SE NON ORA, QUANDO?
Viene infatti contemplata la possibilità, in analogia con quanto il Concilio ha fatto con le altre confessioni cristiane e addirittura con le religioni, di riconoscere «elementi positivi» anche nelle «forme imperfette» quali sono considerate il matrimonio civile o le convivenze. E tutto nella totale assenza di elementi oggettivi di valutazioni morali, mentre il non opporsi al male, ma adeguarsi ad esso rientra - secondo il nuovo linguaggio di legno - nelle nuove “scelte pastorali coraggiose” e nella loro conseguente virulenza rivoluzionaria, suscettibile di aprire ulteriori piste fino ad oggi impensabili.
Ed ora ciò ch'è in gioco è anche di più : l’omosessualità è considerata
non come un peccato - tanto meno quello che grida vendetta al cospetto
di Dio - o come una tendenza disordinata perché contraria alla legge
naturale, se si riconosce nei rapporti che instaura una possibile
tensione verso il bene, tale da esser passibile di accoglienza pastorale
e di protezione giuridica. Ma, se si vogliono cogliere aspetti positivi
in un'unione contro natura e se un peccato grave cessa di essere tale,
come ricorda Roberto de Mattei:
è il concetto stesso di peccato che viene meno e riaffiora quella concezione luterana della misericordia che è stata anatemizzata dal Concilio di Trento. Nei canoni sulla giustificazione promulgati il 13 gennaio 1547 si legge: «Se qualcuno afferma che la fede che giustifica non è altro che la fiducia nella divina misericordia» (can. 12); «che Dio ha dato agli uomini Gesù Cristo come redentore in cui confidare e non anche come legislatore cui obbedire» (can. 21); «che non vi è alcun peccato mortale, se non quello della mancanza di fede» (can. 27), «sia anatema». [qui]
La confusione aumenta per quanto è rimbalzato sui media: il Sinodo
mediatico fin da ora non è senza effetti presso molti sacerdoti
modernisti che già ne applicano le aperture "pastorali" extra dottrina,
mentre non mancano i fedeli sviati che le pretendono anche da sacerdoti
ancora saldi nei principi perenni. Il disorientamento e l'incertezza sui
futuri sviluppi, restando realisti sulle avvisaglie di quanto accaduto
fin qui, regnano sovrani. La spaccatura, riconosciuta da
molti, purtroppo è innegabile.
Ed è da non sottovalutare che, se è vero che il testo della relazione finale, parecchio emendato rispetto a quella post disceptationem,
insieme a 470 “modi” (cioè le proposte di emendamento presentate),
riporta anche i punti che non hanno ottenuto il via libera sinodale, si
tratta di una vittoria di Pirro. Infatti su decisione di Bergoglio, la Relatio
finale, nella versione attuale, sarà la base di partenza inviata alle
conferenze nazionali in vista del 2015. Dunque tutto resta ancora sul
tappeto. Anche ciò che non avrebbe dovuto neppure essere oggetto di
discussione.
È tempo che i pastori non allineati finalmente parlino. Tutti. Il Papa
si è già segnato a dito i dissidenti e abbiamo già visto con quali
risultati (il cardinal Burke, ad esempio, insieme alle recenti
improvvise nomine ad hoc per influenzare i lavori). Finché non partono
le ulteriori epurazioni, qualunque pastore anche non direttamente
coinvolto nell'Assise sinodale è bene che parli e sia presente quanto
più possibile anche sui mezzi di comunicazione, per riparare i danni fin
qui fatti dai messaggi mediatici di aperture 'pastorali' indiscriminate
ormai diffusi urbi et orbi, e affinché il maggior numero possibile di persone, ab intra e ad extra, sia meglio consapevole su questo pontificato e sulle derive verso cui sta portando la Chiesa.
Come non considerare tutto questo se non l'opera di demolizione delle
ultime vestigia della dottrina cattolica in campo morale e sacramentale
che si sta proponendo come conseguenza e logica estensione delle
famigerate 'novità' del Vaticano II?
Sono infatti i frutti del conciliarismo quelli riconoscibili nelle
attuali voragini che il bergoglismo sta aprendo grazie alle fessure
determinate dalle ambiguità di fatto applicate come eccezioni assurte a
regole. E così la prassi ha oltrepassato la dottrina, de facto (il de iure è scomparso1)
imponendone una nuova e il papa attuale può permettersi di disprezzare
la Tradizione e anche la "Roma perenne" e perfino la sua Liturgia [qui].
E questo configura una distanza abissale con tutti i precedenti
pontificati post-conciliari, che pure alcune derive hanno veicolato
(riforma liturgica selvaggia; Assisi e Alleanze parallele con i fratelli
maggiori; la riabilitazione di Lutero...). Ma oggi siamo al redde rationem:
pentecostalismo gioachimita, disprezzo della ragione e della sana
teologia, sociologismo, TdL, liberalizzazione della sodomia, accoglienza
del peccato e dell'errore codificata in luogo dell'accoglienza del
peccatore (pentito o indotto al pentimento) e dell'errante (corretto e
istruito).
Il Sinodo è stata l'occasione per la caduta di molte maschere e per
poter riconoscere residui aneliti di fedeltà.
Piuttosto, se questi non si concretizzano in azioni efficaci prima delle
purghe già in atto e della predisposizione delle prevedibili ulteriori
mosse manipolatorie, forse il danno potrà essere irreversibile o per lo
meno sanabile a ben più caro prezzo.
Del resto non si può sostenere, come tentano alcuni, che il papa sia super partes. Lo stesso Sandro Magister, uno degli osservatori più attenti ed obbiettivi, proprio oggi afferma [qui].
Del resto non si può sostenere, come tentano alcuni, che il papa sia super partes. Lo stesso Sandro Magister, uno degli osservatori più attenti ed obbiettivi, proprio oggi afferma [qui].
Non è vero che Francesco sia stato zitto, nelle due settimane del sinodo. Nelle omelie mattutine a Santa Marta martellava ogni giorno gli zelanti della tradizione, quelli che caricano sugli uomini fardelli insopportabili, quelli che hanno solo certezze e nessun dubbio, gli stessi contro cui si è scagliato nel discorso di congedo con i padri sinodali. [...] papa Francesco e i suoi luogotenenti, da Forte a Spadaro all'arcivescovo argentino Víctor Manuel Fernández, hanno centrato l'obiettivo di far entrare questo tema esplosivo nell'agenda della Chiesa cattolica, ai suoi più alti livelli. Il seguito si vedrà.
Perché la rivoluzione di Bergoglio procede così, "a lunga scadenza, senza l'ossessione dei risultati immediati". Perché "l'importante è iniziare i processi più che possedere spazi". Parole della "Evangelii gaudium", programma del suo pontificato.
Non posso dunque non rilanciare qui quanto già sostenuto e ribadire
l'invito alla parresìa da parte dei pastori, che non mancheranno di
essere sostenuti dalla parte sana del gregge, per quanto pussillus
possa essere. La dottrina è immutabile e la prassi no, ma anche la
prassi pastorale non deve contraddire la dottrina, altrimenti ne mette
inesorabilmente in campo un'altra sotto mentite spoglie.
Ora la 'tesi Kasper' - cui si sono aggiunte e vanno aggiungendosi altre
voci rivoluzionarie - che il papa stesso ha lanciato nell'arena per dar
inizio alla battaglia dei gladiatori porporati, contraddice in pieno la
dottrina. L'unico atteggiamento coerente per un cardinale o un vescovo è
quello di condannare apertamente e fin d'ora, senza ulteriori indugi,
sia la tesi Kasper sia - e soprattutto - il tentativo inaudito di
Francesco di sottoporre a discussione ciò che non può esserlo, pena la
perdita immediata della Fede cattolica. È adesso, hic et nunc, che i difensori della Fede devono intervenire, pubblicamente, e magari con un vero e proprio libellus accusationis.
SE NON ORA, QUANDO?
Maria Guarini
___________________________
1. Persino il soffocamento della Tradizione avviene attraverso
provvedimenti d'autorità e non secondo diritto (vedi casi FI e Ciudad
del Este), senza motivazioni esplicite o con espedienti pretestuosi.
Ho approfondito [qui], nell'esaminare il Concilio virtuale quello reale e l'ermeneutica taroccata (ovviamente lo stesso dicasi per il Sinodo, reale e virtuale, et alia), di come il confronto sia vanificato perché gli interlocutori (chi ama la tradizione e i novatori) usano griglie di lettura della realtà diverse: il concilio, cambiando il linguaggio [qui], ha cambiato anche i parametri di approccio alla realtà. E capita di parlare della stessa cosa alla quale, tuttavia, si danno significati diversi. Tra l'altro la caratteristica principale dei gerarchi attuali è l'uso di affermazioni apodittiche, senza mai prendersi la briga di dimostrarle o con affermazioni monche e sofiste. Ma di dimostrazioni non hanno neppure bisogno, perché il nuovo approccio e il nuovo linguaggio hanno sovvertito tutto ab origine. E il non dimostrato dell'anomala pastoralità priva di principi teologici definiti è proprio ciò che ci toglie la materia prima del contendere. È l'avanzata del fluido cangiante dissolutore informe, in luogo del costrutto chiaro, inequivo cabile, definitorio, veritativo, Occorre l'incandescente, perenne, feconda (altro che museale!) saldezza del dogma per non affondare nei liquami e nelle sabbie mobili del neo-magistero storicista transeunte.
Ho approfondito [qui], nell'esaminare il Concilio virtuale quello reale e l'ermeneutica taroccata (ovviamente lo stesso dicasi per il Sinodo, reale e virtuale, et alia), di come il confronto sia vanificato perché gli interlocutori (chi ama la tradizione e i novatori) usano griglie di lettura della realtà diverse: il concilio, cambiando il linguaggio [qui], ha cambiato anche i parametri di approccio alla realtà. E capita di parlare della stessa cosa alla quale, tuttavia, si danno significati diversi. Tra l'altro la caratteristica principale dei gerarchi attuali è l'uso di affermazioni apodittiche, senza mai prendersi la briga di dimostrarle o con affermazioni monche e sofiste. Ma di dimostrazioni non hanno neppure bisogno, perché il nuovo approccio e il nuovo linguaggio hanno sovvertito tutto ab origine. E il non dimostrato dell'anomala pastoralità priva di principi teologici definiti è proprio ciò che ci toglie la materia prima del contendere. È l'avanzata del fluido cangiante dissolutore informe, in luogo del costrutto chiaro, inequivo cabile, definitorio, veritativo, Occorre l'incandescente, perenne, feconda (altro che museale!) saldezza del dogma per non affondare nei liquami e nelle sabbie mobili del neo-magistero storicista transeunte.
Pubblicato da
mic
http://chiesaepostconcilio.blogspot.it/2014/10/se-non-ora-quando.html
Il periodo “nero” del cardinal Kasper
Pubblicato 24 ottobre 2014 | Da Libertà e Persona
di Luisella Scrosati
Incominciamo dalla travagliata intervista
rilasciata dal cardinal Kasper al giornalista inglese Edward Pentin.
Sembra che lo scritto di questa intervista, pubblicata dall’agenzia
Zenit, sia girato tra i Padri sinodali; il che avrebbe mandato su tutte
le furie il cardinale tedesco, che ha seccamente smentito di aver mai
parlato di africani, provocando la cancellazione dell’intervista dal
sito di Zenit. Senonché Pentin, che a quanto pare non aveva gran voglia
di fare la figura del bugiardo, ha pubblicato tutto sul proprio website.
Cosa diceva effettivamente Kasper in
questa intervista? Riferiva di qualche problemino culturale degli
africani ad aprirsi sulla questione omosessuale e che perciò era meglio
non ascoltarli su questo punto… Ecco qui la traduzione dei passaggi più
rilevanti:
D- E’ stato detto che il
Papa ha aggiunto cinque redattori speciali per aiutare il relatore
generale, Cardinale Peter Erdo. Ciò significa che il Papa sta cercando
di far passare delle cose in sintonia con ciò che desidera?
R- Penso che la maggioranza di
queste cinque persone sono persone aperte che vogliono andare avanti con
questo. Il problema è che esistono diversi problemi di differenti
continenti e culture. L’Africa è completamente diversa dall’Occidente.
Anche i paesi asiatici e musulmani sono molto diversi, specialmente per
quanto riguarda i gay. Non si può parlare di questo con gli africani o
con persone degli stati islamici. Non è possibile. E’ un taboo. Noi
sappiamo che non dobbiamo, che non vogliamo discriminare su certi punti
di vista.
D – Ma i partecipanti africani sono stati ascoltati su questo?
R- No, la maggioranza di loro [chi ha queste vedute non ne parlerà]
D – Non sono stati ascoltati?
R- In Africa sicuramente [il loro punto di vista è stato ascoltato], dove è un taboo.
D – Cos’è cambiato per lei, riguardo alla metodologia di questo sinodo? [domanda di un giornalista francese]
R – Penso che alla fine ci
dev’essere una linea generale nella Chiesa, dei criteri generali, ma
allora non possiamo risolvere i problemi dell’Africa. Ci dev’essere
spazio anche per le conferenze episcopali per risolvere i propri
problemi, ma direi che con l’Africa è impossibile [per noi risolverli].
Ma loro non dovrebbero dirci troppo quello che dobbiamo fare.
In effetti, come dare torto a Kasper?
I Vescovi africani non sono per niente sulla linea di molti
“occidentali”, e, quel che è peggio, parlano. Anche se non vengono
ascoltati. Mons. Nicolas Djomo Lola, vescovo di Tshumbe e presidente
della conferenza episcopale del Congo, in un’intervista del 16 ottobre
2014 al Corriere della Sera, ha detto senza mezzi termini, riferendosi
alla Relatio post disceptationem: «Guardi, per me quel testo non era da
diffondere, semplicemente. Rischia di turbare la gente, i fedeli. Non
sono decisioni definite e adottate dal Sinodo, è solo un testo di lavoro
che già appartiene al passato…». Ed in effetti la gente è rimasta
turbata. E non solo in Africa.
Poi ci si è messo il battagliero cardinale sudafricano Fox Napier,
che subito dopo la Relatio letta dal Cardinal Erdö aveva affermato:
«Non possiamo assumerci la responsabilità per una relazione che non
abbiamo scritto e stiamo ancora discutendo: ci sono cose che appaiono
controverse al momento, ecco perché serve la discussione nei circoli
linguistici».
Dulcis in fundo è arrivato come un uragano il Cardinal Sarah,
Presidente del pontificio Consiglio Cor Unum, che alla Catholic News
Agency ha osato persino fare chiarezza sul problema omosessualità: «La
Chiesa non ha mai giudicato le persone omosessuali, ma il comportamento
omosessuale e le unioni omosessuali sono gravi deviazioni della
sessualità». Contenuti chiari e un po’ diversi rispetto ad una non ben
definita apertura alle persone omosessuali, che ha tutta l’aria di una
solenne ritirata, affrescata di misericordia a basso costo, di fronte
alla grande aggressione dell’ideologia gender, che – bisogna dirlo –
divora anzitutto le persone che hanno questa tendenza, lasciandole
dentro i loro problemi. In effetti il Cardinale ha concluso: “Preghiamo
per quei pastori che abbandonano il gregge del Signore ai lupi della
società secolarizzata e decadente, lontana da Dio e dalla natura”.
Preghiamo.
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