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giovedì 30 ottobre 2014

La ex Chiesa di Gesù, ora dei gesuiti: se non firmi sei "anomalo"

Il Sinodo visto da Civiltà Cattolica


Messa per il Sinodo e la beatificazione di Paolo VI
(©LaPresse)
(©LAPRESSE) MESSA PER IL SINODO E LA BEATIFICAZIONE DI PAOLO VI

L'articolo del direttore Spadaro: il mancato raggiungimento dei due terzi dei voti sul punto relativo ai divorziati risposati è una decisione «in un certo senso anomala, perché è come se 74 padri su 183 avessero voluto negare persino la registrazione della discussione di fatto vissuta»

Il mancato raggiungimento della maggioranza qualificata dei due terzi dei voti sul paragrafo 52 della Relatio Synodi, il punto relativo ai divorziati risposati rappresenta una decisione «in un certo senso anomala, perché è come se 74 padri su 183 avessero voluto negare persino la registrazione della discussione di fatto vissuta». Lo scrive il direttore di Civiltà Cattolica, padre Antonio Spadaro, in un lungo articolo riassuntivo dei lavori del recente Sinodo sulla famiglia, al quale il gesuita ha partecipato.

«Proprio perché il dibattito fosse davvero tale, il Santo Padre - scrive Spadaro - ha nominato al Sinodo membri, alcuni dei quali, in maniera opposta e divergente, avevano espresso il loro parere sui temi trattati». Nel Sinodo sono emersi «modelli differenti di Chiesa, ma anche impostazioni culturali differenti, a tratti opposte, considerando il Paese o anche il Continente di provenienza dei padri». In aula, secondo Civiltà Cattolica «si è respirato davvero un clima "conciliare". La serenità e la franchezza, sia chiaro, non hanno generato una discussione ammorbidita, al contrario hanno permesso di vivere una dinamica reale che non è affatto "confusione", ma "libertà": due termini che non sono mai da confondere, pena non vivere con coraggio una piena maturità adulta».

Lo stesso Papa Francesco «ha confermato la correttezza del procedimento sinodale, dal quale non c’era da attendersi una convergenza totale, frutto di un bilanciamento quietista, moderato, ma falso». Padre Spadaro ha citato in proposito il clima del cosiddetto «Concilio di Gerusalemme», del quale gli Atti degli Apostoli non temono di registrare «una grande discussione».

«È questo confronto faccia a faccia - scrive Civiltà Cattolica - ciò che il Santo Padre ha chiesto ai padri sinodali di non temere, sapendo che a guidare la discussione di tutti è "il bene della Chiesa, delle famiglie e la suprema lex, la salus animarum". E questo sempre dunque “senza mettere mai in discussione le verità fondamentali del Sacramento del Matrimonio: l’indissolubilità, l’unità, la fedeltà e la procreatività, ossia l’apertura alla vita"».

A proposito del mancato raggiungimento dei due terzi dei voti per il paragrafo sui divorziati risposati, con la citazione delle due posizioni emerse, che certificava il fatto «che di questo si è parlato nel Sinodo», dopo aver definito la decisione «anomala», Spadaro ricorda che la discussione è stata riconosciuta e certificata dal Messaggio finale, approvato ad ampia maggioranza qualificata (158 voti su 174), che «offre persino un indizio di fondamento teologico: "Il vertice che raccoglie e riassume tutti i fili della comunione con Dio e col prossimo è l’Eucaristia domenicale, quando con tutta la Chiesa la famiglia si siede alla mensa col Signore... Per questo, nella prima tappa del nostro cammino sinodale, abbiamo riflettuto sull’accompagnamento pastorale e sull’accesso ai sacramenti dei divorziati risposati"».

Con la decisione di pubblicare tutto, anche il numero dei voti ottenuto dai singoli paragrafi, «Francesco ha reso trasparente tutto il processo, lasciando ai fedeli la lettura e il giudizio dei fatti, anche quelli più difficili da interpretare». E «grazie alla decisione del Pontefice, tutti i punti disputati restano quaestiones disputandae, ma illuminate da tutto il confronto sinodale. Il processo dunque resta aperto e richiede il coinvolgimento del popolo di Dio per un anno intero».

«Ciò che riteniamo necessario, alla fine del Sinodo Straordinario - scrive ancora il direttore di Civiltà Cattolica - è che la Chiesa, a tutti i suoi livelli, si interroghi non solamente su questa o quella questione particolare, ma grazie a esse anche sul modello ecclesiologico che incarna. Esso ci fa comprendere il compito della Chiesa stessa nel mondo e il suo rapporto con la storia».

Infine, padre Spadaro, offre come chiave di lettura e come approccio l'immagine della Chiesa come «ospedale da campo dopo una battaglia», proposta da Francesco: «Tanta gente ferita che chiede da noi vicinanza, che chiede da noi quello che chiedevano a Gesù: vicinanza, prossimità». Un'immagine che è «l’opposto della fortezza assediata. Essa non è una semplice e bella metafora poetica: da essa può derivare una comprensione della missione della Chiesa e anche del significato dei sacramenti di salvezza».

Il campo di battaglia oggi, spiega padre Spadaro, è rappresentato da alcune sfide che riguardano la famiglia: «il calo delle nascite e l’invecchiamento della popolazione hanno rovesciato i rapporti fra giovani e anziani; la contraccezione consente la scissione tra sessualità e generatività; la procreazione assistita rompe l’identità tra generare ed essere genitore; le famiglie ricostituite portano all’esistenza legami e ruoli parentali con complesse geografie relazionali; coppie di fatto pongono la questione della istituzionalizzazione sociale dei loro rapporti; persone omosessuali si chiedono perché non possano vivere una vita di relazione affettiva stabile da credenti praticanti. Ma, in realtà, il vero problema - si legge ancora nell'articolo di Civiltà Cattolica - la vera ferita mortale dell’umanità oggi è che le persone fanno sempre più fatica a uscire da se stesse e a stringere patti di fedeltà con un’altra persona, persino se amata. È questa umanità individualista che la Chiesa vede davanti a sé. E la prima preoccupazione della Chiesa deve essere quella di non chiudere le porte, ma di aprirle, di offrire la luce che la abita, di uscire per andare incontro a un uomo che, sebbene creda di non aver bisogno di un messaggio di salvezza, si scopre spesso impaurito e ferito dalla vita».

Se la Chiesa è davvero madre, tratta i suoi figli secondo le sue «viscere di misericordia», è la domanda che alcuni padri si sono posti, può esistere «una economia sacramentale che prevede situazioni irrecuperabili, che escludano permanentemente la possibilità di accedere al sacramento della riconciliazione?».

ANDREA TORNIELLI
CITTÀ DEL VATICANO

Fellay: “La situazione della Chiesa è una catastrofe”

 
 
Mons. Fellay (al centro)
(©LaPresse)
(©LAPRESSE) MONS. FELLAY (AL CENTRO)

Intervista del Superiore della Fraternità San Pio X a La Porte Latine, sul Sinodo, i cristiani d’Oriente e la beatificazione di Paolo VI

MARCO TOSATTIROMA

Nei giorni scorsi il distretto di Francia della Fraternità sacerdotale San Pio X ha organizzato il consueto pellegrinaggio a Lourdes, con la partecipazione di più di 7mila pellegrini provenienti da tutta la Francia. In seguito a questo evento monsignor Bernard Fellay, Superiore generale della Fraternità, ha accordato un’intervista al sito “La Porte Latine”, in cui ha parlato fra l’altro del martirio dei cristiani d’Oriente, del Sinodo sulla famiglia e sulla beatificazione di Paolo VI. Ha concluso le sue riflessioni citando la frase della sua omelia che evocava le parole di Gesù Cristo, “non abbiate paura”.

Sul Sinodo della famiglia Fellay ha detto che “non c’è niente da attendersi, la linea è già stabilita. È chiara. Bisogna dire semplicemente: è chiara. È evidente che si vuole arrivare a banalizzare la situazione di persone che vivono nell’adulterio, veramente in una situazione di peccato. Si vuole banalizzare questo, ed è molto, molto grave. Quando si tocca la morale, si toccano i comandamenti di Dio… Bisogna certamente riflettere su come aiutare queste persone, bisogna sempre riflettere su questo. Ma non le si aiuta certamente dicendo loro che c’è una porta aperta là dove non ce n’è. La porta che si sta per aprire è una porta per l’inferno. Questi prelati che hanno ricevuto il potere delle chiavi, cioè di aprire le porte del cielo, stanno chiudendole e aprendo le porte dell’infermo. È inimmaginabile! C’è da urlare! C’è da urlare. E come vi dicevo, la linea è stabilita… Non è difficile immaginare ciò che si farà al prossimo Sinodo”.

Fellay è stato molto critico anche sulla recente beatificazione di Paolo VI. “Non è serio, semplicemente. Se ne conclude che tutti possono diventare santi, soprattutto se si è a favore del Vaticano II. Tutto quello che riguarda il Vaticano II è ora santo, beatificato, canonizzato. Ancora una volta c’è una banalizzazione della santità. Non è più serio. Questo ci fa del male, ci tocca profondamente. Si ridicolizza la religione. Un santo deve brillare per le sue virtù. Virtù eroiche, deve essere un esempio da seguire. Non è serio ciò che si è fatto, è triste dirlo”.

Infine ha esortato i fedeli ad affidarsi a Dio, “in una crisi così terribile come quella che stiamo vivendo” sembra la sola cosa da fare. “La situazione della Chiesa è una catastrofe senza nome, dunque c’è veramente da avere paura. Ma non abbiamo il diritto di lasciarci paralizzare”. Fellay nell’intervista non ha accennato allo stato dei colloqui con la Commissione Ecclesia Dei per giungere a una forma di comunione più completa con Roma.

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