare come un'eccezione, vicina ai cardinali Burke e Müller ma non rappresentativo del sentire dell'aula e neppure di una sua parte numericamente rilevante.
"La mia Africa" dei neo-conservatori. L'intervento di Napier in sala stampa martedì ha aperto la questione degli africani al Sinodo: da un lato non è chiaro quanto sia stata considerata la loro presenza nell'elezione dei relatori e moderatori del Sinodo (l'Africa è sottorappresentata rispetto agli altri continenti) e quali siano le loro posizioni nel dibattito. Ma dall'altro lato è chiaro che la loro opposizione alle aperture della chiesa sulla questione omosessuale va a nozze (è il caso di dire) con il fronte dei neo-conservatori americani. È apparso evidente mercoledì pomeriggio (fuso orario americano), quando sul sito della rivista più importante dei neo-con americani, First Things, è apparso un articolo che accusava il cardinale Kasper di razzismo. Kasper aveva detto, in un'intervista rilasciata poche ore prima all'agenzia cattolica Zenit, che la chiesa globale non può lasciare l'ultima parola sulla questione omosessuale alle chiese africane perché in Africa la questione è ancora tabù, e che in generale ci sono questioni che vanno decise e adattate dalle chiese locali. La cosa triste - oltre alla campagna denigratoria contro uno dei maggiori teologi cattolici dell'ultimo secolo - è che gli stessi neo-conservatori che in queste ore sbeffeggiano Kasper con "Heil Kasper" sicuramente non avevano apprezzato le accuse di nazismo mosse a papa Benedetto XVI solo qualche anno fa.
L'intransigenza vuota. A Sinodo aperto non è cambiata la dinamica del dibattito nella fase pre-sinodale: alle proposte di Kasper e altri di reagire di fronte alle emergenze pastorali del nostro tempo con alcuni cambiamenti nella prassi, il fronte opposto ha semplicemente opposto dei non possumus accusandoli di cambiare una dottrina immutabile. Ma quando si arriva ad accusare di estremismo liberal figure comeWalter Kasper (relatore del Sinodo sul concilio del 1985 convocato da Giovanni Paolo II), Christoph Schönborn (fine teologo domenicano e allievo di Ratzinger), Peter Erdö (uno dei maggiori giuristi della chiesa cattolica oggi), e Bruno Forte (uno degli estensori delle encicliche di Giovanni Paolo II) significa che l'opposizione a papa Francesco nutre in sé un'opposizione radicale a tutta la teologia cattolica degli ultimi cinquant'anni - un'opposizione non solo al post-concilio, ma anche al concilioVaticano II stesso. Hanno parlato ieri di "intransigenza vuota" sul blog dedicato al Sinodo dall'autorevole rivista bolognese Il Regno il direttore Gianfranco Brunelli e Maria Elisabetta Gandolfi: "Ha dell'incredibile come cinquant'anni dopo il Concilio vi siano nuove quote rilevanti di vescovi pre o anti-conciliari. In quale dottrina si sono formati? In quali seminari? Quali criteri selettivi sono stati seguiti negli ultimi trent'anni per nominarli?". In questo senso è chiaro che il Sinodo del 2014-2015servirà anche come bilancio di un cinquantennio di vita ecclesiale, ben al di là del messaggio su matrimonio e famiglia.
http://www.huffingtonpost.it/massimo-faggioli/sinodo-dei-vescovi-2014-giorno-apetura-conservatori_b_5994618.html
IN NOMINE DEI (ET GAY) - IL CARDINALE GODFRIED DANNEELS: “LA CHIESA CATTOLICA NON ACCETTA IL MATRIMONIO FRA OMOSESSUALI MA OGNI OMOSESSUALE HA IL DIRITTO AD AVERE UN SUO PROPRIO STATUS NELLA SOCIETÀ”
“Papa Francesco ha portato una grande umanità nella Chiesa. Si mostra come è. Non fa teatro. È un uomo profondamente umano. Lo conobbi al conclave del 2005. Sapevo com’era quindi prima dell’elezione, anche se tutti i giorni mi sorprende. Ogni mattina mi sveglio e mi chiedo: che cosa farà oggi? E fa sempre bene”…
Paolo Rodari per “la Repubblica”
«Gli omosessuali sono persone come le altre e vanno rispettate. Sono uomini come tutti noi. La Chiesa cattolica non accetta il matrimonio fra omosessuali, lo sappiamo, ma se ci sono dei contratti che gli Stati intendono riconoscere senza però che si arrivi a parlare di vero matrimonio, contratti insomma per far sì che gli omosessuali vivano insieme e abbiano certi diritti, è giusto rispettarli. Si tratta di leggi che permettono agli omosessuali di essere nella società ciò che desiderano. Ogni omosessuale, infatti, ha il diritto ad avere un suo proprio status nella società».
Il cardinale Godfried Danneels, 81 anni, grande elettore di Jorge Mario Bergoglio allo scorso conclave, viene sovente incasellato con superficialità dai media fra i porporati cosiddetti progressisti. Ma, in realtà, l’arcivescovo emerito di Mechelen-Bruxelles ed ex primate del Belgio, altro non è che un sacerdote in costante ricerca di Dio, del Suo perpetuo manifestarsi nella povertà dell’uomo: «Apparuit humanitas Dei nostri (È apparsa l’umanità del nostro Dio)» è, non a caso, il suo motto episcopale.
A pochi passi dal Vaticano, nel Pontificio Collegio Belga, Danneels ci accoglie col sorriso per parlare apertamente di un Sinodo che sta facendo propria l’idea di una Chiesa che non ha paura di avere misericordia verso tutti, non ha paura di accogliere e di assumere su di sé le molteplici ferite degli uomini.
Eminenza, c’è nella “Relatio post disceptationem” proclamata dal cardinale Péter Erdõ la volontà concreta di andare incontro alle ferite dell’uomo?
«Ci sono passaggi che davvero sono espressione di una grande misericordia per le difficoltà di tante coppie. Non si dice in nessuna parte del testo che il matrimonio non sia indissolubile, piuttosto si ricorda la necessità di avere uno sguardo di amore e bontà per tante coppie che sono nella difficoltà e nella necessità».
Cosa pensa circa la possibilità di dare, almeno in certi casi, l’eucaristia ai divorziati e rinecessità sposati?
«Il punto è come conciliare la dottrina della Chiesa, perché Gesù dice chiaramente che il matrimonio è indissolubile, con la misericordia che occorre necessariamente avere con tutti i separati. Non so dove arriverà il Sinodo, dove la Chiesa in comunione con tutti vorrà arrivare. Le posizioni sono diverse. Io ritengo che la strada della concessione dei sacramenti in certi casi e dopo un percorso penitenziale sia quello più giusto. Vorrei che ci sia una seconda possibilità per queste persone, senza ovviamente ledere l’indissolubilità del matrimonio».
Lei più volte ha parlato della di una Chiesa che sappia ascoltare tutti senza imporsi a nessuno, di una Chiesa che sappia ascoltare l’uomo senza lederne la libertà.
«La Chiesa può dire ciò che pensa nella società, può esprimere il proprio pensieri, ma non deve imporsi. Possiamo e dobbiamo dire la nostra su molte decisioni che lo Stato prende e sulle quali come Chiesa non siamo d’accordo, ma poi dobbiamo accettare ogni decisione. Siamo un piccolo gregge. Non dobbiamo mai imporci.
Come dissi una volta a 30 Giorni, è un dato di fatto che non c’è più una Civitas cristiana, che il modello medievale di Civitas cristiana non vale per il momento attuale. Forse qualcuno non se n’è ancora accorto, ma i cristiani vivono nel mondo “tamquam scintillae in arundineto”, come scintille sparse in un campo. Viviamo nella diaspora. Ma la diaspora è la condizione normale del cristianesimo nel mondo. L’eccezione è l’altra, la società completamente cristianizzata.
Il modo ordinario di essere nel mondo dei cristiani è quello descritto già nella Lettera a Diogneto, del secondo secolo. I cristiani “non abitano città proprie, né usano un gergo che si differenzia”. Vivono “nella loro patria, ma come forestieri; partecipano a tutto come cittadini e da tutto sono distaccati come stranieri. Ogni terra straniera è patria loro, e ogni patria è straniera”. È così che siamo cittadini della nuova società secolarizzata».
Qual è la caratteristica di novità più importante di papa Francesco?
«Francesco ha portato una grande umanità nella Chiesa. Egli si mostra come è. Non fa teatro. È un uomo profondamente umano. Lo conobbi al conclave del 2005. Sapevo com’era quindi prima dell’elezione, anche se tutti i giorni mi sorprende. Ogni mattina mi sveglio e mi chiedo: che cosa farà oggi? E fa sempre bene».
Si aspettava l’elezione?
«Tutti lo volevamo. Nel 2005 era chiaro che la maggioranza era per Joseph Ratzinger. Nel 2013 era chiaro che si era per Bergoglio».
http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/nomine-et-gay-cardinale-godfried-danneels-chiesa-86619.htm
A sentire i vescovi c’è «grande libertà» ma non un clima di «scontro». Del resto il vento del cambiamento soffia e «non si può tornare indietro sull’essenziale», considera un padre.
L’anima più conservatrice punta soprattutto a correggere i passaggi su «situazioni difficili» e omosessuali. In molti circoli si è cercato di sfumare sul riconoscimento di valori nelle coppie (il «mutuo sostegno fino al sacrificio») e riformulare i passaggi, puntando piuttosto sulle persone. L’arcivescovo Rino Fisichella propone ad esempio «di affrontare il tema in riferimento alla famiglia: dove ci sono figli e figlie omosessuali bisogna manifestare accoglienza e accompagnamento».
Del resto ora non si deciderà nulla. Anche i testi emendati dai circoli sono provvisori e serviranno da base alla Relatio che sarà votata sabato e data al Papa. Poi si tornerà a discutere nelle chiese locali, ci sarà un altro questionario tra i fedeli e un secondo Sinodo nel 2015.
Intanto però l’impostazione di fondo procede. Padre Antonio Spadaro, direttore della Civiltà Cattolica nominato al Sinodo dal Papa, parla di un clima «quasi conciliare»: «La Chiesa si interroga su se stessa, questione di atteggiamento verso la realtà: riconoscere la presenza di Dio nel mondo significa avere uno sguardo che sappia vedere e partire sempre, in ogni situazione, da ciò che c’è di positivo. Non c’è un posto sbagliato per Dio».
SINODO ALLA GOLA - OGGI I VESCOVI PRESENTERANNO I LORO EMENDAMENTI MA I CONSERVATORI PUNTANO A CORREGGERE I PASSAGGI SU GAY E CONVIVENTI - IL PAPA “PRESO A MAGLIETTA IN FACCIA” DA ALCUNI FEDELI
E’ anche vero che ora non si deciderà nulla. Anche i testi emendati sono provvisori e serviranno da base alla Relatio che sarà votata sabato e data al Papa. Poi si tornerà a discutere nelle chiese locali, ci sarà un altro questionario tra i fedeli e un secondo Sinodo nel 2015…
1 - OTTIMISMO DEL VATICANO SUL SINODO: VERSO UN TESTO MOLTO CONDIVISO
Gian Guido Vecchi per “il Corriere della Sera”
«Speriamo di arrivare a una relazione finale che possa essere approvata da una larga maggioranza». Le parole affidate alla Radio Vaticana dal cardinale Peter Erdo, relatore generale del Sinodo, suonano come una considerazione più che un auspicio.
Oggi i dieci «circoli minori» divisi per gruppi linguistici presenteranno come previsto i loro emendamenti e aggiunte al testo letto l’altro giorno da Erdo come «sintesi» della prima settimana di discussione. Un testo che contiene «almeno i temi principali della discussione», chiarisce Erdo. Dopodiché «punti di vista diversi ci sono, altrimenti non ci sarebbe dialogo».
A sentire i vescovi c’è «grande libertà» ma non un clima di «scontro». Del resto il vento del cambiamento soffia e «non si può tornare indietro sull’essenziale», considera un padre.
L’anima più conservatrice punta soprattutto a correggere i passaggi su «situazioni difficili» e omosessuali. In molti circoli si è cercato di sfumare sul riconoscimento di valori nelle coppie (il «mutuo sostegno fino al sacrificio») e riformulare i passaggi, puntando piuttosto sulle persone. L’arcivescovo Rino Fisichella propone ad esempio «di affrontare il tema in riferimento alla famiglia: dove ci sono figli e figlie omosessuali bisogna manifestare accoglienza e accompagnamento».
Lo stesso per i figli di coppie gay che ne chiedono il battesimo. Quanto alla misericordia sulle «situazioni difficili», a cominciare dai divorziati e risposati, il cardinale Kasper nota «una maggioranza crescente» e sorride: «Sono arrivati i pastori e si è visto che non era un problema mio...».
Del resto ora non si deciderà nulla. Anche i testi emendati dai circoli sono provvisori e serviranno da base alla Relatio che sarà votata sabato e data al Papa. Poi si tornerà a discutere nelle chiese locali, ci sarà un altro questionario tra i fedeli e un secondo Sinodo nel 2015.
Intanto però l’impostazione di fondo procede. Padre Antonio Spadaro, direttore della Civiltà Cattolica nominato al Sinodo dal Papa, parla di un clima «quasi conciliare»: «La Chiesa si interroga su se stessa, questione di atteggiamento verso la realtà: riconoscere la presenza di Dio nel mondo significa avere uno sguardo che sappia vedere e partire sempre, in ogni situazione, da ciò che c’è di positivo. Non c’è un posto sbagliato per Dio».
2 - IL PAPA RACCOGLIE LA MAGLIETTA
Da “Il Corriere della Sera”
Da “Il Corriere della Sera”
Piccolo «incidente», ieri all’udienza generale del Papa in Piazza San Pietro, a Roma. Un gruppo di fedeli pavesi ha gettato al Papa la maglietta che aveva preparato per l’incontro, che però lo ha colpito in faccia. Francesco ha reagito con una risata. «Il Vangelo non è un sacco di piombo che si trascina pesantemente, ma una fonte di gioia che colma di Dio il cuore», ha affermato ieri il Papa ricordando il quinto centenario della nascita di Santa Teresa d’Avila.
CARDINAL WALTER KASPER
Chi è Wilfrid Napier, l’arcivescovo twittarolo su tutte le furie per il Sinodo sulla Famiglia
16 - 10 - 2014Fabrizio Anselmo
“Pace e bene”, ovvero il motto di San Francesco. E’ questo che vorrebbe scritto sulla propria tomba l’uomo che, utilizzando un’espressione poco ortodossa, ne ha “dette di tutti i colori” sulla relatio post disceptationem presentata dal relatore generale del Sinodo, il cardinale ungheresePeter Erdo. Il porporato sudafricano Wilfrid Napier, arcivescovo di Durban, francescano (“Erano le uniche persone che conoscessi a fondo”, avrebbe risposto a chi gli domandava per quale motivo fosse entrato nell’ordine fondato da San Francesco) si è rivelato come una delle anime più critiche nel corso del Sinodo straordinario sulla famiglia, ancora in corso in Vaticano. Ma chi è veramente, e cosa pensa, questo cardinale sudafricano?
Fedelissimo di Ratzinger con un occhio a Giovanni Paolo II
Classe 1941, per due volte presidente della Conferenza episcopale sudafricana, Napier è da sempre considerato come uno dei fedelissimi del cardinale Ratzinger e del cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato di Papa Benedetto XVI. E proprio chiamato a pronunciarsi sulla decisione della rinuncia al pontificato da parte del predecessore di Papa Francesco, Napier ha descritto Ratzinger come colui che “ha predicato il vangelo con coerenza, credibilità e sacrificio personale”. Fu, però, Giovanni Paolo II a crearlo cardinale. Un Papa, quello polacco, al quale Napier era profondamente legato tanto da ricordarlo come un “Papa che ebbe un lungo pontificato e fece molte cose positive che gettarono le basi per i Papi futuri”, esaltandone, in particolare, “il suo spirito missionario e la sua attitudine a viaggiare che ha permesso di far conoscere sempre di più il continente nero”.
Classe 1941, per due volte presidente della Conferenza episcopale sudafricana, Napier è da sempre considerato come uno dei fedelissimi del cardinale Ratzinger e del cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato di Papa Benedetto XVI. E proprio chiamato a pronunciarsi sulla decisione della rinuncia al pontificato da parte del predecessore di Papa Francesco, Napier ha descritto Ratzinger come colui che “ha predicato il vangelo con coerenza, credibilità e sacrificio personale”. Fu, però, Giovanni Paolo II a crearlo cardinale. Un Papa, quello polacco, al quale Napier era profondamente legato tanto da ricordarlo come un “Papa che ebbe un lungo pontificato e fece molte cose positive che gettarono le basi per i Papi futuri”, esaltandone, in particolare, “il suo spirito missionario e la sua attitudine a viaggiare che ha permesso di far conoscere sempre di più il continente nero”.
Il mancato Papa nero
In occasione del conclave chiamato a scegliere il successore di Benedetto XVI, da molti giornalisti era stato indicato come uno dei possibili favoriti, qualora la scelta dei cardinali elettori si fosse orientata su un porporato proveniente dal continente africano. Una possibilità, questa, fortemente sostenuta dai bookmaker inglesi, secondo i quali il “Papa nero”, tanto atteso, avrebbe potuto essere lui (o, in alternativa, il ghanese Peter Turkson). Interrogato da alcuni giornalisti su questa possibilità, il porporato sudafricano ha risposto con una grossa risata. Ma sembra che, in realtà, questa volta gli scommettitori inglesi ci siano andati vicino. Secondo alcune ricostruzioni, infatti, il cardinale Bertone, una volta fattasi certezza l’impossibilità di far passare i propri candidati Scherer e Dolan, avrebbe proprio puntato, inutilmente, su questo porporato francescano.
In occasione del conclave chiamato a scegliere il successore di Benedetto XVI, da molti giornalisti era stato indicato come uno dei possibili favoriti, qualora la scelta dei cardinali elettori si fosse orientata su un porporato proveniente dal continente africano. Una possibilità, questa, fortemente sostenuta dai bookmaker inglesi, secondo i quali il “Papa nero”, tanto atteso, avrebbe potuto essere lui (o, in alternativa, il ghanese Peter Turkson). Interrogato da alcuni giornalisti su questa possibilità, il porporato sudafricano ha risposto con una grossa risata. Ma sembra che, in realtà, questa volta gli scommettitori inglesi ci siano andati vicino. Secondo alcune ricostruzioni, infatti, il cardinale Bertone, una volta fattasi certezza l’impossibilità di far passare i propri candidati Scherer e Dolan, avrebbe proprio puntato, inutilmente, su questo porporato francescano.
Un cardinale tecnologico e sportivo
In Vaticano ma, soprattutto, in Sud Africa, è conosciuto per le sue due grandi passioni: le nuove tecnologie e lo sport. I quasi 2500 tweet e i poco più 12.500 follower dimostrano un certo attivismo su twitter del cardinale sudafricano. Di lui tutti ricordano ancora la dichiarazionerilasciata al termine di una delle congregazioni generali che hanno preceduto il conclave: “Twitter? Mi manca moltissimo, patisco l’astinenza”. E non mancò neppure di consigliare a futuro pontefice di non esagerare con l’uso di twitter per evitare il rischio di “auto-promozione”. Grande appassionato di calcio, non manca di tenersi aggiornato sui risultati della propria squadra del cuore che milita nei campionati minori inglesi, il Burnley. La passione per lo sport l’ha portato anche ad avvicinarsi al cricket, non senza però una certa dose di sfortuna: risale al 2000 infatti la rottura del tendine d’achille.
In Vaticano ma, soprattutto, in Sud Africa, è conosciuto per le sue due grandi passioni: le nuove tecnologie e lo sport. I quasi 2500 tweet e i poco più 12.500 follower dimostrano un certo attivismo su twitter del cardinale sudafricano. Di lui tutti ricordano ancora la dichiarazionerilasciata al termine di una delle congregazioni generali che hanno preceduto il conclave: “Twitter? Mi manca moltissimo, patisco l’astinenza”. E non mancò neppure di consigliare a futuro pontefice di non esagerare con l’uso di twitter per evitare il rischio di “auto-promozione”. Grande appassionato di calcio, non manca di tenersi aggiornato sui risultati della propria squadra del cuore che milita nei campionati minori inglesi, il Burnley. La passione per lo sport l’ha portato anche ad avvicinarsi al cricket, non senza però una certa dose di sfortuna: risale al 2000 infatti la rottura del tendine d’achille.
Il rapporto stretto con Mandela e gli scontri con Zuma
Nelson Mandela è stato un modello per generazioni di sudafricani e anche il cardinale Napierera legato all’ex presidente sudafricano da sincero affetto e gratitudine. “Quando ho appreso della morte di Mandela, la mia prima reazione è stata di gratitudine. La gratitudine per tutto quello che Nelson Mandela ha fatto per il Sudafrica, e anche per il mondo” ha affermato Napier in un’intervista ad un quotidiano francese. “Quest’uomo era un modello. Incarnava l’umiltà e aveva grande rispetto di tutti coloro che lo circondavano”. Più controverso, invece, il rapporto con il successore Zuma accusato da Napier stesso di “non avere espresso pentimento e rimorso per i suoi continui adulteri” e di essere un cattivo modello, avendo confessato di praticare “sesso non protetto”.
Nelson Mandela è stato un modello per generazioni di sudafricani e anche il cardinale Napierera legato all’ex presidente sudafricano da sincero affetto e gratitudine. “Quando ho appreso della morte di Mandela, la mia prima reazione è stata di gratitudine. La gratitudine per tutto quello che Nelson Mandela ha fatto per il Sudafrica, e anche per il mondo” ha affermato Napier in un’intervista ad un quotidiano francese. “Quest’uomo era un modello. Incarnava l’umiltà e aveva grande rispetto di tutti coloro che lo circondavano”. Più controverso, invece, il rapporto con il successore Zuma accusato da Napier stesso di “non avere espresso pentimento e rimorso per i suoi continui adulteri” e di essere un cattivo modello, avendo confessato di praticare “sesso non protetto”.
Cosa pensa su pedofilia e gay
Non sono passate inosservate le sue dichiarazioni sulla pedofilia. Secondo il porporato sudafricano, infatti, la “pedofilia, per esperienza, è davvero una malattia, non è un problema criminale, ma solo una malattia”. Secondo Napier, quindi, i “pedofili non devono essere condannati come criminali e chiusi in carcere, ma devono essere semplicemente curati”. Particolarmente forti anche le sue dichiarazioni in tema di omosessualità, tanto da essere accusato di omofobia. Per il porporato sudafricano, infatti, l’omosessualità sarebbe “la nuova schiavitù odierna”, che va contro la “ragione e la rivelazione”. Parole forti, che gli sono costate parecchie critiche. Ma lui si è difeso dicendo: “Non posso essere omofobo perché non conosco nessun omosessuale”.
Non sono passate inosservate le sue dichiarazioni sulla pedofilia. Secondo il porporato sudafricano, infatti, la “pedofilia, per esperienza, è davvero una malattia, non è un problema criminale, ma solo una malattia”. Secondo Napier, quindi, i “pedofili non devono essere condannati come criminali e chiusi in carcere, ma devono essere semplicemente curati”. Particolarmente forti anche le sue dichiarazioni in tema di omosessualità, tanto da essere accusato di omofobia. Per il porporato sudafricano, infatti, l’omosessualità sarebbe “la nuova schiavitù odierna”, che va contro la “ragione e la rivelazione”. Parole forti, che gli sono costate parecchie critiche. Ma lui si è difeso dicendo: “Non posso essere omofobo perché non conosco nessun omosessuale”.
http://www.formiche.net/2014/10/16/chi-wilfrid-napier-larcivescovo-twittarolo-tutte-le-furie-il-sinodo-sulla-famiglia/
Ora, intendiamoci bene, che Kasper stia conducendo una battaglia al
massacro è fuor di dubbio, che l’avallo, anzi la longa manus di
Bergoglio sia all’opera, idem. Ma che si tratti di un evento
“straordinario” dell’ambito dell’antico tentativo rivoluzionario e
neo-modernista di “distruggere” (ove possibile, ma il diavolo le tenta
tutte) il cattolicesimo e la Chiesa non corrisponde appieno alla verità e
alla realtà. Indubbiamente la posta in gioco è altissima, ma perché
sorprenderci che i conciliari, la contro-chiesa, stiano facendo… il loro
lavoro? Non esistono strategie da parte
del diavolo e dei suoi accoliti che lascino spazi di reazione ai seguaci
di Nostro Signore, e le tattiche che usa il nemico non debbono
influenzare il nostro giudizio, bensì vanno comprese e parametrate sulla
strategia complessiva dell’eterno nemico. Non è che satanasso ci offra
spazi di discussione se ha la giornata buona o invece, se gli tira
storta, alzi il tiro per sfogarsi un po’. Dobbiamo ben capire che non è
questo pontificato in sé e per sé, non è un “papa pazzo” che “aggrava”
le condizioni “della Chiesa” come se non ci fosse invece la
contro-chiesa operante almeno dal concilio in poi. Il quadro è sempre
IDENTICO: lotta del demonio senza quartiere a NSGC: la sostanza, Socci
se ne faccia una ragione, è la stessa di quando imperava Ratzinger. Si
guardino i tatticisti, i deboli, i “conservatori” in genere dal ritenere
che questo sinodo sia un diavolo a 4 teste contro il quale BISOGNA
mobilitarsi perché ora “si sta esagerando”, faremmo proprio il gioco di
Kasper e di Bergoglio che creano attorno a loro un coretto da oratorio
di cardinali “oppositori [davvero?] al nuovo corso” per illudere i
fedeli che qualcuno nelle curie possa (o voglia) essere in grado di fare
da contraltare a quelle presunte “esagerazioni”; quindi basterebbe
allinearsi con la “resistenza” a Bergoglio e già saremmo a buon punto.
Questa visione – nel migliore dei casi – ingenua è diffusa in realtà
onde un cavallo di Troia irenista e conservatore s’illuda di poter
penetrare nei gangli del potere e modificarne le derive troppo
progressiste. NO!!! O si comprende bene che la lotta contro il sinodo
(in sé doverosa, certamente) e per la famiglia è una delle tappe NORMALI
ancorché irrinunciabili e qualificanti dell’opera di restaurazione
cattolica e di ritorno alla Regalità di Cristo in cui consiste la buona
battaglia, o coltiveremo l’illusione suicida che un “eccesso” di
Bergoglio e di Kasper sia un’ “esagerazione” degli stessi conciliari che
si possa rintuzzare meritevolmente, magari poi tirando un sospiro di
sollievo se si porta a casa una più moderata soluzione “giuridica”,
magari già pronta nei cassetti delle segreterie di Bergoglio e Kasper.
Il serpente non si distrae mai, la nostra non è una battaglia che un
giorno si combatte negli uffici e un altro in trincea, ma una guerra
formidabile e sempre a tutto campo. Il demonio non è cattivo a ore, è
furbo e coerente, così come i suoi sgherri.
http://www.agerecontra.it/public/press40/?p=11444
Il sinodo? Non va bene? E che vi aspettavate?
del Prof. Antonio Diano
Si parla molto in questi giorni, a proposito ma anche a sproposito, del sinodo dei vescovi sulla [rectius contro la] famiglia.
Bergoglio e Kasper NON sono il contraltare di Ratzinger: vogliono
presentarsi come tali per illudere gli ingenui che sia possibile
“restaurare” checchessia tornando al ratzingerismo.
Nihil sub sole novi. Si dirà: ma come, di fronte a Kasper si
suggerisce l’immobilismo? A chi muovesse una tale insulsa e farisaica
obiezione, rispondiamo: NO, al contrario, la lotta deve essere SEMPRE
totale, e NON SOLO quando Kasper “esagera”: forse perché nella
“ordinarietà” del massacro quotidiano Kasper e i modernisti, la
contro-chiesa, il demonio, dormono? Forse perché l’aborto, il divorzio,
il gender aspettano Bergoglio e Kasper per “esagerare”? Insomma, per
combattere l’odiatissimo (e ci mancherebbe!) sinodo bisogna saper odiare
e combattere SEMPRE lo stesso nemico che non opera solo in questi
giorni sinodali ma sempre, costantemente. In caso contrario avremmo una
visione distorta e totalmente falsa del nemico, il quale ne
approfitterebbe per divenire ancora più pericoloso. Non “meravigliamoci”
del sinodo, non scandalizziamoci “soprattutto” per esso, consideriamo
invece l’ordinarietà dell’azione del demonio entro la quale anche
l’orrendo sinodo opera. Il fatto che satana stia tentando una manovra
“pericolosa” non significa in alcun modo che sinora abbia guidato a
velocità ridotta. O lo capiamo in modo completo e coerente, senza
sbavature, oppure il nemico incasserà, ancora una volta, una grossa
vittoria, non grazie al sinodo, ma grazie alla reazione sbagliata
(insufficiente, distratta, deviata) cui avrà saputo indirizzare i
“defensores Christi”. Ci aiutino NSGC e la Sua Santissima Madre a non
lasciarci ingannare dalle astuzie del demonio e dalle complicità dei
falsi “conservatori”.http://www.agerecontra.it/public/press40/?p=11444
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