ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 7 aprile 2015

Arridàje

Dopo la moschea mancava Lutero. Ci ha 

pensato Marino

Se il sindaco Ignazio Marino avesse letto Martin Lutero, avrebbero saputo che cosa pensava il monaco di Roma e forse non gli avrebbero intitolato una piazza, cosa che hanno stabilito qualche tempo fa. Dopo il monumento a Giordano Bruno e in tempi più recenti la grade moschea, ci voleva pure piazza Lutero.

Ignazio Marino è un ex medico che fa il sindaco di Roma e non lo farebbe più da tempo se non fosse stato di sinistra. Infatti, com’è noto, in questo Paese se sei di destra o di centro vieni preso a pedate anche per un solo vacuo sospetto, mentre se sei “dei loro” puoi far quel che ti pare. 
Se non si può pretendere che un medico-sindaco abbia letto i Tischreden (discorsi a tavola) di Lutero, è altrettanto improbabile che li abbiano letti quelli della sua giunta, quantunque risulti che i politici italiani abbiano percentuali di laureati tra le più alte al mondo (ma anche di disoccupazione: a pensar male…).
Se li avessero letti, avrebbero saputo che cosa pensava di Roma fra Martino e forse non gli avrebbero intitolato una piazza nel Rione Monti, cosa che hanno stabilito il 13 marzo ultimo scorso. La richiesta era stata rivolta al Campidoglio nel 2009 dall’Unione delle Chiese Avventiste del Settimo Giorno in vista del cinquecentesimo anniversario dell’unica visita che l’allora monaco Martin Luther aveva fatto alla Città Eterna. Già perché quello a Roma c’era stato nel 1510. E il 7 giugno del 2010 la Commissione Toponomastica capitolina aveva detto sì, senz’altro, occhèi, perché no. Ma gli italiani non sono mica tedeschi come Lutero, così sono passati cinque anni. Può darsi che ne passino altri prima che la storica targa venga  apposta, dato che la giunta Marino traballa più di un funambolo scosso dal vento mentre attraversa le cascate del Niagara.
E può darsi che, alla fine, non se ne faccia di nulla. Per motivi ideologici? No, per noncuranza o sopravvenienze politiche. Se fossi, tuttavia, nei panni degli Avventisti batterei il ferro finché è caldo. Infatti, date le recenti dichiarazioni di certi cardinali, Lutero è uno da cui la Chiesa avrebbe da imparare, perciò almeno una piazza nella Città dei Papi, che ha già una mega-moschea, se la merita. Mica sono i tempi del monumento a Giordano Bruno in Campo dei Fiori, quando il Vaticano protestò veemente e compatto per lo sfregio perpetrato da Crispi su richiesta massonica. Il papa Leone XIII arrivò a minacciare di andarsene da Roma, ma poi venne dissuaso. Comunque, ordinò digiuno e preghiera per il 9 giugno 1889, giorno dell’inaugurazione. Quella volta fu, attorno alla statua, un tripudio di bandiere, gagliardetti, corone di fiori, discorsi roboanti della nuova Italia “laica”. Ma già l’anno seguente, all’anniversario non c’era nessuno, a parte i consueti bancarellari, scocciati per lo spazio loro sottratto dall’ingombrante monumento. 
Lutero, in quel fatale 1510, rimase molto impressionato da ciò che vide a Roma: la grandiosità, gli ospedali, la magnificenza e munificenza. Poi, quando sette anni dopo spaccò per sempre la cristianità, tutta l’ammirazione si tramutò in odio viscerale, e trasmise ai suoi seguaci la livorosa descrizione di una bottiglia che prima aveva visto mezza piena e da allora in poi vide sempre mezza vuota. Anzi, del tutto vuota, perché, a sentir lui, fu proprio lo spettacolo di Roma a incrinare il suo cattolicesimo. Che schifo il lusso, la corruzione, il neopaganesimo della corte papale, la vendita delle indulgenze, le sette messe celebrate ogni ora per far soldi nelle catacombe di San Sebastiano, addirittura due alla volta sullo stesso altare con due preti separati solo da uno schermo. Chi glielo avrebbe detto che oggi i preti cattolici concelebrano in numero molto maggiore di due e senza schermi. Ma che scandalo, allora, il soffitto di Santa Maria Maggiore decorato con l’oro portato da Colombo dalle Indie. Mentre i poveri languivano. E la Scala Santa da percorrere in ginocchio. Era davvero quella del pretorio di Pilato o un altro vergognoso mezzo per truffare denaro ai pellegrini? 
Tutti questi dubbi colsero Lutero, e ancora oggi non sono pochi i cattolici (anche prelati) che gli stessi dubbi coltivano. Vediamoci, perciò, a Piazza Lutero, la cui inaugurazione (se ci sarà) vedrà magari la solita cerimonia interconfessionale grondante ecumenismo e volemose bbene prima che il luogo sia lasciato ai piccioni. Tuttavia, quanto alla giunta Marino importi di Lutero si vede dalla delibera del 13 marzo, che il Grande Riformatore ha dovuto dividere con un (e te pareva) Partigiano (cui verrà intitolato un giardino) e un Fumettista (una via). 
di Rino Cammilleri

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