ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 21 agosto 2015

Ricordati di santificare le feste

Dobbiamo pure ricordare cos'è la Domenica?

Aperture domenicali
«Domenica è sempre domenica» era il gioioso inno con cui si concludeva ogni puntata del mitico «Il musichiere» che, appunto, andava in onda il sabato sera. Composto dal maestro Gorni Kramer, della cui orchestra era sigla, ricordava che l’indomani era domenica, giorno in cui ci si poteva alzare senza la sveglia e, al liberatorio suono delle campane, indossare il vestito più bello, andare a messa, comprare le paste e passare un pomeriggio di relax in famiglia, magari ascoltando i risultati delle partite. O addirittura recarsi allo stadio a vederne una. Robe da maschi, tant’è che Rita Pavone se ne lagnava in musica («…perché una volta non ci porti pure me?»).

Ma era ancora l’Italietta in cui le parole «famiglia» e «festa» avevano senso. Poi il sessantottismo, importato dagli Usa, spazzò via tutto e la domenica finì rimpiazzata dall’americano «week-end». E’ inutile girarci intorno: l’Occidente è rimpiombato nel paganesimo precristiano e va rievangelizzato, con l’aggravante che l’antico paganesimo era pur sempre un mondo sacralizzato, mentre oggi la stessa parola «sacro» è un concetto che va spiegato (sempre che si trovi qualcuno a cui interessi). Oggi allo stadio vanno anche le donne, e ci si va a proprio rischio e pericolo. Il vestito «bello» si mette per lavorare, perciò nelle «feste» ci si concia da operai del Bronx. Le paste, vivaddio, possiamo mangiarle tutti i giorni e, anzi, siamo a dieta. Gli scampanii c’è chi li denuncia in Procura come molestia, e alla «famiglia» ormai sembrano tenere solo gli omosessuali. In questo bel quadro ha senso reclamare ancora il «diritto al riposo domenicale»?
Un giorno di riposo è già previsto dal contratto di lavoro (per chi ha la fortuna di averne uno), e non si vede perché debba essere proprio la domenica. Le nostre città, sempre meno vivibili, la domenica sono un mortorio, infatti esiste una sindrome ben precisa che si chiama «depressione domenicale». In certi quartieri sono proprio i negozi aperti e le vetrine illuminate a consentire la vivibilità, altrimenti i «poveri» e i «deboli» (con cui ci si riempie tanto la bocca) devono stare tappati in casa. La giunta Albertini (leghista) ridusse drasticamente gli stupri e le aggressioni a Milano col semplice espediente di potenziare l’illuminazione notturna. Se si consentisse l’apertura degli esercizi commerciali anche la notte sarebbe pure meglio, e permetterebbe ai lavoratori di lucrare l’indennità relativa. Mettiamocelo bene in testa: l’urbanizzazione dell’esistenza implica che la città funzioni a pieno ritmo ventiquattr’ore su ventiquattro. Tutti abbiamo esperienza di un guasto o un malessere quando tutto è chiuso, e i salti mortali che ci è toccato fare per ovviare al problema. Tralascio le località turistiche, dove fermare tutto la domenica è semplicemente insensato.
La Domenica, va ri-ricordato, è il Giorno del Signore per i cristiani, perché in quel giorno Cristo è risorto. Il Comandamento dice di «santificare» le feste (intendendo quelle religiose). Costringere un agnostico a rispettare il precetto è da talebani. E oggi in Occidente sono tutti agnostici. Mai come oggi la religione cristiana è stata una scelta precisa, decisa e impegnativa, e per certi versi è bene che sia così: il Dio cristiano vuole essere amato, e l’amore implica la libertà di adesione. Tertulliano, uno dei primi apologeti, notava che i cristiani condividevano coi pagani il trantran quotidiano, evitando solo di frequentare i teatri (licenziosi), le terme (promiscue), gli spettacoli gladiatorii. E sposandosi tra loro. Come dice papa Francesco, il loro numero aumentava non per «proselitismo» ma per «attrazione». E anche oggi, ci si faccia caso, il tuo conoscente separato e con un figlio tossico dovrà riflettere sul fatto che la tua famiglia è solida e tuo figlio ha la testa sulle spalle. Perché? Perché sei cristiano, hai sposato una cristiana ed educato tuo figlio cristianamente. Certo, richiede disciplina, ed essere cristiani in un mondo di strutture cristiane è più facile. Ma oggi non è così, e bisogna prenderne atto. Non solo. La crisi interna della Chiesa (c’è, è inutile far finta di non vedere) fa sì che lo stesso Giorno del Signore non sia più così «sacro» come dovrebbe essere, basta andare alla messa domenicale per rendersene conto. Rievangelizzare, dunque. Cominciando dai pastori, i quali potrebbero utilmente cominciare mettendosi una buona volta d’accordo.
di Rino Cammilleri21-08-2015

La Chiesa e le polemiche sul lavoro festivo 

Anziché avversare il lavoro domenicale, perché non richiamare i credenti sulla necessità di santificare la festa, pur andando al lavoro? E i negozi di oggettistica sacra di santuari, monasteri, ed istituzioni affini non sono aperti la domenica? Insomma, basterebbero un po’ di buonsenso e, perché no?, di coerenza

di Giovanni Lugaresi
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Ci sono alcune cose difficili da comprendere nei comportamenti, nelle esternazioni di personalità del mondo cattolico, soprattutto a livello di vescovi, cardinali, eccetera.
Difficili da comprendere, perché non rispondenti a una semplice logica, a un buonsenso che anche noi sprovveduti di teologia, filosofia e materie del genere, pure dimostriamo – ci si perdoni l’immodestia.
Ci riferiamo a un discorso, a più discorsi, a livello di coerenza, che dovrebbero essere ben compresi dal cristiano uomo della strada.
Ora, si parla di Chiesa cattolica che deve stare al passo coi tempi, perché il mondo cambia, la società ha sensibilità diverse da quelle di un tempo, e la gente anche, di conseguenza. Ergo: riflettiamo – dicono i progressisti del mondo clericale – e dunque mettiamo in dubbio che non si possa dare la comunione ai divorziati risposati; e anche per quel che riguarda l’omosessualità, cerchiamo di vedere di quali valori gli omosessuali possono essere portatori.

Ci pare di aver capito questo, dalle tante esternazioni (lette e sentite) di personalità quali sua eminenza il cardinale Kasper, e giù di lì per li rami! – nel caso avessimo capito male, facciamo ammenda.
In questo campo, ci fermiamo qui.
Cambiamo “materia”, ma sempre restando nel solco di quella modernità alla quale la Chiesa cattolica dovrebbe adeguarsi, perché la parola di Nostro Signore va aggiornata, adeguata, modernizzata insomma, almeno secondo lorsignori (e monsignori).
Vuole il caso che, in questo contesto di tempi che cambiano, di individui e di società ugualmente diversi dal passato, per quel che riguarda l’economia, e quindi la produzione, quegli stessi “modernizzatori” si dimostrino arretrati.
Ed eccoci al punto. I contemporanei movimenti-cambiamenti della produzione richiedono più volte il lavoro domenicale da parte di operai, tecnici, eccetera: lavoro festivo, naturalmente retribuito ad hoc.
zzzzdmncEbbene, non si capisce che chi predica l’adeguamento alla “modernizzazione” in altri campi, non debba accettarlo in questo, perché andrebbe a scapito magari del “santificare le feste”, perché un altro approccio non compete certamente a Santa Madre Chiesa, bensì, magari, ai sindacalisti e ai diretti interessati, alle maestranze.
Ora, per citare, fra i tanti, un caso reale, personale, chi scrive, avendo fatto da sempre il giornalista, lavorava anche di domenica e nei giorni festivi. Ciò andava a detrimento della “santificazione delle feste”? Nemmeno per sogno. Chi scrive, infatti, dovendo trasferirsi dalla città di residenza (Padova) a quella di lavoro (Mestre – sede del quotidiano Il Gazzettino), a messa ci andava o prima di prendere il treno, nella basilica del Santo, oppure in stazione a Mestre, dove, fino al Duemila (almeno), esisteva una cappelletta con officiante la messa un frate cappuccino.
Per dire che nulla ostava (nulla osta) a chi, credente e pur lavorando di domenica, voleva (vuole) osservare il precetto.
Ma se di domenica e nelle feste comandate (come venivano chiamate una volta) lavoravano e lavorano diverse categorie come i ferrovieri, i tramvieri, i ristoratori, i baristi, eccetera eccetera, perché non potevano e non possono farlo operai e tecnici di grossi complessi industriali?
E’ la società che cambia, care eminenze e care eccellenze clericali! Prendetene atto, secondo non soltanto la vostra logica di comodo, ma secondo una logica che è anche di noi cattolici sprovveduti…
Puntate: non sull’avversare il lavoro domenicale, bensì sul fatto di richiamare i credenti, sulla necessità di santificarla, la festa, pur andando al lavoro. Avvertendo e sottolineando che sante messe vespertine ci sono al sabato e, di domenica, da mattina a sera, in tante chiese. Se uno ci crede (e sottolineiamo: ci crede!), potrà fare un piccolo sacrificio, o no? Va bene che per certi versi questi personaggi del mondo clericale di sacrificio non parlano più, di penitenza neppure, epperò sacrifici e penitenze non sono ancora stati aboliti dalla e nella Chiesa cattolica!
Un’ultima considerazione riguarda l’attività lavorativa svolta nei negozi e supermercati aperti di domenica e nelle feste di precetto. Abbiamo sentito, anche in questo caso, parole di fuoco di presuli contrarissimi al commercio “festivo”.
Ma i negozi di oggettistica sacra di santuari, monasteri, ed istituzioni… affini?
Quei negozi sono aperti anche di domenica e nei giorni festivi, e opportunamente, perché il pellegrino, il devoto, che si recano a Camaldoli, o al Santo a Padova, o in altri luoghi di culto legati alla storia e alla pietà popolare, amano acquistare un ricordino, una immagine, una piccola statua, una corona del rosario, un libro-libretto illustrante il luogo e le sue caratteristiche, magari anche soltanto una medaglietta.
Si dà il caso che questa gente di semplice fede, ma di autentica fede, colga l’occasione del giorno festivo, della domenica, per recarsi nei luoghi suddetti. E per fare questi acquisti occorre che i negozi siano aperti.
Se questi maestri di vita e di fede che predicano dall’alto dei loro scranni vogliono chiudere i loro negozi di oggettistica sacra, si accomodino pure. A nostro modesto avviso, soltanto dopo avere ordinato la cessazione di queste attività, avranno le carte in regola per chiedere a Marchionne o alla Electrolux di tenere ferma la produzione di domenica e nelle feste comandante!
E’ (soltanto) una questione di coerenza.
O no?!

 –  di Giovanni Lugaresi



Redazione
http://www.riscossacristiana.it/la-chiesa-e-le-polemiche-sul-lavoro-festivo-di-giovanni-lugaresi/

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