Come criticare il Papa senza essere eretici"
Il Papa, qualsiasi Papa non solo l’attuale, deve essere sempre ascoltato senza batter ciglio oppure può essere criticato? Proviamo a verificare cosa dice sul punto la chiesa. La congregazione per la Dottrina della fede nel 1998 elaborò una “Nota dottrinale illustrativa della formula conclusiva della Professio fidei”, a firma dell’allora cardinale Joseph Ratzinger, che delimitava i campi e le modalità attraverso cui l’infallibilità petrina si esprime.
Solo in alcuni ambiti e unicamente nell’osservanza di precise condizioni è impegnata l’infallibilità del Sommo Pontefice e dunque i relativi asserti sono assolutamente vincolanti per tutti i cattolici e non criticabili perché in tali assunti non ci può essere nascosto nessun errore dottrinale. Va da sé che al di fuori di queste materie e condizioni il Papa non è infallibile e dunque può sbagliare. Ad esempio ciò che dice un Papa in un’intervista non impegna la sua infallibilità. Ciò naturalmente non significa che tutto quello che ha detto sia opinabile.
Ma laddove il Papa non è infallibile può essere criticato? In altri termini: il fedele ha un diritto di critica? Il Catechismo della chiesa cattolica impone obbedienza al Papa perché seguendo la sua volontà si aderisce a quella di Dio. Ma laddove questa volontà fosse in conflitto con quella divina, l’auctoritas pontificia verrebbe meno, perché ogni potestas – insegna Tommaso D’Aquino – riceve validità dall’ossequio al bene. La suprema legge nella chiesa, si legge nel codice di Diritto canonico, è la salus animarum e il primo balsamo per le anime è la verità a cui è sottomesso lo stesso Vicario di Cristo. Quindi sì obbedienza, ma non papolatria. Infatti il codice di Diritto canonico al n. 212 chiede ai fedeli da una parte obbedienza ai pastori e dall’altra riconosce a loro il diritto di esprimere delle riserve “su ciò che riguarda il bene della chiesa”. Nulla di nuovo sotto il sole. San Paolo criticò Pietro, primo Papa della storia, in merito all’obbligo da parte dei convertiti di sottoporsi al giudaismo: “Quando Cefa venne ad Antiochia mi opposi a lui a viso aperto perché evidentemente aveva torto” (Gal. 2,11). Il problema sta nel fatto che Paolo riprendeva Pietro per un aspetto pastorale e invece le recenti critiche mosse a Papa Francesco sono anche e soprattutto di carattere dottrinale.
Da qui una seconda domanda: accertato che esiste un diritto alla critica esiste anche un dovere di critica? Anche in questo caso facciamo parlare i documenti della chiesa. Sempre il codice di Diritto canonico al numero già citato afferma che i fedeli possono e devono in alcuni casi manifestare le loro perplessità “salvo restando l’integrità della fede e dei costumi e il rispetto verso i pastori, tenendo inoltre presente l’utilità comune e la dignità delle persone”, o per dirla con il n. 37 della Lumen Gentium, “con verità, fortezza e prudenza, con rispetto e carità verso coloro che, per ragione del loro sacro ufficio, rappresentano Cristo”. Il n. 62 della Gaudium et spes poi indica un atteggiamento di umiltà nel manifestare la propria opinione. Se si tratta infine di coloro che si dedicano alla studio delle scienze sacre il n. 218 del Codice richiede prudenza nell’esprimere il proprio pensiero. In questi passi si rinviene, per chi vuole essere fedele alla chiesa sino in fondo e pienamente cattolico, il criterio per comprendere quale sia lo spazio di manovra del cattolico dubbioso delle parole del Papa. Se io mi sento in dovere di criticare il Pontefice, magari anche a ragion veduta perché noto delle divergenze tra ciò che lui afferma e ciò che invece dichiara il Magistero (esclusiva unità di misura della verità per il cattolico), e lo faccio con il fine di avvalorare la verità, di illuminare i dubbiosi, di far chiarezza sulla dottrina ma poi, nelle circostanze concrete, a queste utilità si sommano altri effetti di carattere negativo come la mancanza di rispetto verso la figura del Santo Padre perché ci si pone di fronte a lui come il più bravo della classe, l’aumento di confusione tra le fila dei cattolici e il disorientamento dei semplici, forse è bene desistere dall’intento censorio proprio a motivo del fatto che le conseguenze negative annullerebbero quelle positive. Mai si deve fare il male, ma a volte è necessario astenersi dal bene per un bene maggiore.
Come non escludere ad esempio che il fronte laicista-relativista approfitti di queste critiche per sostenere che nemmeno il Papa è più credibile dato che ce lo confermano i cattolici stessi? Che il Papa può essere portato sotto processo da tutti dal momento che lo fanno pure i suoi fedeli più osservanti? Che l’importanza del Papa è ormai deteriorata e dunque il suo ruolo ecclesiale deve essere rivisto? Che nemmeno i cattolici si trovano più d’accordo su quale sia la verità dogmatica da seguire?
A tutto ciò si obietterà che anche di fronte a un simile rischio di scandalo è sempre doveroso e preferibile annunciare la verità. Ma se le modalità di annuncio per paradosso danneggiassero la verità stessa? Il rimedio non sarebbe peggiore del male? Non si otterrebbe operando così proprio l’effetto opposto a quello desiderato? Faremmo davvero un bel servizio alla verità? Allora forse la strada è quella della ripresentazione dei contenuti di fede e di morale contenuti nel Magistero ma usando la virtù della prudenza che indica gli strumenti più efficaci per raggiungere lo scopo prefissato. E’ quindi un problema che attiene alle modalità di critica più che al merito della critica stessa. Non è questione di etichetta, bensì concerne il miglior modo di servire la verità.
Solo in alcuni ambiti e unicamente nell’osservanza di precise condizioni è impegnata l’infallibilità del Sommo Pontefice e dunque i relativi asserti sono assolutamente vincolanti per tutti i cattolici e non criticabili perché in tali assunti non ci può essere nascosto nessun errore dottrinale. Va da sé che al di fuori di queste materie e condizioni il Papa non è infallibile e dunque può sbagliare. Ad esempio ciò che dice un Papa in un’intervista non impegna la sua infallibilità. Ciò naturalmente non significa che tutto quello che ha detto sia opinabile.
E mi si dica....davanti ad un "Papa" massone, di grazia come devo comportarmi? Della serie va rispettato anche se lui è il primo a sputare in faccia a Cristo e alla sua Chiesa... anche se evidentemente a tal soggetto della salvezza della mia anima non gliene frega na cippa!!! Ma per favore, si legga il Vangelo: «In verità, in verità vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore per la porta, ma vi sale da un'altra parte, è un ladro e un brigante. 2 Chi invece entra per la porta, è il pastore delle pecore. 3 Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore una per una e le conduce fuori. 4 E quando ha condotto fuori tutte le sue pecore, cammina innanzi a loro, e le pecore lo seguono, perché conoscono la sua voce. 5 Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei». 6 Questa similitudine disse loro Gesù; ma essi non capirono che cosa significava ciò che diceva loro.
RispondiElimina7 Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità vi dico: io sono la porta delle pecore. 8 Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. 9 Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo. 10 Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza. 11 Io sono il buon pastore. Il buon pastore offre la vita per le pecore. 12 Il mercenario invece, che non è pastore e al quale le pecore non appartengono, vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge e il lupo le rapisce e le disperde; 13 egli è un mercenario e non gli importa delle pecore. 14 Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, 15 come il Padre conosce me e io conosco il Padre; e offro la vita per le pecore. 16 E ho altre pecore che non sono di quest'ovile; anche queste io devo condurre; ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge e un solo pastore. 17 Per questo il Padre mi ama: perché io offro la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. 18 Nessuno me la toglie, ma la offro da me stesso, poiché ho il potere di offrirla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo comando ho ricevuto dal Padre mio».
Se un Papa è massone e soppianta un altro eletto, costui entra forse dalla porta o dalla finestra? E il sensus fidei dove lo mettiamo, sono tutti scemi quelli che impegnati a seguire la Tradizione della Chiesa non riconoscono la voce di un signore che in un tempio induista esalta la "grazia" dell'interreligiosità. Qui si parla sempre di doveri delle pecore nei confronti di sedicenti pastori ma MAI che questi "pastori" sentano di avere loro per primi dei doveri nei confronti delle pecore che sono state loro affidate.
Il signor Scandroglio sema quasi che inviti i cristiani a fare buon viso a cattivo gioco.... ah si.....per non fare brutte figure....come se avvallare la menzogna possa in un qualche modo essere un servizio nei confronti della Verità. Ma mi faccia il piacere... questa non è più la Chiesa Cattolica che giace sepolto sotto anni di eresie in attesa che Cristo la faccia risorgere gloriosamente... continuare a far finta che vada tutto bene o peggio mentire per non svegliare e disturbare tutti quei sedicenti cattolici all'anticamera dell'Inferno non mi sembra opera di misericordia ma di menefreghismo ipocrita. Io quindi non dovrei criticare il Papa perché se non uno Scalfari annuncia trionfante che i cattolici non supportano il Papa??? Ma che cretinata è mai questa prima di ricevere il mio ossequio il Papa deve osservare ottemperare ai suoi doveri verso di me, povera pecorella, poi e in virtù di questo suo comportamento premuroso e responsabili io sono tenuto ad obbedirgli...... Ma di che stiamo a parlare???
Questo è un vecchio articolo.
EliminaNon so cosa in proposito abbia poi detto ancora l'autore, ma mi sembra che sia uno dei pochi che ancora sulla "bussola" non l'abbia persa del tutto.
Riguardo al buon viso a cattivo gioco, è vero che è molto riduttivo, ma penso che si possa intendere meglio come un rispetto all'abito che porta, anche se indegnamente, per ciò che rappresenta non tanto per ciò che fa o dice o vuole realmente.
Il trono non è suo ma di Gesù, al quale dovrà comunque rendere conto.
Con pianto e stridore di denti?
Non è da invidiare la responsabilità che porta, ma pregare che possa ravvedersi e pascere le pecorelle, non i lupi.