Divorziati risposati, linee pre-sinodo di Francesco: niente scomunica come Ratzinger
“Si deve fare in modo di non aggiungere altri pesi oltre a quelli che i figli già si trovano a dover portare quando i loro genitori si risposano. Il numero di questi bambini è grande. E’ importante che sentano la Chiesa come madre attenta a tutti”.
Lo ha detto Papa Francesco, nel corso della 100esima udienza del suo pontificato, dopo la pausa estiva di luglio.
“In questi decenni la Chiesa non è stata né insensibile né pigra. E’ molto cresciuta la consapevolezza che un’accoglienza è necessaria verso i battezzati che hanno stabilito una nuova convivenza dopo il fallimento del matrimonio sacramentale. Queste persone non sono scomunicate, fanno sempre parte della Chiesa”, ha concluso il Papa.
Dunque Francesco torna sul tema dei divorziati risposati, argomento che sarà al centro del prossimo sinodo ordinario della famiglia in programma ad ottobre. In pratica su questo argomento sono state già delineate le linee guida che dovranno essere seguite per favorire la riammissione dei divorziati risposati all’Eucaristia non con l’introduzione di norme generali ma attraverso la valutazione dei singoli casi e l’avvio di un percorso penitenziale che porti i soggetti interessati a riacquisire il diritto di fare la comunione.
Insomma misericordia sì ma non per tutti, il divorziato risposato dovrà ottenerla seguendo un preciso percorso di riabilitazione e non un’assoluzione indiscriminata, una sorta di condono generalizzato. Francesco si sente in dovere di riconfermare come il divorziato risposato non debba essere considerato uno “scomunicato” ma un figlio della Chiesa. E chi ha mai sostenuto il contrario?
Certamente non lo ha mai detto Benedetto XVI che pure è spesso messo in contrapposizione a Bergoglio proprio perché, a differenza del suo successore, ha sempre chiuso le porte su questo tema.
Posizione che Ratzinger è per altro tornato a ribadire anche in un recente libro in cui ha raccolto i suoi scritti.
Ma nessuno ha mai parlato di scomunica per chi, dopo aver rotto il vincolo nuziale ha contratto un secondo matrimonio.
Di fronte alle continue richieste dei divorziati risposati (compreso l’allora premier Silvio Berlusconi) di poter ricevere la comunione, Benedetto XVI replicò dicendo che la Chiesa non poteva cambiare le regole dettate da Gesù e che nemmeno al Papa competeva una tale responsabilità.
Tuttavia sempre Ratzinger arrivò a sostenere che il forte desiderio di poter sedere alla mensa eucaristica assumeva di per sé una natura salvifica fatto questo che, pur precludendo comunque la possibilità di ricevere l’Eucaristia, faceva sì che i divorziati risposati fossero comunque figli amati e non disprezzati dalla Chiesa. Benedetto XVI spiegò anche che l’impossibilità di fare la comunione non escludeva affatto la possibilità per i divorziati risposati di partecipare alla vita della Chiesa.
Altro che scomunica, non c’è mai stata nessuna condanna o censura preventiva nei confronti di queste persone.
Ma Ratzinger fedele agli insegnamenti di Gesù nel Vangelo “chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra commette adulterio e, l’uomo non separi ciò che Dio ha unito” ha sempre sostenuto l’impossibilità di derogare dalla verità di Cristo, una verità che a suo giudizio andava necessariamente riconfermata pur di fronte al legittimo desiderio del divorziato di ricevere la comunione.
Lo stesso discorso vale anche per i gay: nessuna condanna, nessun marchio d’infamia, nessuna scomunica, accoglienza piena nella Chiesa pur non legittimando l’omosessualità “disordine morale che non può assumere i connotati di un diritto”.
Una linea dalla quale alla fine nemmeno Francesco sembra potersi discostare più di tanto.
05 agosto 2015, Americo Mascarucci
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