ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 9 dicembre 2014

La prova del nove

Intervista a don Emanuel Du Chalard su alcune questioni di attualità         di don Massimo Sbicego

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Mi sono permesso di intervistare in questi giorni don Emanuel Du Chalard circa alcuni temi d’attualità: mons. Lefebvre ed il sacerdozio; la crisi degli uomini di Chiesa; i Francescani dell’Immacolata e le relative suore; ma anche sulla missione in Asia e la vita religiosa tradizionale. Vorrei ringraziarlo sin d’ora per la generosità nel rispondermi seppur in viaggio per l’India.
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zzdmmndchlDon Emanuele, Lei è stato uno dei collaboratori più stretti di mons. Lefebvre, sin dall’inizio; personalmente l’ho avuta come predicatore al ritiro sacerdotale di Ecône e ho potuto gustare lo spirito dei nostri statuti. Qual era l’animo di Monsignore verso il sacerdozio, cos’era per il lui il sacerdote?
Prima di tutto, non direi che fui “collaboratore stretto” di Mons. Lefebvre. E’ vero che l’ho conosciuto praticamente fin dall’inizio della fondazione della Fraternità, essendo entrato ad Ecône nel settembre del ’70, anno di apertura del seminario. Poi ho avuto contatti regolari con lui visto che, da una parte veniva abbastanza regolarmente a Roma, più volte l’anno, dall’altra era interessato a sapere quello che succedeva a Roma, niente di più.

Parlare di mons. Lefebvre o del sacerdozio è un tutt’uno. Non solo egli era l’esempio della pienezza sacerdotale (che è l’episcopato) ma era anche, come fu scritto, “Doctor” o “Maestro”  in sacerdozio. Quante prediche, quante conferenze, quanti ritiri sul sacerdozio! Aveva un vero amore del sacerdozio, come un grande dono di Nostro Signore.
Sappiamo che non poteva parlare del sacerdozio senza parlare della Messa. “Non c’è Messa senza sacerdote, non c’è sacerdote senza Messa” ripeteva volentieri. La S. Messa, essendo la riattualizzazione del sacrificio di Nostro Signore sull’altare, è l’opera della redenzione chi si realizza ogni volta, di nuovo, oggi. E “redenzione” vuole dire salvezza delle anime, salvezza del mondo.
Il nostro fondatore, grande missionario, diceva che la S. Messa e la bella liturgia sono essenzialmente missionarie. La S. Messa è il più grande tesoro della Chiesa, se si perde il suo significato, si perde tutto. Tutto ha cominciato a crollare nella Chiesa quando si è perduto il senso della S. Messa e questo accadde con la riforma liturgica.
Una vera riforma liturgica avrebbe dovuto consistere nel ritrovare il vero significato della Messa e tutta l’infinita ricchezza della Liturgia. Tutto il successo dell’opera di Mons. Lefebvre riposa soprattutto su questo.
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Spesso constatiamo come l’attuale crisi della Chiesa sia in realtà una crisi anzitutto degli “uomini di Chiesa”, principalmente dei sacerdoti. Li vediamo a volte smarriti, altre fin troppo “originali”, molto spesso banali, quasi appiattiti nel sentire comune, in una parola “mondani”. Quali i “punti dolens” dell’attuale crisi del sacerdozio?
Il motivo principale della crisi del sacerdozio è la perdita dell’identità sacerdotale. Molti sacerdoti non sanno “cosa sono”, “perché sono sacerdoti”; è la conseguenza del fatto che non sanno che cosa è la S. Messa.
Se uno conosce un po’ il mistero dell’altare, necessariamente capisce la grandezza e l’importanza del sacerdozio. Il Pontificale, quello tradizionale almeno, è molto chiaro nelle monizioni che fa il Vescovo in occasione della cerimonia di ordinazione: il sacerdote è fatto per celebrare la S. Messa per i vivi e i morti.
Mi ricordo che una volta, prima di una riunione di sacerdoti amici, ho chiesto ad un religioso di che cosa avessero bisogno quei sacerdoti, la risposta fu immediata: “spiega loro che cosa è il sacerdozio, perché non lo sanno”. Questo mi colpì molto e insieme mi fece comprendere che i sacerdoti, senza loro colpa, sono stati privati di una vera formazione sacerdotale.
Conosce il libro: “Santità e Sacerdozio”, scritto a partire dai testi di Mons. Lefebvre, ebbene, fu letto da parecchi sacerdoti e prelati e proprio un prelato, ordinato sacerdote negli anni settanta, mi confidò con grande tristezza: “perché nessuno ci ha mai spiegato queste cose?”
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I sacerdoti giovani sono a volte i più imprudenti nella pastorale, sono molto “giovanili” ma senza bussola, a volte; eppure spesso cercano una direzione nella Tradizione. Quali speranze dal giovane clero?
Non sarei troppo severo con il giovane clero che s’interessa alla Tradizione, molti studiano e leggono buoni libri, esercitano il loro ministero in modo non indifferente presso le anime, fanno quello che possono. Altri potrebbero fare molto di più: il lorohandicap non è la mancanza di generosità, ma di formazione. Semplicemente non conoscono tutti mezzi necessari per ottenere il massimo dalle anime.
In seminario gli hanno insegnato che il primo modo di santificazione è buttarsi nell’apostolato, questo si trova anche nel Codice di diritto Canonico dell’83, e per questo manca spesso una vera vita spirituale.
Secondo la Tradizione e tutto il Magistero, il sacerdote è prima di tutto un uomo di preghiera con degli obblighi molto bene espressi nel diritto canonico del 1917; poi viene l’apostolato.
L’apostolato senza la preghiera è un “mulino a vento”, molti sforzi e agitazioni ma senza veri frutti. San Pio X nell’Esortazione Apostolica Haerent animo l’ha spiegato molto bene.
Sempre di più, un po’ in tutto il mondo, vi sono seminaristi e giovani sacerdoti che si interessano alla Tradizione. Sono convinto che se il Signore suscita e permette questo, è senz’altro per preparare il terreno ad un prossimo ritorno alla Tradizione.
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Uno sguardo di speranza si era concentrato attorno alla congregazione dei Francescani dell’Immacolata; spesso sono stati accusati di “cripto-lefebvrismo” eppure le loro posizioni sulla Messa, sul Concilio, sulla situazione della Chiesa sono piuttosto diverse dalle nostre. Che Le sembra?
Più che la questione della S. Messa o del Concilio, sembra che in fondo quello che non è accettato e tollerato della parte della Congregazione dei Religiosi, sia la vita religiosa tradizionale così come fu vissuta per secoli in tutti gli ordini religiosi.
Lo si capisce bene leggendo diverse interviste e scritti dei responsabili della vita religiosa o di quelli che si occupano dell’anno consacrato alla vita religiosa. Per costoro l’unico vero problema sembra essere l’attaccamento e la fedeltà eccesiva ad una forma passata di vita religiosa che impedisce una vera riforma.
Questi novatori non sembrano più preoccupati della santificazione personale, del rispetto dei voti, della vita di preghiera o della mortificazione. che sono i fondamenti di ogni vita religiosa seria.
Tornando ai francescani dell’Immacolata, certamente il fatto di aver apprezzato il motu proprio di Papa Benedetto XVI in favore della S. Messa tradizionale e l’aver pubblicato degli articoli che ridimensionavano l’autorità del Concilio Vaticano II, furono facili pretesti per colpirli.
In fondo quello che non era accettabile era l’esemplarità della loro vita religiosa, la serietà e la fedeltà alla Regola: un rimprovero implicito per gli altri ordini religiosi, soprattutto per i figli di San Francesco.
E’ possibile che ci fossero dei problemi di governo, non lo so, è quello che si dice, ma quale congregazione religiosa è senza difficoltà? Questo è umano: in questi casi l’autorità  corregge, non distrugge!
In fondo i Francescani dell’Immacolata sono una specie di “prova del nove”, la prova del fallimento delle riforme conciliari: quest’ordine che viveva una reale povertà, una vita di preghiera intensa e una penitenza seria, era l’opposto di quelle riforme che cercavano invece una vita più facile e più aperta al mondo; in più attirava le vocazioni e queste aumentarono quando si manifestò una certa simpatia per la S. Messa tradizionale.
Chi si allontana della Tradizione va verso la sterilità, chi si avvicina alla Tradizione è fecondo. Si giudica l’albero dai frutti, dice Nostro Signore. Ma, piuttosto di vedere in essi un segno della Providenza per uscire da questa crisi della vita religiosa, si è preferito distruggerli, secondo quanto afferma Nostro Signore nel Vangelo, come fecero gli ebrei nel Vecchio Testamento ammazzando i veri profeti che le richiamavano all’ordine.
Chi ha partecipato dall’interno e dal di fuori alla loro distruzione, si è fatto complice di un’opera satanica: è il meno che si possa dire …
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Nonostante questo il commissariamento prima, le epurazioni in seguito, direi la persecuzione, hanno del parossistico in un clima ecclesiale che, ameno superficialmente, è tutto apertura e misericordia. Lei che idea si è fatto in merito?
Non ho seguito da vicino tutto quello che è successo dall’inizio fino ad oggi. Ma è chiaro che la durezza dei provvedimenti e il modo di fare ignorano non solo la carità e la misericordia, ammesso e non concesso che vi fossero dei peccati, ma anche la giustizia e il rispetto delle  persone tanto esaltato dal Concilio e dal Codice Canonico del 1983.
Purtroppo questo modo di fare non è l’eccezione da parte della Congregazione dei Religiosi. Vi sono tanti altri casi che, se portati a conoscenza dei fedeli, provocherebbero un vero scandalo e sarebbero occasione di vergogna per questi “uomini di Chiesa” che usano del loro potere contro ogni giustizia.
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Per le religiose le indiscrezioni sulla relazione della visitatrice mi hanno personalmente scandalizzato; vi si afferma che “le suore pregano troppo, fanno troppa penitenza, e che le contemplative sono “troppo in clausura”, che hanno urgente bisogno di un programma di “rieducazione” secondo i criteri del Vaticano II”. Monasteri di rieducazione forzata: è questa la vita religiosa?
Di questo non so direttamente nulla; posso solo dire che da anni ormai non è più apprezzata per il suo giusto valore la vita religiosa, specialmente contemplativa. Molti Vescovi fanno pressione presso le suore di clausura affinché siano “più aperte”, ricevano gruppi,  scolaresche, gruppi di preghiera, siano all’ascolto dei fedeli etc. …
Da anni, anche prima del Concilio, si è esaltata la vita matrimoniale fino al disprezzo, almeno implicito, della verginità consacrata; in realtà la vita consacrata è superiore al matrimonio.
Per i novatori l’uomo o la donna trovavano la loro vera e totale realizzazione nella vita matrimoniale come se la verginità consacrata o il celibato fossero una mancanza all’essere pienamente uomo o donna. E’ assurdo! Con questo si é finito per distruggere non solo la vita consacrata ma anche il matrimonio stesso come è voluto da Dio.
Non sappiamo che cosa ci riserva l’anno della vita religiosa per le contemplative, ma c’è molto da temere. Questi conventi sono i veri fari e parafulmini della Chiesa; distruggerli è precipitare la Chiesa nell’abisso.
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Cambiando tema. In questi tre anni abbiamo visto avviarsi il pre-seminario di Albano, bravi giovani si sono avvicinati, verificati, alcuni si sono infine decisi per il seminario. Qualche parola sulla formazione iniziale delle vocazioni.
Benché le vie del Signore siano infinite, la culla naturale delle vocazioni è generalmente la famiglia cattolica, poi l’esempio di veri e santi sacerdoti nella parrocchia. Ha avuto sempre un ruolo determinante anche il servizio liturgico come chierichetto là dove ci si avvicina all’altare con grande rispetto … la liturgia tradizionale dava il senso del mistero e del sacro. Oggi per molti tutto questo non si trova più.
L’ideale della famiglia cattolica era la famiglia numerosa, sempre considerata come una gloria per la Chiesa. Le famiglie numerose poi sono generalmente fonte di numerose vocazioni. Nella Fraternità non mancano gli esempi in questo senso. Potremmo chiederci peché questa relazione tra famiglia numerosa e vocazioni?
Una famiglia numerosa richiede ai genitori spirito di generosità e di sacrificio, ai figli la capacità di condividere, di rinunciare … non possono vivere da egoisti, i più grandi poi devono aiutare i più piccoli, quale modo migliore per educare allo spirito di sacrificio e di servizio.
La vocazione è anzitutto una risposta alla chiamata di Dio a sacrificarsi, a lasciare tutto per seguire il Signore. Chi non è abituato a sacrificarsi difficilmente potrà rispondere alla Sua chiamata.
D’altra parte la vita del seminario è una vita regolare e comunitaria. Se uno non vi è abituato, all’inizio può essere molto difficile, quasi impossibile.
Per tutto questo sempre di più nella Fraternità si diffondono i pre-seminari: al fine di verificare e consolidare la vocazione, ma anche per abituare, poco a poco, ad una vita regolare e comune.
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Il Signore è insuperabile nel bene, che dire ai ragazzi che pensano alla vocazione?
Come diceva mons. Lefebvre: l’Italia è un paese di vocazioni. Io stesso ne so convinto per tante ragioni. Soprattutto la vocazione è opera del Signore.
Molti di questi ragazzi non vengono della Tradizione. Le vie più varie, li conducono al seminario. Sono veri miracoli di Dio!
La vita sacerdotale è la vita più bella che possa esistere su questa terra e ci può dare piena soddisfazione. Che si può fare di più bello e di più grande che celebrare il Santo Sacrificio ogni giorno e divenire così strumento di salvezza e di santificazione delle anime, attraverso i sacramenti e la predicazione? Certamente nessuno ne è degno, né lo può pretendere …  serve proprio una chiamata di Dio, una chiamata di Nostro Signore.
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Guardando alle attuali vicende della Chiesa, al Sinodo Straordinario, alle infelici uscite di qualche Vescovo, dal punto di vista umano a volte rimaniamo perplessi, confusi, amareggiati, il tempo invece ci fa scorgere l’azione della Provvidenza di Dio …
I quindici giorni del Sinodo sono stati giorni drammatici per la Chiesa. Giorni  neri e dolorosi nei quali la Chiesa è stata umiliata agli occhi di tutto il mondo.
Si sono visti successori degli apostoli, non solo mettere in dubbio l’insegnamento di Nostro Signore, ma contraddire esplicitamente il Vangelo. Non si tratta di complesse questioni dottrinali ma di limpida e semplice dottrina che tutti possono capire; certi aspetti riguardavano la legge naturale che si può conoscere e accettare anche con la sola ragione. Di fatto molti, anche non praticanti, sono restati molto perplessi da questo Sinodo.
Dio è al di sopra delle vicende di questo povero mondo e al di sopra anche del tradimento di tanti uomini di Chiesa: nessuno Gli potrà impedire di fare ugualmente il bene alle anime, non solo, Dio potrà trarre dal male il bene.
Il rovescio della medaglia è tuttavia che il Sinodo è stato occasione per alcuni Prelati coraggiosi di alzarsi ed unirsi in difesa della buona Dottrina: questo mi è stato di grande conforto. Questo loro prendere posizione è stato di grande incoraggiamento per molti cattolici che ancora pensano bene e soffrono di fronte a certe deviazioni, anche se non lo manifestano apertamente.
Un altro aspetto molto positivo sta nel constatare che tante brave persone, specialmente giovani, sono alla ricerca della verità e di una autentica vita cristiana.
Più la situazione sembra disperata, più si manifestano queste anime alla ricerca della buona dottrina. La Tradizione è per loro il faro sicuro.
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Lei è personalmente coinvolto nella missione in India e questa nostra intervista si conclude per e-mail, stante Lei in loco; com’è l’India, quali speranze per il cattolicesimo nel grande continente indiano?
L’India è immensa, con quasi un miliardo e trecento cento milioni di abitanti. La percentuale dei cattolici è infima, l’ 1,5%.
Umanamente nella condizione nella quale si trova oggi la Chiesa, ci sarebbe da disperare;  il modernismo, come in quasi tutto il mondo, è presente nel clero e dunque viene a mancare lo zelo missionario.
Ciò fa tanto più pena, in quando l’indiano ha una dimensione religiosa naturale, innata, che facilita molto le conversioni. In più la povertà (che non vuole dire miseria, pure presente) è un vantaggio per la fede. Vediamo nei nostri paesi come le ricchezza e un benessere esagerato non favoriscono la fede ma piuttosto il suo abbandono.
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Com’è la vita religiosa delle nostre suore in India, la loro missione, la loro giornata? Che cosa la colpisce di più della loro vita consacrata a Dio e dedita al prossimo?
In mezzo ad un mondo molto pagano, è edificante vedere un opera pienamente cattolica.
Questo orfanotrofio tenuto dalle suore Consolatrici del Sacro Cuore si trova nell’estremo sud dell’India, a dieci minuti dal priorato della nostra Fraternità.
Ci sono tre suore professe, due novizie, una postulante, tre volontarie, cinquanta bambine, dodici donne anziane o handicappate, più il personale per la cucina, le pulizie e per l’allevamento delle cinque vacche e dei vitelli.
In tutto sono un’ottantina di persone completamente a carico delle suore, non solo per il vitto, ma anche per le cure, visto che non esiste l’assistenza sanitaria; c’è da provvedere inoltre per gli studi delle bambine e il mantenimento di tutta la struttura. Non esistono sovvenzioni, l’opera va avanti affidandosi unicamente alla Divina Providenza.
E’ un miracolo permanente, grazie anche alla generosità dei nostri amici, benefattori, lettori on-line.
Ma l’aspetto più edificante è la vita quotidiana delle suore e degli ospiti, fatta non solo di carità ma anche di preghiera, una preghiera alla quale partecipano tutti quelli che sono in casa, in particolare alla S. Messa e S. Rosario quotidiano.
Tanto più edificante se pensiamo che le bambine e le anziane presenti nella struttura non sono necessariamente cattoliche bensì sono accolte dalle suore in funzione dei loro problemi di salute, piuttosto che di disagio morale o sociale. Attualmente diverse delle ospiti sono ancora Indù, ma bisognerebbe vedere come pregano e seguono la S. Messa. Praticamente tutte alla fine giungono a domandare il Battesimo.
La vita delle suore è un esempio per tutti: sono il motore spirituale e materiale della casa.
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La ringrazio per le riflessioni che ci ha proposto.
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fonte: sito della Fraternità Sacerdotale San Pio X

–  di don Massimo Sbicego



Redazione

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