E Ratzinger respinse la fronda dei conservatori: "Il pontefice non sono io, decide Francesco"
La missione fallita di un gruppo di cardinali nella
residenza di Benedetto. Che informa il suo successore con un biglietto
di CLAUDIO TITO.
Nei giorni più caldi di questo Sinodo, c'è stato un
biglietto che ha cambiato decisamente il senso e probabilmente il risultato
della discussione. Un biglietto rimasto riservato ai più. Un messaggio breve,
ma fondamentale. Spedito dal monastero Mater Ecclesiae e recapitato a Santa
Marta. Due luoghi che nella Santa Sede degli ultimi due anni hanno assunto un
valore particolare: sono rispettivamente le residenze del Papa emerito Joseph
Ratzinger e quella del Pontefice in carica, Jorge Mario Bergoglio.
E già, perché nello scontro che si è consumato tra i
191 padri sinodali, c'è stato anche un protagonista inatteso: Benedetto XVI.
Ratzinger, certo, non ha preso parte ai lavori delle commissioni e agli
incontri convocati dal suo successore. Eppure non è stato assente. Schierandosi
a sostegno di Francesco. "Non solo nella preghiera - spiegano nei corridoi
del soglio pietrino - ma anche con la sua figura e statura di Papa emerito e di
più grande teologo vivente".
In questi giorni infatti si è forse consumato uno
degli scontri più aspri dal Concilio Vaticano II. I temi della famiglia sono
stati al centro di un confronto senza precedenti. Le aperture alle famiglie non
tradizionali e ai diritti degli omosessuali hanno determinato una serrata
discussione. Che del resto aveva preso il via già da tempo: prima con la
relazione "aperturista" del cardinale tedesco Kasper (cui ha
partecipato anche l'arcivescovo di Chieti Forte) all'ultimo Concistoro che ha
costituito la base di confronto al Sinodo. Quindi con il documento
"tradizionalista" firmato da cinque cardinali: Müller (capo dell'ex
Sant'Uffizio), Burke (prefetto della Segnatura apostolica), Caffarra
(arcivescovo di Bologna), Brandmüller e De Paolis. E sostanzialmente appoggiato
dall'arcivescovo di Milano Scola.
Dunque il Sinodo è stato preceduto e quindi
caratterizzato da confronto-scontro che è continuato anche in questi giorni. E
proprio a cavallo tra la fase preparatoria e quella concreta dell'appuntamento,
il ruolo di Benedetto XVI è cresciuto in maniera esponenziale. Anzi, la
tensione in alcuni momenti ha toccati picchi elevatissimi. Creando allarme e
preoccupazione negli episcopati. Ma forse il momento più critico è rimasto fino
ad ora nascosto. È stato quando alcuni dei cardinali conservatori che avevano
letto e commentato con sorpresa le tesi di Kasper hanno raggiunto il Papa
emerito proprio nel monastero Mater Ecclesiae. Interrompendo lo stile sempre
riservato che Ratzinger si è imposto dal momento delle sue dimissioni. In
quell'incontro i suoi interlocutori hanno tentato un'operazione senza
precedenti: provare a sensibilizzarlo sulle tesi che sarebbero andate in
discussione al Sinodo. Un'operazione potenzialmente in grado di spaccare
verticalmente la Chiesa. Organizzando di fatto una fronda interna contro il
Pontefice. E non in termini di "potere reale" o per le nomine. Ma sul
terreno della dottrina.
La risposta di Benedetto XVI, però, è stata netta:
"Il Papa non sono io, non rivolgetevi a me". Anzi, poco dopo - come
spesso gli è capitato in questi due anni - ha inviato al Pontefice
riservatamente un biglietto. Il cui contenuto è ignoto ma la cui tempistica
avvalora l'idea di una collaborativa informazione. Anche quando la polemica è
diventata più accesa. Anche quando l'ala più conservatrice dell'episcopato non
ha fatto nulla per nascondere le sue perplessità e le sue critiche rispetto al
documento reso noto dal cardinal Kasper, il Papa emerito si è impegnato per
evitare fratture o correnti. "Cum Petro e sub Petro", è la sintesi
che Ratzinger fa della sua presenza in Vaticano. "E se parla - notano gli
osservatori più attenti della Santa Sede - è sempre a sostengo di
Francesco". Un modo per dire che nessuno potrà mai usare Benedetto contro
Bergoglio. Del resto i rapporti tra il Papa emerito e il connazionale Kasper
non si sono interrotti in questi mesi. Come non si è interrotto il dialogo tra
Benedetto XVI e l'arcivescovo di Chieti Forte.
Anche dopo quell'incontro segreto, però, la componente
più conservatrice non ha comunque rinunciato a evidenziare osservazioni e
appunti - anche piuttosto acuminati - durante i lavori sinodali. Il rischio di
una spaccatura evidente e manifesta è stato una costante in questi giorni. E
l'esito quasi inevitabile è stato quello di una mediazione finale. E di
un'opera di costante correzione delle tesi iniziali. Basti guardare la
cosiddetta "Relatio post disceptationem" del cardinale ungherese
Erdo, relatore del Sinodo, e i due documenti finali approvati. Entrambi,
infatti, nei contenuti fanno un passo indietro dal punto di vista dogmatico, ma
non da quello pastorale. Un modo per evitare spaccature e divisioni. Anche se
l'appuntamento finale, quello delle decisioni non è e non poteva essere questo.
Ma il Sinodo del 2015. Forse, però, il risultato inseguito dal Pontefice stavolta
è stato soprattutto di non esporre la Chiesa ad una divisione. Soprattutto dopo
gli sforzi di unità compiuti in seguito agli scandali degli ultimi anni.
Con l’articolo di Repubblica
che tenta di arruolare Benedetto XVI abbiamo assistito al colpo più
basso che il “sinodo dei media” potesse tirare. Questa volta si è
pensato di farsi scudo con Ratizinger.
Secondo il quotidiano fondato da Eugenio Scalfari un
gruppo di cardinali conservatori, non si dice chi, ma il riferimento a
Muller, Burke, Caffarra, Brandmuller e De Paolis è evidente, sarebbe
andato a trovare il papa emerito al monastero Mater Ecclesiae per
“provare a sensibilizzarlo sulle tesi che sarebbero andate in
discussione al Sinodo”. Cioè, secondo l’articolista di Rep., per tentare
di mettere in atto “un operazione potenzialmente in grado di spaccare
verticalmente la Chiesa”. Sul terreno della dottrina.
A questo proposito non si è fatta una gran scoperta.
La Chiesa che emerge dal Sinodo, al di là di quel che si vuol cercare di
raccontare, è già spaccata. Basta confrontare la Relatio post-disceptationem e la Relatio finale,
con l’intermezzo di circa 500 emendamenti richiesti dai padri, per
rendersi conto che la spaccatura c’è, ed è più profonda di quello che si
vorrebbe far credere. Giovedì scorso la reazione in aula, di fronte
all’annuncio del Card. Baldisseri di non voler pubblicare nemmeno le
relazioni dei circuli minori, è stata sorprendente, con cardinali che
hanno reagito a suon di “buu” e “vergogna”.
L’operazione di Repubblica, che tenta di tirare in
ballo Ratzinger a difesa di Papa Francesco contro quegli “oscurantisti”
dei conservatori, vuole spostare l’attenzione sui cardinali difensori
della dottrina, affinché siano considerati come i veri sobillatori e
divisori. Quale scudo migliore di Ratzinger per questo?
Tutto porta a pensare però che la notizia non sia poi
così certa. E’ difficile credere ad una visita dei cardinali al papa
emerito con l’obiettivo preciso di “sensibilizzarlo” per arrivare ad una
sorta di cospirazione alla Dan Brown. Sarebbe sufficiente conoscere un
po’ le personalità coinvolte, i cardinali e lo stesso papa emerito, per
rendersi conto che tutto ciò appare quantomeno improbabile.
Muller e Burke, ma anche Pell o Napier, hanno già
mostrato in aula il loro dissenso, a viso aperto, e non hanno certo
bisogno di andare a chiedere protezioni a nessuno. D’altra parte il papa
emerito non direbbe mai nulla contro papa Francesco, né è possibile
stiracchiare gli scritti di Ratzinger, o tirarlo in ballo personalmente,
per avvallare tesi partigiane.
Posto che non si prevede che qualcuno possa smentire
la notizia (almeno finora non c’è alcun segnale in questa direzione),
abbiamo il serio il dubbio che la notizia di Rep. sia da considerare
l’ennesimo episodio del “sinodo dei media”.
Divorziati e gay, la vera riforma di Francesco
(Afp)
Le parole pronunciate in piazza San Pietro ieri mattina alla messa di beatificazione di Paolo VI sono il sigillo di un processo rivoluzionario. «Dio non ha paura delle novità», ha detto il Papa, sia alle sue gerarchie che al popolo dei fedeli nel mondo. Era chiaro da tempo che il Sinodo straordinario sulla famiglia convocato dal papa a sorpresa più di anno fa e concluso sabato sera con la votazione a maggioranza del documento finale, rivestiva un significato ben più ampio di un'assemblea consultiva di vescovi e cardinali. È stato un vero banco di prova del pontificato di Francesco, che sta rivoluzionando la Chiesa con un'agenda radicalmente diversa dai suoi predecessori. Una prova che, con tutta evidenza, ha mostrato come il processo avviato la sera del 13 marzo 2013 - la sera dell'elezione - sta andando avanti senza tentennamenti.
L’irrigidimento dei conservatori e il “buonismo distruttivo”
Il dibattito dei primi giorni del Sinodo ha prodotto un primo documento “di lavoro” (la “Relatio post disceptationem”) dove si parlava esplicitamente, e per la prima volta dopo la Familiaris Consortio di Giovanni Paolo II del 1981, di riammettere i divorziati risposati alla comunione, dopo un percorso di tipo penitenziale, e soprattutto di accogliere gli omosessuali nelle comunità, non solo come singoli ma anche come coppie. Effetto dell'invito del Papa a parlare liberamente? Certamente il ciclone argentino sta investendo tutte le strutture e le sovrastrutture della Chiesa, e l'aria nuova (che non a tutti piace) ha travolto quelle “tentazioni” che pure c'erano dentro l'aula del Sinodo, quelle degli irrigidimenti ostili - così li ha definiti lo stesso Bergoglio - e quelle prodotte da un altrettanto deleterio “buonismo distruttivo” dei progressisti. Il risultato finale ha prodotto un dibattito che ha affrontato temi che fino a un anno fa era considerati dei tabù.
Il dibattito dei primi giorni del Sinodo ha prodotto un primo documento “di lavoro” (la “Relatio post disceptationem”) dove si parlava esplicitamente, e per la prima volta dopo la Familiaris Consortio di Giovanni Paolo II del 1981, di riammettere i divorziati risposati alla comunione, dopo un percorso di tipo penitenziale, e soprattutto di accogliere gli omosessuali nelle comunità, non solo come singoli ma anche come coppie. Effetto dell'invito del Papa a parlare liberamente? Certamente il ciclone argentino sta investendo tutte le strutture e le sovrastrutture della Chiesa, e l'aria nuova (che non a tutti piace) ha travolto quelle “tentazioni” che pure c'erano dentro l'aula del Sinodo, quelle degli irrigidimenti ostili - così li ha definiti lo stesso Bergoglio - e quelle prodotte da un altrettanto deleterio “buonismo distruttivo” dei progressisti. Il risultato finale ha prodotto un dibattito che ha affrontato temi che fino a un anno fa era considerati dei tabù.
Reazioni a una rivoluzione vera
Insomma, una vera rivoluzione, che ha scatenato la reazione, prevedibile, delle forze considerate più conservatrici, timorose che questa apertura pastorale potesse intaccare la dottrina. Sono scesi in campi i cardinali più tradizionalisti - soprattutto di Usa, Africa e di parte dell'Europa - dando l'impressione su alcuni media che si trattasse di una maggioranza di blocco in grado di fermare il processo innescato dagli innovatori. E invece il documento finale, pur ridimensionando molto i toni di qualche giorno prima (ma a quanto pare era tutto calcolato…) ha aperto effettivamente una nuova strada a divorziati risposati e gay, sia come individui che in prospettiva come coppie. I tre capitoli della relazione che hanno affrontato più a fondo questi temi non hanno raggiunto la maggioranza qualificata dei due terzi, ma sono stati comunque approvati con un larghissimo margine, segno che comunque queste aperture - in linea con la pastorale di papa Bergoglio, che sul tema è rimasto sempre al di sopra delle parti - sono espressione della gran parte delle gerarchie e sicuramente della base dei fedeli cattolici.
Insomma, una vera rivoluzione, che ha scatenato la reazione, prevedibile, delle forze considerate più conservatrici, timorose che questa apertura pastorale potesse intaccare la dottrina. Sono scesi in campi i cardinali più tradizionalisti - soprattutto di Usa, Africa e di parte dell'Europa - dando l'impressione su alcuni media che si trattasse di una maggioranza di blocco in grado di fermare il processo innescato dagli innovatori. E invece il documento finale, pur ridimensionando molto i toni di qualche giorno prima (ma a quanto pare era tutto calcolato…) ha aperto effettivamente una nuova strada a divorziati risposati e gay, sia come individui che in prospettiva come coppie. I tre capitoli della relazione che hanno affrontato più a fondo questi temi non hanno raggiunto la maggioranza qualificata dei due terzi, ma sono stati comunque approvati con un larghissimo margine, segno che comunque queste aperture - in linea con la pastorale di papa Bergoglio, che sul tema è rimasto sempre al di sopra delle parti - sono espressione della gran parte delle gerarchie e sicuramente della base dei fedeli cattolici.
Punto di non ritorno per il Sinodo 2015
Dal punto di vista politico è sicuramente un successo, nonostante i tentativi di ridimensionamento: infatti il documento conclusivo, che si chiama con il nome latino Relatio Synodi, farà da base per il Sinodo ordinario del 2015, quello da cui arriveranno le indicazioni finali (sempre e comunque di natura consultiva) sulle quali il Papa prenderà delle decisioni, e che saranno rivoluzionarie per la vita della Chiesa, specie in occidente, dove i due temi sono molto sentiti. Quindi si ripartirà non da zero, ovvero dal documento del 1981, ma dal punto raggiunto sabato sera scorso: quindi è prevedibile che non si potrà che andare avanti, non certo tornare indietro. Dopo i cambi nelle finanze vaticane e il previsto ridimensionamento della Curia, questa è la vera riforma di Francesco.
Dal punto di vista politico è sicuramente un successo, nonostante i tentativi di ridimensionamento: infatti il documento conclusivo, che si chiama con il nome latino Relatio Synodi, farà da base per il Sinodo ordinario del 2015, quello da cui arriveranno le indicazioni finali (sempre e comunque di natura consultiva) sulle quali il Papa prenderà delle decisioni, e che saranno rivoluzionarie per la vita della Chiesa, specie in occidente, dove i due temi sono molto sentiti. Quindi si ripartirà non da zero, ovvero dal documento del 1981, ma dal punto raggiunto sabato sera scorso: quindi è prevedibile che non si potrà che andare avanti, non certo tornare indietro. Dopo i cambi nelle finanze vaticane e il previsto ridimensionamento della Curia, questa è la vera riforma di Francesco.
di Carlo Marroni20 ottobre 2014
Riformare la Curia la prossima mossa di papa Francesco. E poi nuovi cardinali
Gli effetti del sinodo straordinario sulla famiglia non sono stati ancora smaltiti che già il papa e i suoi collaboratori pensano alle prossime mosse. L'ultimo atto dell'assise svoltasi in Vaticano è stata la beatificazione di Paolo VI celebrata ieri mattina in piazza San Pietro di fronte a 70mila persone. “In questo giorno della beatificazione di Paolo VI – ha scandito Bergoglio - mi ritornano in mente le sue parole con le quali istituiva il sinodo dei vescovi: 'scrutando attentamente i segni dei tempi cerchiamo di adattare le vie e i metodi, alle accresciute necessità dei nostri giorni ed alle mutate condizioni della società'”.
In tal modo Francesco ha voluto stabilire un collegamento ancor più netto fra il suo pontificato e la svolta conciliare portata a compimento da Paolo VI anche con l'istituzione del sinodo.
Ma se questo è l'orizzonte complessivo dentro il quale si muove il pontefice, non poche sono le ferite del giorno dopo. Bergoglio ora ha visto emergere con chiarezza quali sono i suoi avversari e i suoi sostenitori; nel corso del sinodo l'opposizione più forte al cambiamento non è arrivata dai presidenti delle conferenze episcopali ma dai cardinali e dai capidicastero della Curia.
Non solo: lo stesso pontefice aveva nominato ben 26 membri del sinodo dividendoli in parti uguali, 13 a suo favore e 13 contro (su 191 partecipanti); una scelta realistica che ha pesato però sull'esito finale dell'assise consegnando al papa una maggioranza forte ma non una vittoria schiacciante. Anche per questo, ora, il processo di riforma della Curia che ha subìto un rallentamento, riprenderà con forza.
Due riunioni del consiglio dei 9 cardinali che coadiuvano il papa nel governo della Chiesa, si svolgeranno all'inizio di dicembre e poi di nuovo al principio di febbraio; sarà quello il momento in cui verrà definita la prima bozza della nuova curia romana nella quale saranno definiti accorpamenti e nuovi dicasteri. Sulla via del tramonto alcuni pontifici consigli come quello dei laici e dell'educazione cattolica, entrambi guidati da uomini della vecchia guardia wojtyliana (i cardinali Rylko e Grocholoewski), anche i 'ministeri' sociali come quelli dei migranti, di giustizia e pace e Cor Unm (l'organismo che promuove le opere di carità del papa) verranno soppressi e riaccorpati. Il dicastero per la nuova evangelizzazione di monsignor Rino Fisichella è pure fra i pezzi di Curia la cui sopravvivenza è incerta, lo stesso vale per il Pontificio consiglio per la salute guidato da un altro polacco, monsignor Zimowski. Presto anche l'Apsa - la nuova banca centrale del Vaticano – avrà un assetto più certo, a quel punto andrà via il cardinale Domenico Calcagno che formalmente ancora la guida. Sempre entro febbraio si terrà quasi certamente un nuovo concistoro per la nomina di diversi cardinali, anche in questo caso non mancheranno le novità.
C'è poi il tema dei porporati che al sinodo si sono opposti al papa con estrema durezza. Fra questi spicca l'ultratradizionalista americano Raymond Leo Burke, che dovrebbe lasciare a breve – lo ha dichiarato lui stesso – il ruolo di prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura apostolica per un incarico onorifico e ininfluente. Anche la posizione del prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, il cardinale Gerhard Muller, che ha attaccato con forza ogni ipotesi di cambiamento sui divorziati risposati e sull'accoglienza agli omosessuali, è oggi traballante. Se poi i cardinali italiani legati alla Cei come Bagnasco e Scola (Milano) hanno criticato le proposte riformatrici, si sta rafforzando una linea cardinalizia italiana vicina a Papa. In quest'ambito spiccano il Segretario di Stato Parolin, il Segretario del Sinodo Baldisseri, quindi il capo del dicastero per la cultura Ravasi. Con loro due pesi massimi della Chiesa europea, l'arcivescovo di Vienna Schoenbron e il capo dei vescovi tedeschi Marx.
Emergono poi altri particolari sul sinodo. Intanto è passato quasi sotto silenzio che la proposizione 41 votata con maggioranza qualificata dei due terzi (125 sì su 183) mantiene l'apertura in merito alla necessità di cogliere gli elementi positivi nei matrimoni civili e nelle convivenze. Mentre sui punti più discussi – divorziati e omosessuali – sono mancati i voti sia dei conservatori che dei progressisti per opposte ragioni. Tuttavia la nuova versione del punto 55 relativo ai gay ricalcava in buona parte l'insegnamento tradizionale della Chiesa (veniva citato Ratzinger). Qui i conservatori hanno compiuto un grave errore tattico schierandosi contro il principio di non-discriminazione e rafforzando così la richiesta di un cambiamento più profondo.
Francesco Peloso
(Quest'articolo è stato pubblicato sul Secolo XIX)
Corriere della Sera
(Gian Guido Vecchi) L’immagine migliore del cammino in corso è l’abbraccio di ieri tra Francesco e Benedetto XVI, sul sagrato di San Pietro, con buona pace di chi continua a contrapporli. Il giorno dopo, la cosa più bizzarra del Sinodo continua ad apparire il paragrafo sugli omosessuali che ha ottenuto 118 voti favorevoli e 62 contrari, cioè la maggioranza assoluta ma non quella dei due terzi richiesta di norma. Suona bizzarro perché non ha nulla di rivoluzionario in sé, visto che è composto da citazioni del Catechismo e di un documento dell’ex Sant’Uffizio firmato nel 2003 dal prefetto di allora.
«Ci sono 62 padri che nel voto segreto hanno bocciato il Catechismo e Ratzinger!», esclamava l’altra sera un vescovo stupefatto. Il giorno dopo, però, c’è un altro sinodale, di certo riformista, che alza lo sguardo stanco e avverte: «Attenzione, su quel paragrafo il parere negativo è intrecciato. Anche altri me lo hanno detto. Ci sono i voti contrari dei cosiddetti conservatori ma anche di quelli che lo hanno ritenuto insufficiente, così com’era. Per esempio il mio. Meglio non parlarne, allora, sono temi che richiedono una riflessione maggiore...».
La discussione e le votazioni serrate del Sinodo sono una faccenda complessa che va letta in prospettiva. Francesco ha voluto che il testo integrale e le votazioni punto per punto fossero pubblicate perché la Relatio Synodi divenisse una base ulteriore di discussione in vista del Sinodo dell’ottobre dell’anno prossimo: se ne continuerà a parlare.
Certo le resistenze ci sono, come del resto il rischio di fughe in avanti: non a caso Francesco è intervenuto per mettere in guardia dalle «tentazioni» opposte dell’«irrigidimento ostile» e del «buonismo distruttivo». La Chiesa deve andare avanti, senza paura ma con equilibrio. Un principio fondamentale di Bergoglio è che «il tempo è superiore allo spazio»: ci sono processi che richiedono la giusta «maturazione». Di là dai singoli temi, è in gioco l’idea di Chiesa «in uscita», pronta ad avvicinare e chinarsi sulle «ferite sanguinanti» di chi soffre.
Così è importante vedere Ratzinger che si alza e va incontro a Bergoglio che lo accoglie a braccia aperte, come è accaduto il 28 settembre alla messa per i nonni, come accadde il 27 aprile per le canonizzazioni di Roncalli e Wojtyla. La contrapposizione è alimentata soprattutto dagli ambienti (cosiddetti) «raztingeriani», ostili ad ogni cambiamento.
Ma Ratzinger non offre sponde a chi vorrebbe usarlo contro Francesco e dimentica che la rivoluzione più grande, dalla quale tutto è cominciato, è stata proprio la «rinuncia» che ha azzerato i giochi e i veleni curiali. «Io sono grato di poter essere legato da una grande identità di vedute e da un’amicizia di cuore a papa Francesco. Oggi vedo come mio unico e ultimo compito sostenere il suo Pontificato nella preghiera», ha scritto a gennaio al teologo Hans Küng.
Per dire: fu Benedetto XVI, nel 2012 a Milano, a spiegare che «il problema dei divorziati risposati è una delle grandi sofferenze della Chiesa di oggi, e non abbiamo ricette semplici». In aula, negli interventi dell’anima più conservatrice, non ci sono stati riferimenti espliciti al magistero del predecessore in contrapposizione ai temi del Sinodo. Anche se alcuni padri ne hanno trovato traccia nelle richieste di maggiore «chiarezza», come a contestare la discussione libera e il cammino sinodale.
«Ma chi vuole contrapporli non li conosce», dice l’arcivescovo teologo Bruno Forte, scelto da papa Francesco come segretario speciale del Sinodo e assai stimato da Ratzinger, che lo consacrò vescovo nel 2004. «Io sono anzi convinto che ci sia una profonda continuità tra Benedetto XVI e Francesco, proprio nella ricerca di approfondire le questioni più problematiche. Pensi, ad esempio, ai divorziati risposati e all’importanza della fede nella celebrazione del matrimonio: quando nella Relatio Synodi si parla di rendere più accessibili le procedure delle cause di nullità matrimoniale, si dice che “andrebbe considerata la possibilità di dare rilevanza al ruolo della fede dei nubendi in ordine alla validità del sacramento del matrimonio”. E questo è un argomento che Ratzinger ha posto più volte» .
(Gian Guido Vecchi) L’immagine migliore del cammino in corso è l’abbraccio di ieri tra Francesco e Benedetto XVI, sul sagrato di San Pietro, con buona pace di chi continua a contrapporli. Il giorno dopo, la cosa più bizzarra del Sinodo continua ad apparire il paragrafo sugli omosessuali che ha ottenuto 118 voti favorevoli e 62 contrari, cioè la maggioranza assoluta ma non quella dei due terzi richiesta di norma. Suona bizzarro perché non ha nulla di rivoluzionario in sé, visto che è composto da citazioni del Catechismo e di un documento dell’ex Sant’Uffizio firmato nel 2003 dal prefetto di allora.
«Ci sono 62 padri che nel voto segreto hanno bocciato il Catechismo e Ratzinger!», esclamava l’altra sera un vescovo stupefatto. Il giorno dopo, però, c’è un altro sinodale, di certo riformista, che alza lo sguardo stanco e avverte: «Attenzione, su quel paragrafo il parere negativo è intrecciato. Anche altri me lo hanno detto. Ci sono i voti contrari dei cosiddetti conservatori ma anche di quelli che lo hanno ritenuto insufficiente, così com’era. Per esempio il mio. Meglio non parlarne, allora, sono temi che richiedono una riflessione maggiore...».
La discussione e le votazioni serrate del Sinodo sono una faccenda complessa che va letta in prospettiva. Francesco ha voluto che il testo integrale e le votazioni punto per punto fossero pubblicate perché la Relatio Synodi divenisse una base ulteriore di discussione in vista del Sinodo dell’ottobre dell’anno prossimo: se ne continuerà a parlare.
Certo le resistenze ci sono, come del resto il rischio di fughe in avanti: non a caso Francesco è intervenuto per mettere in guardia dalle «tentazioni» opposte dell’«irrigidimento ostile» e del «buonismo distruttivo». La Chiesa deve andare avanti, senza paura ma con equilibrio. Un principio fondamentale di Bergoglio è che «il tempo è superiore allo spazio»: ci sono processi che richiedono la giusta «maturazione». Di là dai singoli temi, è in gioco l’idea di Chiesa «in uscita», pronta ad avvicinare e chinarsi sulle «ferite sanguinanti» di chi soffre.
Così è importante vedere Ratzinger che si alza e va incontro a Bergoglio che lo accoglie a braccia aperte, come è accaduto il 28 settembre alla messa per i nonni, come accadde il 27 aprile per le canonizzazioni di Roncalli e Wojtyla. La contrapposizione è alimentata soprattutto dagli ambienti (cosiddetti) «raztingeriani», ostili ad ogni cambiamento.
Ma Ratzinger non offre sponde a chi vorrebbe usarlo contro Francesco e dimentica che la rivoluzione più grande, dalla quale tutto è cominciato, è stata proprio la «rinuncia» che ha azzerato i giochi e i veleni curiali. «Io sono grato di poter essere legato da una grande identità di vedute e da un’amicizia di cuore a papa Francesco. Oggi vedo come mio unico e ultimo compito sostenere il suo Pontificato nella preghiera», ha scritto a gennaio al teologo Hans Küng.
Per dire: fu Benedetto XVI, nel 2012 a Milano, a spiegare che «il problema dei divorziati risposati è una delle grandi sofferenze della Chiesa di oggi, e non abbiamo ricette semplici». In aula, negli interventi dell’anima più conservatrice, non ci sono stati riferimenti espliciti al magistero del predecessore in contrapposizione ai temi del Sinodo. Anche se alcuni padri ne hanno trovato traccia nelle richieste di maggiore «chiarezza», come a contestare la discussione libera e il cammino sinodale.
«Ma chi vuole contrapporli non li conosce», dice l’arcivescovo teologo Bruno Forte, scelto da papa Francesco come segretario speciale del Sinodo e assai stimato da Ratzinger, che lo consacrò vescovo nel 2004. «Io sono anzi convinto che ci sia una profonda continuità tra Benedetto XVI e Francesco, proprio nella ricerca di approfondire le questioni più problematiche. Pensi, ad esempio, ai divorziati risposati e all’importanza della fede nella celebrazione del matrimonio: quando nella Relatio Synodi si parla di rendere più accessibili le procedure delle cause di nullità matrimoniale, si dice che “andrebbe considerata la possibilità di dare rilevanza al ruolo della fede dei nubendi in ordine alla validità del sacramento del matrimonio”. E questo è un argomento che Ratzinger ha posto più volte» .
La notizia pare avere fondamento , la lettura che ne dà Repubblica è piuttosto capziosa. Stando a un commento su RS :
RispondiElimina"Benedetto ha sì respinto i cardinali, ma ha inviato 40 pagine a Francesco, nelle quali diceva la sua. Facendo un paio di incroci, dopo la ricezione di quelle 40 pagine il Sinodo è cambiato... Repubblica al posto di fare dietrologie potrebbe dare le informazioni per intero, visto che nell'ambiente si sanno i dettagli".
http://radiospada.org/2014/10/le-pantere-porpora-per-implorare-aiuto-da-benedetto-xvi-respinte/
Bergoglio, segui l'esempio del tuo compagnuccio bavarese e DIMETTITI
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