ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

lunedì 27 luglio 2015

Scopriamo le carte?

Per il momento si gioca  ancora a carte coperte 

Il “gender” è un’assurdità e quindi non si può spiegare? Nessun problema: basta dire che non esiste…

Alcuni nuovi fatti, come l’incontro in Vaticano per lo sviluppo sostenibile,  di cui si è occupata anche Riscossa Cristiana, e altri solo all’apparenza meno significativi,  offrono  l’occasione per tornare  ancora una volta  sul caso Fedeli (qui e qui) e su certi suoi inquietanti contorni.
di Patrizia Fermani
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L’idea della libertà di scegliere in corso d’opera il  genere proprio e altrui probabilmente non avrebbe varcato le mura dell’ospedale di Baltimora, dove il  dottor Money aveva cercato tragicamente di darle realizzazione pratica, se non si fosse pensato che poteva diventare il cavallo di battaglia al servizio del totalitarismo omosessista. Cioè un modo elegante,”colto”, “pulito”, per allevare definitivamente all’indifferentismo sessuale le nuove generazioni. La cupola internazionale che amministra e finanzia il progetto planetario offre al neocomunismo un nuovo campo da coltivare. In breve tempo la goffa educazione sessuale che insegnava ai ragazzini quello che avevano appreso  già dai compagni, si deve trasformare nella educazione al gender da applicare eventualmente anche in chiave femminista.

La Fedeli, invitata a parlare a Vicenza da una associazione vicina agli ambienti diocesani, illustra il proprio progetto educativo solo in questo ultimo registro, negando che esso sia volto ad incoraggiare la  scelta omosessuale. Anzi, dice perentoria che in questa chiave la “teoria gender” addirittura non esiste. Con  la capacità di manipolazione della realtà che  la lunga militanza comunista  deve averle  conferito,  tenta di confondere  esistenza e attendibilità di una teoria, anche se la distinzione non esigerebbe un enorme sforzo speculativo. Ma nell’ansia di tagliare corto la senatrice non va per il sottile e pensa che parlando solo della parità di genere, quale  difesa estrema delle donne contro la prepotenza del maschio, e rimettendo a nuovo il femminismo d’antan, possa essere eluso il fine primario perseguito  da tutti i progetti legislativi oggi  in cantiere al servizio del totalitarismo omosessista. .
In ogni caso, all’indomani  della conferenza, la signora Fedeli, ancora afflitta dalla inaspettata contestazione subita, ha affidato il proprio onore repubblicano alla lettera  accorata di una devota ammiratrice che disquisisce spericolatamente di democrazia, diritto,  libertà,  valori, stereotipi e altre facezie con la leggerezza dell’età e anche un certo interesse personale, dovuto alle vicende di un perturbante amore saffico. La pubblica sul proprio sito (clicca qui), già molto affollato da ossequiosi riferimenti al mondo LGBTecc. Che la Fedeli affidi la difesa dei propri programmi educativi ai turbamenti sessuali  delle fanciulle in fiore, la dice lunga sul suo orizzonte “politico” e sulla sua fede nel gender.
Ma  quello che qui si chiarisce meglio è anche l’orizzonte assiologico dei  suoi amici diocesani, armonizzato con  la  chiesa madre romana. Infatti  nei giorni successivi al movimentato incontro del centro San Gaetano a Vicenza, ecco prima l’articolo della Voce dei Berici, settimanale della Diocesi di Vicenza (clicca qui), in cui il  direttore, che era stato l’imbarazzato  moderatore della serata, riafferma l’intollerabilità della contestazione portata ad un progetto di così alto contenuto morale, come quello della educazione di genere, inteso e diretto esclusivamente a promuovere la ancora lontana parità e soprattutto la violenza sulle donne mai stata così diffusa e manifesta. E fa propria a scatola chiusa l’affermazione della Fedeli sulla inesistenza della teoria del gender,  con inclusa confusione tra inesistenza di una teoria (che vuole dire che nessuno l’ha mai formulata) e infondatezza della medesima. Poiché non vuole assolutamente metterne in discussione la eventuale infondatezza, dice con la Fedeli che la teoria non esiste. Evidentemente il suo lettore medio è uno che si accontenta.  Ecco poi, se qualcuno  avesse ancora dei dubbi sulle intenzioni della diocesi vicentina, l’omelia di Monsignor Ruaro, la domenica dopo, a ribadire il dogma, l’unico ancora propagandato come tale da questa  strana chiesa, della parità di genere. Siccome il gender non esiste, non c’è motivo di confutarne il fondamento logico, per non parlare di quello teologico. Questa settimana ricca di sorprese ci porta poi inaspettatamente la voce dello chiesa romana, e la vicenda del raduno dei sindaci sullo sviluppo sostenibile, l’unico argomento diventato attualmente  degno di attenzione teologica. Nel  testo inglese del  resoconto che documenta l’evento ecco il riferimento  all’equality gender che però viene espunto dalla versione italiana. Emerge da tutto questo ancora una volta l’intento evidente di lanciare il sasso e nascondere la mano. Ho avanzato l’ipotesi che questa reticenza nello affrontare la teoria del genere sul fronte dello indifferentismo sessuale e quindi sulla promozione “filosofica” della omosessualità possa avere anche lo scopo pratico di non allarmare troppo il mondo musulmano, col quale la chiesa e la politica  accomunate dal pensiero marxista flirtano apertamente da mezzo secolo.  Ma è evidente che  la ragione più profonda e inquietante va ricercata ben oltre un intento meramente pratico: essa  va a toccare i fondamenti della fede e della stessa ragione, cioè del logos cristiano. Cioè proprio dal tentativo di nascondere la sostanza della questione sotto la difesa delle ormai improponibili rivendicazioni femminili, emerge scoperta la volontà di non  affrontare apertamente il tema. Almeno per il momento. Magari in attesa che il sinodo cambi anche certe coordinate della fede.
Infatti  la premessa su cui ruota la teoria del genere è la libertà e la capacità dell’uomo di ignorare i limiti della natura. Una  premessa  che cozza contro la ragione umana e cristiana e anzitutto con la fede nella creazione e nell’uomo creatura di Dio, creatura che nulla può senza di Lui.  La chiesa, aggiornata alla libertà e all’egualitarismo artificiale dei giacobini sempre redivivi, elude questa premessa che è profondamente anticristiana e anticattolica, e che mira intrinsecamente alla distruzione del cattolicesimo, e si concentra  sul versante indeterminato di sentimenti, istinti, pulsioni  e commozioni, il mondo  dove i principi lasciano libero il campo, sempre manipolabile, dell’indistinto sfuggito al controllo della ragione.  Il mondo del piagnisteo e della autocompassione, del desiderio e delle frustrazioni vere o presunte, della arroganza della libertà negativa. Infatti solo questo oggi ostenta il neo cristianesimo senza storia e senza missione, l’autoriduzione ad insignificanza morale e culturale,  l’ansia vile di  nascondersi dietro l’ala protettiva delle leggi dello stato, proprio quelle escogitate per distruggerlo.
In questo tragico paradosso va letto il silenzio indecoroso sulla protervia di quelle leggi, e la indecorosa piaggeria verso un legislatore che dovrebbe essere visto come un nemico mortale. Ma il neocristianesimo degli imbelli e degli ignavi e dei masochisti, è ormai questa povera cosa.  Intanto in una parrocchia  troviamo  come padrini di battesimo  due uomini,  senza che ciò  desti scandalo tra i fedeli  scalpitanti  nella attesa spasmodica di potersi slanciare nel segno dello pace, quale  unico modo per  esprimere la propria cattolicità. Poi  c’è la diocesi che  assolda  la stampa locale  per screditare  il parroco che voglia aprire  una scuola veramente cattolica  con l’obiettivo  di  mettere al riparo i bambini dalle mire oscene dei nuovi educatori.
Così  il cerchio si sta chiudendo mentre  viene preparata  la pietra tombale della nuova  micidiale  eresia da calare  su quello che fu il cattolicesimo.  La sua  forza rivoluzionaria si sta già ingrossando, in attesa che le venga conferito il crisma della ufficialità con  il sinodo del prossimo ottobre. La nuova eresia si presenta inesorabilmente solidale con lo stato totalitario, impegnato a praticare apertamente la violenza morale sui fanciulli. Mentre i suoi promotori  sembrano non mettere in conto che l’invito di Cristo a legarsi una pietra al collo e buttarsi a mare fosse indirizzato proprio a loro.

 –  di Patrizia Fermani



Redazione
http://www.riscossacristiana.it/per-il-momento-si-gioca-ancora-a-carte-coperte-di-patrizia-fermani/


Matrimoni naturali, diamo voce al popolo come in Svizzera?

Matrimoni naturali, diamo voce al popolo come in Svizzera?

L’Assemblea Federale Svizzera ha deciso il 19 giugno 2015 di permettere al popolo e ai Cantoni di decidere in merito all’introduzione di una modifica nella Costituzione Svizzera in cui si afferma:
“Il matrimonio consiste nella durevole convivenza, disciplinata dalla legge, di un uomo e di una donna. Dal punto di vista fiscale, il matrimonio costituisce una comunione economica. Non deve essere svantaggiato rispetto ad altri modi di vita, segnatamente sotto il profilo fiscale e delle assicurazioni sociali” (qui il testo in Italiano).


L’emendamento è stato proposto da una iniziativa popolare “Per Matrimonio e famiglia – No agli svantaggi per le coppie sposate”, che è stato avviato dalla PPD, Partito popolare democratico svizzero. Hanno raccolto 120.000 firme fino al novembre 2012. Secondo la Costituzione federale, l’iniziativa popolare deve raccogliere almeno 100.000 firme valide in 18 mesi. Lo scopo per l’introduzione di questo emendamento è il problema che le coppie sposate in Svizzera devono pagare le tasse più alte rispetto alle coppie non sposate o conviventi.
Per essere approvato un referendum costituzionale deve ottenere due risultati: la maggioranza del 50% dei votanti (per passare i cittadini votanti devono essere circa 3milioni e 800mila e con almeno la metà di voti favorevoli) e il 50% dei 26 cantoni devono votare “per l’introduzione della modifica”. Il voto dei Cantoni voto “per” o “contro” viene stabilito a seconda del voto a maggioranza “per” o “contro” degli elettori del cantone stesso. 6 di  26 cantoni hanno un “mezzo-voto” sul referendum per ragioni storiche, in modo che il numero totale di votanti di Cantone è di 23.
L’Assemblea Federale, come nella maggioranza dei casi, ha invitato il ‘popolo e i Cantoni’ a votare contro la proposta di referendum.
Il referendum deve essere tenuto entro 16 mesi dopo la decisione dell’Assemblea federale di 19 giugno 2015.
Di questo semplice fatto, al di là dell’esito che avrà il Refendum, i mass media italiani non hanno parlato, né temo che lo faranno in seguito. Tuttavia, mi preme segnalare due elementi importanti.
Il primo, a conferma della civiltà svizzera e delle sua lunga tradizione, il Paese mette nelle mani del popolo la decisione su modifiche così importanti, a differenza di altri Paesi che in Europa non hanno consentito il giudizio del popolo su un tema cruciale come quello della famiglia. Solo negli ultmi anni sia la Francia, sia il Regno Unito hanno approvato modifiche importanti sulla definizione di famiglia e hanno scientificamente vietato la celebrazione di consultazioni popolari. La Slovenia ha celebrato il referendum e, visto l’esito negativo verso l’introduzione delle unioni/coppie omosex, il Governo non ne ha tenuto alcuna considerazione, costringendo i movimenti referendari a riproporre un nuovo referendum nei prossimi mesi.
Secondo, nella situazione politica europea e italiana, si deve tener presente che sempre più  cittadini e una significativa parte di essi, organizzati o meno in associazioni di scopo, sentono di non essere rappresentati nei Parlamenti e stanno riflettendo con serietà e impegno sulla creazione di nuovi soggetti politici di partito in vista delle elezioni parlamentari.
Questi due semplici elementi dovrebbero, spero aprire una riflessione che andasse un poco oltre le mode e i sentimenti momentanei provocati dalle prime pagine. Un popolo esiste e non è rappresentato o non si sente rappresentato dalla politica in moltissimi paesi europei. Non esiste la questione dei ‘professionisti’ o ‘nuovi’, questa  polemica è già finita e ha già già sfiancato molte società europee, il punto cruciale di oggi è tutto focalizzato sulla coerenza e sulla serietà di saper e voler parlare di valori pieni e non ‘vuoti, reali e non ‘morali’: la famiglia innanzitutto.
In Italia arriverà prima o poi questo sussulto di serietà? La Svizzera, come altri Paesi, ci dice che è possibile una politica per il popolo, per quella parte di popolo che da Piazza San Giovanni cerca un volto credibile e un impegno serio.

26 - 07 - 2015Luca Volontè



Unioni gay, perché la sentenza di Strasburgo mi fa ribrezzo

22 - 07 - 2015Luca Volontè
Unioni gay, perché la sentenza di Strasburgo mi fa ribrezzo

Rispetto coloro che si battono pubblicamente e da anni per un riconoscimento dei “matrimoni omosex” nel nostro Paese. La lunga permanenza in Parlamento con Franco Grillini, pur su fronti opposti su questo tema, mi fa dire che c’è stata anche una franca stima reciproca delle differenti opinioni. Più volte in Italia il Parlamento ne ha discusso. Nichi VendolaFranco Grillini eVladimiro Guadagno (Vladimir Luxuria) hanno incarnato le ragioni di questa necessità, pur nel rispetto delle istituzioni e nel legittimo uso degli strumenti parlamentari. Sinora le loro ragioni non hanno mai prevalso e più volte ogni strumento proposto all’attenzione del Parlamento è stato respinto sulla base di altrettanto fondate ragioni.
Penso che anche a loro ribolla il sangue, non certamente per il merito delle sentenze della Corte di Strasburgo, piuttosto per la dignità delle nostre istituzioni e del nostro Paese.
Se da una lato non è accettabile affermare che la sentenza ci “obblighi legiferare per i matrimoni omosessuali”, dall’altro non possiamo evitare di notare che da Strasburgo venga un proprio diktat offensivo verso il Paese e le Istituzioni democratiche italiane.
La Corte non può imporre nulla a un Paese, né indicare una preferibile soluzione, né come ha invece fatto esprimersi con giudizi affrettati sul “consenso popolare verso i matrimoni omosessuali” o sulla necessità per il governo di adeguarsi alla sentenza, visto che l’Italia ha un proprio Parlamento democraticamente eletto, ha sue proprie Corti supreme e un sistema giurisdizionale encomiabile e una propria Costituzione chiara in materia di diritti e doveri personali e sociali, come di riconoscimento della famiglia.
Perciò, il mio disappunto per la sentenza di ieri non è tanto ne solo sul contenuto, né sarebbe una novità da parte mia, piuttosto è per il trattamento che il nostro Paese ha subito, la offesa istituzionale a cui si deve reagire con fermezza e decisione.
Il Parlamento sta discutendo una proposta di legge, altre ce ne sono sul tema; la Corte costituzionale ha sentenziato chiaramente nel 2010 su questo tema, che oggi la Corte di Strasburgo non solo “condanni” l’Italia ma perentoriamente immagini di poter imporre una propria decisione superando le istituzioni democratiche del nostro Paese, credo debba tutti unire in una ferma protesta. Questo mi auguro avvenga senza mischiare opinioni e ragioni diverse su diritti, doveri e unioni omosessuali, ma in piena trasparenza e per il bene del Paese. Questa nuova interpretazione della Corte dell’articolo 8 della Convenzione tutta protesa a una ‘obbligazione positiva’ per gli Stati a riconoscere e proteggere le “unioni dello stesso sesso”, come affermano i due giudici contrari alle decisione odierna, è nuova e sbagliata.
Infatti, oltre alle spese giudiziarie, la Corte ha deciso a maggioranza che “c’è violazione dell’articolo 8 della Convenzione ed inoltre che lo Stato deve implementare, sotto la supervisione del Comitato dei Ministri, misure appropriate (sia a livello personale che in generale) per assicurare il diritto agli appellanti di vedere rispettati i loro diritti alla vita privata e famigliare”. In ultima analisi, l’Italia a partire dal Governo “deve” assecondare la richiesta di matrimoni omosex etc.
E’ la prima volta di una “obbligazione positiva” in questa materia, speriamo almeno in una comune reazione a difesa della dignità istituzionale.

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