Le posizioni di papa Francesco in campo economico continuano a suscitare dibattito, come hanno mostrato i precedenti post. Ma è discussione aperta anche sui suoi atti politici.
Dal Cile il professor Carlos A. Casanova, del Centro per gli studi tomistici della Universidad Santo Tomás, nel reagire vivacemente a chi addebita come un limite e una colpa a Jorge Mario Bergoglio il suo essere latinoamericano, mette a fuoco un caso di cui ha una conoscenza diretta, quello del Venezuela, dove a suo giudizio il papa ha indebolito, invece che sostenuto, la coraggiosa azione dei vescovi contro la deriva “totalitaria” dei regimi prima di Chávez e oggi di Maduro.
In particolare, Casanova mette in luce il contrasto tra la dichiarazionepubblicata dalla conferenza episcopale venezuelana il 2 aprile e il messaggiodi papa Francesco letto pochi giorni dopo dal nunzio vaticano in Venezuela in un incontro tra Maduro e alcuni esponenti dell’opposizione.
Nella loro dichiarazione i vescovi denunciavano “come causa fondamentale della crisi che vive il Venezuela la pretesa del partito di governo e del presidente Nicolás Maduro di imporre il cosiddetto ‘Plan de la Patria’, dietro il quale si nasconde l’instaurazione di un governo totalitario”.
Ma di questa denuncia non c’era traccia nel messaggio papale, di stile squisitamente diplomatico.
Il nunzio apostolico in Venezuela è oggi Aldo Giordano, ma prima di lui lo era stato Pietro Parolin, l’attuale segretario di Stato.
L’attenzione che papa Francesco ha per questa nazione è stata attestata nel 2014 da un suo ulteriore messaggio inviato in settembre al consiglio nazionale dei laici del Venezuela, in occasione della settimana della pace, e da un appello alla riconciliazione letto al termine dell’udienza generale del 26 febbraio, in piazza San Pietro.
Ma ecco cosa ci scrive il professor Casanova.
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Gentile Magister,
in un suo post del 22 dicembre un teologo anglofono ha criticato gli ultimi tre papi a causa della loro presunta mancanza di comprensione delle questioni economiche. Questo aspetto è già stato contestato e discusso, quindi lo lascio da parte. Ma c’era un altro aspetto che non è stato discusso e dovrebbe esserlo.
Ha detto quel teologo che “la mancanza di coerenza di papa Francesco è radicata nel suo essere latinoamericano. Egli è come tanti demagoghi del Sud e del Centro America. Non ha una coerente comprensione dell’economia”.
Io sono un filosofo del Venezuela e ho scritto dei libri di filosofia della politica. Ora vivo in Cile avendo dovuto abbandonare il mio paese dodici anni fa, perché minacciato dalla polizia politica. Così trovo il citato passaggio offensivo. Penso che questo teologo stia soltanto esprimendo i suoi pregiudizi sull’America latina, che ha probabilmente raccolto dai media.
Il Venezuela è un paese che nel 1998 aveva pagato un decimo del proprio ingiusto debito estero riducendolo a 27 miliardi di dollari. Aveva petrolio, come tutti sanno, ma aveva anche i migliori centri di ricerca sul petrolio e sulla chimica applicata al petrolio, aveva università molto buone, aveva un buon sistema di sanità pubblica. Se uno visitava la Repubblica Dominicana, ad esempio, e andava in un supermercato, molti dei prodotti erano “made in Venezuela”. La nostra agricoltura era in crescita. La nostra industria era un concorrente serio per qualsiasi altra nei Caraibi e in America Centrale. Avevamo creato l’OPEC. Avevamo sconfitto i comunisti prima in Venezuela e poi in America Centrale.
Hugo Chávez salì al potere nel 1998 al termine di una lunga campagna mediatica che era nata nel 1982, finalizzata a minare il sistema politico e il suo prestigio. Penso che sia accaduto qualcosa di simile a ciò che avvenne in Russia dal 1901 al 1917 e che Solgenitsin ha raccontato ne “La ruota rossa”. Naturalmente c’erano dei problemi e c’era la corruzione come in tutti i governi umani, ma la repubblica era un bene di alto valore e la gente voleva solo una riforma della repubblica, non la sua soppressione. L’avvento al potere di Chávez è stato un disastro tragico e di proporzioni senza precedenti nel mio paese. Forse solo i massacri fatti da José T. Boves nel 1813 sono paragonabili alla devastazione sistematica scatenata dai comunisti in Venezuela.
La nostra popolazione si è opposta alla tirannia molto coraggiosamente e la maggior parte della gente rifiuta la tirannia. A partire dal 1998 non ci sono più state delle elezioni regolari in Venezuela. Le elezioni del 1999 dell’assemblea costituente sono state condotte in modo disonesto. Le ultime elezioni nelle quali si poteva misurare la vera popolarità del regime hanno avuto luogo nel dicembre del 2005. Ma i leader dell’opposizione che erano oppositori veri si sono ritirati dalle elezioni. Il risultato è stato una schiacciante astensione dei votanti. Ma anche fra i voti espressi il 30 per cento sono stati nulli, nonostante la paura della repressione: molti infatti pensano che il nostro voto in Venezuela non sia segreto.
I vescovi del Venezuela vogliono bene alla loro gente e hanno resistito ai tentativi del governo di creare una sorta di “Chiesa patriottica” di tipo cinese. Chávez ha cercato di tirare dalla sua parte il vescovo di San Cristóbal, Mario del Valle Moronta Rodríguez, vicino alla teologia della liberazione, ma questo prelato non si è piegato. Così, Chávez ha fatto ordinare “vescovi” dal vescovo anglicano Leonardo Marín Saavedra tre sacerdoti venezuelani che avevano abbandonato il loro ministero. Il suo obiettivo era di creare una “Iglesia Católica Reformada de Venezuela“. L’esperimento è rimasto senza successo, perché questa “Iglesia”, ripetutamente condannata dai vescovi venezuelani, non ha avuto alcun seguito.
Nel 2014 ci sono stati mesi di agitazione. Il governo di Nicolás Maduro, il successore di Chávez, ha traballato. I vescovi si sono schierati con la gente e hanno pubblicato una dichiarazione attestante che l’agitazione era dovuta ai tentativi del governo di instaurare un regime totalitario.
In quel contesto, il governo cileno ha promosso una tavola rotonda per salvare il regime di Maduro. L’11 aprile, pochi giorni dopo la dichiarazione dei vescovi, c’è stata una sessione di questa tavola rotonda, presente Maduro. I rappresentanti dell’opposizione erano soltanto dei fantocci, come di solito nei regimi comunisti: perché i comunisti sopprimono l’opposizione reale e creano una opposizione apparente. L’incontro era trasmesso in tv e può essere rivisto in video. Sono stato profondamente ferito quando a quella “tavola” si è seduto il nunzio del Vaticano, mostrando un atteggiamento arrendevole verso Maduro. La mia ferita spirituale si è approfondita quando il nunzio ha letto il messaggio di papa Francesco. Pochi giorni dopo che i vescovi avevano dichiarato la natura totalitaria del regime, che è un dato reale, papa Francesco ha dichiarato che il governo del Venezuela sta cercando il bene comune tanto quanto i leader dell’opposizione fantoccio seduti alla tavola rotonda. Con questo, non solo il “vescovo di Roma” ma il “papa” ha indebolito l’autorità dei vescovi del Venezuela e ha contribuito non poco a tenere in piedi il regime di Maduro nonostante le sue difficoltà.
Forse si tratta solo di un incidente diplomatico o di un errore. Ma questo evento resterà sempre nella mia anima come materia di riflessione.
Quindi è evidente che i latinoamericani non amano i demagoghi più degli europei o di altri popoli. I demagoghi possono essere ingannatori. Dal 1920 è più facile per loro ingannare, grazie all’uso della radio e della televisione. Poi finisce che la gente patisce le conseguenze e apre gli occhi, ma a quel punto può essere troppo tardi, come Platone ha evidenziato nella “Repubblica”. Insomma, i latinoamericani capiscono di economia e di politica tanto quanto quelli di altri paesi, ma ora noi stiamo patendo l’assalto di movimenti totalitari che hanno il supporto dei cinesi, degli Stati Uniti, dei russi e, almeno occasionalmente, della diplomazia vaticana.
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