Non sono un canonista e, di conseguenza, non conosco nei dettagli le regole delle cause di nullità matrimoniale. Il senso comune mi suggerisce tuttavia che, quando il macchinario di una fabbrica produce troppo spesso pezzi difettosi, bisogna ripararlo; nessun imprenditore si ostinerebbe a farlo funzionare ad oltranza accumulando articoli fasulli con il proposito di accomodarli in seguito.
Se ad essere prodotte da un sistema fallimentare sono le famiglie dei battezzati, è quanto mai evidente l’urgenza di porvi mano per correggerlo: ciò che è in gioco, con la salvezza eterna delle anime, sono anzitutto quei beni umani che ne sono normalmente la condizione sul piano naturale, come la rettitudine morale, l’equilibrio psicologico e le abitudini religiose che si apprendono in una famiglia sana. Se due fidanzati non sono manifestamente in grado di garantire questi beni essenziali alla famiglia che intendono formare, dovrebbero esser messi per tempo davanti alla loro coscienza e spronati a prender sul serio la castità prematrimoniale e la vita sacramentale come condizioni di riuscita del loro matrimonio.
Ma nessun imbonitore che voglia facili guadagni spinge troppo in alto l’asticella, semmai l’abbassa: non gli interessa la qualità dell’articolo e la reale soddisfazione dei clienti; basta che comprino in fretta, ammaliati dalla sua loquela, e se ne vadano con un piacevole ricordo del suo simpatico imbroglio. Tutti contenti, almeno lì per lì… Quando poi l’acquisto si rivela una buggeratura, finisce altrettanto in fretta nella pattumiera senza tanti ripensamenti; gettate le foto e i regali, si cancella pure il ricordo della fastosa messa in scena e del divertente intrattenitore. Ovviamente lo si fa per il bene dei figli, se ve ne sono: con un nuovo papà o una nuova mamma – oltre quelli legittimi, a cui dovranno comunque continuare a tributare tempo e affetto – saranno certamente più felici (a parte il fatto che lo ha deciso qualcun altro).
A questi terribili drammi, che stanno purtroppo diventando la regola, la sedicente “chiesa della misericordia” non pensa affatto, a quanto pare, a porre rimedio a monte facendo il possibile perché non si verifichino; al contrario, risponde graziosamente concedendo a tutti facoltà di ricomprarsi un giocattolo nuovo in sostituzione di quello che si è rotto perché difettoso in partenza – e proprio per colpa sua. Grandiosa manifestazione di quel clericalismo così spesso condannato a parole: ma quanto sono buoni questi preti, pur non facendo il loro dovere! Si fa presto a dire che certe scelte corrispondono a quanto esige il Vangelo, quando la parola vangelo non ha più un contenuto preciso e, di conseguenza, si può tranquillamente disattendere, di fatto, la missione in esso indicata… C’è ancora qualcuno, in quella “chiesa”, che creda ancora realmente alla salvezza delle anime e non la confonda con una riuscita meramente terrena, regolata dal capriccio del momento ed esente da qualsiasi responsabilità morale?
«Perisce il mio popolo per mancanza di conoscenza», lamentava il profeta Osea nell’VIII secolo a.C. (Os 4, 6). «Non c’è sincerità né amore del prossimo, né conoscenza di Dio nel paese. Si giura, si mentisce, si uccide, si ruba, si commette adulterio, si fa strage e si versa sangue su sangue. Per questo è in lutto il paese» (ibid., vv. 1-3). Già allora il Signore individuava una causa ben precisa di tale disastro sociale e religioso: «Contro di te, sacerdote, muovo l’accusa. Tu inciampi di giorno e il profeta con te inciampa di notte […]. Poiché tu rifiuti la conoscenza, rifiuterò te come mio sacerdote; hai dimenticato la legge del tuo Dio» (ibid., vv. 4-6). È per semplice mancanza di conoscenza o per velato rigetto della legge divina che una materia delicatissima, qual è la causa di nullità, è stata “riformata” a colpi d’accetta? Non si tratta di questione puramente formale, sebbene sia presentata all’inizio come sistema delle nullità del consenso matrimoniale elaborato dalla Chiesa nel volgere dei secoli: l’indissolubilità del matrimonio, essendo di istituzione divina, precede il diritto meramente ecclesiastico e ne fonda le relative norme.
Nel testo del Mitis Iudex, d’altronde, colpisce subito un fatto: quelli che sono presentati come criteri della riforma sono in realtà le modifiche stesse – e di che peso! – che sono apportate alla disciplina vigente. Ora, dicesi criterio il principio in base al quale si intende procedere, non l’effetto del procedimento, a meno che il criterio non coincida con il puro arbitrio del riformatore… Senza entrare in un’analisi dettagliata del documento, che richiederebbe una competenza specifica, ci si permetta di esprimere l’inquietante impressione che il principio di non-contraddizione sia in questo caso facoltativo: pur nell’insistente protesta (che suona proprio come un’excusatio non petita) di voler rispettare l’indissolubilità del vincolo matrimoniale e tutelarne al massimo grado la verità, si dispone una tale semplificazione e accelerazione delle cause di nullità da far seriamente temere riguardo alla veridicità delle sentenze che saranno emesse con la nuova procedura, viste fra l’altro le condizioni effettive di molte curie diocesane.
Viene da chiedersi: va nella direzione dichiarata l’abolizione della doppia sentenza conforme, finora necessaria per poter passare a nuove nozze canoniche?… L’istituzione di un giudice unico, che potrà fare a meno del parere deldefensor vinculi?… L’attribuzione di una diretta funzione giudiziaria in materia matrimoniale a vescovi che, in molti casi, sono carenti finanche di competenze teologiche, giuridiche e liturgiche indispensabili per un disbrigo corretto dell’ordinaria amministrazione?… La creazione di una procedura abbreviata che diventerà in breve tempo quella più comune, mettendo seriamente a rischio – come del resto esplicitamente ammesso – il principio dell’indissolubilità?… L’intimazione, rivolta alle conferenze episcopali, di rispettare assolutamente il diritto dei Vescovi di organizzare la potestà giudiziale nella propria Chiesa particolare?…
La validità della prassi giuridica sembra l’ultima preoccupazione, in nome di quella “carità” che la Chiesa dovrebbe maternamente manifestare verso quei figli che in ogni caso, celebrando un matrimonio nullo, già si sono resi gravemente colpevoli con quella pubblica menzogna e successivamente, dando vita ad un’unione illegittima, sono ancor più sprofondati nel peccato mortale. Da parte di una madre veramente saggia e amorevole ci si aspetterebbe almeno una parola per dissuadere i figli da queste scelte rovinose: quanti di essi muoiono in quello stato senza nemmeno pentirsene? Invece no: dopo il vulnus inferto alla tradizione canonica, alla fine ne giunge un altro per la dottrina, tanto per aiutare i fedeli in situazione irregolare a giustificarsi ancora meglio: in una serie di regole proceduraliinserite dopo la data e la firma – delle quali non è quindi chiara la valenza giuridica – all’articolo 14, comma 1°, come in un grande calderone, si trovano inserite, in mezzo a ben note cause invalidanti, circostanze che mai furono considerate tali, quali la mancanza di fede (come valutarla, oltretutto, in ambito forense?), la brevità della convivenza coniugale (determinata con quale criterio?), l’aborto procurato o una gravidanza imprevista (che in sé nulla hanno a che vedere con la validità del vincolo, a meno che non condizionino la libertà del consenso).
Sembra peraltro che questo enorme pasticcio – in tanta indulgenza sia consentita la licenza – sia in sostanza motivato, come velatamente accennato all’inizio del motu proprio, dalla preoccupazione di tutelare l’unità nella fede e nella disciplina riguardo al matrimonio, probabilmente in vista del prossimo sinodo dei vescovi. Da un anno e mezzo a questa parte, in effetti, la questione in oggetto è motivo di aspre contrapposizioni, al punto da far soffiare forti venti di scisma. Si direbbe quindi che la suprema autorità abbia voluto risolvere il problema in anticipo, rendendo praticamente superfluo, ai padri sinodali, accanirsi troppo a difendere le rispettive tesi: niente di meglio di una bella rimpatriata in cui non ci sia nulla da discutere. Il fatto è che non tutti i vescovi e i cardinali si sono lasciati ipnotizzare dall’irresistibile carisma del capo e, da quanto è dato intuire, daranno comunque battaglia. Se dunque, per preservare l’unità nella fede e nella disciplina concernenti un sacramento, le si sconvolge alla radice, aprendo così un varco alla possibilità di fare altrettanto per gli altri e per tutto il resto, a questo punto ben venga lo scisma. Chi non vuol rimanere fedele a Cristo, d’altronde, già fin d’ora si esclude di fatto dalla comunione ecclesiale; si manifesti dunque la realtà effettiva, poiché «non c’è nulla di nascosto che non sarà svelato» (Lc 12, 2).
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