Negli Stati Uniti è diventato un caso nazionale l’appello pubblicato a pagamento giovedì 16 aprile su un’intera pagina del “San Francisco Chronicle”, con la richiesta a papa Francesco di cacciare l’arcivescovo della città, Salvatore Cordileone.
L’accusa rivolta all’arcivescovo dai firmatari dell’appello è di contraddire il “Chi sono io per giudicare?” detto dal papa, avendo egli ricordato agli insegnanti delle scuole cattoliche della diocesi – con un’ordinanza dello scorso 4 febbraio – l’elementare dovere di attenersi nelle parole e nei fatti alla dottrina della Chiesa in materia di vita, famiglia, sessualità.
L’appello per la rimozione dell’”intollerante” arcivescovo reca le firme di un centinaio di cattolici della diocesi, che modestamente si autodefiniscono “cattolici impegnati e ispirati dal Vaticano II”.
Tra i firmatari figurano Brian Cahill, ex direttore delle “Catholic Charities” della regione, e numerosi e ricchi benefattori. C’è Charles Geschke, presidente di Adobe Systems ed ex presidente del consiglio d’amministrazione della University of San Francisco. E c’è anche Tom Brady Sr., padre di un campionissimo del football americano, Tom Brady, quarterback dei New England Patriots.
Il “San Francisco Chronicle”, il giornale che ha pubblicato l’appello presentando i firmatari come “prominent Catholics”, è il più diffuso quotidiano del Nord della California, di proprietà del gruppo Hearst. Il suo gemello on line è il “San Francisco Gate”, con 22 milioni di visitatori al mese.
Per rafforzare l’impatto della pubblicazione dell’appello, il “San Francisco Gate” ha anche lanciato un sondaggio con quattro risposte preformulate – due pro e due contro – a questa domanda: “Papa Francesco deve rimuovere l’arcivescovo Cordileone dall’arcidiocesi di San Francisco?”.
E che cosa è venuto fuori? Che una maggioranza schiacciante, l’87 per cento, si è schierata a difesa dell’arcivescovo, contro la sua cacciata.
Per l’esattezza, a mezzogiorno di domenica 19 aprile:
Il 77 per cento ha risposto: “No, l’arcivescovo è un sostenitore dei valori della Chiesa cattolica”.
L’11 per cento: “Sì, l’arcivescovo alimenta un clima di intolleranza”.
Il 10 per cento: “No, l’arcivescovo ha ragione di opporsi al matrimonio tra persone dello stesso sesso”.
Il 2 per cento “Sì, il suo codice di moralità per gli insegnati delle scuole cattoliche va contro la legge”.
Evidentemente, i firmatari dell’appello saranno “prominent Catholics”, ma non hanno né il polso né il seguito del grosso dei fedeli, neppure nella città degli Stati Uniti dipinta dai media come la più “liberal”.
Quanto a papa Francesco, è semplicemente impensabile che rimuova Cordileone.
Piuttosto, è interessante notare chi il papa ha recentemente nominato vescovo di San Diego, la più estesa e popolosa diocesi californiana, questa invece con fama di conservatrice. È Robert McElroy, che di certo conservatore non è, tutt’altro, già segretario personale, in passato, del vescovo ultraprogressista John R. Quinn.
Ed è la seconda nomina di peso fatta da Francesco negli Stati Uniti, in controtendenza rispetto all’orientamento prevalente di questo episcopato, dopo la nomina di Blase Cupich a Chicago.
http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2015/04/19/diocesi-di-san-francisco-quando-i-suonatori-finiscono-suonati/
Quel vescovo Cordileone che non piace ai progressisti
Quel vescovo Cordileone che non piace ai progressisti
20-04-2015
Un centinaio di zelanti cattolici californiani ha preso una pagina del quotidiano The Chronicle per chiedere al Papa di “rimuovere” il loro vescovo. Si tratta di monsignor Salvatore Cordileone, arcivescovo di San Francisco, entrato in diocesi nel 2012.
Si dà il caso che il prelato sia il presidente del Comitato di Difesa del matrimonio della Conferenza episcopale americana, e in California è noto per il suo coraggio nel difendere l’istituto matrimoniale da ogni ideologia che tenti di indebolirlo o mistificarlo. Ma, non solo. Recentemente l’arcivescovo Cordileone è salito agli onori della cronaca perché ha rivisto il contratto degli insegnanti delle scuole cattoliche, inserendo il rispetto di alcuni punti di dottrina, cioè quelli riferiti alla morale sessuale, alla contraccezione e all'uso delle cellule staminali (clicca qui per l'articolo della Bussola che racconta la vicenda). Per questo ha già subito violenti attacchi, perfino sul New York Times.
Ora arriva questa richiesta di “rimozione” indirizzata direttamente al Papa e che accusa il vescovo, tra l'altro, di aver favorito sacerdoti che “ostacolano la partecipazione delle donne nella Chiesa escludendo le ragazze dal servizio all'altare”; di avere un' agenda “monotematica” contro le unioni tra persone dello stesso sesso; e di non ascoltare i sacerdoti anziani della propria diocesi. “Sembra”, ha dichiarato Frank Pitre, un avvocato firmatario, “che stia andando in una direzione che è completamente opposta a quella di Papa Francesco e sta creando un clima di intolleranza totale”.
Nibby Brothers, un'altra firmataria, dice che monsignor Cordileone “sta solo causando un sacco di discordia, specialmente tra i giovani della diocesi”. A titolo di cronaca possiamo ricordare che la diocesi in questione, quella di San Francisco, era conosciuta come una delle più liberal degli States prima della nomina di Cordileone.
Il problema, secondo la Brothers, sarebbe proprio nel messaggio promosso dal vescovo, una pastorale che allontanerebbe i fedeli in quanto in disaccordo rispetto a come le pecorelle di San Francisco “conducono la loro vita”. Quindi, secondo queste opinioni, sembra debba essere il mondo a dettare l’agenda della Chiesa, e favorire così non lo sviluppo, ma una vera e propria evoluzione del dogma.
Dalla diocesi è scaturito un comunicato molto chiaro che rileva come questo annuncio a mezzo stampa sia inficiato da “un travisamento dell'insegnamento cattolico, un travisamento della natura del contratto degli insegnanti, e un travisamento dello spirito dell'arcivescovo”. E, conclude il comunicato, “il più grande travisamento di tutti è che i firmatari presumono di parlare per la Comunità cattolica di San Francisco”.
Fedele alla linea, monsignor Cordileone, che tra l’altro è uno dei quattro membri americani per il prossimo sinodo di ottobre, è uno dei principali promotori della prossima “March for marriage” (Marcia per il Matrimonio) che si terrà il 25 aprile a Washington. La marcia viene promossa dalla Conferenza episcopale a stelle e strisce, con l’intento di far sentire la voce dei cattolici in merito ad un'importante decisione che la Suprema Corte di Giustizia sta per prendere proprio in merito all’istituto del matrimonio. Nel messaggio ai vescovi, firmato da Cordileone e da monsignor Malone, si fa presente che questa decisione della Corte ha la stessa portata di quella che fu presa nel caso Roe vs. Wade che dichiarò l’aborto un diritto. Ora la posta in palio riguarda la necessità di preservare la definizione legale di matrimonio come unione tra un uomo e una donna.
I centro firmatari incolpano monsignor Cordileone di avere uno stile pastorale ed un linguaggio troppo duri su certi temi, e, per questo, sarebbe troppo distante dallo stile inclusivo del Papa. A questo punto sarebbe interessante capire se hanno letto l’ultimo intervento del Pontefice a proposito dell’ideologia gender. Perché potrebbero avere qualche sorpresa.
è il solito cerchiobottismo clericale.
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