ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 21 febbraio 2015

Gli ipocriti lavorano (in nero) per il sinodo= cambiare si dice comprendere!

«I divorziati risposati? Comprendiamo la dottrina in maniera più profonda» Rss Feed Twitter Facebook Print

Paglia, presidente Pontificio Consiglio per la Famiglia
Paglia, presidente Pontificio Consiglio per la Famiglia

Lo afferma mons. Paglia, che con don Sciortino riprende in forma di dialogo i temi del Sinodo nel libro «La Famiglia. Vocazione e missione nella Chiesa e nel mondo» (San Paolo)

Domenico Agasso jr Torino
Chi meglio del Presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia e del Direttore del settimanale Famiglia Cristiana può dialogare e riflettere insieme dopo il Sinodo straordinario e in vista dell’Assemblea ordinaria sulla famiglia (4 – 25 ottobre 2015)? Le analisi e le proposte di – rispettivamente - monsignor Vincenzo Paglia e don Antonio Sciortino si trovano nel libro in uscita in questi giorni «La Famiglia. Vocazione e missione nella Chiesa e nel mondo» (edizioni San Paolo), in cui i due autori si concentrano su uno dei principali obiettivi dell’indizione da parte di papa Francesco dei due Sinodi:  raccontare la  bellezza del matrimonio e della famiglia.


Nel volume emerge quanto si è proposto il Pontefice: non ripetere una lista di precetti e verità, che non toccano le «corde» delle persone e gli ambiti più concreti del quotidiano, bensì «farsi carico, con responsabilità pastorale, degli interrogativi che questo cambiamento d’epoca porta con sé». Dal libro si ha una conferma fondamentale: Papa Bergoglio ha voluto un Sinodo «audace», che intraprenda la strada della «carità creativa». Ecco perché ha invitato i padri sinodali a «un confronto sincero, aperto e fraterno».

Adesso Paglia e Sciortino ritornano sui temi del Sinodo, il momento storico attuale dal punto di vista del nucleo familiare. E non esitano a toccare gli argomenti più delicati e spinosi, come la questione dei divorziati risposati e l’accesso ai sacramenti, le unioni di fatto, la preparazione al matrimonio per i fidanzati.

«Il 2015 – scrive il Direttore di Famiglia Cristiana nell’introduzione - sarà l’anno della famiglia, anche se non ci sono ricorrenze ufficiali stabilite da istituzioni internazionali come l’Onu e organismi simili. Essa torna protagonista grazie all’intuizione di papa Francesco che ha voluto due Sinodi, uno straordinario e l’altro ordinario, su questa fondamentale realtà per la società e la Chiesa». Così, «dal 4 al 25 ottobre 2015 ci sarà la seconda tornata dei lavori sinodali, sul tema “La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo», da cui emergeranno nuove linee operative e condivise per la pastorale del matrimonio e della famiglia. Ma di famiglia si parlerà anche in due altri importanti appuntamenti ecclesiali: a Philadelphia, negli Stati Uniti, dal 22 al 27 settembre 2015, in occasione dell’VIII Incontro mondiale delle Famiglie, aperto non solo al mondo cattolico ma a tutti gli uomini di buona volontà che vogliono adoperarsi a favore di una nuova primavera della famiglia, a cui parteciperà anche papa Francesco; e poi, per la celebrazione della 49a Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali che, su scelta di papa Francesco in vista del Sinodo, ha per tema: “Comunicare la famiglia: ambiente privilegiato dell’incontro nella gratuità dell’amore”».

Sciortino ricorda che «solo il Vangelo, e non altro, – ha detto Francesco – è la misura e la verifica del “nostro passo sul terreno delle sfide contemporanee»”. E ci permette di aprire e percorrere “strade nuove e possibilità impensate”. Quindi, né chiusure né fughe avventurose, ma un “cammino di discernimento spirituale e pastorale”».

Ecco che «a fronte di una profonda crisi che minaccia la famiglia, alle prese con problemi di lavoro, povertà, individualismo, migrazioni, guerre, disgregazioni, violenze, abusi e dipendenze – elenca il Direttore Sciortino - Ma anche convivenze, unioni di fatto, divorzi, nuove nozze, ragazze madri, unioni tra persone dello stesso sesso, figli nati in contesti inediti, accesso ai sacramenti per i divorziati risposati… temi che interpellano più direttamente la Chiesa, sempre tesa tra la fedeltà alla dottrina e la misericordia nei confronti di chi soffre e chiede aiuto», Paglia sottolinea: «Per la prima volta nella storia si mette in discussione quel triplice pilastro costituito da matrimonio, famiglia e vita, e si pretende di comporlo e scomporlo a proprio piacimento».

Secondo Sciortino «se vogliamo dare inizio a un nuovo umanesimo, occorre una rinnovata sintesi tra sapienza biblica e cultura contemporanea. È questo il cuore della sfida, di cui ci siamo fatti interpreti assieme a Paglia. Nell’intento di coinvolgere chiunque abbia a cuore le sorti della famiglia, credente e non credente. La famiglia, infatti, appartiene a tutti. È un patrimonio universale. Da salvaguardare».

Sul matrimonio «per sempre», Paglia riflette: «In una società che non invita ad assumersi le proprie
responsabilità, che esalta il provvisorio e banalizza gli impegni duraturi, ha ancora senso il matrimonio «per sempre»? E che cosa rappresentano la convivenza e il sacramento per chi si sposa in Chiesa? Fare tante esperienze, provare tutto, non giocarsi seriamente la vita, non prendersi tutte le responsabilità, non farsi carico, sfuggire al limite è una tentazione sempre presente. Ma è proprio il limite ciò che ci definisce, perché la percezione del limite diventa domanda di aiuto. Il sacramento ha una potenza che noi non possiamo neanche immaginare, a volte segreta e nascosta. Però, ha bisogno di partire dal sì della nostra libertà. Il nostro sì può essere anche timido, tentennante, la nostra scelta può anche essere fatta con una coscienza bambina, ma Dio non è mai banale. E poi, più noi agiamo da persone serie con lui, più lui è serio con noi, e ci risponde con una prontezza sconvolgente, senza mai farsi battere in generosità».

Sulla convivenza, «spesso preferita da molti», Paglia afferma: «Rispetto al matrimonio c’è una rivoluzione copernicana: quando si convive si sta insieme finché le cose vanno bene. Magari si lotta con tutto l’impegno, ci si spende seriamente, ma si ammette già dall’inizio l’esistenza di un’alternativa. Non bisogna neanche andare dal giudice, né spendere per gli avvocati. Quando due si sposano, invece, non sono più loro due, singoli, il metro del loro sentire. Non ci si chiede più “come vanno le cose”, ma “cosa si può fare per farle andare sempre meglio”, perché qualunque cosa accada, il matrimonio deve continuare e sarebbe ingenuo pensare che per questo non occorra un continuo e costante “lavoro”. Quando due si sposano, non sono più solo lui e lei, ma una “terza cosa”, una cosa sola. Una “terza cosa” che gli psicologi chiamano in tanti modi, ma che noi credenti chiamiamo sacramento, suscitato dallo Spirito Santo e arricchito dai suoi frutti, che sono amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, mitezza, dominio di sé. Questi frutti Dio li manda a tutti i figli che glieli chiedono. Anzi più che mandarli, ne inonda, non per lui o per lei, ma per quella cosa nuova che loro due sono insieme».

Poi, a proposito della «Relatio Synodi» in cui si coglie l’invito dei padri sinodali a riflettere «sulla possibilità che i divorziati e risposati accedano ai sacramenti della penitenza e dell’eucarestia», il Presidente del Dicastero della Famiglia dice: «Il testo della Relazione finale del Sinodo recepisce il parere della maggioranza (sebbene non dei due terzi) dei vescovi presenti ad approfondire tale questione. E aggiunge: “L’eventuale accesso ai sacramenti dovrebbe essere preceduto da un cammino penitenziale sotto la responsabilità del vescovo diocesano. Va ancora approfondita la questione, tenendo ben presente la distinzione tra situazione oggettiva di peccato e circostanze attenuanti, dato che ‘l’imputabilità e la responsabilità di un’azione possono essere sminuite o annullate’ da diversi ‘fattori psichici oppure sociali’ (Catechismo della Chiesa Cattolica, 1735)”. Sono parole che esortano con decisione ad andare avanti nella ricerca delle possibili piste di soluzione. Nella vita della Chiesa ci sono sempre stati – e sempre ci saranno – passi in avanti che hanno comportato dei cambiamenti nella prassi pastorale, e anche sviluppi della dottrina. La Chiesa è viva e la sua fede vive». Dunque questi cambiamenti «sono sempre stati accolti con la massima attenzione a non ferire la necessaria coerenza con la rivelazione e la sua tradizione, ma insieme riconoscendo lealmente le ragioni obiettive di una più adeguata intelligenza dell’insegnamento e di una migliore coerenza della prassi della fede». Paglia cita san Giovanni XXIII, che «con grande sapienza pastorale, a chi lo criticava per le sue aperture, diceva: “Non è il Vangelo che cambia, siamo noi che lo comprendiamo meglio”. Sono convinto che anche per la questione che stiamo trattando si debba procedere in tale prospettiva, ossia comprendere la dottrina in maniera più profonda: non per assecondare il cedimento a un’attitudine lassista nei confronti dello spirito mondano, ma per illuminare l’azione pastorale in modo coerente con il senso della fede. Il pastore autentico, nella Chiesa, aiuta i fedeli – anche i dispersi – a confidare nel Signore: incoraggiando il riconoscimento delle colpe, ma anche sostenendo il cammino di conversione».

«La Famiglia. Vocazione e missione nella Chiesa e nel mondo» (edizioni San Paolo), di Vincenzo Paglia e Antonio Sciortino, San Paolo, 2015, pagg. 304, 14.90 euro (esce in libreria e contestualmente in abbinamento a Famiglia Cristiana Credere).
http://vaticaninsider.lastampa.it/vaticano/dettaglio-articolo/articolo/famiglia-family-familia-paglia-39288/

Papa Francesco. Preti risposati, comunione divorziati: Don Cereti è il suo teologo

Don Cereti, di cui Blitzquotidiano ha fornito un esauriente ritratto, intervistato dal Corriere della Sera, ribadisce le sue posizioni sui preti sposati (“Vanno riammessi”), è lo stesso teologo che da almeno 40 anni si impegna a ridiscutere l’ostracismo della Chiesa nei confronti dei divorziati risposati, fornendo fra l’altro le fonti storiche e di diritto canonico utilizzate da Papa Francesco per la sua famosa apertura all’ultimo Sinodo.
Il libro che ha tolto il sonno a Francesco è intitolato “Divorzio, nuove nozze e penitenza nella chiesa primitiva” e lo ha scritto quel sacerdote riservato, ma determinato che da trent’anni si batte per dare la comunione ai divorziati e spiegare perché la dottrina cattolica consente di farlo.  E ha scoperto, quel sacerdote, che nella Chiesa Primitiva, quella che i teologi raffinati chiamano la Grande Chiesa, quella dei primi secoli del primo millennio, il concetto di peccato era diverso e il perdono connesso a alcuni dei peccati suscitava una capacità di rimessione diversa, più ampia forse, ma anche più profonda. (Franco Manzitti, Blitzquotidiano)
Nell’intervista a Fabrizio Caccia del Corriere della Sera, Cereti smonta il tabù del celibato contrapponendolo alla sacralità del matrimonio, vero “atto di testimonianza cristiana” da opporre ai tanti cristiani “celibi per egoismo”. Senza rinunciare a un sano pragmatismo che non impedisce di vedere la crisi di vocazioni che mina la Chiesa latina. Come sui divorziati risposati, anche sui sacerdoti con famiglia, Francesco raccoglie l’invito al coraggio di non soprassedere.
Il rettore spiega l’urgenza della sfida col fatto che «la Chiesa latina oggi è in difficoltà, c’è la crisi delle vocazioni e può capitare che un prete debba coprire anche 7-8 parrocchie da solo. La scristianizzazione, la secolarizzazione, sono legate proprio alla carenza di sacerdoti, non ce n’è abbastanza per seguire le persone… Possibile che il Papa vada in Parlamento (lo fece Wojtyla nel 2002, ndr ) a chiedere l’amnistia e l’indulto per i detenuti, eppure ancora oggi la Chiesa non sia capace di dare un indulto, di dare l’indulgenza cioè, ai suoi preti sposati, concedendo loro di riprendere il ministero?».
Qui non è un problema di uniformarsi — aggiunge don Cereti — ai cristiani ortodossi e alle Chiese orientali, dove i preti sposati possono celebrare la Messa e consacrare l’Eucaristia. Sembra piuttosto questione di sopravvivenza: «Anche il valore del celibato, oggi, con in giro tanti celibi per egoismo, andrebbe forse rivisto in favore del matrimonio come testimonianza di fede». Papa Francesco, ieri, ha detto pure che il 10 febbraio, a Santa Marta, ha festeggiato il 50° anniversario di sacerdozio di 7 preti che hanno concelebrato con lui. E alla messa — ha svelato — erano presenti anche 5 preti sposati. Forse, un orizzonte che si apre: «Io sono fiducioso — conclude don Giovanni —.
Perché sento che il Papa vuole realizzare quella riforma della Chiesa decisa dal Concilio Vaticano II e applicata finora solo parzialmente. Perciò continuerò a battermi anche per l’ordinazione al presbiterato (non solo al diaconato) dei laici sposati e per l’assoluzione dei divorziati risposati. Sapete, io ho 82 anni e a sposarmi, in verità, rinunciai ben 55 anni fa. Presi la decisione serenamente insieme con un’altra persona, ora consacrata nel mondo. E sto bene così». (Fabrizio Caccia, Corriere della Sera)
http://www.blitzquotidiano.it/cronaca-mondo/papa-francesco-preti-risposati-comunione-2107692/?utm_source=feedburner&utm_medium=feed&utm_campaign=Feed%3A+blitzquotidiano+%28Blitzquotidiano%29

3 commenti:

  1. non c'è che dire l'ultima picconata al sacerdozio già traballante ormai fagocitato dal mondo tradiscono il Signore ma nooo sono uomini hanno bisogno di una donna non hanno capito la chiamata al sacerdozio "alter Cristi" .....se continuano cosi invece dell'imitazione di Cristo promuovono il peccato......tanto Gesù ci ama come siamo,vive nel peccatore....niente sforzi x diventare santi....ma ché santi sarà più facile diventare demoni incalliti!!!!

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  2. " altri si facevano eunuchi a motivo del regno dei cieli.""l'uomo non divida ciò che Dio ha unito" l'ha detto Gesù l' hanno tradito.....chi segue questa dottrina rischia la vita eterna ....o Signore fino a quando sopporterai......

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  3. Sciortino, Paglia, Baldisseri, Galantino, Braz de Aviz, Madaraga...e chi li conta più ormai i progressisti nella geraarchia ecclesiastica? meglio voltarsi dall'altra parte, diventare mangiapreti come i comunisti "duri e puri" degli anno '50, adesso che i comunisti si son messi l'abito sacerdotale. Di certo, questi non sono i miei pastori, non lo saranno mai e poi mai: Dio me ne guardi e liberi, la loro non è la vera Chiesa, se ne sono impossessati, ma prima o poi dovranno mollarla, ci sarà Qualcuno che glie la toglierà dalle grinfie, siatene certi, dovranno mollare l'osso, questi signori qua.

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