ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 8 novembre 2014

Dio li fa, poi li azzoppa?

Vaticano come la Casa Bianca. Il rischio di "anatra zoppa" per Papa Francesco come per Barack Obama

PAPA OBAMA
C’è un’analogia ornitologica e politologica, irriverente ma illuminante, che rimbalza da qualche giorno tra Capitol Hill e il Colle Vaticano, tra le Case Bianche del Potomac e del Tevere. Accostando i leader delle due potenze spirituale e temporale, detentori del soft e dell’hard power. Gli uomini con le chiavi del cielo e dell’inferno nucleare. I macchinisti a cui, nonostante Pechino, il mondo ancora guarda per immettere speranza nella caldaia e comprendere dove va la locomotiva della storia: ora che l’ombra del lame duck o “anatra zoppa”, simbolo di un governo improvvisamente privo di maggioranza, incombe sul prosieguo del loro cammino, dopo le sconfitte di “midterm” del Sinodo e del Congresso, costringendoli a rallentare e a procedere per tentativi, nell’incertezza del terreno e del traguardo.
Sarà che il Sinodo dei vescovi questa volta era composto alla maniera del Senato Usa, secondo un metodo che privilegia gli stati sulla popolazione. Un’assemblea dove tutti dispongono di uguale peso a prescindere dagli abitanti e dai battezzati: un solo membro, il presidente, per ogni conferenza episcopale. Significa che il Brasile, per intenderci, con centosessantacinque milioni di cattolici conta quanto la Nuova Zelanda con cinquecentomila. Così come il Texas e la California, giganti dell’energia e dell’high-tech, inviano a Washington alla Camera Alta solo due senatori, gli stessi del minuscolo Rhode Island o delle lontane, esotiche Hawaii. Un criterio geopolitico omogeneo che quindi per adesso legittima il paragone.
Diverse sono invece le valutazioni e proiezioni che dovremo compiere in vista del prossimo anno, quando i padri sinodali sul modello della Camera Bassa degli States, detta perciò “dei Rappresentanti”, sceglieranno in base al numero delle anime. Con perfetta coincidenza fra registri elettorali e battesimali: e una forte crescita d’incidenza delle nazioni “cattolicissime”. Italia inclusa.
Ai fini delle riforme auspicate da Bergoglio, sarà dunque decisivo l’esito delle primarie 2015 tra i vescovi delle “grandi potenze” cattoliche, a cominciare proprio dagli Usa, che gli hanno voltato la faccia e votato contro durante il sinodo, avallando il parallelismo e offrendoci lo scenario divaricato, se non dilaniato, di due leadership a trazione progressista frenate da un “Congresso” di estrazione conservatrice.
Passando dalle similitudini funzionali alla sostanza politica, con licenza di semplificazione giornalistica, osserviamo che entrambi, Obama e Bergoglio, sono inciampati sulla “riforma sanitaria”. Tutti e due, il Papa nell’ospedale “da campo” della Chiesa e il Presidente negli ospedali d’avanguardia del suo Paese, hanno compiuto una operazione per certi aspetti analoga, mettendo il dito nella piaga e cercando di rendere “più umane” le proprie istituzioni.
“Obamacare” e “Bergogliocare” si riassumono infatti nel tentativo di estendere cure e medicine, spirituali e materiali, sacramenti e salvavita, verso quei settori della società che fino a qui erano rimasti esclusi, non potendo fornire adeguate “assicurazioni”. Economiche, nel caso di molti americani non abbienti, o etiche, con riferimento ai credenti divorziati e alle coppie gay. E senza imporre agli uni e agli altri oneri finanziari o penitenziali insostenibili.
Così facendo però il Papa e il Presidente hanno toccato e intaccato, anche se in ambiti assai diversi, tabù profondamente radicati nell’immaginario dei rispettivi popoli, suscitando enormi attese all’esterno ma sconvolgendo all’interno gli animi dei supporter. A tradirli paradossalmente non sono state le élite reazionarie, ma le periferie che avrebbero dovuto fungere da volano rivoluzionario e invece risultano confuse, disorientate. Da una parte l’America profonda dei paesaggi piatti e delle case di legno, distinta dal cemento dei grattacieli. Dall’altra il popolo delle parrocchie e il clero dei piani bassi, separato dalle curie dei monsignori.
Obama e Francesco hanno agito profeticamente, più che politicamente, lasciandosi prendere dallo slancio e sottovalutando il grado di consenso effettivo di cui le loro proposte godevano nella “middle class”, dove è diffusa la percezione che a fare le spese delle riforme saranno da un lato i contribuenti che pagano le tasse con sacrificio e dall’altro le famiglie “in regola”, che si mantengono fedeli ai principi della dottrina. Sui due versanti dell’Atlantico, nel Congresso e nel Sinodo, si è insinuato il dubbio che Obama sia un presidente “post americano”, come scrivono i suoi detrattori, e Francesco un papa “post conciliare”, nel senso di andare oltre il Concilio stesso. Che cioè il loro modello di America e di Chiesa non coincida con il sentire di buona parte degli elettori, piccoli e grandi.
Come avevamo segnalato su queste pagine il 28 settembre, a una settimana dall’inizio dei lavori, sui temi della famiglia Bergoglio rischiava di perdere, e puntualmente ha perso, il sostegno di quei poteri forti, dai porporati statunitensi all’australiano Pell, suo ministro dell’Economia, che in conclave avevano fatto blocco attorno a lui per debellare l’egemonia italiana. In nome di una discontinuità geopolitica, non ideologica però. Gestionale, non dottrinale.
A Capitol Hill e sul Colle Vaticano, al di là dei nobili intenti che ispirano Obamacare e Bergogliocare, l’apertura delle “porte proibite” si percepisce come una devastante mutazione genetica, provocando il fenomeno di un Senato e di un Sinodo che si sono ribellati a livelli mai visti prima nei confronti di un papa e di un presidente, in modalità diremmo viscerali, come ha riconosciuto Padre Antonio Spadaro, direttore di Civiltà Cattolica, che del pontificato costituisce il più raffinato e certificato interprete dal di dentro. Spadaro non esita in proposito a definire “anomalo” il mancato raggiungimento dei due terzi sui “punti chiave” della Relatio conclusiva, sebbene emendati e sterilizzati, “perché è come se 74 Padri su 183 avessero voluto negare persino la registrazione della discussione di fatto vissuta”. Sottolineando così la natura politica, non teologica, dell’arrocco. Un avvertimento più che una nuova versione del testo.
A questo punto, sempre col beneficio delle analisi comparate, all’orizzonte si staglia una domanda. Per Obama e Bergoglio, sulle due sponde dell’oceano, sarà un anno di battaglia o di mediazione? Davanti al tentativo di abrogare l’Obamacare ad opera del Congresso e confermare le chiusure alla “Bergogliocare”, da parte del Sinodo, il papa e il presidente useranno il veto tenendo duro oppure la moral suasion, accontentandosi di un risultato a metà?
Una risposta che i due probabilmente si scambieranno a settembre 2015, quando in occasione della visita di Francesco negli Stati Uniti, per l’incontro mondiale delle famiglie, si troveranno nello “studio ovale” della Casa Bianca e, complice la geometria del luogo, sapranno dire, e dirsi, se sono riusciti a quadrare il cerchio.

1 commento:

  1. Anatra? hai detto anatra?
    http://www.tubechop.com/watch/3940462
    ;-)

    RispondiElimina

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.