Come si interpreta la” misericordia” nell’arcidiocesi di Trento
L’Arcidiocesi di Trento non finisce di stupire. L’ultima iniziativa è quella di affidare la solenne assemblea del prossimo 19 settembre al sempreverde Enzo Bianchi, dottore in Economia e Commercio, fondatore e priore dell’iperecumenica comunità di Bose, ed estimatore di Hans Küng, il critico per antonomasia dell’infallibilità e dell’autorità papale. Non a caso, nel 1979 allo stesso Küng la Congregazione per la Dottrina della Fede revocò la missio canonica, l’autorizzazione necessaria cioè per insegnare la teologia cattolica.
Su posizioni analoghe il suo giudizio sul «peccato originale» e sulla caduta degli angeli. Il dottor Bianchi nell’aprile 2013 al festival di Repubblica ha spiegato come «la fede non sia una certezza», non indenne da una possibile «evoluzione», che incoraggerebbe – secondo quanto da lui dichiarato a Vatican Insider nel luglio 2014 – «un nuovo equilibrio tra sinodalità e primato» di giurisdizione del Papa. E l’elenco potrebbe continuare. Singolare poi come proprio il vate dell’ecumenismo dialogico lo scorso agosto abbia voluto mostrare il volto minaccioso dell’azione giudiziaria nei confronti delle voci critiche, con la diffida fatta inviare da un legale ad alcune testate “scomode”, stupitesi che le si volesse zittire su basi oltre tutto piuttosto fragili ed alquanto generiche.
Ma l’invito rivolto ad Enzo Bianchi per l’assemblea diocesana di Trento non è casuale, è organico ad un preciso piano pastorale, si pone anzi con esso in perfetta sintonia e coerenza. Non a caso l’Arcivescovo raccomanda di diffondere in tutte le parrocchie, in particolare, i «primi dodici numeri» della Misericordiae Vultus, la bolla di indizione del Giubileo straordinario della misericordia. Perché? Perché sono quelli, in cui si esalta il Concilio Vaticano II (n. 4), definito in grado di abbattere «le muraglie che per troppo tempo avevano rinchiuso la Chiesa in una cittadella privilegiata», nonché di riprovare «gli errori» riservando però «solo richiamo, rispetto ed amore» agli erranti.
Un doppio registro analogo, soprattutto tra modernismo e Vaticano II, pose le basi culturali per i fautori di una concezione del dialogo umiliata a compromesso col mondo. Pensiamo ad esempio allo slogan «Combatto il comunismo, amo i comunisti» di don Primo Mazzolari od al collettivismo dell’ex-sindacalista cattolico ed ex-deputato popolare Guido Miglioli, che si trasformò presto in una collaborazione stretta e servile verso il Partito Comunista. Esempi, in cui si ravvisano i prodromi di quella Ostpolitik, che tanto male fece alla Chiesa ed al mondo.
Poiché il vizio è di fondo: è pur vero che la Chiesa deve «farsi carico dell’annuncio gioioso del perdono» (Misericordiae Vultus, n. 11), ma è altrettanto vero che non può darsi perdono all’impenitente ovvero senza che qualcuno lo chieda umilmente. Casi, invece, come quelli citati di don Mazzolari e di Miglioli (ma molti altri dei nostri giorni se ne potrebbero aggiungere come nel caso dei divorziati risposati, delle condotte omosessuali, per giungere sino ai casi di bioetica) pretenderebbero l’assoluzione gratis, senza ammissione di colpa, il che è impossibile, anzi è sacrilego, mancando i requisiti propri della Penitenza, che è ancora uno dei sette Sacramenti. (M. F.)
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