ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 24 ottobre 2014

No problem?



Il vescovo Tobin e il (grosso) problema americano del Papa

“Al Papa piace fare casino, e c’è riuscito”, scrive mons. Thomas J. Tobin, vescovo di Providence (Rhode Island, Stati Uniti). Il presule affida al bollettino pubblicato sul portale web della diocesi tutto il proprio disappunto per le ultime mosse di Francesco, compreso quel Sinodo straordinario sulla famiglia che puzza di protestantesimo, visto che “vota su dottrina e pastorale”. In mezzo, riferimenti al Vaticano II  – chissà cosa sarebbe accaduto se ci fossero stati i social media, dice Tobin – e un avvertimento che sa anche di consolazione: “Relax, God’s still in charge”, Dio è ancora in carica, rilassatevi.



Una volta si diceva che un vescovo avrebbe dovuto tenere per sé commenti non proprio gradevoli verso il successore di Pietro, anche perché il rischio era di creare scandalo tra i fedeli, disorientandoli ancora di più. Insomma, non è che Tobin contribuisca, con questo scritto, a sgomberare il campo dal “casino”. 

Il punto è che tra il Papa e uno degli episcopati più potenti e influenti del mondo, il feeling è scarso. E’ passato un anno e mezzo da quando Francesco è stato eletto, ma le difficoltà (anche di comunicazione) permangono. Fa fatica, l’agenda di Bergoglio, a essere recepita in una terra dove il conservatorismo nei quadri dell’episcopato è andato rafforzandosi nel corso delle ultime due decadi. Non è un caso che le più forti critiche agli atti e alle parole del Pontefice siano arrivate da lì, comprese le ingenerose bordate di commentatori radiofonici dal grande seguito popolare. Chaput, Tobin (due volte), Cordileone, perfino Dolan e O'Malley (quando disse, lo scorso febbraio sul Boston Globe, che sulla morale sessuale l'insegnamento cattolico non avrebbe potuto essere cambiato).

Non è un problema da poco. Se è vero che lo sguardo di Francesco si posa più sulle periferie esistenziali, sulle mille e più ville miseria della Terra, se la sua attenzione è sul sud del mondo, povero materialmente e spiritualmente, il capitolo americano è destinato a pesare sul pontificato. Bergoglio non conosce gli Stati Uniti, non c’è mai andato. Massimo Faggioli, docente alla St. Thomas University e storico di scuola bolognese, faceva notare che sul modo di relazionarsi all’America pesa anche una sorta di pregiudizio del latinoamericano verso la potenza yankee

E’ un dossier, quello della chiesa statunitense, che Francesco ha preso in mano – attirandosi critiche immediate – affidando la nevralgica diocesi di Chicago a mons. Blase Cupich, vescovo di Spokane e distante dalla linea impersonata dal cardinale Francis Eugene George, conservatore e già presidente per un triennio della locale conferenza episcopale. Sopresa aveva destato la nomina, anche perché Francesco aveva fatto quasi di testa sua, dando ben poco credito alle gerarchie locali (che infatti hanno subito segnalato, attraverso canali ufficiali e non) che quel nome era stato tirato fuori dal cilindro a Roma, dal Papa, senza suggerimenti raccolti in loco. E’ il segnale che il Pontefice sa perfettamente dell’esistenza del problema, e che sta cercando di orientare sulle priorità da lui indicate un episcopato per anni impegnato nella strenua difesa dei princìpi non negoziabili e nelle battaglie con le autorità federali su tali princìpi. 



 Duri rilievi del vescovo Aillet sul Sinodo

Riprendo da MiL questa notizia che segnala un'altra voce di un vescovo non tradizionalista ma fedele al Depositum fidei cui il Sinodo sulla famiglia clamorosamente attenta. Si tratta di Mons. Marc Aillet, vescovo di Bayonne. Affermazioni, le sue, che gli fanno onore e che corrispondono al sensus fidelium di molti credenti ancora non sviati dalle derive conciliariste.
Fonte: Riposte catholique [qui]:

 - Cosa ce ne pensa del Sinodo?
 Vorrei iniziare con un aspetto negativo. Una relazione del Sinodo, piuttosto che restare uno strumento interno per guidare la riflessione dei gruppi di lavoro, è stata inopportunamente rilasciata a metà del percorso. Le sue formule, pur se potevano essere generose, erano pericolose e piene di ambiguità. Hanno logicamente prestato il fianco ad un incendio dei media che hanno creduto che la Chiesa ammettesse le coppie dello stesso sesso e l'accesso ai sacramenti ai divorziati risposati. Ognuno si è creduto obbligato a lanciare la sua strofetta sul tema. Ora sarà difficile recuperare questo pasticcio nell'opinione pubblica.

- Lei è severo con i media ...
Io sono severo con il grano da macinare regalato ai media. Si è dato a persone che mal comprendono la Chiesa, che si basano sul solo criterio dell'evoluzione dei costumi, un testo incompiuto che esse hanno preso per moneta sonante. Le lobbies hanno fatto pressione, pesato sulle nostre riflessioni e messo l'accento su due aspetti propri della cultura più che altro occidentale, edonistica e individualistica: i divorziati risposati e l'unione di persone dello stesso sesso.
La nostra comunicazione, la dobbiamo curare. Era meglio non pubblicare nulla e attendere la fine del sinodo; così è da principianti. Detto questo, il Papa ha dato atto delle vivaci discussioni che hanno attraversato l'Assemblea sinodale, affermando che esse sono sane, il che dimostra che la parola è stata libera e costruttiva.
- Nonostante questo errore di comunicazione, l'esito del Sinodo è positivo o negativo?
Sono rimasto deluso di non trovare il grande tesoro dell'insegnamento di Giovanni Paolo II sulla famiglia. Anche se è menzionato nella relazione finale, non si ha l'impressione che la teologia del corpo, risultato di una capacità intellettuale e di una esperienza pastorale straordinarie, sia messa a disposizione delle famiglie.
Questo è un peccato perché questa teologia, oggi riscoperta da giovani coppie che non provengono necessariamente dal 'serraglio', offre un potente aiuto per le relazioni interpersonali, per il linguaggio del corpo, per la relazione intima, fonte di felicità tra relazione sessuale e apertura alla vita, l'amore coniugale e la procreazione.
- Cosa pensa del discorso finale del papa che ha biasimato "tradizionalisti" come "progressista"? 
Questa opposizione dialettica in cui il mondo ci chiude funziona come una trappola. Sembra che non si possa uscire da questa contrapposizione tra dottrina e pastorale. Tra ciò che è vero e ciò che è misericordia. E' quasi come se non si potesse uscire da questa contrapposizione tra legge e libertà se non con un compromesso che conduca a "un accordo di essere in disaccordo" - per riprendere la formula del Papa rivolto ai vescovi dell'Asia.
Certo, il percorso di cresta è difficile da trovare, ma manca una terza via. Che tuttavia è stata brillantemente spiegata da Giovanni Paolo II in Veritatis Splendor, e ha servito da luce per Familiaris Consortio e Evangelium Vitae e anche al Catechismo della Chiesa cattolica nella sua parte morale. Infatti, egli dice che la verità sul matrimonio, sull'amore coniugale e sulla famiglia, non è in origine una norma esterna che viene imposta alla libertà dell'uomo come un fardello pesante da sopportare, e inserita in una cultura del peccato. Invece, essa è iscritta nel cuore dell'uomo, come un innato senso della bellezza, bontà e verità.
La verità morale che brilla nel Verbo incarnato non è solo un'idea, un ideale da raggiungere: essa è già presente nell'intenzione. L'uomo ha bisogno di principi per illuminare il suo cammino e questa strada porta molto meglio di quanto si pensi alle realtà concrete sul terreno. Si tratta di una misericordia che non mortifica la capacità di ogni uomo a raggiungere la perfezione, anche se vive situazioni difficili, e che presenta la legge come un percorso di crescita. [...]

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