Il Sommo Pontefice ha eletto vescovo Ariel S. Levi di Gualdo nominandolo segretario della Commissione Ecclesia Dei
— COMUNICATO —
IL SOMMO PONTEFICE
HA ELETTO VESCOVO ARIEL S. LEVI di GUALDO
NOMINANDOLO SEGRETARIO DELLA COMMISSIONE
ECCLESIA DEI
Eletto vescovo alla sede titolare di Laodicea Combusta il Padre Ariel è stato nominato segretario della pontificia commissione Ecclesia Dei. Succede
in questo incarico a S.E. Rev.ma Mons. Guido Pozzo, Arcivescovo
titolare di Bagnoregio, che entra nel servizio diplomatico della Santa
Sede.
dall’Isola di Patmos, 1° Aprile 2015 – Sant’Ugo di Grenoble
La Redazione dell’Isola di Patmos
è lieta di annunciare che il Rev. Ariel Stefano Levi di Gualdo è stato
nominato dal Sommo Pontefice segretario della Commissione Ecclesia Dei [vedere QUI]. Succede in questo incarico a S.E. Rev.ma Mons. Guido Pozzo, Arcivescovo titolare di Bagnoregio.
Nel suo incontro privato avvenuto presso la Domus Sanctae Martae
agli inizi del mese di marzo, il Presbitero ha cercato di apporre un
umile rifiuto affermando di non reputarsi all’altezza del compito,
sembra però — a quanto riferisce il diretto interessato — che il Santo
Padre gli avrebbe replicato: «Se come tu dici non sei all’altezza, vorrà
dire che nulla toglierai né aggiungerai a ciò che fino ad oggi non è
stato possibile portare a compimento».
Il Sommo
Pontefice lo ha quindi promosso alla dignità episcopale ed eletto alla
sede titolare di Laodicea Combusta, già suffraganea dell’Arcidiocesi di
Antiochia [note storiche QUI, QUI].
S.E.
Rev.ma Mons. Guido Pozzo entra invece nel servizio diplomatico della
Santa Sede con il delicato incarico di istituire la nuova nunziatura
apostolica nella Repubblica di Nauru, nell’Oceania della Micronesia
[vedere QUI, QUI].
Sarà
nostra premura comunicare quanto prima ai nostri lettori la data e il
luogo nel quale egli riceverà la consacrazione episcopale, che come di
prassi canonica avverrà entro tre mesi dall’avvenuta nomina.
Ringraziamo la competente Autorità Ecclesiastica per averci
concessa l’autorizzazione a dare con alcune ore di anticipo questa
notizia che sarà ufficializzata nelle prossime ore dalla Santa Sede.
___________________________________________________________________
NdR. Coloro che vengono promossi vescovi
devono essere titolari di una sede perché l’episcopato è legato ad una
Chiesa particolare. I vescovi non preposti al governo di una diocesi ma
chiamati come tali a ricoprire vari uffici in seno alla curia romana, al
servizio diplomatico della Santa Sede, o perché assegnati come vescovi
ausiliari ad una diocesi, devono essere sempre titolari di una sede, in
tal caso si procede ad assegnargli delle sedi titolari di diocesi delle quali è rimasto esistente solo il titolo [vedere QUI].
Per leggere il testo della Bolla di nomina cliccare sotto
BOLLA DI NOMINA di Ariel S. Levi di Gualdo
Eletto vescovo alla sede titolare di Laodicea Combusta il Padre Ariel è stato nominato segretario della pontificia commissione Ecclesia Dei. Succede
in questo incarico a S.E. Rev.ma Mons. Guido Pozzo, Arcivescovo
titolare di Bagnoregio, che entra nel servizio diplomatico della Santa
Sede.
dall’Isola di Patmos, 1° Aprile 2015 – Sant’Ugo di Grenoble
La Redazione dell’Isola di Patmos è lieta di annunciare che il Rev. Ariel Stefano Levi di Gualdo è stato nominato dal Sommo Pontefice segretario della Commissione Ecclesia Dei [vedere QUI]. Succede in questo incarico a S.E. Rev.ma Mons. Guido Pozzo, Arcivescovo titolare di Bagnoregio.
Nel suo incontro privato avvenuto presso la Domus Sanctae Martae agli inizi del mese di marzo, il Presbitero ha cercato di apporre un umile rifiuto affermando di non reputarsi all’altezza del compito, sembra però — a quanto riferisce il diretto interessato — che il Santo Padre gli avrebbe replicato: «Se come tu dici non sei all’altezza, vorrà dire che nulla toglierai né aggiungerai a ciò che fino ad oggi non è stato possibile portare a compimento».
Il Sommo Pontefice lo ha quindi promosso alla dignità episcopale ed eletto alla sede titolare di Laodicea Combusta, già suffraganea dell’Arcidiocesi di Antiochia [note storiche QUI, QUI].
S.E. Rev.ma Mons. Guido Pozzo entra invece nel servizio diplomatico della Santa Sede con il delicato incarico di istituire la nuova nunziatura apostolica nella Repubblica di Nauru, nell’Oceania della Micronesia [vedere QUI, QUI].
Sarà nostra premura comunicare quanto prima ai nostri lettori la data e il luogo nel quale egli riceverà la consacrazione episcopale, che come di prassi canonica avverrà entro tre mesi dall’avvenuta nomina.
Ringraziamo la competente Autorità Ecclesiastica per averci concessa l’autorizzazione a dare con alcune ore di anticipo questa notizia che sarà ufficializzata nelle prossime ore dalla Santa Sede.
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NdR. Coloro che vengono promossi vescovi devono essere titolari di una sede perché l’episcopato è legato ad una Chiesa particolare. I vescovi non preposti al governo di una diocesi ma chiamati come tali a ricoprire vari uffici in seno alla curia romana, al servizio diplomatico della Santa Sede, o perché assegnati come vescovi ausiliari ad una diocesi, devono essere sempre titolari di una sede, in tal caso si procede ad assegnargli delle sedi titolari di diocesi delle quali è rimasto esistente solo il titolo [vedere QUI].
Per leggere il testo della Bolla di nomina cliccare sotto
BOLLA DI NOMINA di Ariel S. Levi di Gualdo
dall’Isola di Patmos, 1° Aprile 2015 – Sant’Ugo di Grenoble
La Redazione dell’Isola di Patmos è lieta di annunciare che il Rev. Ariel Stefano Levi di Gualdo è stato nominato dal Sommo Pontefice segretario della Commissione Ecclesia Dei [vedere QUI]. Succede in questo incarico a S.E. Rev.ma Mons. Guido Pozzo, Arcivescovo titolare di Bagnoregio.
Nel suo incontro privato avvenuto presso la Domus Sanctae Martae agli inizi del mese di marzo, il Presbitero ha cercato di apporre un umile rifiuto affermando di non reputarsi all’altezza del compito, sembra però — a quanto riferisce il diretto interessato — che il Santo Padre gli avrebbe replicato: «Se come tu dici non sei all’altezza, vorrà dire che nulla toglierai né aggiungerai a ciò che fino ad oggi non è stato possibile portare a compimento».
Il Sommo Pontefice lo ha quindi promosso alla dignità episcopale ed eletto alla sede titolare di Laodicea Combusta, già suffraganea dell’Arcidiocesi di Antiochia [note storiche QUI, QUI].
S.E. Rev.ma Mons. Guido Pozzo entra invece nel servizio diplomatico della Santa Sede con il delicato incarico di istituire la nuova nunziatura apostolica nella Repubblica di Nauru, nell’Oceania della Micronesia [vedere QUI, QUI].
Sarà nostra premura comunicare quanto prima ai nostri lettori la data e il luogo nel quale egli riceverà la consacrazione episcopale, che come di prassi canonica avverrà entro tre mesi dall’avvenuta nomina.
Ringraziamo la competente Autorità Ecclesiastica per averci concessa l’autorizzazione a dare con alcune ore di anticipo questa notizia che sarà ufficializzata nelle prossime ore dalla Santa Sede.
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NdR. Coloro che vengono promossi vescovi devono essere titolari di una sede perché l’episcopato è legato ad una Chiesa particolare. I vescovi non preposti al governo di una diocesi ma chiamati come tali a ricoprire vari uffici in seno alla curia romana, al servizio diplomatico della Santa Sede, o perché assegnati come vescovi ausiliari ad una diocesi, devono essere sempre titolari di una sede, in tal caso si procede ad assegnargli delle sedi titolari di diocesi delle quali è rimasto esistente solo il titolo [vedere QUI].
Per leggere il testo della Bolla di nomina cliccare sotto
BOLLA DI NOMINA di Ariel S. Levi di Gualdo
Cari Lettori: “Mi scuso, ma al tempo stesso sono commosso”
- CARI LETTORI: «MI SCUSO, MA AL TEMPO STESSO SONO COMMOSSO»
L’ambizione rende quasi sempre l’uomo non libero,
quindi falso, ed il falso, oltre a non essere in alcun modo affidabile,
è sempre e di rigore un dannoso avvelenatore della vita ecclesiale, ed i
danni e le guerre fratricide che spesso produce all’interno del mondo
ecclesiastico sono talvolta incalcolabili.
È difficile che gli altri mi prendano in giro perché io mi prendo in giro da solo. Poi, per essere veramente seri non bisogna mai essere seriosi bensì giocosi, perché con un sorriso, ciò che di più serio esiste si trasmette e s’imprime, mentre con la seriosità arcigna, ed in specie quella clericale, ciò che di più serio esiste si cancella e nulla rimane [Ariel S. Levi di Gualdo]
Cari Lettori / Care Lettrici.
Prego coloro che in toni persino commossi mi hanno inviato messaggi di felicitazione per la mia nomina a vescovo titolare di Laodicea Combusta, di non sentirsi sbeffeggiati per questo Pesce d’Aprile [vedere QUI]. Basterà però attendere ancora poco affinché io possa succedere al cardinale residenziale di una antica sede: Crescenzio Sepe, Arcivescovo di Napoli. Ho già fatto le prove per il Pesce d’Aprile 2016 e posso anticiparvi una mia foto con la reliquia di San Gennaro in mano, fotomontaggio eseguito dall’amico Andrea nel quale per inciso — ci tengo a precisarlo — le due pagnottelle che vedete in foto non sono le mani mie ma quelle dell’amabile episcopo dell’antica Partenope.
Proprio quando scherzo faccio molto sul serio e molti di voi coglieranno il messaggio di fondo che è questo: chi spera di ottenere qualsiasi cosa, piccola o grande che sia, non fa certi scherzi, per fare i quali occorre la forza della libertà umana e cristiana da qualsiasi celata o mal celata ambizione. Per gli ecclesiastici l’ambizione è particolarmente nefasta, perché se il Demonio riesce a prenderci in essa, di noi può riuscire a fare tutto ciò che vuole. Lungo e penoso sarebbe l’elenco derivante da mie esperienze di vita sacerdotale a volte dolorose. Ho conosciuto vescovi che anziché servire e amare le Chiese particolari a loro affidate hanno dissipato il proprio episcopato per cercare di auto-promuoversi a più grande e prestigiosa sede, sempre disponibili per politici, giornalisti o membri della curia romana ravvoltolati come donnette al lavatoio nel peggiore chiacchiericcio, scostanti e non dediti alle cure del proprio clero e dei propri fedeli; pronti a emarginare in modi finanche crudeli tutti coloro che con onestà e devoto rispetto li hanno messi dinanzi alle loro gravose responsabilità pastorali, ma circondati in compenso di untuosi e adoranti segretarietti o di collaboratori rigorosamente più mediocri del vescovo stesso, promossi non di rado a loro volta alla dignità episcopale. È infatti ormai prassi triste e incontrollata che le mezze figure, prima si circondino, poi portino avanti appresso delle figure ancora più mezze di loro, tant’è vero che difficilmente, un pollo che razzola nel cortile, si mette un’aquila nelle proprie vicinanze.
Ho conosciuto giovani preti che si vedevano già nunzi apostolici a Washington, ma grazie a Dio scivolati infine su una buccia di banana, vittime della propria scaltrezza tutta quanta presunta. È che purtroppo ne ho visti molti altri andare avanti e soprattutto di molto peggiori. Troppi altri ancora ne ho visti accompagnarsi servili e ruffiani a cordate di curiali ai quali un prete per bene non allungherebbe mai la mano neppure con la canna da pesca; e sono gli stessi che appena ieri, sotto il pontificato del Venerabile Benedetto XVI, erano tutto un trionfo di rocchetti, damaschi e pose ieratiche, sempre pronti a sospirare in buon latino liturgico. Oggi questi stessi personaggi indossano paramenti dozzinali in vile acrilico, vanno in giro con un mezzo clergyman scollacciato e ti spiegano che nella vita ecclesiale il valore della povertà è tutto; e se per caso ti lasci scappare di bocca mezza orazione in latino, rischi di essere marchiato a fuoco come retrò. Evidentemente hanno capito — o credono di avere capito — che oggi, per fare carriera nel nuovo mondo ecclesiastico, bisogna parlare di poveri, di barboni e di periferie esistenziali di vario genere; ignari che forse, tutto questo, potrebbe essere invece solo un abile gioco per farli venire allo scoperto e indurli a cadere dentro la rete da pesca a loro tesa in modo magistrale, o se preferiamo con autentica scaltrezza papal-gesuitica.
In questo variegato campionario i peggiori in assoluto sono sicuramente quelli che non sono riusciti nelle loro scalate e che finiti in seguito licenziati dalla curia romana o dal servizio diplomatico, una volta rimandati trombati&frustrati nelle loro diocesi di origine si sono rivelati per i loro vescovi ed i loro confratelli degli ingestibili concentrati dei peggiori veleni.
L’ambizione rende quasi sempre l’uomo non libero, quindi falso, ed il falso, oltre a non essere in alcun modo affidabile, è sempre e di rigore un dannoso avvelenatore della vita ecclesiale, ed i danni e le guerre fratricide che spesso produce all’interno del mondo ecclesiastico sono talvolta incalcolabili.
Più volte, parlando privatamente col mio allievo e collaboratore e vari altri miei figlioli, ho affermato con triste ironia che potrei scrivere in anticipo sin d’ora l’elenco di tutti i peggiori elementi conosciuti durante la mia formazione al sacerdozio, ed appresso nella mia vita sacerdotale, che a uno a uno diventeranno tutti vescovi, i vescovi più mediocri diventeranno cardinali, i cardinali più mediocri diventeranno, chissà … perché in tal senso si sono programmati sin dai primi mesi di seminario e molti di essi riusciranno ad ottenere ciò che si sono prefissi. Detto questo ho sempre aggiunto: … e per ineffabile mistero, questi soggetti falsi, limitati, mediocri, spesso lacunosi sul piano dottrinale e pastorale e non di rado imbarazzanti sul piano morale, ricevuta la sacra unzione e con essa la pienezza del sacerdozio saranno comunque dei legittimi strumenti di grazia; e come tali dovranno essere rispettati e venerati ed all’occorrenza protetti come dei tesori, ma non per ciò che sono, ma per ciò che rappresentano e soprattutto per i Sacramenti che saranno chiamati ad amministrare. Certo, non saranno mai destinatari della mia stima, ma saranno sempre destinatari della mia sacerdotale venerazione, perché essi incarnano la pienezza del sacerdozio apostolico nel Mistero della Chiesa che sin dalla sua nascita lotta con il Mistero del Male.
Troppo a lungo nei seminari e nei noviziati religiosi si è spesso insistito ed esagerato in modi a volte rasenti l’ossessione sul peccato capitale della lussuria, come se nella sessualità umana risiedesse l’intero mistero del male. E mentre eravamo presi a concentrarci su questo, sotto gli occhi dei pii formatori, dei vescovi e dei superiori maggiori preoccupati quasi e solo dei pericoli dell’umana sessualità dei futuri preti e frati, crescevano e si moltiplicavano eserciti di incontenibili superbi, avari, invidiosi, iracondi. E la superbia, come varie volte ho scritto e ripetuto anche su queste nostre colonne dell’Isola di Patmos, è la regina di tutti i peccati, la somma auriga che si tira dietro tutti gli altri. È per questo e non certo per caso che al primo posto c’è lei, la superbia, non la lussuria, che è comunque un grave peccato ma che nella lista dei Sette peccati capitali sta però al 5° posto, perché prima di essa ne vengono altri quattro: I. superbia, II. avarizia, III. invidia, IV. ira … forse che questi siano più gravi, se l’ordine cronologico di grado del Catechismo della Chiesa Cattolica ha un suo senso preciso?
Per il mio spirito di libertà da certe ambizioni che reputo alquanto sano, confesso che qualche volta mi sarebbe persino piaciuto essere un po’ apprezzato dall’Autorità Ecclesiastica, anziché trattato a pesci in faccia. Quando però in questa valle di lacrime — e spesso anche di nani affetti dal complesso dei giganti terrorizzati per questo dal confronto con gli altri — scatta in me l’umano desiderio di essere apprezzato, cerco di fuggire questa “tentazione” recitando a memoria le Litanie dell’Umiltà del Cardinale Rafael Merry del Val … e tutto mi passa. Più volte le ho consigliate a diversi confratelli sacerdoti miei penitenti, ed anche a loro, o perlomeno ai più, tutto è passato.
E adesso rinchiudiamoci nel mistero dei Sacri Riti Pasquali, domani mattina i Presbiteri di tutto il mondo celebreranno con i propri Vescovi la Santa Messa del Crisma durante la quale rinnoveranno le loro promesse, poi la Missa in Coena Domini nella quale si rinnova il ricordo della istituzione dell’Eucaristia e del Sacerdozio.
LITANIE DELL’UMILTÀ
scritte dal Servo di Dio Rafael Merry del Val
O Gesù! mite ed umile di cuore! Esaudiscimi.
Dal desiderio di essere stimato – Liberami, Gesù.
Dal desiderio di essere amato – Liberami, Gesù,
Dal desiderio di essere decantato – Liberami, Gesù.
Dal desiderio di essere onorato – Liberami Gesù.
Dal desiderio di essere lodato – Liberami, Gesù.
Dal desiderio di essere preferito agli altri – Liberami, Gesù.
Dal desiderio di essere consultato – Liberami, Gesù.
Dal desiderio di essere approvato – Liberami, Gesù.
Dal timore di essere umiliato – Liberami, Gesù.
Dal timore di essere disprezzato – Liberami, Gesù.
Dal timore di soffrire ripulse – Liberami, Gesù.
Dal timore di essere calunniato – Liberami, Gesù.
Dal timore di essere dimenticato – Liberami, Gesù.
Dal timore di essere preso in ridicolo – Liberami, Gesù.
Dal timore di essere ingiuriato – Liberami, Gesù.
Dal timore di essere sospettato – Liberami Gesù.
Che gli altri siano amati più di me – Gesù, datmmi la grazia di desiderarlo!
Che gli altri siano stimati più di me – Gesù, dammi la grazia di desiderarlo!
Che gli altri possano crescere nell’opinione del mondo e che io possa diminuire – Gesù, dammi la grazia di desiderarlo!
Che gli altri possano essere impiegati ed io messo in disparte – Gesù, dammi la grazia di desiderarlo!
Che gli altri possano essere lodati ed io, non curato – Gesù, dammi la grazia di desiderarlo!
Che gli altri possano essere preferiti a me in ogni cosa – Gesù, dammi la grazia di desiderarlo!
Che gli altri possano essere più santi di me, purché io divenga santo in quanto posso – Gesù dammi la grazia di desiderarlo!
O Dio, che resisti ai superbi e dai la grazia agli umili: concedimi la virtù della vera umiltà, di cui il Tuo Unigenito mostrò ai fedeli l’esempio nella Sua Persona; affinché non avvenga mai di provocare la Tua indignazione con l’esaltarmi nell’orgoglio, ma piuttosto, sottomettendomi umilmente possa ricevere i doni della Tua grazia.
Così sia.
http://isoladipatmos.com/cari-lettori-mi-scuso-ma-al-tempo-stesso-sono-commosso/
appendice al “pesce d’aprile”
È difficile che gli altri mi prendano in giro perché io mi prendo in giro da solo. Poi, per essere veramente seri non bisogna mai essere seriosi bensì giocosi, perché con un sorriso, ciò che di più serio esiste si trasmette e s’imprime, mentre con la seriosità arcigna, ed in specie quella clericale, ciò che di più serio esiste si cancella e nulla rimane [Ariel S. Levi di Gualdo]
Cari Lettori / Care Lettrici.
Prego coloro che in toni persino commossi mi hanno inviato messaggi di felicitazione per la mia nomina a vescovo titolare di Laodicea Combusta, di non sentirsi sbeffeggiati per questo Pesce d’Aprile [vedere QUI]. Basterà però attendere ancora poco affinché io possa succedere al cardinale residenziale di una antica sede: Crescenzio Sepe, Arcivescovo di Napoli. Ho già fatto le prove per il Pesce d’Aprile 2016 e posso anticiparvi una mia foto con la reliquia di San Gennaro in mano, fotomontaggio eseguito dall’amico Andrea nel quale per inciso — ci tengo a precisarlo — le due pagnottelle che vedete in foto non sono le mani mie ma quelle dell’amabile episcopo dell’antica Partenope.
Proprio quando scherzo faccio molto sul serio e molti di voi coglieranno il messaggio di fondo che è questo: chi spera di ottenere qualsiasi cosa, piccola o grande che sia, non fa certi scherzi, per fare i quali occorre la forza della libertà umana e cristiana da qualsiasi celata o mal celata ambizione. Per gli ecclesiastici l’ambizione è particolarmente nefasta, perché se il Demonio riesce a prenderci in essa, di noi può riuscire a fare tutto ciò che vuole. Lungo e penoso sarebbe l’elenco derivante da mie esperienze di vita sacerdotale a volte dolorose. Ho conosciuto vescovi che anziché servire e amare le Chiese particolari a loro affidate hanno dissipato il proprio episcopato per cercare di auto-promuoversi a più grande e prestigiosa sede, sempre disponibili per politici, giornalisti o membri della curia romana ravvoltolati come donnette al lavatoio nel peggiore chiacchiericcio, scostanti e non dediti alle cure del proprio clero e dei propri fedeli; pronti a emarginare in modi finanche crudeli tutti coloro che con onestà e devoto rispetto li hanno messi dinanzi alle loro gravose responsabilità pastorali, ma circondati in compenso di untuosi e adoranti segretarietti o di collaboratori rigorosamente più mediocri del vescovo stesso, promossi non di rado a loro volta alla dignità episcopale. È infatti ormai prassi triste e incontrollata che le mezze figure, prima si circondino, poi portino avanti appresso delle figure ancora più mezze di loro, tant’è vero che difficilmente, un pollo che razzola nel cortile, si mette un’aquila nelle proprie vicinanze.
Ho conosciuto giovani preti che si vedevano già nunzi apostolici a Washington, ma grazie a Dio scivolati infine su una buccia di banana, vittime della propria scaltrezza tutta quanta presunta. È che purtroppo ne ho visti molti altri andare avanti e soprattutto di molto peggiori. Troppi altri ancora ne ho visti accompagnarsi servili e ruffiani a cordate di curiali ai quali un prete per bene non allungherebbe mai la mano neppure con la canna da pesca; e sono gli stessi che appena ieri, sotto il pontificato del Venerabile Benedetto XVI, erano tutto un trionfo di rocchetti, damaschi e pose ieratiche, sempre pronti a sospirare in buon latino liturgico. Oggi questi stessi personaggi indossano paramenti dozzinali in vile acrilico, vanno in giro con un mezzo clergyman scollacciato e ti spiegano che nella vita ecclesiale il valore della povertà è tutto; e se per caso ti lasci scappare di bocca mezza orazione in latino, rischi di essere marchiato a fuoco come retrò. Evidentemente hanno capito — o credono di avere capito — che oggi, per fare carriera nel nuovo mondo ecclesiastico, bisogna parlare di poveri, di barboni e di periferie esistenziali di vario genere; ignari che forse, tutto questo, potrebbe essere invece solo un abile gioco per farli venire allo scoperto e indurli a cadere dentro la rete da pesca a loro tesa in modo magistrale, o se preferiamo con autentica scaltrezza papal-gesuitica.
In questo variegato campionario i peggiori in assoluto sono sicuramente quelli che non sono riusciti nelle loro scalate e che finiti in seguito licenziati dalla curia romana o dal servizio diplomatico, una volta rimandati trombati&frustrati nelle loro diocesi di origine si sono rivelati per i loro vescovi ed i loro confratelli degli ingestibili concentrati dei peggiori veleni.
L’ambizione rende quasi sempre l’uomo non libero, quindi falso, ed il falso, oltre a non essere in alcun modo affidabile, è sempre e di rigore un dannoso avvelenatore della vita ecclesiale, ed i danni e le guerre fratricide che spesso produce all’interno del mondo ecclesiastico sono talvolta incalcolabili.
Più volte, parlando privatamente col mio allievo e collaboratore e vari altri miei figlioli, ho affermato con triste ironia che potrei scrivere in anticipo sin d’ora l’elenco di tutti i peggiori elementi conosciuti durante la mia formazione al sacerdozio, ed appresso nella mia vita sacerdotale, che a uno a uno diventeranno tutti vescovi, i vescovi più mediocri diventeranno cardinali, i cardinali più mediocri diventeranno, chissà … perché in tal senso si sono programmati sin dai primi mesi di seminario e molti di essi riusciranno ad ottenere ciò che si sono prefissi. Detto questo ho sempre aggiunto: … e per ineffabile mistero, questi soggetti falsi, limitati, mediocri, spesso lacunosi sul piano dottrinale e pastorale e non di rado imbarazzanti sul piano morale, ricevuta la sacra unzione e con essa la pienezza del sacerdozio saranno comunque dei legittimi strumenti di grazia; e come tali dovranno essere rispettati e venerati ed all’occorrenza protetti come dei tesori, ma non per ciò che sono, ma per ciò che rappresentano e soprattutto per i Sacramenti che saranno chiamati ad amministrare. Certo, non saranno mai destinatari della mia stima, ma saranno sempre destinatari della mia sacerdotale venerazione, perché essi incarnano la pienezza del sacerdozio apostolico nel Mistero della Chiesa che sin dalla sua nascita lotta con il Mistero del Male.
Troppo a lungo nei seminari e nei noviziati religiosi si è spesso insistito ed esagerato in modi a volte rasenti l’ossessione sul peccato capitale della lussuria, come se nella sessualità umana risiedesse l’intero mistero del male. E mentre eravamo presi a concentrarci su questo, sotto gli occhi dei pii formatori, dei vescovi e dei superiori maggiori preoccupati quasi e solo dei pericoli dell’umana sessualità dei futuri preti e frati, crescevano e si moltiplicavano eserciti di incontenibili superbi, avari, invidiosi, iracondi. E la superbia, come varie volte ho scritto e ripetuto anche su queste nostre colonne dell’Isola di Patmos, è la regina di tutti i peccati, la somma auriga che si tira dietro tutti gli altri. È per questo e non certo per caso che al primo posto c’è lei, la superbia, non la lussuria, che è comunque un grave peccato ma che nella lista dei Sette peccati capitali sta però al 5° posto, perché prima di essa ne vengono altri quattro: I. superbia, II. avarizia, III. invidia, IV. ira … forse che questi siano più gravi, se l’ordine cronologico di grado del Catechismo della Chiesa Cattolica ha un suo senso preciso?
Per il mio spirito di libertà da certe ambizioni che reputo alquanto sano, confesso che qualche volta mi sarebbe persino piaciuto essere un po’ apprezzato dall’Autorità Ecclesiastica, anziché trattato a pesci in faccia. Quando però in questa valle di lacrime — e spesso anche di nani affetti dal complesso dei giganti terrorizzati per questo dal confronto con gli altri — scatta in me l’umano desiderio di essere apprezzato, cerco di fuggire questa “tentazione” recitando a memoria le Litanie dell’Umiltà del Cardinale Rafael Merry del Val … e tutto mi passa. Più volte le ho consigliate a diversi confratelli sacerdoti miei penitenti, ed anche a loro, o perlomeno ai più, tutto è passato.
E adesso rinchiudiamoci nel mistero dei Sacri Riti Pasquali, domani mattina i Presbiteri di tutto il mondo celebreranno con i propri Vescovi la Santa Messa del Crisma durante la quale rinnoveranno le loro promesse, poi la Missa in Coena Domini nella quale si rinnova il ricordo della istituzione dell’Eucaristia e del Sacerdozio.
LITANIE DELL’UMILTÀ
scritte dal Servo di Dio Rafael Merry del Val
O Gesù! mite ed umile di cuore! Esaudiscimi.
Dal desiderio di essere stimato – Liberami, Gesù.
Dal desiderio di essere amato – Liberami, Gesù,
Dal desiderio di essere decantato – Liberami, Gesù.
Dal desiderio di essere onorato – Liberami Gesù.
Dal desiderio di essere lodato – Liberami, Gesù.
Dal desiderio di essere preferito agli altri – Liberami, Gesù.
Dal desiderio di essere consultato – Liberami, Gesù.
Dal desiderio di essere approvato – Liberami, Gesù.
Dal timore di essere umiliato – Liberami, Gesù.
Dal timore di essere disprezzato – Liberami, Gesù.
Dal timore di soffrire ripulse – Liberami, Gesù.
Dal timore di essere calunniato – Liberami, Gesù.
Dal timore di essere dimenticato – Liberami, Gesù.
Dal timore di essere preso in ridicolo – Liberami, Gesù.
Dal timore di essere ingiuriato – Liberami, Gesù.
Dal timore di essere sospettato – Liberami Gesù.
Che gli altri siano amati più di me – Gesù, datmmi la grazia di desiderarlo!
Che gli altri siano stimati più di me – Gesù, dammi la grazia di desiderarlo!
Che gli altri possano crescere nell’opinione del mondo e che io possa diminuire – Gesù, dammi la grazia di desiderarlo!
Che gli altri possano essere impiegati ed io messo in disparte – Gesù, dammi la grazia di desiderarlo!
Che gli altri possano essere lodati ed io, non curato – Gesù, dammi la grazia di desiderarlo!
Che gli altri possano essere preferiti a me in ogni cosa – Gesù, dammi la grazia di desiderarlo!
Che gli altri possano essere più santi di me, purché io divenga santo in quanto posso – Gesù dammi la grazia di desiderarlo!
O Dio, che resisti ai superbi e dai la grazia agli umili: concedimi la virtù della vera umiltà, di cui il Tuo Unigenito mostrò ai fedeli l’esempio nella Sua Persona; affinché non avvenga mai di provocare la Tua indignazione con l’esaltarmi nell’orgoglio, ma piuttosto, sottomettendomi umilmente possa ricevere i doni della Tua grazia.
Così sia.
http://isoladipatmos.com/cari-lettori-mi-scuso-ma-al-tempo-stesso-sono-commosso/
Domando perdono a Sua Santità per il “Pesce d’Aprile” offrendo una riflessione sul carrierismo-camaleontico
- DOMANDO PERDONO A SUA SANTITÀ PER IL «PESCE D’APRILE» OFFRENDO UNA RIFLESSIONE SUL CARRIERISMO-CAMALEONTICO
Chi spera di ottenere qualche cosa non dice mai la verità, si limita solo a cercare di compiacere in tutti i modi il padrone per ottenere da esso ogni possibile beneficio. E nella Chiesa d’oggi non abbiamo purtroppo né un San Bernardo di Chiaravalle né una Santa Caterina da Siena che si rivolgano al Romano Pontefice in modo deciso, avvolti d’amore e sacro rispetto verso l’Augusta Persona della Santità di Nostro Signore; temo quindi che in questi tempi di vacche magre la Santità Vostra debba accontentarsi di un mezzo scarto come me.
«Nessuno cuce una toppa di panno grezzo su un vestito vecchio; altrimenti il rattoppo nuovo squarcia il vecchio e si forma uno strappo peggiore»
[Vangelo di San Marco, Mc 2, 21]
Beatissimo Padre.
Consapevole che un “rattoppo” può dare vita a uno “strappo peggiore” [Mc 2, 21] umile e sincero Vi domando perdono per avere esordito il 1° aprile sulla seguita rivista telematica L’Isola di Patmos con un genere di scherzo noto in ambito europeo come «Pesce d’Aprile» [ndr. vedere QUI], lo stesso genere di scherzo che nelle terre d’origine della Santità Vostra è noto invece come «las bromas del dia de los Santos Inocentes» [gli scherzi del giorno dei Santi Innocenti], che in America Latina cade il 28 dicembre.
Confido anche nel sorriso di S.E. Mons. Guido Pozzo che dalla Pontificia Commissione Ecclesia Dei è stato promosso nunzio apostolico nella Repubblica di Nauru, perché anch’esso nella sua vita ecclesiastica avrà forse ricevuto o fatto qualche “scherzo da prete”, a partire dai tempi in cui era studente presso l’antico Collegio Capranica, dal quale sono uscite nel corso degli ultimi decenni cordate di soggetti che di scherzi alla Chiesa ne hanno fatti svariati e pesanti; molti dei vescovi donati alle diocesi italiane da quest’Almo Collegio sotto la precedente presidenza della C.E.I. ne sono infatti prova palese.
Nessuno potrà dire che io abbia dei celati sentimenti di carrierismo, piaga contro la quale ho spesso combattuto e scritto in toni duri nei miei libri e articoli; perché chiunque miri nel proprio intimo a qualche cosa si guarda bene dal promuovere per scherzo se stesso ad una sede vescovile, tanto è noto e risaputo che neppure uno che aspiri a diventare parroco di una chiesa di campagna farebbe pubblici scherzi del genere.
I carrieristi non sono spariti, hanno solo cambiata veste: sotto il pontificato del Vostro Sommo Predecessore erano tutti presi in sfoggi d’attenzioni per la sacra liturgia ed i suoi importanti apparati, tanto che all’epoca le sartorie ecclesiastiche e le fabbriche di paramenti artistici facevano affari d’oro. Oggi invece le stesse sartorie e fabbriche piangono miseria, perché il nuovo stile inaugurato dalla Santità Vostra è tutto improntato sulla semplicità e su una povertà francescana che neppure San Francesco d’Assisi conobbe mai, visto che i suoi frati erano sì poveri, ma le loro chiese erano dotate per la gloria di Dio dei paramenti più belli e delle suppellettili più preziose. I calici di coccio hanno cominciato a usarli di recente per ostentata “povertà” quei certi Frati Minori che hanno poi spinto il proprio Ordine verso la bancarotta per speculazioni finanziarie spericolate con le banche svizzere, mentre giocondi cantavano le lodi a Madonna Povertà e ponevano al contempo il Corpo e il Sangue di Cristo in vasellami di terracotta decorati con i colori della “bandiera della pace“, la quale nasce peraltro in ambito esoterico ed occultistico, come ormai risaputo e spesso inutilmente ripetuto ai diversi preti che si ostinano a metterla sugli altari dai quali da tempo hanno tolto il crocifisso centrale, affinché l’ombra di Nostro Signore non debba offuscare l’immagine del “prete-protagonista“.
Sono quindi certo che con la Vostra grazia di stato e la sapienza di cui siete Sommo Maestro sarete prudente e lungimirante quanto basta a non fidarvi di questi camaleonti, perché i carrieristi che oggi parlano di poveri e barboni sono gli stessi che sino a due anni fa spendevano somme esorbitanti di danaro solo per organizzare una sontuosa cena per celebrare il loro anniversario di consacrazione episcopale, alla presenza del gotha della vecchia aristocrazia e dei membri degli ordini cavallereschi che durante certe feste degne delle corti rinascimentali versavano lacrime di nostalgia per il vecchio Stato Pontificio. Ma ecco che d’improvviso ce li siamo ritrovati dinanzi totalmente trasformati, ed a soli due anni di distanza da allora, oggi non perdono occasione per parlare di poveri e di barboni ad ogni pubblica occasione propizia.
Forse sarebbe bene informare la Santità Vostra che ci sono Vescovi che nelle proprie omelie hanno posto ormai in secondo piano il Verbo di Dio fatto Uomo per parlare ai fedeli dei barboni, delle docce e dei barbieri che il Romano Pontefice ha fatto mettere a loro disposizione. A quanto però ci è dato sapere nessuno di loro ha messo a disposizione dei barboni né il proprio super-attico in città, né la propria villa, né il prezioso rustico di campagna che si sono preparati con gran cura e dispendio di danaro per potersi ritirare a quieta vita quando saranno “vescovi emeriti”; né pare che alcuno di essi abbia messo a disposizione dei barboni i cospicui risparmi accumulati durante gli anni del proprio ministero episcopale.
La mia modesta esperienza mi insegna che non bisognerebbe mai fidarsi di chi passa con siffatta disinvoltura dai broccati decorati in oro e argento agli stracci dozzinali in acrilico sintentico, perché ciò denota che questi clericali trasformisti non sono mai se stessi e quindi non manifestano mai la genuina sincerità del proprio essere. Coloro che dopo la Vostra Augusta elezione al Sacro Soglio hanno riposte in cassaforte le croci pettorali d’oro per presentarsi alle assemblee episcopali o in udienza privata dal Romano Pontefice con croci pettorali di ferro, o quelli che per figurare più poveri ancora si presentano direttamente con croci pettorali di legno a forma di tau francescano, sono il segno vivente della inaffidabilità più falsa e pericolosa, oltre che paradigma di quella desolante mediocrità che oggi soffoca la Chiesa di Cristo dai più bassi ai più alti livelli.
Quelli che invece scherzano in modo molto serio sono parecchio più affidabili di questi trasformisti, perché come ci ha insegnato quel giocoso santo di Filippo Neri essi servono veramente la Chiesa e il Romano Pontefice usque ad effusionem sanguinis, mentre i camaleonti tradiscono sempre; e non si limitano a tradire i vivi, tradiscono anche i morti.
Mi piacerebbe che in occasione della benedizione Urbi et Orbi la Santità Vostra si presentasse assiso sul trono dorato con l’abito corale pontificale, dopo avere celebrato le solennità pasquali con i paramenti storici più belli di cui è ricca la papale basilica di San Pietro, perché a quel punto, coloro che cavalcano una immagine di povertà da marketing mediatico e che offrono omelie unicamente a base di barboni, descrivendo ai nostri tanti fedeli che non conoscono più neppure i rudimenti del Catechismo della Chiesa Cattolica l’importanza delle docce e dei barbieri messi a loro servizio; gli eretici modernisti per un verso e gli eretici lefebvriani per altro verso, sarebbero messi tutti quanti in totale stato confusionale; e più li metteremo in confusione, più li porteremo allo scoperto; più li porteremo allo scoperto, più possibilità avremo di liberare la Santa Chiesa di Cristo da queste cellule tumorali sparse nel suo Corpo Santo come delle metastasi.
Di questi tempi, per preservare e per salvare la Santa Chiesa di Cristo non bisogna portare la pace, ma una spada [Mt 10, 34], che all’occorrenza può essere anche la spada della sana e cristiana ironia utile a mettere a nudo quanti sono pronti a cambiare con estrema facilità bandiera ed a saltare all’istante sul carro del nuovo vincitore, pur di rimanere gli stessi di sempre, cercando di ottenere tutto quello che si può riuscire ad ottenere in benefici e cariche ecclesiastiche persino dopo certi radicali cambi di governo. E costoro, da cui la Santità Vostra è purtroppo circondato, sono la moderna incarnazione di Giuda che rimproverò Maria di avere unto il Signore con un prezioso olio di nardo che a parere dell’Iscariota poteva essere venduto per 300 denari per darne poi il ricavato ai poveri [Gv 12, 5]; sono gli stessi che dopo avere accompagnato il Signore nel suo ingresso trionfale a Gerusalemme poco dopo lo abbandonarono dinanzi al pericolo e fuggirono [Mt 26, 56], mentre la folla di ieri, come quella di oggi, sceglieva Barabba e gridava nel pretorio di Pilato: «Crocifiggilo, crocifiggilo!» [Gv 19, 6].
Il mio cuore si rallegra dinanzi alla misericordia ed alla tenerezza più volte invocata dalla Santità Vostra e questo mi rende fiducioso che assieme ai barboni potremo esserne beneficiati anche noi figli Vostri e servitori devoti della Chiesa, resi indegnamente partecipi per mistero di grazia al sacerdozio ministeriale di Cristo, pur essendo noi sacerdoti sempre più carenti sia di misericordia sia di tenerezza da parte delle nostre Autorità Ecclesiastiche.
La Santità Vostra ha mai pensato — ed assieme a Voi quei Vostri Venerabili Fratelli Vescovi dediti oggi alla predicazione del nuovo Vangelo dei barboni — di mandare questi amabili clochards a celebrare il Sacrificio Eucaristico, a dare la sacra unzione a un infermo, ad assolvere i fedeli dai loro peccati, a guidare in vario modo il Popolo di Dio sulla via della fede in tutte quelle regioni del mondo dove la mancanza di sacerdoti aumenta sempre di più e dove l’età del clero è sempre più elevata? Perché anche noi presbiteri che serviamo la Chiesa con la nostra vita ed a prezzo della nostra vita e che spesso siamo parecchio più soli e abbandonati dei barboni, abbiamo bisogno di “docce”, di “barbieri” e di varie altre attenzioni che però nessuno ci dà.
Chi spera di ottenere qualche cosa non dice mai la verità, si limita solo a cercare di compiacere in tutti i modi il padrone per ottenere da esso ogni possibile beneficio. E nella Chiesa d’oggi non abbiamo purtroppo né un San Bernardo di Chiaravalle né una Santa Caterina da Siena che si rivolgano al Romano Pontefice in modo deciso, avvolti d’amore e di sacro rispetto verso l’Augusta Persona della Santità di Nostro Signore; temo quindi che in questi tempi di “vacche magre” la Santità Vostra debba proprio accontentarsi di un mezzo scarto come me.
Prostrato ai Vostri piedi bacio con devota obbedienza l’anello del Pescatore, con gli occhi illuminati da quel dono della grazia nella fede attraverso i quali non cesserò mai di venerare in Voi il Mistero della Chiesa eretta dal Verbo di Dio sulla roccia di Pietro.
Ariel S. Levi di Gualdo, presbitero
Dall’Isola di Patmos, 1 aprile 2015, ore 23.00
Vigilia della Missa in Coena Domini
O Redemptor sumet carmen
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http://isoladipatmos.com/domando-perdono-a-sua-santita-per-il-pesce-daprile-offrendo-una-riflessione-sul-carrierismo-camaleontico/
C'è da restare annichiliti dalla logorroica ed innarrestabile smania di apparire di don Ariel Stefano di Levi Gualdo.
RispondiEliminaSe avessero davvero funzionato le litanie dell'umiltà non se ne sarebbe uscito con questo pistolotto imbarazzante e autocelebrativo!
RispondiEliminaDon Ariel S. Levi di Gualdo vescovo! Mi sembrava troppo bello per essere vero, eppure ho vissuto qualche secondo di autentica gioia, prima di scoprire, proseguendo nella lettura del post, che si trattava di una bufala (pardon di un pesce, scusate l'errore zoologico) da 1° di aprile. La speranza che un giorno tale notizia possa avverarsi realmente, per quanto sia difficile che questo accada con il Pontefice attuale o con altri similari, visti i valori di cui il nostro si fa portabandiera, rimane comunque vivissima!!
RispondiEliminaTommaso pellegrino - Torino
www.tommasopellegrino.blogspot.com