ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 26 febbraio 2015

La mensa delle "parole,parole,parole.."

Decalogo per il prete e il suo telefonino


Onde evitare scene ambigue come quella rappresentata nella foto, che fa ridere - una volta che si capisce la situazione-, ma altrimenti fa proprio piangere, meglio attenersi, cari fratelli sacerdoti, a qualche buon comandamento (più di galateo e buona creanza sacerdotale che d'imperativo morale):


1) Spegni il telefonino quando vai a celebrare la S.Messa: non ti serve per parlare con Dio e a quelli che hai in chiesa basta il microfono dell'altare.



2) Se poi - capita - ti dimentichi il telefonino acceso in tasca e stai dicendo la Messa, non presumere "tanto non mi chiama nessuno": il demonio è terribile e tenterà qualche pia persona a telefonarti. Meglio spegnere con elegante noncuranza.... prima che suoni. E soprattutto MAI rispondere se suona (capita anche quello!).


3) Spegni il telefonino quando parli con le persone: è sempre mancanza di attenzione nei loro confronti mettersi a parlare o guardare il telefono mentre ti raccontano le loro tragedie.... o i loro peccati!


4) Già che ci sei: lascia normalmente la VIBRAZIONE o meglio ancora il SILENZIATORE (ce l'ha ogni telefonino, anche quelli vecchi....). Perderai qualche chiamata, ma la tua preghiera se ne avvantaggerà e avrai meno distrazioni nel tuo ministero.


5) Non usare lo Smartphone per dire l'Ufficio divino, almeno quando sei in Chiesa o lo reciti in comune. Le app della Liturgia delle Ore sono una grande comodità in caso di viaggio o di dimenticanza dei grossi volumi liturgici. Ma vedere un prete che guarda per un quarto d'ora il telefonico con grande attenzione davanti al tabernacolo può far pensare male più d'uno.... E comunque l'effetto dello schermo è distraente e non fa pregare come la buona vecchia carta.


6) Non pensare nemmeno - perché ti leggo nel pensiero! - di usare il tablet o il telefono al posto del Messale, sull'altare, neanche in caso di assoluta necessità. E' un abominio troppo grosso anche per pensarlo e peggio per farlo (ci sono arrivati perfino i vescovi australiani, che non sono proprio chiusi....).


7) Limitati con 'sto Whattsapp: non hai 15 anni, non puoi perdere metà della tua giornata a chattare o ricevere milioni di messaggini - anche se gratis - da tutti gli adolescenti della parrocchia. No, non fa per te.


8) Non usare la fotocamera mentre stai celebrando e nemmeno se stai concelebrando la Messa. A volte alcuni sacerdoti pensano che ai concelebranti sia consentito, in caso di solennità e partecipazione a qualche festa particolare, lo scatto più o meno furtivo di foto ricordo o selfie, nonostante l'ingombro dei paramenti (vedi foto sopra...). Risposta: "Ma nemmeno a San Pietro in Vaticano quanto esce il Papa!".


9) Non usare né lasciare che altri usino il registratore in confessione, nemmeno per prendere appunti vocali dei tuoi meravigliosi consigli di Padre spirituale: non è permesso né ai fedeli né al ministro. C'è un'apposita scomunica latae sententiae, mica bazzecole (leggi qua)


10) Chiediti: "come mai non riesco più a fare a meno del telefonino?". Eppure pochi anni fa non sapevi nemmeno cosa fosse, né tantomeno di averne così bisogno. Dopo tutto, per consultare internet bastano ancora i vecchi e cari PC ;-)!


Cantuale Antonianum   25 febbraio 2015 

La prima messa di Paolo VI in lingua italiana

Paolo VI
(©Ansa)
(©ANSA) PAOLO VI

Cinquant'anni fa la prima versione del rito romano post-conciliare, introdotta in forma sperimentale nel marzo 1965. È il primo abbozzo della riforma liturgica che porterà al nuovo messale, entrato in vigore nel novembre 1969 

Entrata in vigore con il nuovo messale romano il 30 novembre 1969, la riforma post-conciliare ha introdotto molti cambiamenti nella liturgia. Le novità più significative sono la traduzione del rito nelle lingue nazionali e, soprattutto, un notevole arricchimento di testi della Scrittura, con tre letture domenicali (la prima solitamente tratta dall’Antico testamento, la seconda dalle epistole paoline e la terza dai vangeli) che cambiano susseguendosi in tre diversi cicli annuali. Se prima la celebrazione era focalizzata soltanto sull’eucaristia come sacrificio, ora acquista importanza la «mensa della parola» che si affianca alla «mensa del pane». Maggiormente sottolineato è pure l’aspetto assembleare, della cena comunitaria. Di notevole impatto per i fedeli è anche la decisione di far sì che il celebrante non sia più rivolto a Oriente, dando le spalle ai fedeli, ma celebri rivolto verso di loro.


Una prima versione del nuovo rito della messa viene introdotto a partire dal marzo 1965, cinquant'anni fa. Celebrando per la prima volta nella nuova forma, nella parrocchia romana di Ognissanti, il Papa aveva così sintetizzato il suo scopo: «Prima bastava assistere, ora occorre partecipare; prima bastava la presenza, ora occorrono l’attenzione e l’azione; prima qualcuno poteva sonnecchiare e forse chiacchierare; ora no, deve ascoltare e pregare».

Vale la pena ricordare come la necessità di un rinnovamento liturgico e di un maggiore spazio alle lingue nazionali nel rito era stata un’idea che Giovanni Battista Montini aveva avuto fin dagli anni della sua formazione alla scuola dei suoi maestri, padre Giulio Bevilacqua e padre Paolo Caresana. Un’attenzione che nasceva dalla forte attrazione che il giovane Montini avvertiva verso l’essenzialità della liturgia benedettina.

Durante i lavori della commissione preparatoria del concilio, uno degli interventi più decisi in favore dell’introduzione delle lingue nazionali nella liturgia, era stato proprio quello dell’allora arcivescovo di Milano. Il quale, il 26 marzo 1962, si era dichiarato insoddisfatto per quanto era stato fino a quel momento detto circa l’uso della lingua volgare. Era andato oltre le sollecitazioni dei cardinali che non giudicavano sufficiente l’introduzione del volgare nelle letture, nelle ammonizioni, nelle orazioni e nei canti; aveva proposto la lingua volgare anche nell’introito, nel Credo, nell’offertorio e nel Pater noster. Inoltre aveva chiesto venissero celebrati in lingua volgare i sacramenti e sacramentali. E aveva concluso con queste parole: «Se escludiamo la lingua volgare dalla liturgia, perdiamo indubbiamente un’ottima occasione per educare rettamente il popolo e restaurare il culto divino».

Emerge dunque in tutta chiarezza come un determinato e preciso indirizzo dato alla riforma liturgica da Paolo VI nell’immediato post-concilio, corrisponda al suo modo di sentire, anche se va notato come Montini pensasse soprattutto al bene dei fedeli, alla possibilità di partecipare meglio alla messa.

Paolo VI aveva istituito il Consilium ad exsequendam Constitutionem de Sacra Liturgia, organismo nuovo e a sé stante incaricato di dare attuazione alle direttive conciliari. Era presieduto dal cardinale Giacomo Lercaro, arcivescovo di Bologna, e aveva come segretario padre Annibale Bugnini, il quale aveva già collaborato, a suo tempo, alla riforma della settimana santa stabilita da Pio XII nel 1954. La riforma definitiva, entrata in vigore alla fine del 1969, viene preceduta da graduali esperimenti. L’idea di fondo è quella di far ritrovare al rito la sua essenzialità, arricchendolo di sacra Scrittura, di liberarlo dagli orpelli barocchi, di rendere più facile la partecipazione dei fedeli, i quali a volte trascorrono il tempo della messa a recitare il rosario e, in taluni casi, a chiacchierare in fondo alla chiesa, come documentano alcune eloquenti fotografie fatte scattare da don Lorenzo Milani. È un lavoro faticoso: bisogna facilitare la partecipazione alla liturgia, «da un lato vincere resistenze, dall’altro scoraggiare sperimentazioni e innovazioni arbitrarie», spiega il segretario di Paolo VI, don Pasquale Macchi.

Il 25 gennaio 1964, con il motu proprio Sacram liturgiam, il papa ammette le lingue nazionali soltanto per le letture e il vangelo della messa degli sposi. È un documento che istituisce il gruppo che dovrà occuparsi della riforma, ma il fatto che in esso non si introducano novità significative – il lavoro vero e proprio degli esperti doveva ancora svolgersi – provoca la reazione di alcuni vescovi, i quali ritengono che si sia concesso «troppo poco». Il 26 settembre 1964, con l’istruzione Inter Oecumenici, preparata dal Consilium e promulgata dalla congregazione dei Riti, viene autorizzata l’introduzione delle lingue nazionali nelle letture, nel vangelo, nella preghiera dei fedeli, nel Kyrie, Gloria, Credo, Sanctus e Agnus Dei; nei canti, nelle acclamazioni e nei saluti, nel Padre nostro e nella preghiera sulle offerte. L’istruzione è bene accolta dalle conferenze episcopali che più desideravano il cambiamento, anche se così, osserva Bugnini, «la messa tra latino e volgare risultava un ibrido senza coerenza».

Questa forma del rito, in vigore dal marzo 1965, sarà accettata e celebrata anche dall’arcivescovo Marcel Lefebvre, che negli anni successivi si sarebbe ribellato al Papa. Meno di tre anni dopo, il 31 gennaio 1967, Paolo VI concede in via sperimentale l’uso del volgare anche nel canone della messa, dato che, osserva Bugnini, non completare l’allargamento delle lingue nazionali a tutte le parti del rito «sarebbe stato come spalancare all’ospite tutte le porte di casa, ma chiudergli il cuore». Il 21 giugno dello stesso anno, il Consilium invia ai presidenti delle conferenze episcopali una lettera circolare, firmata dal cardinale Lercaro, nella quale si afferma: «Dopo il punto di partenza iniziale e l’estensione della lingua parlata al prefazio, questa è l’ultima tappa per la graduale estensione del volgare. Nelle celebrazioni non si dovrà più passare frequentemente da una lingua all’altra: e questo tornerà certamente gradito... La traduzione deve essere letterale e integrale... Non è opportuno bruciare le tappe. Quando sarà il momento di nuove creazioni, allora non sarà più necessario sottostare alle strettezze della traduzione letterale».

Il lavoro che porta alla riforma liturgica non è facile né semplice né privo di tensioni. Come confermano i diari di un altro protagonista, monsignor Ferdinando Antonelli, futuro cardinale. Le annotazioni di Antonelli, direttamente coinvolto nei lavori, sollevano infatti più di un dubbio sul modo di procedere della commissione in alcune circostanze. Il futuro porporato non è affatto contrario all’introduzione delle lingue nazionali, ma desidera che la riforma liturgica sia realizzata con ogni attenzione.

Il 3 settembre 1969, parlando della riforma all’udienza generale, Papa Montini non nasconde i rischi: «Questa riforma presenta qualche pericolo; uno specialmente, quello dell’arbitrio, e quello perciò d’una disgregazione dell’unità spirituale della società ecclesiale, della eccellenza della preghiera e della dignità del rito. Vi può dare pretesto la molteplicità dei cambiamenti introdotti nella preghiera tradizionale e comune; e sarebbe grande danno se la sollecitudine della madre Chiesa nel concedere l’uso delle lingue parlate, certi adattamenti a desideri locali, certa abbondanza di testi e novità di riti, e non pochi altri sviluppi del culto divino, generasse l’opinione che non esiste più norma comune, fissa e obbligatoria nella preghiera della Chiesa, e che ciascuno può presumere di organizzarla e di disorganizzarla a suo talento».

Il 26 novembre di quell'anno, ormai alla vigilia della promulgazione, Paolo VI così la presenta ai fedeli nel suo cambiamento più significativo, la scomparsa del latino: «Qui, è chiaro, sarà avvertita la maggiore novità: quella della lingua. Non più il latino sarà il linguaggio principale della Messa, ma la lingua parlata. Per chi sa la bellezza, la potenza, la sacralità espressiva del latino, certamente la sostituzione della lingua volgare è un grande sacrificio: perdiamo la loquela dei secoli cristiani, diventiamo quasi intrusi e profani nel recinto letterario dell’espressione sacra, e così perderemo grande parte di quello stupendo e incomparabile fatto artistico e spirituale, ch’è il canto gregoriano. Abbiamo, sì, ragione di rammaricarci, e quasi di smarrirci: che cosa sostituiremo a questa lingua angelica? È un sacrificio d’inestimabile prezzo».

Le ragioni addotte dal Papa, ancora una volta riguardano la missione, la possibilità di raggiungere mondi che si sono allontanati dalla Chiesa. «La risposta pare banale e prosaica; ma è valida; perché umana, perché apostolica. Vale di più l’intelligenza della preghiera, che non le vesti seriche e vetuste di cui essa s’è regalmente vestita; vale di più la partecipazione del popolo, di questo popolo moderno saturo di parola chiara, intelligibile, traducibile nella sua conversazione profana. Se il divo latino tenesse da noi segregata l’infanzia, la gioventù, il mondo del lavoro e degli affari, se fosse un diaframma opaco, invece che un cristallo trasparente, noi, pescatori di anime, faremmo buon calcolo a conservargli l’esclusivo dominio della conversazione orante e religiosa?». È il principio pastorale di sant’Agostino: «Preferisco parlare sgrammaticato e farmi capire dal popolo, che parlar forbito e non farmi capire».

ANDREA TORNIELLI
CITTÀ DEL VATICANO

Il ruolo di Paolo VI dopo il Concilio
Omesso da Mattei

Patrick Odou
Prof. Roberto de Mattei è promosso da certi ambienti middle-of-the-road, come una stella nascente del tradizionalismo. Non credo che lui è un leader autentico, ma piuttosto un'altra di queste Vaticano-fatti "tradizionalisti", la cui missione è quella di entrare nell'arena per anestetizzare le buone reazioni tra i cattolici in modo che progressismo possa andare avanti con il suo ordine del giorno. In un discorso tenuto a Cracovia ha sostenuto che le conseguenze negative del Vaticano II non dovrebbero essere attribuiti ai Vescovi e Papi che hanno fatto il Consiglio e applicate, esse. Mattei finge, approvando una dichiarazione di Benedetto XVI, che tutte le conseguenze dannose del Consiglio ha portato solo da una cattiva interpretazione da parte dei media e lo chiama un Consiglio virtuale. Quindi, con questo capro espiatorio, egli intende salvare il Vaticano II con il conciliare Papi e Vescovi. ho deciso di scrivere questa serie di articoli mostrando come assurda questa pretesa è. I due prima incentrato su come Giovanni XXIII consapevolmente promosso la II rivoluzione del Vaticano ( qui e qui ); il terzo concentrato sul ruolo di Paolo VI durante il Concilio ( qui ). Oggi, analizzerò l'azione di Paolo VI dopo il Concilio Vaticano II a farla rispettare. Se Dio vuole, io continuerò questa serie con meno tempo che intercorre tra gli articoli. Il ruolo di Paolo VI nel far rispettare il Consiglio Dopo il Vaticano II, Paolo VI avrebbe trascorso i prossimi 13 anni facendo in modo che le direttive del Concilio Vaticano II sono stati attuati in tutta la Chiesa. Per lui, il Consiglio è stato solo l'inizio del cardinale Suenens Come commenti "riforma".:

Flabelli sedia gestatoriaPaolo VI abolì il diadema e sabotato le cerimonie papali che hanno le sedia gestatoria & fabelli
"Da parte sua il Papa Paolo VI scrisse queste parole di vasta portata che impegnano il futuro:« decreti del Consiglio, più che un punto di arrivo, sono un punto di partenza verso nuovi traguardi.Lo spirito e il vento rinnovo del Consiglio devono continuare a penetrare profondamente nella vita della Chiesa. I semi della vita seminati dal Consiglio nel terreno Chiesa devono raggiungere la loro piena maturità. '"(1) In una mossa egualitaria promuovere la desacralizzazione del papato, Paolo VI avrebbe smesso di indossare il pontificio diadema , sarebbe venderlo (video qui ), e avrebbe indossato mitra vescovile solo in occasioni speciali. Inoltre, gli sedia gestatoria (soglio pontificio portata a spalla di nobiltà) e le Flabelli (ventilatori piume di struzzo) sono stati quasi mai visto durante il suo pontificato. per garantire che i decreti del Consiglio avrebbero raggiungere le persone e "penetrare in profondità nella vita di la Chiesa, "Paolo VI avrebbe fatto l'impensabile: ha alterato la Santa Messa. La riforma della Messa e Liturgia maggior cattolici trascorrono la maggior parte del loro tempo necessario per il giorno per giorno le preoccupazioni di questo mondo: la famiglia, il lavoro, la scuola , ecc La maggior parte ha poco tempo (ammesso che ne abbiano la competenza) per seguire le grandi discussioni sulla Chiesa. Quanti cattolici hanno anche letto i 16 documenti del Vaticano II? Ma attraverso la Messa, la liturgia e le attività della parrocchia locale, le direttive fornite dalla Roma lentamente ma inesorabilmente raggiungere e influenzare la vita quotidiana della media cattolici. Ogni cattolica, in misura maggiore o minore, è coinvolta nella vita della chiesa locale. C'è, assiste a eventi settimanali o quotidiane come messe, feste e cerimonie di battesimi, funerali, e matrimoni, che fanno "penetrare profondamente nella sua vita." Il documento del Vaticano II utilizzato per stabilire cambiamenti nella vita del quotidiano cattolica attraverso la messa e la liturgia è stata Sacrosanctum Concilium .

Paolo VI con i protestanti che aiutano scrivere il nuovo MasPaolo VI pone con i protestanti il ​​quale ha invitato a contribuire a scrivere la nuova Messa
Nel suo lavoro Nel Oscure Acque del Vaticano II , Atila Guimarães osserva: " Sacrosanctum Concilium , la Costituzione sulla Liturgia, è stato il primo documento ad essere discusso e approvato dal Consiglio (1962/11/14), promulgato dal Concilio Vaticano II (11 / 21/1963), e ufficialmente ratificato da Paolo VI (1963/12/04). "(2) Dopo il Consiglio, per sorvegliare l'attuazione del Sacrosanctum Concilium , "Paolo VI ha istituito una nuova commissione per la riforma della liturgia della Messa : la Pontificia Commissione per l'applicazione della Costituzione sulla Sacra Liturgia. La commissione era presieduta dal P. Annibale Bugnini , e gli osservatori protestanti inclusi . Il frutto di questi studi è stata la Costituzione Apostolica Missale Romanumdi Paolo VI, pubblicata il 3 aprile, 1969 "(3) In breve, i nemici dichiarati della Chiesa sono stati portati in, consultato e ha preso parte attiva nella creazione del hereticizing Novus Ordo Messa. Paolo VI è andato subito a fare tutto il possibile per imporre la nuova Messa: "Il 10 aprile 1970, Paolo VI ricevette la commissione che ha preparato il nuovo Ordo Missae . Come una fotografia del pubblico stava per essere presa, il Pontefice ha scelto di apparire al fianco degli osservatori di 'comunità ecclesiali non cattoliche.' In primo piano, accanto a Paolo VI, appare pastore protestante Max Thurian, della comunità di Taizé. "(4) Forse Mattei vuole farci credere che un direttore della BBC ( British Broadcasting Corporation ) è stato dietro la macchina da presa e ha incaricato Paolo VI a stare accanto ai protestanti per la foto op ... Ci dispiace, ma l'idea del Consiglio di Virtual Mattei è veramente ridicolo.

reliquie di San Marco dato Kyrillos VIMonofisita Kyrillos VI in Egitto portando la testa di San Marco, che una delegazione ha ricevuto da Paolo VI
Più che "una finestra è stato aperto" con il Vaticano II: Le nuove forme della liturgia, che ha raggiunto e colpito tutti i fedeli, si concentrano come aprire ogni finestra e ogni porta della Chiesa, così come strappando il suo tetto.Come Guimarães afferma, Paolo VI ha accolto con favore la nuova apertura: ". Quattro mesi dopo la fondazione della ITC [Commissione Teologica Internazionale - 1969], Paolo VI ha espresso la sua intenzione di stabilire una maggiore tolleranza, lungo le stesse linee del programma già seguito "Ha detto: 'Avremo un periodo della vita della Chiesa e, di conseguenza, in quello di ciascuno dei suoi figli, di maggiore libertà, cioè, di un minor numero di obblighi di legge e le inibizioni interne. Il primo disciplina sarà ridotta, l'intolleranza arbitraria e dispotismo abolito, le leggi vigenti semplificate, e l'esercizio dell'autorità temperato. Quel senso di libertà cristiana, che tanto ha segnato la prima generazione di cristiani, quando hanno capito che sono stati liberati da osservare la Legge mosaica e le complicate precetti rituali, sarà favorita ( Gal. 5: 1) '"(5) Queste nuove forme di culto, che sono stati sviluppati con l'aiuto di protestanti, sono stati costretti alla Chiesa da Paolo VI in opposizione alla dottrina cattolica tradizionale.Dal Papa, queste riforme diffuse al Vaticano, alle Conferenze Nazionali dei Vescovi, per le arcidiocesi e diocesi e, infine, ad ogni parrocchia locale. I media non ha giocato alcun ruolo essenziale in questa riforma interna. Promuovere il comunismo

tito Paolo VIPaolo VI saluta calorosamente dittatore comunista Tito
Il 27 aprile 1966, cinque mesi dopo la cerimonia di chiusura del Concilio Vaticano II, Paolo VI calorosamente ricevuto in Vaticano Andrei Gromyko, il ministro degli affari esteri dell'URSS. Per la prima volta in 50 anni del comunismo, un Papa ha accolto un rappresentante dell'Unione Sovietica. Nel gennaio del 1967, meno di 9 mesi più tardi, Paolo VI ha invitato Nicola Podgorny in Vaticano. Mentre i cattolici venivano assassinati, la Chiesa perseguitata, e La dottrina sociale cattolica sulla proprietà privata vietata in URSS e in altri paesi sotto il regime comunista, Podgorny, il presidente del Soviet Supremo dell'URSS, è stato accolto calorosamente da Papa Paolo VI. marzo 1971 Paolo VI ha salutato dittatore comunista Tito di Jugoslavia. Il messaggio inviato a tutti i cattolici durante il periodo post-conciliare è stato abbastanza chiaro: smettere di combattere il comunismo profanare reliquie, promuovendo il relativismo e abbandonare abitudini Il 24 giugno 1968 in Vaticano, Paolo VI ha dato una reliquia di una delegazione monofisita copto. Era la testa di San Marco Evangelista che era stato custodito a Venezia come un tesoro per secoli! In Basilica di San Pietro, il 6 maggio 1973, dopo una messa per commemorare il 1600 ° anniversario della morte di S. Atanasio, Paul VI ha dato una reliquia di quel Santo al capo della setta monofisita copta d'Egitto, Shenouda III.


Paolo VI baci i piediSopra , Paolo VI si inginocchia davanti scismatico Meliton e bacia i piedi, sotto , una scultura in bronzo riproduce il gesto
Paolo VI bacia i piedi di Metropilita Meliton
Il 14 dicembre del 1975, Paolo VI ha baciato i piedi del russo Metropolitan Meliton e si rifiutò di permettere questo Meliton eretica-scismatica per restituire il gesto. In precedenza, nel 1966 a Roma, Paolo VI aveva dato pubblicamente il suo anello al leader del anglicano setta Michael Ramsey. Questo doveva essere un simbolo di impegno della Chiesa cattolica a "sposare" la setta anglicano, dopo l'immaginario dello sposo che dà un anello di fidanzamento alla sua fidanzata. Durante il regno di Paolo VI e sotto la sua direzione di chiusura, le abitudini di l'uomo e le religiose hanno continuato a cambiare e poi scomparvero.Quelle belle, modeste e dignitose capi che simboleggiava una rinuncia al mondo e sono stati unico per ogni ordine religioso, sono diventati sempre più simili a deporre vestiti finché non furono quasi estinti. Negli ordini femminili orli sono state sollevate al ginocchio esporre la gamba, e veli, che aveva coperto tutto, ma il volto, ha iniziato a rivelare i colori dei capelli e stili. Anche in questo caso, i media avevano sostanzialmente nulla a che fare con quelle riforme. . Certamente gli organi dei media sono stati più che disposti ad applaudire questi cambiamenti, ma la responsabilità di loro si trova strettamente sulle conciliari Papi che hanno diretto le riforme e Vescovi che erano le parti secondarie responsabili per la loro applicazione Pertanto, Paolo VI fu il Papa che: 

  • Regnava il Consiglio e la sua conclusione;
  • Firmato, sigillato e consegnato il prodotto finale del Consiglio ai fedeli;
  • Trascorso 13 anni dopo il Consiglio nell'attuazione delle sue norme e "spirito" che ha pienamente compreso;
  • Cambiato la Messa e Liturgia per contribuire a diffondere la rivoluzione conciliare anche alle parrocchie più remote di tutto il mondo;
  • Tore giù o indebolito le barriere contro il comunismo e il socialismo, e
  • Comandato la desacralizzazione del papato e l'intero mondo religioso ...
Ramsey Paolo VIPaolo VI dà il suo anello a anglicano Ramsey
C'è molto di più che potrebbe essere presentato, ma credo che ciò che è stato esposto qui è sufficiente a porre la domanda seria: Chi sano di mente potrebbe anche prendere in considerazione la teoria che le notizie diffuse dai media erano responsabili per la rivoluzione conciliare The analisi del pontificato di Paolo VI, da sola è sufficiente a distruggere questa posizione insostenibile del cosiddetto storico Roberto de Mattei. Il suo tentativo di ingraziarsi conciliari Papi e il Vaticano, presentando i media come un capro espiatorio per il disastro chiamato del Vaticano II, è assurdo e meritevole di disprezzo. Nel mio prossimo articolo, presenterò azioni papali che favorito la rivoluzione conciliare durante la mondo-scandalosamente breve regno di Giovanni Paolo I. Per essere continuato

  1. Atila Sinke Guimarães, In The Oscure Acque del Vaticano II, p. 115
  2. Ibid p. 224
  3. Ibid p. 228
  4. Ibid p. 228
  5. Atila Sinke Guimarães, Animus Injuriandi io, Desiderio offendere, p. 23


Traduzione automatica




1 commento:

  1. altro che " fumo di satana " e così il " depositum fidei " è andato a farsi friggere . jane

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