Terremoto tra i gesuiti, al Pontificio Istituto Orientale
Esautorati dal generale della Compagnia di Gesù il rettore, il vicerettore e i due decani. L'islamologo Samir Khalil Samir nuovo reggente provvisorio. Un disastro preannunciato da anni
Ma sempre la scorsa settimana ha investito l'istituto anche un verro e proprio terremoto istituzionale, con l'esautorazione dell'intero suo corpo dirigente.
La notifica del provvedimento, firmata dal preposito generale della Compagnia di Gesù, padre Adolfo Nicolás Pachón, vice gran cancelliere dell'istituto, è rimasta affissa sull'albo solo per un giorno. Ma tanti hanno potuto leggerla e sapere.
Da martedì 14 aprile il rettore James McCann, il vicerettore Massimo Pampaloni e i decani delle due facoltà di scienze ecclesiastiche e di diritto canonico orientali Philippe Luisier e Michael Kuchera, tutti gesuiti, sono decaduti dai loro ruoli.
A reggere temporaneamente l'istituto, con la qualifica di pro-rettore "ad interim", è stato chiamato padre Samir Khalil Samir, 77 anni, gesuita, nato in Egitto, orientalista e islamologo di fama, già professore alla Université Saint-Joseph di Beirut e in altri atenei d'Europa e d'America.
E come nuovi pro-decani sono stati nominati i padri Edward G. Farrugia e Sunny Thomas Kokkaravalayil.
L’ordinanza è andata in esecuzione immediata, senza attendere l’inizio del nuovo anno accademico. Nella lettera con la quale ha notificato il provvedimento, il generale dei gesuiti ha riprovato lo spirito "non caritatevole" che ha disgregato la comunità docente, con grave danno per la missione dell'istituto.
Il Pontificio Istituto Orientale è stato creato quasi un secolo fa, nel 1917, da papa Benedetto XV, assieme alla congregazione per le Chiese orientali, il cui prefetto – che attualmente è il cardinale argentino Leonardo Sandri – ne è anche gran cancelliere.
Nel 1922 Pio XI affidò l'istituto alla Compagnia di Gesù, riservando al papa la nomina del rettore, su proposta autonoma del preposito generale dopo aver sentito i docenti gesuiti.
Nei mesi scorsi i decani e alcuni professori dell'istituto avevano chiesto la destituzione del rettore, lo statunitense McCann, giudicato incapace di guidare la macchina accademica. Il generale dei gesuiti inviò un ispettore nella persona di padre Gianfranco Ghirlanda, già rettore della Pontificia Università Gregoriana ed esperto canonista. E il risultato è stato, appunto, l'azzeramento del direttivo.
Che padre McCann non godesse di particolare apprezzamento nemmeno in Vaticano lo si era intuito già il 19 febbraio 2014, quando furono nominati consultori della congregazione per le Chiese orientali il vice rettore Pampaloni e i decani Luisier e Kuchera, ma non lui, il rettore in carica: un'umiliazione tanto più bruciante in quanto segretario della congregazione era – ed è tuttora – un suo confratello gesuita, l'arcivescovo slovacco di rito greco Cyril Vasil.
Tuttavia, che il disastro riguardasse non una singola persona ma l'insieme dell'istituto era da tempo sotto gli occhi di tutti, senza però che nessuno vi ponesse rimedio.
La denuncia di tale disastro affiorò la prima volta in pubblico il 15 dicembre 2011, in un momento solenne e di fronte all'intero corpo accademico, in occasione della cerimonia di congedo di padre Robert F. Taft (nella foto), statunitense, liturgista insigne, l'ultimo dei grandi docenti del periodo d'oro del Pontificio Istituto Orientale, al pari dei padri Tomás Spidlik, moravo, fatto cardinale da Giovanni Paolo II nel 2003, e Miguel Arranz Lorenz, spagnolo.
A tenere la "laudatio" in onore di Taft – poi pubblicata sulla rivista “Studi sull’Oriente Cristiano” e ivi leggibile on line – fu Stefano Parenti, professore di liturgie orientali al Pontificio Ateneo Sant'Anselmo di Roma e discepolo dello stesso Taft, assieme al quale sta ora pubblicando una monumentale storia della liturgia bizantina in più volumi, per i tipi dell'Abbazia Greca di San Nilo a Grottaferrata.
Parenti disse tra l'altro:
"A differenza di oggi, alla fine degli anni Ottanta del XX secolo il Pontificio Istituto Orientale era luogo d’eccellenza per lo studio delle liturgie orientali, in particolare della liturgia bizantina. Chi in futuro si sobbarcherà l’onere di scriverne la storia saprà accertare le responsabilità che hanno condotto a una 'débâcle' tanto clamorosa, in un gioco al massacro che, osservato a distanza con il distacco di chi non si sente coinvolto, vede un’arena deserta, senza vincitori e senza vinti".
E ancora:
"Ci troviamo dinanzi a quello che in politica si chiama 'problema di sistema', noto da tempo ma ignorato da chi aveva il compito di vigilare. A ciò si devono sommare la precarietà di tanti contratti e le modalità singolari di reclutamento e promozione dei docenti, per cui vi sono professori stabili che in una buona università statale europea o americana, nella più favorevole delle eventualità, sarebbero rimasti ricercatori fino alla pensione".
In effetti, anche oggi basta scorrere la tabella dei corsi per notare la precarietà di tanti insegnamenti, affidati a docenti raccogliticci, in temporanea trasferta da altre università e ridotti a fare in poche settimane ciò che dovrebbe durare un intero semestre, a tutto danno degli allievi.
Per non dire del venir meno dell'istituto al suo compito primario di servizio alla Chiesa, in un momento di gravissima crisi nell'oriente musulmano e cristiano, dalla Siria all'Ucraina, un frangente in cui un contributo di consulenza e di studio sarebbe più che mai necessario.
Oltre che improduttivo su questi temi cruciali, il Pontificio Istituto Orientale si è segnalato nei mesi scorsi anche per la clamorosa defezione di un suo ex vicerettore, Costantin Simon, americano di origini ucraino-ungheresi, specialista del cristianesimo russo.
Uscito dalla Compagnia di Gesù e dalla Chiesa cattolica, Simon è stato solennemente accolto come sacerdote nella Chiesa ortodossa russa il 7 giugno 2014, in un rito officiato dall'arcivescovo Amvrosij di Peterhof, rettore dell'accademia teologica di San Pietroburgo.
C'è chi prevede che il terremoto di questi giorni sia solo il preludio di una temporanea chiusura dell'istituto, in vista di una sua radicale ristrutturazione.
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Il sito web ufficiale dell'istituto:
> Pontificio Istituto Orientale
Il testo integrale della "laudatio" del 2011 in onore di Robert F. Taft, con la preveggente denuncia della "débâcle" del Pontificio Istituto Orientale:
> Il lascito di Robert F. Taft alla scienza liturgica
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L'analisi critica dei paragrafi sull'islam della "Evangelii gaudium" di papa Francesco fatta da padre Samir Khalil Samir, il nuovo pro-rettore "ad interim" del Pontificio Istituto Orientale:
> Islam e cristianesimo. Dove il dialogo inciampa (30.12.2013)
di Sandro Magister
http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1351034
Ricevo e pubblico volentieri la sottostante replica all’articolo di www.chiesa sul Pontificio Istituto Orientale. Con solo due osservazioni.
La prima e più importante è che le complessive valutazioni critiche dell’istituto, che lo scrivente contesta, non sono attribuibili a un presunto suggeritore occulto dell’articolo, ma sono ricavate testualmente da una “laudatio” pubblica del 2011 in onore di uno dei più rinomati docenti dell’istituto stesso, il professor Robert F. Taft. Tali valutazioni fecero talmente scalpore, quando furono pronunciate, da restare impresse nella memoria di tanti e da produrre infine, avendo trovato ulteriori conferme nei fatti, la decapitazione d’imperio dell’istituto, ad opera del preposito generale della Compagnia di Gesù, previa ispezione condotta dallo stimato canonista Gianfranco Ghirlanda.
La seconda osservazione riguarda i corsi abbreviati affidati a docenti di altre università. Mentre nell’articolo se ne denunciavano gli svantaggi, ora lo scrivente ne spiega le ragioni. Ed è bene che l’abbia fatto, consentendo una più ponderata valutazione.
Per tutto il resto non c’è che da concordare con l’auspicio che il “temporale” che ha colpito il Pontificio Istituto Orientale davvero lo “lavi, rinfreschi, rinnovi”, per un sempre maggiore servizio alle Chiese d’Oriente.
L’autore della replica, padre Cesare Giraudo, 74 anni, gesuita, è stato decano dal 1998 al 2005 della facoltà di scienze ecclesiastiche orientali del Pontificio Istituto Orientale, dove ha insegnato dal 1986. Egli insegna tuttora alla Pontificia Università Gregoriana. È specialista in teologia della liturgia e dei sacramenti.
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IL PONTIFICIO ISTITUTO ORIENTALE A SERVIZIO DELL’ORIENTE CRISTIANO
di Cesare Giraudo S.J.
Il recente articolo “Terremoto tra i gesuiti, al Pontificio Istituto Orientale” ha destato tra gli amici dell’istituto – gli amici veri, s’intende – sentimenti contrapposti. Anzitutto è da elogiare l’acribia con la quale è stata fedelmente rispettata la grafia complessa di nomi e cognomi non italiani. Va apprezzata parimenti l’esattezza delle informazioni riportate. Invece non si possono apprezzare affatto né la formulazione del titolo né tantomeno le valutazioni espresse da chi ha fornito la notizia.
Nel titolo appare del tutto inadeguata l’immagine del “terremoto”, una realtà che evoca solo distruzione e morte. Se ci si vuol servire di immagini, sarebbe più appropriata quella del “temporale”, magari anche di un temporale con improvvise e violente raffiche di vento, che abbatte gli alberi più esposti di un pendio. Ma tutti sanno che il temporale lava, rinfresca, rinnova, e che dopo il suo passaggio fa posto al sereno.
Quanto poi alle due citazioni che firmano cripticamente l’articolo, occorre dire che le varie espressioni catastrofiche, quali “débâcle”, “gioco al massacro”, “arena deserta, senza vincitori né vinti”, vanno restituite rispettosamente al mittente. Anche se, come accade in ogni istituzione accademica, non tutti gli insegnamenti sono tali da riscuotere il plauso unanime di quanti li frequentano, è pur vero che la stragrande maggioranza di essi soddisfa pienamente le attese degli studenti.
Chi parla di “precarietà di tanti insegnamenti, affidati a docenti raccogliticci, in temporanea trasferta da altre università e ridotti a fare in poche settimane ciò che dovrebbe durare un intero semestre” mostra di non conoscere la complessità della missione affidata all’Istituto Orientale, in particolare alla facoltà di scienze ecclesiastiche orientali.
Questa facoltà, che dal 1917 al 1971, cioè fino all’erezione della facoltà di diritto canonico orientale, si è identificata con l’Istituto stesso e si articola in tre sezioni: teologico-patristica, liturgica e storica. A sua volta, nella programmazione dei corsi, ognuna di queste sezioni si apre sul ventaglio delle varie tradizioni orientali: bizantino-slava, caldea, malabarese, malankarese, maronita, copta, etiopica, armena, georgiana, e non sono tutte qui.
Per dare un giusto spazio a queste variegate e ricche tradizioni (cattoliche, ortodosse e pre-calcedonesi) furono introdotti, molti anni or sono, accanto ai normali corsi di 24 ore riservati alle aree maggiori, dei corsi condensati in 12 ore, che trattano alternativamente ogni due anni le aree minori.
Questa operazione costituisce una vera sfida, sia per il decano che è chiamato a programmare i corsi, sia per il segretario che deve incasellarli nel calendario accademico. Se a ognuno di questi corsi si dovesse riservare un intero semestre, non basterebbero dieci anni per concludere una licenza.
Ma il Pontificio Istituto Orientale, al pari di ogni altra istituzione accademica, non ha la pretesa di insegnare tutto lo scibile; suo compito è trasmettere allo studente un metodo di lavoro che gli consentirà di camminare con le sue gambe. Si può affermare, senza timore di essere smentiti, che nessuna facoltà teologica, né a Roma né altrove, conosce una programmazione così articolata e complessa.
Ora, siccome gli esperti di queste aree cosiddette minori spesso non si trovano né all’interno del corpo docente stabile e neppure in Roma, è evidente che occorre andarli a cercare là dove sono, proponendo loro corsi intensivi, compatibili con le attività dell’istituzione dove risiedono.
Insomma, il Pontificio Istituto Orientale è chiamato ogni giorno a rispondere alla missione sapientemente delineata dal documento costitutivo “Orientis catholici” di Benedetto XV, quella appunto di essere “sede propria di studi superiori nell’Urbe concernenti le questioni orientali”. È questo che il corpo docente, pur nella consapevolezza dei limiti di personale e di mezzi di cui dispone, si sforza di fare, coniugando docenza e ricerca.
Le pubblicazioni uscite dal PIO in questi ultimi anni confermano che i docenti non sono affatto “ricercatori fino alla pensione” – ricercatori improduttivi, nella mente di chi accusa –, ma cercano, trovano e producono. (1)
Al programma tracciato da Benedetto XV nel 1917 ha fatto eco il discorso luminoso e lungimirante di Giovanni Paolo II il 12 dicembre 1993 in occasione del 75.mo dell’istituto.
In attesa di quanto dirà il successore di Pietro in occasione dell’ormai prossimo centenario della fondazione, chi si angustia per quanto è accaduto nei giorni scorsi non deve dimenticare che il Pontificio Istituto Orientale è stato affidato alla Compagnia di Gesù che, nella sua plurisecolare storia, di alterne vicende ne ha conosciute tante, e che sicuramente, guardando oltre al temporale che oggi è sotto gli occhi di tutti, saprà additare a docenti e discenti quel sereno che tutti ardentemente desiderano, per un sempre maggiore servizio alle Chiese d’Oriente.
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(1) Basti pensare agli atti del convegno internazionale “Le vie del sapere in ambito siro-mesopotamico dal III al IX secolo” (12-13 maggio 2011), Roma 2013, a cura di Carla Noce, Massimo Pampaloni sj e Claudia Tavolieri (www.orientaliachristiana.it); oppure agli atti del congresso internazionale di liturgia “The Anaphoral Genesis of the Institution Narrative in Light of the Anaphora of Addai and Mari” (25-26 ottobre 2011), Roma 2013, a cura di Cesare Giraudo sj www.prexeucharistica.org); oppure alla serie “La questione armena. Documenti dell’Archivio Segreto Vaticano, ecc.”, Roma 2013-2015 (quattro volumi già pubblicati, altri due in arrivo), di Georges-Henri Ruyssen sj www.lilame.org). Si pensi al “Dizionario enciclopedico dell’Oriente cristiano”, edito in italiano da Edward G. Farrugia sj nel 2000, di cui è imminente l’edizione anglofona notevolmente ampliata. Si pensi ancora alla prestigiosa collana “Patrologia Orientalis”, diretta da Philippe Luisier sj. E non è tutto qui.
http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2015/04/25/salutare-temporale-non-terremoto-al-pontificio-istituto-orientale/
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