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martedì 3 marzo 2015

Dogmi di paglia: se c'ero dormivo!

«Comunione ai divorziati risposati? Capiamo meglio il Vangelo»

Mons. Paglia
MONS. PAGLIA

Intervista con l'arcivescovo Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia


«Mai c’era stata nella parrocchie una simile partecipazione», afferma a Vatican Insider l'arcivescovo Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia a proposito della discussione diocesana sui documenti usciti dal Sinodo straordinario sulla Famiglia.

Nelle diocesi si stanno animatamente discutendo i documenti sinodali sulla famiglia. Negli incontri parrocchiali, a detta dei vescovi, la partecipazione dei fedeli è insolitamente alta. Secondo lei perché?

«Non c’è dubbio che l’interesse dei fedeli (e non solo) sul tema del Sinodo è altissimo. Molte diocesi italiane e anche fuori hanno invitato anche me a presentare la Relazione finale per continuare a riflettere su quanto è stato già deciso dai vescovi. Ma il metodo sinodale effettivo che papa Francesco ha voluto avviare risponde in maniera eccellente al quel sensus fidei che senza dubbio entra non solo nel metodo ma anche nel contenuto del dibattito. Credo sia indispensabile porre attenzione alle riflessioni che salgono dalle Chiese locali. E la Segreteria del Sinodo è consapevole della preziosità di quanto sta avvenendo».

Attraverso i questionari il Papa consulta la base e le istanze sottoposte al Sinodo dei vescovi includono la riammissione ai sacramenti dei divorziati risposati. Ritiene che la sessione ordinaria del prossimo autunno proseguirà lungo una linea di apertura?
«Il metodo sinodale non è neutro rispetto al contenuto; al contrario ne è parte integrante. C’è una speciale grazia dello Spirito quando i fedeli si ritrovano nel suo nome a riflettere sui temi della vita cristiana. La scelta del Papa di offrire subito alle Chiese locali le risoluzioni dell’ottobre scorso significa due cose. Anzitutto la indispensabile recezione di quanto è stato deciso: c’è già quindi una solida base di avvio. E poi si chiede ancora un’ulteriore riflessione sulle linee già tracciate. È ovvio pertanto che si prosegua su quanto già tracciato. Il dibattito, le riflessioni sono importanti sia per allargare i temi sia per allargare il consenso».

Al recente ricevimento per l’anniversario dei «Patti Lateranensi», conversando con i giornalisti, il prefetto della Dottrina della Fede, Gerhard Ludwig Müller ha ribadito che non ci si può aspettare dal Sinodo stravolgimenti della fede perché «non siamo padroni della dottrina», mentre il  cardinale Lorenzo Baldisseri ha sottolineato la necessità di consentire alla discussione sinodale di sviluppare tutte le sue potenzialità. Secondo lei sono eccessive le aspettative create nell’opinione pubblica attorno all’Assise sulla famiglia?
«Non ero presente al ricevimento di cui lei parla. Ma è evidente che se per un verso non si può “stravolgere la dottrina”, per l’altro è sempre esistita nella Chiesa – che non è un museo, ma un corpo vivo -, quel che viene chiamato il “progresso del dogma”, ossia l’approfondimento, l’allargamento della dottrina. San Giovanni XXIII, con grande sapienza pastorale, a chi gli rimproverava alcune aperture, rispondeva: “Non è il Vangelo che cambia, siamo noi a comprenderlo meglio”. Il Sinodo, in tutto il suo procedere e quindi comprese anche le attese e le speranze dei fedeli e anche di tutti gli uomini, è esattamente proprio questo impegno a riproporre la dottrina di sempre con un linguaggio che sia comprensibile agli uomini e alle donne del nostro tempo. È l’affascinante e arduo cammino della Chiesa nel corso del tempo».

Non si ricorda da molto tempo una così intensa partecipazione dei fedeli al dibattito nella Chiesa. È per questo che il Papa ha dedicato due Sinodi alla Famiglia?
«Per questo penso che siamo in un momento provvidenziale della storia della Chiesa. Un vero e proprio “kairòs”. E sono convinto che la crisi che stiamo vivendo, anche nel versante della famiglia, può essere una crisi di crescita. Dipende da noi, ovviamente. Si tratta infatti di favorire modelli rinnovati di famiglia: ossia una famiglia più consapevole di sé, più rispettosa del suo legame con l'ambiente circostante, più attenta alla qualità dei rapporti interni, più interessata e capace di vivere con altre famiglie. Potremmo dire: se da una parte c'è meno famiglia, in senso quantitativo, dall’altra c’è bisogno di più famiglia, in senso qualitativo. Del resto nessun’altra via è stata trovata per la piena umanizzazione di coloro che nascono alla vita. C’è da essere molto più cauti nell’indebolire questa unità fondamentale che resta non solo l'architrave della vita sociale, ma che può evitare le derive disumane di una società iper-tecnica e iper-individualista. La famiglia rimane – potremmo dire anche grazie ai suoi difetti e limiti - il luogo della vita, del mistero dell'essere, della prova e della storia. La sua unicità la rende un incredibile e insostituibile patrimonio dell'umanità».
GIACOMO GALEAZZICITTÀ DEL VATICANO

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