ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 31 gennaio 2015

Il padrone del mondo

        Ma Bergoglio ha mai letto “Il padrone del mondo”?

Lord_of_the_World_book_cover_1907
di Luca Fumagalli 
Pare proprio che tra Bergoglio e i romanzi di R. H. Benson sia stato amore a prima vista. Non solo Il padrone del mondo è entrato a far parte della collana delle edizioni RCS “La biblioteca di Papa Francesco”, ma nelle ultime settimane l’argentino ha invitato nuovamente a rileggere le pagine del capolavoro bensoniano. Eppure, chiunque abbia avuto la fortuna di apprezzare il libro più famoso dello scrittore inglese, non può che porsi una domanda: ma Bergoglio ha davvero letto il romanzo?

Il padrone del mondo è un racconto distopico che narra di un futuro in cui il cattolicesimo è messo alla berlina e la Chiesa è sull’orlo dell’estinzione. La nuova ideologia umanitaria, che pretende di sostituire l’uomo a Dio, ha spalancato le porte all’apostasia e al peccato. L’eutanasia, l’aborto e le persecuzioni religiose sono l’esito di una cultura della falsa tolleranza che, con intuizione profetica, risulta essere non troppo dissimile da quella dei nostri giorni. Quando la decadenza raggiunge l’apice, ecco che Felsenburgh, un politico misterioso che presto assume i caratteri dell’Anticristo biblico, riesce a ottenere il potere su tutta la terra con l’unico scopo di sradicare la Chiesa di Cristo.
Il romanzo, scritto sotto il pontificato di San Pio X, dipinge un’immagine del cattolicesimo radicalmente opposta a quella propugnata da Francesco.
Nel corso della trama, infatti, Benson insiste a più riprese sulla netta divisione tra mondo e Chiesa. Il criterio della mondanità è ritenuto pericoloso per l’anima, frutto di un complotto contro il bene che ha come unico scopo quello di soffocare ogni istinto spirituale. Anche i valori laici come la solidarietà e il rispetto a cui spesso Bergoglio fa appello, ne Il padrone del mondo sono presentati sotto una cattiva luce,  perché sono solo un paravento che non può nascondere a lungo l’astio del liberale contro la verità. Si tratta dunque di un “grande divorzio” – per citare il titolo di un celebre romanzo di C. S. Lewis – che si consuma per il trionfo di Cristo e che interpella una Chiesa che è radicalmente militante, che non ha nulla a che fare con l’ideologia postconciliare della comunità pellegrinante, in cammino verso un orizzonte veritativo che sfugge a tutti.
Ben lungi dall’abbraccio al mondo di cui Bergoglio è ormai diventato testimone illustre, nella sua distopia Benson si immagina addirittura che le varie chiese o sette cristiane siano state riassorbite dalla Chiesa di Roma, l’unica che davanti alle tentazioni della modernità si è dimostrata un baluardo forte e credibile.
L’attacco al modernismo e alla massoneria è l’ultimo sigillo di un’opera radicalmente antimoderna che con Francesco non ha nulla a che spartire: dalla sconfessione del proselitismo all’ecumenismo, dai mea culpa alle strizzatine d’occhio al pensiero dominante (l’ultima dei cattolici paragonati a conigli è a dir poco disgustosa), sorge quasi il sospetto che Bergoglio e Benson  appartengano a due religioni differenti.
Del resto se si legge la prefazione al romanzo nell’edizione RCS, ad opera di un ex studente del gesuita, si trova scritto: «La vita, come la propone il materialismo militante, sarebbe il paradiso terreno del consumo smisurato. Coloro che non vi possono accedere (la maggior parte) sarebbero condannati all’inferno terreno. Da qui parte l’avvertimento di Francesco, il suo richiamo alla povertà».
Se è davvero così misero e banale il motivo per cui vale la pena leggere Il padrone del mondo, quasi fosse un improbabile manifesto per una sorta di pseudo-teologia della liberazione del XXI secolo, davvero lasciate perdere. Credo che R. H. Benson abbia diritto a ben altra qualità di lettori.

  Bensonfumagalli

1 commento:

  1. Ho più volte letto "Il padrone del mondo" trovandovi sempre nuovi spunti di riflessione, di esame di coscienza e tanta edificazione. Ritengo che citarlo possa essere un modo di "silenziare" i cosiddetti "tradizionalisti", nominando uno degli autori a loro più congeniali, senza correre troppi rischi! Infatti quale cattolico moderno potrebbe trovare la Chiesa descritta da Benson familiare alla Chiesa nella quale vive? Quella Chiesa viene tacciata di trionfalismo, di oscurantismo, di vivere in un passato oscuro che non può tornare. Un cattolico moderno leggendo il libro si troverebbe a sbadigliare copiosamente...e se avesse la forza di arrivare a metà si troverebbe nella condizione di dare ragione al partito di Felsenburgh nel suo desiderio di pace e stabilità mondiale. Un romanzo che, se non supportato da adeguata preparazione, risulta illeggibile ed incomprensibile ai giorni nostri. Il "tradizionalista" invece viene quasi confortato dalla citazione del vescovo di Roma, si confonde, comincia a pensare che se il VdR cita quel libro forse non è così progressista...comincia a pensare di sbagliarsi sul giudizio negativo e magari prende tempo per approfondire la "dottrina" che viene seminata continuamente da Santa Marta. Potrebbe anche pensare che se il VdR cita Kasper potrebbe essere perché si può prendere del buono anche da quel cardinale, e cade in confusione. Prego perché la citazione di questo bel libro non sia un cavallo di Troia gettato tra le mura delle cittadelle delle nostre anime...sarebbe diabolico...e questo non lo voglio pensare! Ma confesso il mio turbamento e la mia paura...e grido "Signore, alla tua Luce vediamo la Luce".

    Viva Cristo Re,
    Daniele.

    RispondiElimina

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.