Kasper: divorziati risposati ed eucarestia, il vescovo esamini i singoli casi
Il Cardinale lo ha proposto sul periodico tedesco Stimmen der Zeit. «Il monito a permanere nella verità di Cristo include l’altro, e cioè permanere nell’amore di Cristo»
Il cardinal Walter Kasper ha pubblicato nei giorni scorsi un ampio intervento sul periodico tedesco Stimmen der Zeit (Le voci del tempo) che ha per argomento il Sinodo di ottobre sulla famiglia, e in cui si tratterà anche del problema dell’ammissione o meno, e in che forma, dei divorziati risposati all’eucarestia. Il suo articolo si intitola: «Ancora una volta: ammissione dei divorziati risposati ai sacramenti?», e in esso il Porporato tedesco propone e aggiorna quella che ormai è nota come «proposta Kasper», e di cui si è parlato ampiamente nell’ultimo anno e mezzo.
Uno dei punti centrali dell’iniziativa del cardinale, presidente emerito del Consiglio per l’Unità dei Cristiani e autore di un libro sulla misericordia, citato da papa Francesco nei primi giorni del suo pontificato, vuole che «una teologia del matrimonio realistica debba considerare il fallimento e la possibilità del perdono». In pratica, la sua proposta vorrebbe ammettere i divorziati risposati ai sacramenti, dopo che essi abbiano trascorso una periodo di penitenza, e «dopo un onesto giudizio della persona interessata per quanto riguarda la sua situazione personale» e con l’appoggio del suo confessore. Il vescovo locale inoltre dovrebbe esercitare una supervisione autorevole sull’intero processo.
Il Porporato tedesco sostiene che «questa questione dell’ammissione dei divorziati risposati ai sacramenti non è un problema nuovo o solamente tedesco», «molti confessori in tutto il mondo stanno cercando una soluzione». Dalla sua Conferenza episcopale il Cardinale ha ricevuto un notevole sostegno alla sua proposta, anche se di recente si sono manifestate perplessità e pareri contrari espliciti da parte di diversi vescovi tedeschi.
È noto che uno dei nodi maggiori riguarda le frasi contenute nel Vangelo, e pronunciate da Gesù, relative all’indissolubilità del matrimonio, ritenute dagli esperti particolarmente «sicure». Kasper scrive però nel suo intervento che la parola di Cristo «non è una “sentenza legale”, ma piuttosto un principio che la Chiesa, con l’aiuto dell’autorità, datale da Cristo, di legare e sciogliere, deve applicare nel contesto delle situazioni culturali mutevoli». E il Porporato continua nel suo discorso sottolineando che «la parola di Cristo non può essere interpretata in maniera fondamentalistica».
A proposito del concetto di indissolubilità del matrimonio, Kasper afferma: «Questo è un grande convincente concetto. Comunque, non dovrebbe condurre a un’idealizzazione che è lontana dalla vita di tutti i giorni». E riferendosi al matrimonio cristiano così come è insegnato e concepito da parte della Chiesa, sostiene che il matrimonio cristiano, rispetto al legame di Cristo con la Chiesa, «non può pienamente realizzare questo mistero, ma può farlo solo in una forma frammentaria… gli sposi rimangono sul cammino, e sono sotto il segno della gradualità».
Dio resterà leale verso noi uomini anche se noi gli saremo infedeli, sostiene il Teologo: «Il sì di Dio resterà, anche se il sì umano è debole, o spezzato». Pur confermando la validità del principio secondo cui i sacramenti non possono essere ricevuti da chi sia in stato di peccato mortale, è necessario, secondo Kasper, osservare ogni caso singolarmente. «Non si può parlare di stato di peccato oggettivo senza considerare la situazione del peccatore nella sua unica personale dignità». In questo senso nasce la proposta di risolvere ogni caso sul piano individuale, comprensivo di «un processo di chiarificazione e ri-orientamento dopo la catastrofe del divorzio». Da questo processo dovrebbe nascere un giudizio onesto su se stessi. Anche perché «un perdono senza conversione» costituirebbe un «non senso teologico». Ma i divorziati risposati che mostrano «pentimento e desiderio di vivere secondo il Vangelo nella nuova situazione» potrebbero essere ammessi ai sacramenti. «Nell’assoluzione quindi nessun peccato sarebbe giustificato, ma il peccatore desideroso di cambiare». E l’eucarestia si renderebbe necessaria per aiutare il peccatore a restare sulla «nuova via». Il Porporato propone di considerare il problema nel contesto dell’idea dell’«ermeneutica della continuità», che includerebbe «riforme pratiche e con esse, un momento di discontinuità». Agli autori dei libro «Permanere nella verità di Cristo», che tanto scalpore suscitò lo scorso autunno, Kasper risponde: «Il monito a permanere nella verità di Cristo include l’altro, e cioè permanere nell’amore di Cristo».
MARCO TOSATTIROMA
“E se se ne trovassero 50, 40, 30, 20, 10?” dice nella Bibbia Abramo al Signore, per evitare la distruzione di Sodoma, ma non se ne trovarono nemmeno dieci, e la città fu distrutta. Ebbene, questa è oggi la situazione della Chiesa, ormai ex Cattolica: non se ne trovano neppure dieci che abbiano il coraggio di uscire allo scoperto, sfidare le ire dei nuovi padroni del vapore e difendere la fede, proclamare cioè la Verità contro l’inganno perpetrato da questi impostori.
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