ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 9 dicembre 2014

Ut unum sint ?

Padre Georg: “Il mio Natale con due Papi”

La storia lo ha chiamato a essere testimone discreto e cruciale di avvenimenti inauditi. Prima il maggiordomo infedele, che rubava i documenti dalla scrivania del Papa per passarli alla stampa. Poi la rinuncia di Benedetto XVI. Quindi l’elezione del Papa argentino. La convivenza deidue Pontefici in Vaticano. E lui che è diventato il braccio destro di entrambi. Stiamo parlando dimonsignor Georg Gänswein, nato 58 anni fa in un paesino della Foresta nera (Riedern am Wald, arcidiocesi di Friburgo) e finito, senza volerlo, sotto i riflettori del mondo.
Per la stampa è padre Georg: il bel segretario di papa Benedetto XVI, il George Clooney della Curia. Ammirato e desiderato da tutte le donne. Basta parlare un po’ con lui, però, per rendersi conto di quanto sia lontano da questo stereotipo. Impermeabile alle sirene della mondanità, severo con se stesso, don Georg vive la Chiesa come un servizio e gli ultimi anni sono stati segnati anche da pesanti sofferenze per quanto è accaduto a papa Ratzinger. Riceve Il mio Papa in un salotto attiguo al suo studio, nella Prefettura della Casa Pontificia.
È il cuore della macchina complessa e articolata delle udienze papali, delle visite dei capi di Stato, del protocollo, degli incontri diplomatici. Il crocevia per l’accesso al Pontefice. Un lavoro enorme, da svolgere con tatto e discrezione. Un lavoro di grande fiducia. Al quale si somma, di sera, il suo antico servizio di segretario particolare di Benedetto XVI, che risiede nel monastero Mater Ecclesiae in cima al colle Vaticano. Papa Francesco ci guarda con il suo sorriso mite da un quadro appeso alla parete. Di lato, un meraviglioso trittico medioevale dellaMadonna con il bambino: sintesi efficace di che cosa sia la Curia romana, dove passato e futuro s’intrecciano armoniosamente, tradizione e riforma sono complementari.
Eccellenza, domenica scorsa è iniziato l’Avvento. Quali suggerimenti offre ai lettori di «Il mio Papa» per vivere al meglio la preparazione al Natale?
«L’Avvento è un tempo di preparazione. Non è un valore in se stesso, ma in rapporto a una meta, all’obiettivo che ci prefiggiamo: vivere bene la nascita del Signore. Però non siamo fatti di puro spirito Siamo uomini in carne e ossa. Per questo è importante fissare in queste settimane che precedono il Natale due o tre punti concreti su cui vogliamo migliorare o che desideriamo cambiare. Anzitutto direi di dare più tempo al silenzio interno. Ritagliarci un po’ più di tempo per la preghiera e la lettura della Sacra Scrittura. Quindi fare atti percettibili di carità: accompagnare qualcuno che ha bisogno, visitare un ammalato, dare qualcosa di nostro a chi si trova nella necessità, chiedere perdono dove abbiamo sbagliato».
In Italia, ma non solo, questo è un Natale difficile, con tanti problemi economici. Questo vuol dire che va vissuto soprattutto nel segno della povertà?
«Lo spirito del Natale è uno spirito di gratitudine e di speranza. Però attenzione: non è che in passato o in altri luoghi la situazione fosse tanto migliore. Intendo dire che c’è sempre un’emergenza concreta o una povertà nascosta da soccorrere, una solitudine da “fasciare”, un dolore da consolare. Il dono del Natale sta nel trovare il coraggio di accettare questa sfida: scoprire la gioia del Bambin Gesù, del Signore che viene da noi, in tutte le situazioni che ci troviamo di fronte».
Come vive il Natale papa Francesco?
«Devo confessare che non conosco le tradizioni personali di papa Francesco riguardo al Natale. Sappiamo che è un uomo di preghiera. Ce lo mostra ogni giorno. Perciò penso che a Natale cerchi di avere ancora più tempo per l’incontro con il Signore, più occasioni di raccoglimento. A ciò aiutano le belle e nutrienti celebrazioni liturgiche».
E papa Benedetto XVI come trascorrerà le festività?
«Papa Benedetto sente moltissimo il tempo del Natale. In primo luogo c’è la ricca liturgia che caratterizza questi giorni e dà un “profumo” particolare alle preghiere. Ora ha anche più tempo per meditare il mistero della nascita del Signore».
Vi scambiate i regali con il Papa?
«Ma certo. Con papa Benedetto e con le Memores (laiche consacrate, ndr) che vivono in casa ci siamo sempre scambiati i doni nel pomeriggio di Natale, come vuole la nostra tradizione, anche durante il pontificato».
Che cosa le ha regalato Benedetto XVI il Natale scorso?
«Una bella stola bianca e un libro d’arte religiosa».
E lei che cosa gli ha donato?
«Mi metto sempre insieme con le Memores e cerchiamo di fargli qualcosa di bello e utile: un libro o un capo di abbigliamento o un oggetto per il suo studio».
Mettete delle decorazioni natalizie?
«Sì. Nella nostra Cappella c’è un albero addobbato e un bel presepe. Un altro albero e un presepe si trovano nella sala del soggiorno.
Il Papa Emerito ama moltissimo i presepi e le decorazioni natalizie».
Come trascorrete le feste?
«Come in una famiglia. Papa Benedetto, le Memores e io ci ritroviamo spesso insieme a cantare le liriche natalizie, come è tipico della nostra tradizione. Abbiamo un grosso libro che raccoglie canti tedeschi e italiani. Sentiamo anche alcuni CD con musica natalizia».
Qual è la canzone di Natale che ama di più?
«“Stille Nacht” (“Astro del ciel”), la cantavo fin da bambino».
Preparate il pranzo di Natale?
«Certo. È una parte esistenziale della festa».
L’anno scorso papa Francesco e papa Benedetto hanno pranzato insieme il 27 dicembre a Santa Marta. È previsto un pranzo anche quest’anno?
«Finora non se n’è parlato. L’anno scorso, infatti, papa Francesco ha invitato il Papa Emerito a pranzo a Santa Marta, ma prima ha fatto una visita al Monastero da noi. Nel frattempo Benedetto XVI ha qualche problema con il camminare. E questo forse rende più difficile ripetere quanto è avvenuto lo scorso Natale. Spero tuttavia che papa Francesco abbia un po’ di tempo per venire a trovare papa Benedetto, che ne sarebbe molto felice».
Sente nostalgia delle feste di Natale trascorse con la sua famiglia, nel suo Paese?
«Ormai sono diciotto anni che vivo a Roma. La mia casa è qui. Certamente ricordo con affetto le feste di Natale trascorse in famiglia durante la mia adolescenza. Quando andavamo alla Messadi mezzanotte sotto la neve e poi tornavamo a casa per scambiarci i regali. I canti che facevamo tutti insieme con i nonni, i genitori e i fratelli. Eravamo tre generazioni sotto un tetto».
Lei allora suonava?
«Sì, suonavo il clarinetto e cantavo. Ho sempre amato molto la musica».
Tornerà a casa durante le feste natalizie?
«Vedremo. Gli altri anni sono stato a casa per tre o quattro giorni tra Capodanno e l’Epifania, quando sono sospese le udienze del Papa, tranne l’Udienza generale del mercoledì. Ho un papà molto malato di 93 anni ricoverato in una casa di cura e una zia di oltre 90 anni che vive a casa con una badante. Poi ci sono i miei fratelli e sorelle e le loro famiglie, i parenti e gli amici. Sento molto il valore e la vicinanza della famiglia. Mi fa bene passare un po’ di tempo con loro».
Il Natale del 2012 è stato molto particolare. Lei già sapeva che sarebbe stato l’ultimo Natale di Benedetto XVI da «Papa regnante », prima della rinuncia?
«Sì, lo sapevo. Naturalmente dovevo tenere il segreto».
In cuor suo, lei sperava che il Papa ci avrebbe ripensato e non avrebbe dato le dimissioni? 
«Chi conosce papa Benedetto sa che è un uomo che quando prende una decisione non torna più indietro. Non ha ripensamenti. Ero triste nel mio cuore, ma non potevo mostrare nulla all’esterno».
In che modo Ratzinger le ha comunicato la sua decisione?
«Mi ha chiamato. Eravamo soli. E mi ha detto che dopo aver riflettuto e pregato molto era giunto “Coram Domino” a una decisione di grande importanza: per il bene della Chiesa voleva rinunciare al ministero petrino. Ha sottolineato che questa decisione è stata presa in piena libertà e consapevole delle gravi conseguenze».
Ha domandato il suo parere? Si è consigliato con lei?
«Veramente no. Quando me l’ha detto, la decisione era già presa».
Altri erano già al corrente?
«Solo due persone. Anche loro tenute al segreto pontificio».
Lei come ha reagito?
«Ero scioccato. Volevo contraddire, ma senza successo. Ho impiegato molto tempo per digerire questa decisione. Mi ha aiutato molto vedere la serenità e la determinazione con la quale papa Benedetto ha fatto e vissuto questa scelta, sorretto dalla fede e dalla grazia del Signore».
Si è confidato con altri, prima che Benedetto desse l’annuncio al mondo?
«Solo una volta ho parlato con una delle due persone che lo sapeva. Per farmi coraggio, anzi per farci coraggio a vicenda».
Che cosa pensa di quanti oggi affermano che in realtà il Papa legittimo sia ancora Benedetto, che non avrebbe rinunciato al papato, ma solo all’esercizio attivo di esso?
«Ritengo che sia una sciocchezza teologica e anche logica. Il testo della rinuncia di Benedetto XVI, pronunciato l’11 febbraio 2013 nella Sala del Concistoro, è inequivocabilmente chiaro. Non c’è niente da “interpretare”. Alla rinuncia seguiva la Sede vacante, poi il Conclave e alla fine l’elezione del nuovo Papa. Il Papa legittimo si chiama Francesco».
A distanza di quasi due anni ha compreso più a fondo le ragioni della scelta di Benedetto XVI?
«Sto capendo sempre meglio…Nell’omelia della Messa di inizio pontificato, il 24 aprile 2005, papa Benedetto XVI aveva detto: “Pregate per me, perché io non fugga, per paura, davanti ai lupi”. Nel suo pontificato non è fuggito davanti ai lupi. Li ha affrontati con coraggio, con determinazione e con forza. E con lo stesso coraggio, con la stessa determinazione e con la stessa forza, ha preso una decisione eccezionale quando ha sentito che le forze venivano meno».
Come vive il suo servizio a due Papi contemporaneamente?
«È un bel dono. E nello stesso tempo anche una bella sfida».
Come è organizzata la sua giornata?
«Il giorno comincia con la Santa Messa insieme con papa Benedetto, segue il tempo per la preghiera, il breviario e la colazione. Dopo vado in Prefettura e inizio il mio servizio accanto a papa Francesco: ci sono le udienze, gli incontri ufficiali e così via. Terminati questi appuntamenti, torno in ufficio per preparare gli impegni successivi. All’ora di pranzo faccio rientro al monastero per desinare con papa Benedetto. Dopo mangiato facciamo una piccola passeggiata, segue un breve riposo, poi recitiamo insieme il Rosario camminando nei Giardini Vaticani. Dopo torno di nuovo in ufficio per abbassare la montagna della posta, firmare lettere, ricevere persone. Verso le 19.30 torno a casa per cenare con papa Benedetto e le Memores. La sera poi è il tempo per fare il segretario del Papa Emerito: sbrigare la posta arrivata e preparare tutto per il giorno seguente».
Quanto tempo le rimane per sé?
«Pochissimo, praticamente nulla. È questo il prezzo da pagare».
E il tempo per le sue passeggiate in montagna o per andare a sciare o giocare a tennis?
«Le escursioni in montagna sono diventate molto rare, purtroppo. Dall’11 febbraio 2013 non ho più giocato a tennis. Per non parlare dello sciare».
I suoi “superiori” non glielo consentono?
«La domanda non è quella. Dipende da me e non dai miei “superiori”. Dovrei trovare il modo migliore per organizzarmi e prendere un po’ di tempo per riposare».
Questo è uno dei suoi propositi per il nuovo anno?
«Esattamente. Avere più tempo per ricaricarsi durante la settimana significa alla fin fine anche poter servire al meglio la Chiesa. Ma ripeto, dipende da me».
Qualcuno scrive che papa Francesco starebbe pensando di inviarla come arcivescovo in qualche diocesi tedesca. È possibile? Quanto tempo ancora resterà in Vaticano?
«A più riprese alcuni giornali mi hanno spedito in diverse diocesi tedesche: da Friburgo fino ad Amburgo, passando per Monaco e Berlino. Tutto inventato, stupidaggini. Il fatto è che sto e starò qui in Vaticano. Il tempo è nelle mani del Signore».
Nella sua vita di sacerdote, quanto ha pesato il suo aspetto fisico? Sentirsi addosso gli occhi delle donne?
«È ora di sdrammatizzare. Al principio sì, mi ha colpito quando mi paragonavano all’attoreGeorge Clooney o ad altri personaggi del cinema. Ci ho riso un po’ su. Poi ho cominciato a non farci più caso. So che c’è chi si ferma all’aspetto fisico. Ma sta a noi fare comprendere che dietro c’è dell’altro, qualcosa di più spirituale e profondo che è assai più importante».
Com’è il suo carattere, qualche volta si arrabbia?
«Sono una persona che avverte molto il senso del dovere. Qualche volta anche troppo. Perciò può capitare che mi arrabbio, se vedo un lavoro fatto male o noto una mancanza di attenzione o di rispetto circa competenze e responsabilità».
Papa Benedetto invece non si inquieta mai e non alza mai la voce?
«No, mai. È un uomo molto mite. Ma questo non significa che non sia una persona ferma e decisa. Non sente il bisogno di alzare la voce. Piuttosto quando abbassa il tono significa che ci tiene davvero a far notare qualcosa che non va».
E papa Francesco? È vero che ogni tanto strilla?
«Non lo so. Con me non ha mai alzato la voce. Però se c’è qualcosa che gli sta particolarmente a cuore può “infuocarsi”».
di Ignazio Ingrao

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http://www.miopapa.it/monsignor-ganswein-natale-gioia-papi/

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