La Sindone è il lenzuolo funebre nel quale fu avvolto il Corpo di Nostro Signore nel sepolcro. Essa è ricordata dai vangeli sinottici (Marco 13, 46; Matteo, 27, 59; Luca, 23, 53) e, come “soudarion”, anche in quello di san Giovanni. Non è una semplice “icona”, cioè una delle innumerevoli “immagini” di Nostro Signore Gesù Cristo diffuse in tutto il mondo, ma un’autentica reliquia, la più preziosa della Cristianità, pregata nel corso dei secoli da Papi, santi e milioni di semplici fedeli.
L’invenzione della fotografia ha sollevato un velo sul mistero della Sindone, che per quasi 2000 anni aveva celato il suo contenuto. La figura del Redentore impressa sul tessuto si presenta infatti come un negativo fotografico che raffigura tutta una serie di particolari che nessun pittore avrebbe potuto immaginare e dipingere senza conoscere il processo fotografico.
L’uomo della Sindone, che è Gesù, riassume e concentra in sé tutto il dramma della Passione. L’esattezza storica del Vangelo per quanto riguarda la flagellazione, l’incoronazione di spine, la crocifissione, la ferita al costato di Nostro Signore, riceve una straordinaria prova dalla Sindone. L‘immagine impressa nel Lenzuolo conferma la profezia di Isaia: «Dalla pianta del piede alla testa non c’è in lui una parte intatta; ma ferite e lividure e piaghe aperte, che non sono state pulite né fasciate, né curate con olio» (Is 1, 6).
Perché queste sofferenze? La nostra fede ci insegna che Gesù è venuto al mondo per redimere l’uomo dal peccato di Adamo, a causa del quale sono entrati nel mondo tutti i mali fisici e morali dell’universo. «Per un uomo – scrive san Paolo – entrò nel mondo il peccato e con il peccato la morte, così anche la morte ha raggiunto tutti gli uomini perché in lui tutti hanno peccato» (Rom 5, 12). Da allora l’uomo nasce, vive e muore nella sofferenza. Tutta l’umanità sofferente è stata però riscattata da Gesù Cristo. La Sindone ci ricorda che la vita dell’uomo, in seguito al peccato originale, è sofferenza, ma che tutte le sofferenze sono state assunte da Colui che è senza peccato e che in Lui possiamo trovare la risposta ai nostri dolori.
Nulla eleva l’uomo più della sofferenza liberamente accettata e coraggiosamente subita. Uno dei maggiori inganni della vita consiste nel pensare che sia possibile essere felici, evitando la sofferenza. In realtà l’uomo che non soffre è infelice, perché è privo di quella gioia che nasce dal dare un significato alla propria sofferenza. Le creature irrazionali soffrono senza poter dare un significato alla loro sofferenza. L’uomo invece, attraverso la sua intelligenza, può comprendere che il dolore è conseguenza del peccato, originale e attuale, e a questo dolore può dare un senso per riparare ed espiare il peccato, in unione con Gesù Cristo.
La Sindone, che è la vera immagine dell’Uomo-Dio, ci insegna anche come soffrire. Nei momenti di angustia e di dolore, fisico o morale, guardiamo all’Uomo della Sindone. La sua fisionomia è sfigurata, ma ciò che colpisce è proprio il contrasto tra le conseguenze delle percosse subite e la pacifica maestà del suo volto. Gesù ci offre il modello di quell’atteggiamento di pazienza, di serietà, di raccoglimento, con cui dobbiamo sopportare le contrarietà, i sacrifici e le avversità che inevitabilmente segnano la nostra vita. Ma alla pazienza deve accompagnarsi sempre un’immensa fiducia in Colui che, morendo, ha sconfitto la morte.
La Santa Sindone non ci dimostra solo la verità della Passione di Cristo, ma ci offre anche un’impressionante prova della sua Resurrezione. Gli scienziati che hanno studiato il Sacro Lino affermano infatti che solo una misteriosa energia, una irradiazione improvvisa e folgorante potrebbe avere impresso l’immagine in negativo sul telo; in una parola solo la Risurrezione da morte dell’Uomo flagellato e crocifisso sotto Ponzio Pilato, può spiegare la misteriosa origine della Santa Sindone. Egli aveva promesso di risorgere il terzo giorno e la Risurrezione costituì la prova suprema della sua divinità, il grande miracolo che riunisce e riassume in sé tutti i miracoli e tutte le profezie. Gesù risorge trionfante non allegoricamente o spiritualmente, come vorrebbe una certa teologia progressista, ma visibilmente, in Corpo, Sangue, Anima e Divinità. La Santa Sindone registra ora, sul “negativo”, l’irradiazione abbagliante del suo Corpo glorioso, “fotografando” la Risurrezione e offrendoci un nuovo argomento, per affermare che solo nella Chiesa cattolica possiamo trovare la nostra salvezza.
Nel Vangelo trasmesso ai Corinzi san Paolo ricorda quelle verità fondamentali che gli Apostoli annunciavano per prime nella loro predicazione e cioè la Morte e la Risurrezione di Gesù Cristo. Se Cristo non fosse morto e risuscitato, la Redenzione non sarebbe avvenuta. La Risurrezione è il fondamento della nostra fede. Da un uomo, Adamo, venne la morte e da un altro uomo, un uomo-Dio, è venuta la vita. Come in Adamo tutti muoiono, così tutti in Cristo saranno vivificati. Tutta l’umanità, afferma sant’Agostino, si riassume: «nella storia di due uomini di cui uno ci ha perduti in sé, facendo la sua volontà e non quella di Colui che l’aveva creato, l’altro invece ci ha salvati in sé, facendo non la sua volontà, ma quella di Colui che l’aveva mandato. Nella storia di questi due uomini sta tutta la fede cristiana». La Settimana Santa riassume questo dramma e, nella notte di Pasqua, la liturgia della Chiesa ci affida il suo messaggio di speranza e di vittoria.
La Pasqua, dice dom Guéranger, è la proclamazione del regno dell’Agnello immolato, è il grido degli eletti nel cielo: «Ha vinto il leone della tribù di Giuda, la radice di Davide!» (Ap 5, 5). Gesù si è risvegliato, si è levato in piedi «quale agnello per noi, leone per i suoi nemici», unendo d’ora in avanti gli attributi della forza e della dolcezza. La forza, con cui dobbiamo combattere i nemici della nostra fede, e la carità, che dobbiamo esercitare verso i nostri fratelli.
La Passione, Morte e Risurrezione di Gesù Cristo fu il cardine della predicazione apostolica e deve essere il fondamento della nostra fede. La Sindone ne rappresenta un compendio visibile e commovente. È per questo che anche noi andremo a Torino a venerare la santa reliquia.
Fonte: Radici Cristiane, n.102 – marzo