Il vescovo Tobin e il (grosso) problema americano del Papa
Una volta si diceva che un vescovo avrebbe dovuto tenere
per sé commenti non proprio gradevoli verso il successore di Pietro,
anche perché il rischio era di creare scandalo tra i fedeli,
disorientandoli ancora di più. Insomma, non è che Tobin contribuisca,
con questo scritto, a sgomberare il campo dal “casino”.
Il punto è che tra il Papa e uno degli episcopati più
potenti e influenti del mondo, il feeling è scarso. E’ passato un anno e
mezzo da quando Francesco è stato eletto, ma le difficoltà (anche di
comunicazione) permangono. Fa fatica, l’agenda di Bergoglio, a essere
recepita in una terra dove il conservatorismo nei quadri dell’episcopato
è andato rafforzandosi nel corso delle ultime due decadi. Non è un caso
che le più forti critiche agli atti e alle parole del Pontefice siano
arrivate da lì, comprese le ingenerose bordate di commentatori
radiofonici dal grande seguito popolare. Chaput, Tobin (due volte),
Cordileone, perfino Dolan e O'Malley (quando disse, lo scorso febbraio
sul Boston Globe, che sulla morale sessuale l'insegnamento cattolico non avrebbe potuto essere cambiato).
Non è un problema da poco. Se è vero che lo sguardo di
Francesco si posa più sulle periferie esistenziali, sulle mille e più
ville miseria della Terra, se la sua attenzione è sul sud del mondo,
povero materialmente e spiritualmente, il capitolo americano è destinato
a pesare sul pontificato. Bergoglio non conosce gli Stati Uniti, non
c’è mai andato. Massimo Faggioli, docente alla St. Thomas University e
storico di scuola bolognese, faceva notare che sul modo di relazionarsi
all’America pesa anche una sorta di pregiudizio del latinoamericano verso la potenza yankee.
E’ un dossier, quello della chiesa statunitense, che
Francesco ha preso in mano – attirandosi critiche immediate – affidando
la nevralgica diocesi di Chicago a mons. Blase Cupich, vescovo di
Spokane e distante dalla linea impersonata dal cardinale Francis Eugene
George, conservatore e già presidente per un triennio della locale
conferenza episcopale. Sopresa aveva destato la nomina, anche perché
Francesco aveva fatto quasi di testa sua, dando ben poco credito alle
gerarchie locali (che infatti hanno subito segnalato, attraverso canali
ufficiali e non) che quel nome era stato tirato fuori dal cilindro a
Roma, dal Papa, senza suggerimenti raccolti in loco. E’ il segnale che
il Pontefice sa perfettamente dell’esistenza del problema, e che sta
cercando di orientare sulle priorità da lui indicate un episcopato per
anni impegnato nella strenua difesa dei princìpi non negoziabili e nelle
battaglie con le autorità federali su tali princìpi.
Duri rilievi del vescovo Aillet sul Sinodo
Riprendo da MiL questa notizia che segnala un'altra voce di un vescovo non tradizionalista ma fedele al Depositum fidei
cui il Sinodo sulla famiglia clamorosamente attenta. Si tratta di Mons.
Marc Aillet, vescovo di Bayonne. Affermazioni, le sue, che gli fanno
onore e che corrispondono al sensus fidelium di molti credenti ancora non sviati dalle derive conciliariste.
Fonte: Riposte catholique [qui]:
Fonte: Riposte catholique [qui]:
- Cosa ce ne pensa del Sinodo?
Vorrei iniziare con un aspetto negativo. Una relazione del Sinodo, piuttosto che restare uno strumento interno per guidare la riflessione dei gruppi di lavoro, è stata inopportunamente rilasciata a metà del percorso. Le sue formule, pur se potevano essere generose, erano pericolose e piene di ambiguità. Hanno logicamente prestato il fianco ad un incendio dei media che hanno creduto che la Chiesa ammettesse le coppie dello stesso sesso e l'accesso ai sacramenti ai divorziati risposati. Ognuno si è creduto obbligato a lanciare la sua strofetta sul tema. Ora sarà difficile recuperare questo pasticcio nell'opinione pubblica.
- Lei è severo con i media ...
Io sono severo con il grano da macinare regalato ai media. Si è dato a persone che mal comprendono la Chiesa, che si basano sul solo criterio dell'evoluzione dei costumi, un testo incompiuto che esse hanno preso per moneta sonante. Le lobbies hanno fatto pressione, pesato sulle nostre riflessioni e messo l'accento su due aspetti propri della cultura più che altro occidentale, edonistica e individualistica: i divorziati risposati e l'unione di persone dello stesso sesso.
Vorrei iniziare con un aspetto negativo. Una relazione del Sinodo, piuttosto che restare uno strumento interno per guidare la riflessione dei gruppi di lavoro, è stata inopportunamente rilasciata a metà del percorso. Le sue formule, pur se potevano essere generose, erano pericolose e piene di ambiguità. Hanno logicamente prestato il fianco ad un incendio dei media che hanno creduto che la Chiesa ammettesse le coppie dello stesso sesso e l'accesso ai sacramenti ai divorziati risposati. Ognuno si è creduto obbligato a lanciare la sua strofetta sul tema. Ora sarà difficile recuperare questo pasticcio nell'opinione pubblica.
- Lei è severo con i media ...
Io sono severo con il grano da macinare regalato ai media. Si è dato a persone che mal comprendono la Chiesa, che si basano sul solo criterio dell'evoluzione dei costumi, un testo incompiuto che esse hanno preso per moneta sonante. Le lobbies hanno fatto pressione, pesato sulle nostre riflessioni e messo l'accento su due aspetti propri della cultura più che altro occidentale, edonistica e individualistica: i divorziati risposati e l'unione di persone dello stesso sesso.
La nostra comunicazione, la dobbiamo curare. Era meglio non pubblicare
nulla e attendere la fine del sinodo; così è da principianti. Detto
questo, il Papa ha dato atto delle vivaci discussioni che hanno
attraversato l'Assemblea sinodale, affermando che esse sono sane, il che
dimostra che la parola è stata libera e costruttiva.
Sono rimasto deluso di non trovare il grande tesoro dell'insegnamento di
Giovanni Paolo II sulla famiglia. Anche se è menzionato nella relazione
finale, non si ha l'impressione che la teologia del corpo, risultato di
una capacità intellettuale e di una esperienza pastorale straordinarie,
sia messa a disposizione delle famiglie.
Questo è un peccato perché questa teologia, oggi riscoperta da giovani
coppie che non provengono necessariamente dal 'serraglio', offre un
potente aiuto per le relazioni interpersonali, per il linguaggio del
corpo, per la relazione intima, fonte di felicità tra relazione sessuale
e apertura alla vita, l'amore coniugale e la procreazione.
- Cosa pensa del discorso finale del papa che ha biasimato "tradizionalisti" come "progressista"?
Questa opposizione dialettica in cui il mondo ci chiude funziona come
una trappola. Sembra che non si possa uscire da questa contrapposizione
tra dottrina e pastorale. Tra ciò che è vero e ciò che è misericordia.
E' quasi come se non si potesse uscire da questa contrapposizione tra
legge e libertà se non con un compromesso che conduca a "un accordo di
essere in disaccordo" - per riprendere la formula del Papa rivolto ai
vescovi dell'Asia.
Certo, il percorso di cresta è difficile da trovare, ma manca una terza
via. Che tuttavia è stata brillantemente spiegata da Giovanni Paolo II
in Veritatis Splendor, e ha servito da luce per Familiaris Consortio e
Evangelium Vitae e anche al Catechismo della Chiesa cattolica nella sua
parte morale. Infatti, egli dice che la verità sul matrimonio,
sull'amore coniugale e sulla famiglia, non è in origine una norma
esterna che viene imposta alla libertà dell'uomo come un fardello
pesante da sopportare, e inserita in una cultura del peccato. Invece,
essa è iscritta nel cuore dell'uomo, come un innato senso della
bellezza, bontà e verità.
La verità morale che brilla nel Verbo incarnato non è solo un'idea, un
ideale da raggiungere: essa è già presente nell'intenzione. L'uomo ha
bisogno di principi per illuminare il suo cammino e questa strada porta
molto meglio di quanto si pensi alle realtà concrete sul terreno. Si
tratta di una misericordia che non mortifica la capacità di ogni uomo a
raggiungere la perfezione, anche se vive situazioni difficili, e che
presenta la legge come un percorso di crescita. [...]
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