Le prossime teste che rotoleranno nella rivoluzione sessuale
Predicendo il possibile risultato della decisione della Corte Suprema
Gli eventi rivoluzionari, però, non si dimostrano sempre come si aspettavano i protagonisti.
Il 23 gennaio 1793, la testa insanguinata di Sua Maestà Luigi XVI venne mostrata a una folla in delirio. I rivoluzionari della nuova repubblica francese avevano posto fine all'ancien régime. Come ha scritto uno storico moderno, l'esecuzione del re “ha distrutto qualcosa per sempre. Quando la lama della ghigliottina è caduta alle 10.22 di quella mattina, è stata distrutta una mistica. La monarchia era stata profanata, desacralizzata”.
I rivoluzionari hanno previsto un brillante futuro per la Nazione francese dopo che era stata liberata dal giogo della monarchia. “A meno che il tiranno perda la testa, non ci sarà alcuna libertà, alcuna sicurezza, alcuna pace, alcun riposo, alcuna felicità per i francesi, e alcuna speranza per gli altri popoli di spezzare il proprio giogo”, disse Jean-Paul Marat nel suo famoso discorso alla Convenzione Nazionale.
Cosa sarebbe venuto in seguito? Chi poteva dirlo? Era una rivoluzione: non c'era alcun progetto. È questo il cammino delle rivoluzioni.
Ciò che è avvenuto dopo per i francesi è stato il regno del Terroresotto il Comitato di Salute Pubblica, con decine di migliaia di persone ghigliottinate; il genocidio vandeano, con 250.000 milioni di persone assassinate dai propri concittadini; l'esecuzione dei membri del Comitato di Salute Pubblica; la morte della repubblica; l'inizio dell'impero di Napoleone; cinque milioni di morti nelle sue guerre; l'estinzione dell'impero napoleonico; il ritorno di un re, Luigi XVII.
Nessuno aveva previsto questo disastro. Nessuno l'ha capito. Ma le rivoluzioni hanno il proprio slancio. Chi avrebbe mai potuto dire che sarebbe successo?
La decisione della Corte Suprema statunitense nella sentenza Obergefell v. Hodges è per la rivoluzione sessuale quello che l'esecuzione di Luigi XVI è stata per la Rivoluzione francese. Ha distrutto la mistica del matrimonio. Il matrimonio non è più una realtà pre-politica che precede la Costituzione statunitense, un santuario sottratto ai pianificatori governativi. Questa decisione stabilisce che il Governo può definire il matrimonio in qualsiasi modo ritenga idoneo. Come ha scritto il giudice Roberts esprimendo in modo pungente il suo dissenso,
“la Corte invalida le leggi matrimoniali di più della metà degli Stati e ordina la trasformazione di un'istituzione sociale che ha rappresentato la base della società umana per millenni, per gli abitanti del Kalahari e gli Han cinesi, per i cartaginesi e gli aztechi.Chi pensiamo di essere?”
E cosa ci aspetta? Chi può dirlo? Roberts chiede cosa impedisce di ridefinire il matrimonio ancora una volta per includere molteplici sposi.
“Se non avere la possibilità di sposarsi 'serve a mancare di rispetto e a subordinare' le coppie gay e lesbiche, perché la stessa 'imposizione di questa impossibilità' non servirebbe a mancare di rispetto e a subordinare le persone che trovano la realizzazione nelle relazioni poliamore?”
C'è una cospirazione segreta per usare il matrimonio dello stesso sesso come un cuneo per legalizzare il poliamore? È poco probabile, ma come nota Roberts non c'è niente di stabilito che possa fermarlo.
“Quando sono stati interpellati su un'unione matrimoniale plurale, i richiedenti hanno affermato che uno Stato 'non ha un'istituzione simile', ma il punto è proprio questo: gli Stati in questione non hanno neanche un'istituzione per il matrimonio omosessuale”.
I sostenitori dei rapporti poliamore e poligami stanno già costruendo argomentazioni legali. L'ultimo numero dell'Emory Law Journal è un simposio sulle unioni poligame, con vari accademici di spicco che le sostengono. Come ha spiegato uno di loro,
“Chi si preoccupa del fatto che i gay e le lesbiche vengano discriminati non può ignorare se anche quelli che sposerebbero molteplici partner se venisse loro permesso vengono trattati in modo ingiusto. Il primo tipo di discriminazione può essere più diffuso e peggiore del secondo, ma ciò non vuol dire che quest'ultimo sia costituzionalmente permissibile”.
E ci sono attivisti che aspirano anche ad abolire del tutto il matrimonio.
Prendete Masha Gessen, una giornalista russo-americana che ha scritto una lodatissima biografia di Vladimir Putin e nel 2012 ha detto alSydney Writer's Festival che non sarebbe stata felice fino a quando la legge non si fosse adattata alle sue complicate relazioni sessuali e familiari: un matrimonio lesbico, seguito da un divorzio, seguito da un altro matrimonio lesbico, tre figli che hanno cinque genitori (il figlio della sua seconda moglie è il figlio biologico del fratello della Gessen). E forse non dovrebbe esserci alcuna legge:
“Concordo sul fatto che dovremmo avere il diritto di sposarci, ma penso anche che sia una follia, che l'istituzione del matrimonio non dovrebbe esistere. Lottare per il matrimonio omosessuale in genere comporta il fatto di mentire su quello che faremo con il matrimonio una volta che ci arriveremo, perché mentiamo sul fatto che l'istituzione non cambierà, è una bugia. L'istituzione matrimoniale cambierà, e dovrebbe cambiare, e ancora, e non penso dovrebbe esistere”.
(Il Segretario di Stato americano John Kerry, a proposito, ha lodato la Gessen come “una persona splendida – una madre, una giornalista, uno straordinario difensore dei diritti umani”, e quindi lei non è una voce fuori dal coro)
A differenza della Rivoluzione francese, le vittime della rivoluzione sessuale non saranno mandate alla ghigliottina, ma loro e i loro figli potrebbero inondare i tribunali divorzisti, le prigioni, le cliniche riabilitative e gli ospedali psichiatrici. Gli oppositori potrebbero andare in bancarotta per le multe da pagare, o potrebbero finire addirittura in prigione.
Chi sa quale distruzione sociale ci aspetta? Nessuno, ma il segno di un vero rivoluzionario è che non gli importa. Proclama sempre che tutto sarà stupendo. Come dice il Presidente Obama, "#LoveWins", che è un riassunto delle parole di Maximilien Robespierre, la figura di spicco del regno del Terrore: “Sigillando la nostra opera con il nostro sangue, possiamo vedere almeno brillare l'aurora della felicità universale”.
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Michael Cook è editore di MercatorNet, dov'è apparso originariamente questo articolo.
[Traduzione dall'inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]
Chi sono e cosa rappresentano i nove giudici della Corte Suprema USA – di Carlo Manetti
Il motto del parlamentarismo britannico del XVIII secolo era: «Il Parlamento britannico può tutto, salvo cambiare l’uomo in una donna». Puro buon senso. Ma la pazzia supera agilmente anche il più ovvio buon senso = = = = = = =
di Carlo Manetti
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Venerdì scorso, mentre il mondo subiva una delle giornate in cui maggiormente si diffondeva a livello planetario (dalla Francia alla Tunisia, dalla Somalia al Kuwait, fino alla cittadina curda siriana di Kobane) la violenza del terrorismo islamico, la Corte Suprema degli Stati Uniti d’America ha sentenziato che nessuno Stato dell’Unione potrà, d’ora innanzi, rifiutarsi di riconoscere a coloro che hanno celebrato il cosiddetto “matrimonio” omosessuale i medesimi diritti di cui godono le persone regolarmente sposate. A favore di questa decisione hanno votato i quattro giudici notoriamente liberal (Ruth Bader Ginsburg, Stephen Breyer, Sonia Sotomayor e Elena Kagan), ai quali si è aggiunto, a sorpresa (ma non troppo), Anthony Kennedy, considerato un “conservatore”; contro hanno votato, invece, il presidente della Corte, John Glover Roberts, ed i giudici Antonin Gregory Scalia, Clarence Thomas e Samuel Alito, i quali, tutti e quattro, hanno redatto congiuntamente un parere in dissenso, per rimarcare quanto, a loro avviso, questa decisione rappresentasse un abuso ed un eccesso di potere da parte della Corte stessa.
Ruth Bader Ginsburg, nata a Brooklyn il 15 marzo 1933, rappresenta uno dei vertici dell’ideologia liberal in magistratura. Ha collaborato, come volontaria, con l’ACLU (American Civil Liberties Union, Unione Americana per le Libertà Civili), potente organizzazione non governativa tesa ad indurre i giudici e, più in generale, l’opinione pubblica a dare una interpretazione libertaria e laicista della Costituzione statunitense; le sue battaglie vanno dalla difesa della libertà di espressione (anche e soprattutto nelle sue forme più estreme) al tentativo di eliminare ogni simbolo religioso nella sfera pubblica; dalla lotta a favore dell’aborto a quella per la strenua difesa dell’ideologia gender; dalla liberalizzazione di ogni tipo di sostanza stupefacente all’immigrazionismo più estremo… Fu nominata alla Corte Suprema da Bill Clinton e prestò giuramento il 10 agosto 1993, come primo Giudice da lui scelto.
Stephen Breyer, nato a San Francisco il 15 agosto 1938, è uno dei più compiuti teorici dello sfruttamento a fini politici del diritto, che va sotto il nome di «pragmatismo giuridico»; nel suo libro «Libertà attiva: interpretare la nostra Costituzione democratica», attribuisce alla magistratura (ed a quella della Corte Suprema, in modo particolare) un ruolo attivo, oltre il dettato stesso delle norme. In questa visione, i padri costituenti non hanno lasciato tanto un insieme di norme e/o di principi, quanto un regime democratico, che i giudici hanno il compito di preservare ed incrementare, in una logica di progressiva attuazione dell’ideologia liberal. I suoi testi rappresentano il grimaldello giuridico per scardinare quel poco che resta di società naturale. Ha svolto una brillante carriera, tanto forense, quanto giudiziaria, nel corso della quale è stato anche procuratore speciale nel caso Watergate nel 1973. È stato scelto come Giudice della Corte Suprema da Bill Clinton ed ha prestato giuramento il 3 agosto 1994.
Sonia Sotomayor, nata a New York il 25 giugno 1954 da una famiglia portoricana di umili origini, superando non poche difficoltà, compì una brillante carriera giudiziaria. Questi suoi successi personali, la sua origine etnica ed i problemi, soprattutto di carattere economico, superati, uniti all’adesione all’ideologia liberal, le hanno dato una visione dell’uomo ai limiti del determinismo social-razziale; ripeteva spesso, anche in occasioni ufficiali ed in consessi universitari la frase che l’ha resa celebre: «Spero che una saggia donna latina, con la ricchezza delle sue esperienze, sia in grado, più spesso che no, di raggiungere una conclusione migliore rispetto a un uomo bianco che non ha vissuto quella vita»; questa è divenuta la sintesi della sua filosofia giuridica e di vita, con conseguenze anche molto pesanti sulla sua attività di giudice, fino a farle emettere pronunce, a dir poco, discutibili, come quella del caso Ricci v. De Stefano, in cui annullò un esame per la promozione ad ufficiale di un certo numero di pompieri perché i vincitori del concorso erano tutti bianchi o ispanici e, tra loro, non c’era nessun nero. Barack Obama l’ha nominata Giudice della Corte Suprema ed ella ha giurato il 9 agosto 2009.
Elena Kagan, nata a New York il 28 aprile 1960, a parte un generico orientamento di sinistra, non si segnala ideologicamente per nulla di specifico (ha anche al suo attivo poche pubblicazioni), fatta eccezione che sul tema dell’omosessualismo. Come preside della facoltà di giurisprudenza di Harvard, ha sempre escluso dall’Università i reclutatori militari, ritenendoli intrisi di una cultura contraria all’omosessualismo[1]; ha anche sostenuto una causa contro l’«emendamento Solomon», la legge che vietava i finanziamenti federali alle facoltà che discriminavano i reclutatori militari. Barack Obama l’ha elevata al rango di Giudice della Corte Suprema ed ella ha giurato il 7 agosto 2010.
Discorso diverso rispetto a tutti i precedenti vale, invece, nei confronti di Anthony Kennedy, nato a Sacramento, in California, il 23 luglio 1936. Gran parte della sua carriera di avvocato si è svolta nel suo Stato natale, dove ha potuto conoscere Ronald Reagan e collaborare con lui, quando questi era Governatore, all’emanazione di una tassa statale. Le sue posizioni, in campo giudiziario, non sono mai state conservatrici, anche se, in alcuni casi, ha rifuggito alcuni eccessi liberal; ha sempre mantenuto un atteggiamento sostanzialmente progressista; si pensi, a titolo di esempio, alla sua posizione sull’aborto: è favorevole al riconoscimento di tale pratica criminale come diritto soggettivo della donna, salvo poi essere contrario al cosiddetto «aborto a nascita parziale»[2]. Sulle questioni più specificamente riguardanti il tema dell’omosessualismo, la sua posizione è sempre stata fortemente liberal: ha inquadrato il problema unicamente sotto la dimensione della privacy personale, non ha riconosciuto la benché minima rilevanza sociale al problema e, quindi, ha sempre rifiutato di considerare un qualunque riferimento all’oggettiva natura umana. Quando, il 30 novembre 1987, Ronald Reagan lo ha nominato Giudice della Corte Suprema, il Presidente usciva da un momento difficile: il suo primo candidato, Robert Bork, era stato respinto dal Senato ed il suo secondo, Douglas Ginsburg, aveva dovuto rinunciare, dopo aver ammesso l’uso giovanile di marijuana; ecco che, politicamente, la scelta di un progressista moderato avrebbe potuto rafforzare la Presidenza, ricucendo lo strappo con il Senato, che, infatti, approvò, il 3 febbraio 1988, Kennedy con 97 voti a 0. Egli giurò il 18 febbraio del medesimo anno. Ecco che la sua decisione di votare a favore dell’imposizione del cosiddetto “matrimonio” omosessuale risulta molto meno sorprendente di quanto svariati commentatori, soprattutto europei, abbiano voluto rappresentare.
Tutti e quattro i Giudici che hanno votato contro l’imposizione del cosiddetto “matrimonio” omosessuale sono membri (salvo il Presidente John Roberts, la cui appartenenza è dubbia, ma la cui vicinanze ideale è certa) della Società Federalista di Diritto e Politiche Pubbliche Studi, più nota semplicemente come Società Federalista. Nata, nel 1982, come associazione di studenti, che non si riconoscevano nel taglio fortemente liberal della maggioranza delle università di giurisprudenza statunitensi, fonda tutta la sua dottrina giuridica sul principio secondo il quale il giudice deve applicare la legge e non le sue preferenze personali: tra l’ideologia del giudice e la volontà del legislatore, nelle sentenze, deve sempre prevalere la seconda sulla prima; è l’interpretazione diametralmente opposta a quella liberal, che vede, invece, nel diritto unicamente uno strumento tecnico per l’affermazione e la realizzazione delle proprie idee politiche.
John Glover Roberts, nato a Buffalo il 27 gennaio 1955, è un giudice di orientamento conservatore, vicino, se non affiliato, alla Società Federalista, che, però, non ha mancato di difendere, come avvocato, attivisti omosessualisti. Ha svolto gran parte della sua carriera giudiziaria in collaborazione con Presidenti repubblicani. È stato nominato Presidente della Corte Suprema, in sostituzione del defunto William Rehnquist (1924-2005), per molti versi suo maestro e con cui ha collaborato, dal Presidente Bush figlio ed ha giurato il 29 settembre 2005.
Antonin Gregory Scalia, nato a Trenton l’11 marzo 1936, è considerato, dopo la morte del giudice Rehnquist, l’anima dei giudici conservatori, anche se ha una posizione più favorevole ad un forte potere federale rispetto al sentimento generale degli ambienti conservatori statunitensi. Il suo punto di riferimento politico è Alexander Hamilton (1755-1804), guida ideale del Partito Federalista, di cui George Washington (1732-1799) è stato l’esponente più in vista; Hamilton era favorevole ad un forte potere centrale (federale, appunto) e ad una Banca centrale pubblica, perno di un sistema monetario unificato, contro le posizioni di Thomas Jefferson (1743-1826). Scalia è cattolico, ha nove figli, di cui uno sacerdote, ed è acerrimo nemico di ogni venatura libertaria all’interno del conservatorismo statunitense; è sempre stato contrario all’aborto ed all’omosessualismo, sotto qualunque forma. Ronald Reagan lo ha chiamato alla Corte Suprema, dove ha giurato il 26 settembre 1986.
Clarence Thomas, nato a Pin Point il 23 giugno 1948, è un giudice conservatore, anche se non ha la granitica coerenza di Scalia. In tema di aborto, ad esempio, ritiene che la Costituzione non se ne occupi e che, quindi, la legislazione debba essere rimessa ai singoli Stati; in tema di omosessualismo, la sua posizione è analoga. Il suo voto contrario, quindi, non è tanto dettato dal fatto che il cosiddetto “matrimonio” omosessuale violi la Costituzione, quanto dal fatto che l’argomento, non essendo trattato, deve essere rimessa alla competenza dei singoli Stati e che, dunque, la pronuncia di venerdì della Corte viola i diritti degli Stati stessi. Ritiene che il diritto naturale sia una sorta di background della Costituzione, senza, però, una sua diretta applicabilità. È stato chiamato alla corte suprema da Bush padre ed ha giurato il 23 ottobre 1991.
Samuel Alito, nato a Trenton il 1° aprile 1950, ha svolto una brillante carriera come magistrato e come avvocato; in quest’ultima qualità ha lavorato, per buona parte degli anni ‘80, al servizio del governo federale. È contrario all’aborto ed all’omosessualismo, in forza tanto dell’interpretazione non ideologica della Costituzione, quanto della sua Fede cattolica. È stato chiamato alla corte suprema da Bush figlio ed ha giurato il 31 gennaio 2006.
Il processo di degiuridicizzazione, che, negli ultimi decenni, ha coinvolto tutto l’Occidente, segna, con questa sentenza, un suo acme: la Corte Suprema degli Stati Uniti d’America, nello scontro tra chi vuole far prevalere la propria ideologia sulla legge e chi, invece, ritiene la Costituzione al di sopra delle ideologie individuali dei giudici, ha fatto prevalere i primi. Poiché questo significa, come era facilmente prevedibile, la prevalenza dell’ideologia sulla natura e sulla realtà oggettiva di fatto, l’arbitrio dell’ideologia dominante diviene, concettualmente, senza limiti. Il delirio liberale oggi rifiuta, coerentemente con le sue stesse premesse, anche i limiti di natura che, almeno alle sue origini pareva riconoscere. Il motto del parlamentarismo britannico del XVIII secolo era: «Il Parlamento britannico può tutto, salvo cambiare l’uomo in una donna»; la Corte Suprema degli Stati Uniti si arroga il diritto di fare anche questo.
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[1] Nelle forze armate all’epoca (primi anni 2000) vigeva ancora la cosiddetta politica «don’t ask, don’t tell» («non chiedere, non dire»), secondo la quale, poiché gli omosessuali, per legge, dovevano essere espulsi dalle forze armate, ma, per questioni politiche, questo sarebbe risultato “inopportuno”, i comandi superiori non si informavano sulla vita privata e sulle tendenze dei militari, se questi evitavano ogni atteggiamento di ostentazione delle loro eventuali tendenze contro natura. Tale politica di compromesso era, agli occhi di Elena Kagan, non sufficientemente favorevole agli omosessuali e, soprattutto, all’omosessualismo.
[2] È, forse, la più impressionante e barbara forma di aborto: consiste nel decapitare il bambino non ancora completamente nato.
di Carlo Manetti
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Venerdì scorso, mentre il mondo subiva una delle giornate in cui maggiormente si diffondeva a livello planetario (dalla Francia alla Tunisia, dalla Somalia al Kuwait, fino alla cittadina curda siriana di Kobane) la violenza del terrorismo islamico, la Corte Suprema degli Stati Uniti d’America ha sentenziato che nessuno Stato dell’Unione potrà, d’ora innanzi, rifiutarsi di riconoscere a coloro che hanno celebrato il cosiddetto “matrimonio” omosessuale i medesimi diritti di cui godono le persone regolarmente sposate. A favore di questa decisione hanno votato i quattro giudici notoriamente liberal (Ruth Bader Ginsburg, Stephen Breyer, Sonia Sotomayor e Elena Kagan), ai quali si è aggiunto, a sorpresa (ma non troppo), Anthony Kennedy, considerato un “conservatore”; contro hanno votato, invece, il presidente della Corte, John Glover Roberts, ed i giudici Antonin Gregory Scalia, Clarence Thomas e Samuel Alito, i quali, tutti e quattro, hanno redatto congiuntamente un parere in dissenso, per rimarcare quanto, a loro avviso, questa decisione rappresentasse un abuso ed un eccesso di potere da parte della Corte stessa.
Ruth Bader Ginsburg, nata a Brooklyn il 15 marzo 1933, rappresenta uno dei vertici dell’ideologia liberal in magistratura. Ha collaborato, come volontaria, con l’ACLU (American Civil Liberties Union, Unione Americana per le Libertà Civili), potente organizzazione non governativa tesa ad indurre i giudici e, più in generale, l’opinione pubblica a dare una interpretazione libertaria e laicista della Costituzione statunitense; le sue battaglie vanno dalla difesa della libertà di espressione (anche e soprattutto nelle sue forme più estreme) al tentativo di eliminare ogni simbolo religioso nella sfera pubblica; dalla lotta a favore dell’aborto a quella per la strenua difesa dell’ideologia gender; dalla liberalizzazione di ogni tipo di sostanza stupefacente all’immigrazionismo più estremo… Fu nominata alla Corte Suprema da Bill Clinton e prestò giuramento il 10 agosto 1993, come primo Giudice da lui scelto.
Stephen Breyer, nato a San Francisco il 15 agosto 1938, è uno dei più compiuti teorici dello sfruttamento a fini politici del diritto, che va sotto il nome di «pragmatismo giuridico»; nel suo libro «Libertà attiva: interpretare la nostra Costituzione democratica», attribuisce alla magistratura (ed a quella della Corte Suprema, in modo particolare) un ruolo attivo, oltre il dettato stesso delle norme. In questa visione, i padri costituenti non hanno lasciato tanto un insieme di norme e/o di principi, quanto un regime democratico, che i giudici hanno il compito di preservare ed incrementare, in una logica di progressiva attuazione dell’ideologia liberal. I suoi testi rappresentano il grimaldello giuridico per scardinare quel poco che resta di società naturale. Ha svolto una brillante carriera, tanto forense, quanto giudiziaria, nel corso della quale è stato anche procuratore speciale nel caso Watergate nel 1973. È stato scelto come Giudice della Corte Suprema da Bill Clinton ed ha prestato giuramento il 3 agosto 1994.
Sonia Sotomayor, nata a New York il 25 giugno 1954 da una famiglia portoricana di umili origini, superando non poche difficoltà, compì una brillante carriera giudiziaria. Questi suoi successi personali, la sua origine etnica ed i problemi, soprattutto di carattere economico, superati, uniti all’adesione all’ideologia liberal, le hanno dato una visione dell’uomo ai limiti del determinismo social-razziale; ripeteva spesso, anche in occasioni ufficiali ed in consessi universitari la frase che l’ha resa celebre: «Spero che una saggia donna latina, con la ricchezza delle sue esperienze, sia in grado, più spesso che no, di raggiungere una conclusione migliore rispetto a un uomo bianco che non ha vissuto quella vita»; questa è divenuta la sintesi della sua filosofia giuridica e di vita, con conseguenze anche molto pesanti sulla sua attività di giudice, fino a farle emettere pronunce, a dir poco, discutibili, come quella del caso Ricci v. De Stefano, in cui annullò un esame per la promozione ad ufficiale di un certo numero di pompieri perché i vincitori del concorso erano tutti bianchi o ispanici e, tra loro, non c’era nessun nero. Barack Obama l’ha nominata Giudice della Corte Suprema ed ella ha giurato il 9 agosto 2009.
Elena Kagan, nata a New York il 28 aprile 1960, a parte un generico orientamento di sinistra, non si segnala ideologicamente per nulla di specifico (ha anche al suo attivo poche pubblicazioni), fatta eccezione che sul tema dell’omosessualismo. Come preside della facoltà di giurisprudenza di Harvard, ha sempre escluso dall’Università i reclutatori militari, ritenendoli intrisi di una cultura contraria all’omosessualismo[1]; ha anche sostenuto una causa contro l’«emendamento Solomon», la legge che vietava i finanziamenti federali alle facoltà che discriminavano i reclutatori militari. Barack Obama l’ha elevata al rango di Giudice della Corte Suprema ed ella ha giurato il 7 agosto 2010.
Discorso diverso rispetto a tutti i precedenti vale, invece, nei confronti di Anthony Kennedy, nato a Sacramento, in California, il 23 luglio 1936. Gran parte della sua carriera di avvocato si è svolta nel suo Stato natale, dove ha potuto conoscere Ronald Reagan e collaborare con lui, quando questi era Governatore, all’emanazione di una tassa statale. Le sue posizioni, in campo giudiziario, non sono mai state conservatrici, anche se, in alcuni casi, ha rifuggito alcuni eccessi liberal; ha sempre mantenuto un atteggiamento sostanzialmente progressista; si pensi, a titolo di esempio, alla sua posizione sull’aborto: è favorevole al riconoscimento di tale pratica criminale come diritto soggettivo della donna, salvo poi essere contrario al cosiddetto «aborto a nascita parziale»[2]. Sulle questioni più specificamente riguardanti il tema dell’omosessualismo, la sua posizione è sempre stata fortemente liberal: ha inquadrato il problema unicamente sotto la dimensione della privacy personale, non ha riconosciuto la benché minima rilevanza sociale al problema e, quindi, ha sempre rifiutato di considerare un qualunque riferimento all’oggettiva natura umana. Quando, il 30 novembre 1987, Ronald Reagan lo ha nominato Giudice della Corte Suprema, il Presidente usciva da un momento difficile: il suo primo candidato, Robert Bork, era stato respinto dal Senato ed il suo secondo, Douglas Ginsburg, aveva dovuto rinunciare, dopo aver ammesso l’uso giovanile di marijuana; ecco che, politicamente, la scelta di un progressista moderato avrebbe potuto rafforzare la Presidenza, ricucendo lo strappo con il Senato, che, infatti, approvò, il 3 febbraio 1988, Kennedy con 97 voti a 0. Egli giurò il 18 febbraio del medesimo anno. Ecco che la sua decisione di votare a favore dell’imposizione del cosiddetto “matrimonio” omosessuale risulta molto meno sorprendente di quanto svariati commentatori, soprattutto europei, abbiano voluto rappresentare.
Tutti e quattro i Giudici che hanno votato contro l’imposizione del cosiddetto “matrimonio” omosessuale sono membri (salvo il Presidente John Roberts, la cui appartenenza è dubbia, ma la cui vicinanze ideale è certa) della Società Federalista di Diritto e Politiche Pubbliche Studi, più nota semplicemente come Società Federalista. Nata, nel 1982, come associazione di studenti, che non si riconoscevano nel taglio fortemente liberal della maggioranza delle università di giurisprudenza statunitensi, fonda tutta la sua dottrina giuridica sul principio secondo il quale il giudice deve applicare la legge e non le sue preferenze personali: tra l’ideologia del giudice e la volontà del legislatore, nelle sentenze, deve sempre prevalere la seconda sulla prima; è l’interpretazione diametralmente opposta a quella liberal, che vede, invece, nel diritto unicamente uno strumento tecnico per l’affermazione e la realizzazione delle proprie idee politiche.
John Glover Roberts, nato a Buffalo il 27 gennaio 1955, è un giudice di orientamento conservatore, vicino, se non affiliato, alla Società Federalista, che, però, non ha mancato di difendere, come avvocato, attivisti omosessualisti. Ha svolto gran parte della sua carriera giudiziaria in collaborazione con Presidenti repubblicani. È stato nominato Presidente della Corte Suprema, in sostituzione del defunto William Rehnquist (1924-2005), per molti versi suo maestro e con cui ha collaborato, dal Presidente Bush figlio ed ha giurato il 29 settembre 2005.
Antonin Gregory Scalia, nato a Trenton l’11 marzo 1936, è considerato, dopo la morte del giudice Rehnquist, l’anima dei giudici conservatori, anche se ha una posizione più favorevole ad un forte potere federale rispetto al sentimento generale degli ambienti conservatori statunitensi. Il suo punto di riferimento politico è Alexander Hamilton (1755-1804), guida ideale del Partito Federalista, di cui George Washington (1732-1799) è stato l’esponente più in vista; Hamilton era favorevole ad un forte potere centrale (federale, appunto) e ad una Banca centrale pubblica, perno di un sistema monetario unificato, contro le posizioni di Thomas Jefferson (1743-1826). Scalia è cattolico, ha nove figli, di cui uno sacerdote, ed è acerrimo nemico di ogni venatura libertaria all’interno del conservatorismo statunitense; è sempre stato contrario all’aborto ed all’omosessualismo, sotto qualunque forma. Ronald Reagan lo ha chiamato alla Corte Suprema, dove ha giurato il 26 settembre 1986.
Clarence Thomas, nato a Pin Point il 23 giugno 1948, è un giudice conservatore, anche se non ha la granitica coerenza di Scalia. In tema di aborto, ad esempio, ritiene che la Costituzione non se ne occupi e che, quindi, la legislazione debba essere rimessa ai singoli Stati; in tema di omosessualismo, la sua posizione è analoga. Il suo voto contrario, quindi, non è tanto dettato dal fatto che il cosiddetto “matrimonio” omosessuale violi la Costituzione, quanto dal fatto che l’argomento, non essendo trattato, deve essere rimessa alla competenza dei singoli Stati e che, dunque, la pronuncia di venerdì della Corte viola i diritti degli Stati stessi. Ritiene che il diritto naturale sia una sorta di background della Costituzione, senza, però, una sua diretta applicabilità. È stato chiamato alla corte suprema da Bush padre ed ha giurato il 23 ottobre 1991.
Samuel Alito, nato a Trenton il 1° aprile 1950, ha svolto una brillante carriera come magistrato e come avvocato; in quest’ultima qualità ha lavorato, per buona parte degli anni ‘80, al servizio del governo federale. È contrario all’aborto ed all’omosessualismo, in forza tanto dell’interpretazione non ideologica della Costituzione, quanto della sua Fede cattolica. È stato chiamato alla corte suprema da Bush figlio ed ha giurato il 31 gennaio 2006.
Il processo di degiuridicizzazione, che, negli ultimi decenni, ha coinvolto tutto l’Occidente, segna, con questa sentenza, un suo acme: la Corte Suprema degli Stati Uniti d’America, nello scontro tra chi vuole far prevalere la propria ideologia sulla legge e chi, invece, ritiene la Costituzione al di sopra delle ideologie individuali dei giudici, ha fatto prevalere i primi. Poiché questo significa, come era facilmente prevedibile, la prevalenza dell’ideologia sulla natura e sulla realtà oggettiva di fatto, l’arbitrio dell’ideologia dominante diviene, concettualmente, senza limiti. Il delirio liberale oggi rifiuta, coerentemente con le sue stesse premesse, anche i limiti di natura che, almeno alle sue origini pareva riconoscere. Il motto del parlamentarismo britannico del XVIII secolo era: «Il Parlamento britannico può tutto, salvo cambiare l’uomo in una donna»; la Corte Suprema degli Stati Uniti si arroga il diritto di fare anche questo.
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[1] Nelle forze armate all’epoca (primi anni 2000) vigeva ancora la cosiddetta politica «don’t ask, don’t tell» («non chiedere, non dire»), secondo la quale, poiché gli omosessuali, per legge, dovevano essere espulsi dalle forze armate, ma, per questioni politiche, questo sarebbe risultato “inopportuno”, i comandi superiori non si informavano sulla vita privata e sulle tendenze dei militari, se questi evitavano ogni atteggiamento di ostentazione delle loro eventuali tendenze contro natura. Tale politica di compromesso era, agli occhi di Elena Kagan, non sufficientemente favorevole agli omosessuali e, soprattutto, all’omosessualismo.
[2] È, forse, la più impressionante e barbara forma di aborto: consiste nel decapitare il bambino non ancora completamente nato.
“Nozze” gay: quella voce stonata, che giunge dall’Uruguay
Posted By Mauro Faverzani On 30 giugno 2015
Il Card. Daniel Fernando Sturla Berhouet, Arcivescovo metropolita di Montevideo, ha rilasciato un’intervista ad Agesor sul tema dei diritti umani. Intervista solo in apparenza conforme alla retta Dottrina, come ha prontamente fatto osservare l’agenzia InfoCatólica. Vi si legge, ad esempio: «Chiamar ‘matrimonio’ l’unione tra persone dello stesso sesso è un errore». Poi, però, inizia a deragliare, ritenendo adeguata la legislazione uruguayana, giunta a riconoscere le coppie omosessuali «di fatto equiparandole alle ‘nozze’, pur senza chiamarle tali». Parole, in netto contrasto con quanto indicato dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, in particolare nel documento «Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali» del 3 giugno 2003, approvato da Giovanni Paolo II.
Si legge espressamente in questo testo al n. 5: «In presenza del riconoscimento legale delle unioni omosessuali oppure dell’equiparazione legale delle medesime al matrimonio con accesso ai diritti che sono propri di quest’ultimo, è doveroso opporsi in forma chiara e incisiva. Ci si deve astenere da qualsiasi tipo di cooperazione formale alla promulgazione o all’applicazione di leggi così gravemente ingiuste». Altro che ritenerle “adeguate”!
Di tutt’altro avviso il Card. Sturla, che invoca anzi il ritrito ed ormai obsoleto argomento del «rispetto delle persone nella loro diversità», sottolineando l’importanza, a suo avviso, che «ogni persona valga per ciò che è e nella condizione in cui si trova», indipendentemente dal proprio «orientamento sessuale». Ma non è così, la Chiesa non dice assolutamente questo. Al n. 11 del citato documento, firmato dal Card. Joseph Ratzinger, allora Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, si precisa come «il rispetto verso le persone omosessuali non possa portare in alcun modo all’approvazione del comportamento omosessuale oppure al riconoscimento legale delle unioni omosessuali», intendendo con ciò tutelare la famiglia vera, quella fondata sul matrimonio tra un uomo ed una donna.
Non solo. Si legge, infatti al n. 9: «Poiché le coppie matrimoniali svolgono il ruolo di garantire l’ordine delle generazioni e sono quindi di eminente interesse pubblico, il diritto civile conferisce loro un riconoscimento istituzionale. Le unioni omosessuali invece non esigono una specifica attenzione da parte dell’ordinamento giuridico, perché non rivestono il suddetto ruolo per il bene comune».
Più evidente di così… Piaccia o non piaccia.
Sua Eminenza, che compirà 56 anni il prossimo 4 luglio, è stato creato Cardinale da papa Francesco nel Concistoro del 14 febbraio 2015. Il successivo 13 aprile è stato nominato dal Sommo Pontefice anche membro della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e Società di Vita Apostolica, nonché del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione. Vive in un Paese, l’Uruguay, impregnato di laicismo e governato dalla Sinistra, che ha introdotto recentemente numerose leggi in contrasto con la retta Dottrina come la legalizzazione delle ‘nozze’ gay, quella dell’aborto e quella della marijuana. Ma il fatto di essere in prima linea non giustifica concessioni e compromessi. Quando fu creato Cardinale, Quotidiano Nazionale mise subito in evidenza in quale occasione di lui si fosse già occupata la stampa internazionale: quando chiese scusa a gay e lesbiche per le ferite loro arrecate dalla Chiesa… Tutto come da copione.
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