ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

lunedì 21 settembre 2015

Evangelium expectavi..!


Quando il papa fa politica. Il suo primo giorno a Cuba


Castro
Ecco qui di seguito i passaggi a più forte coloritura politica dei discorsi pronunciati da Francesco all'Avana. Con sottolineate le espressioni più significative.
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Sabato 19 settembre
Vorrei chiederLe, Signor Presidente, di trasmettere i miei sentimenti dispeciale considerazione e rispetto a Suo fratello Fidel. Vorrei inoltre che il mio saluto giungesse in modo particolare a tutte quelle persone che, per diversi motivi, non potrò incontrare e a tutti i cubani dispersi nel mondo. […]
La Provvidenza mi permette di arrivare oggi in questa amata Nazione, seguendo le indelebili orme del cammino aperto dai memorabili viaggi apostolici che hanno compiuto in quest’Isola i miei due predecessori, san Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. So che il loro ricordo suscita gratitudine e affetto nel popolo e nelle Autorità di Cuba. Oggi rinnoviamo questi legami di cooperazione e amicizia perché la Chiesa continui ad accompagnare ed incoraggiare il popolo cubano nelle sue speranze, nelle sue preoccupazioni,con libertà e tutti i mezzi e necessari per far giungere l’annuncio del Regno fino alle periferie esistenziali della società. […]
In questi giorni avrò l’occasione di recarmi al Santuario del Cobre come figlio e come pellegrino, a pregare nostra Madre per tutti i suoi figli cubani e per questa amata Nazione, perché percorra sentieri di giustizia, di pace, di libertà e di riconciliazione.
Geograficamente, Cuba è un arcipelago che si affaccia verso tutte le direzioni, con uno straordinario valore come “chiave” tra nord e sud, tra est e ovest. La sua vocazione naturale è quella di essere punto d’incontro perché tutti i popoli si trovino in amicizia, come sognò José Martí, "oltre le strettoie degli istmi e le barriere dei mari". Questo stesso desiderio fu di san Giovanni Paolo II con il suo ardente appello "affinché Cuba si apra con tutte le sue magnifiche possibilità al mondo e il mondo si apra a Cuba".
Da alcuni mesi, siamo testimoni di un avvenimento che ci riempie di speranza: il processo di normalizzazione delle relazioni tra due popoli, dopo anni di allontanamento. È un processo, è un segno del prevalere della cultura dell’incontro, del dialogo, del "sistema della valorizzazione universale... sul sistema, morto per sempre, di dinastia e di gruppo", diceva José Martí. Incoraggio i responsabili politici a proseguire su questo cammino e a sviluppare tutte le sue potenzialità, come prova dell’alto servizio che sono chiamati a prestare a favore della pace e del benessere dei loro popoli, e di tutta l’America, e come esempio di riconciliazione per il mondo intero. Il mondo ha bisogno di riconciliazione in questa atmosfera di terza guerra mondiale “a pezzi” che stiamo vivendo.
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DALL'OMELIA DELLA MESSA
Domenica 20 settembre
Omelia
Il servizio guarda sempre il volto del fratello, tocca la sua carne, sente la sua prossimità fino in alcuni casi a “soffrirla”, e cerca la promozione del fratello. Per tale ragione il servizio non è mai ideologico, dal momento che non serve idee, ma persone. […]
Voglio invitarvi a prendervi cura e a servire la fragilità dei vostri fratelli. Non trascurateli a causa di progetti che possono apparire seducenti, ma che si disinteressano del volto di chi ti sta accanto. Noi conosciamo, siamo testimoni della "forza incomparabile" della risurrezione che "produce in ogni luogo germi di questo mondo nuovo" (Evangelii gaudium, 276.278).
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DALL'ANGELUS

Domenica 20 settembre
In questo momento mi sento in dovere di rivolgere il mio pensiero all’amata terra di Colombia, consapevole dell’importanza cruciale del momento presente, in cui, con sforzo rinnovato e mossi dalla speranza, i suoi figli stanno cercando di costruire una società pacifica. Che il sangue versato da migliaia di innocenti durante tanti decenni di conflitto armato, unito a quello di Gesù Cristo sulla Croce, sostenga tutti gli sforzi che si stanno facendo, anche qui in questa bella Isola, per una definitiva riconciliazione. E così la lunga notte del dolore e della violenza, con la volontà di tutti i colombiani, si possa trasformare in un giorno senza tramonto di concordia, giustizia, fraternità e amore, nel rispetto delle istituzioni e del diritto nazionale e internazionale, perché la pace sia duratura. Per favore, non possiamo permetterci un altro fallimento in questo cammino di pace e riconciliazione. Grazie a Lei, Signor Presidente, per tutti ciò che fa in questo lavoro di riconciliazione.
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DAL DISCORSO AI SACERDOTI E ALLE RELIGIOSE
Domenica 20 settembre
A Cuba vive una Chiesa povera. […] La povertà contribuisce fortemente alla solidarietà e alla fraternità tra di noi. Non vi è qui facile spazio per la competitività e l’emulazione che non siano per il servizio e il dono di sé. […]
Lo spirito di povertà è quello di chi vuole seguire Gesù, […] accarezzando quello che il mondo considera materiale di scarto, che preferisce che non ci sia, che dimentica, con metodi e analisi, i più piccoli, scartandoli anche prima ancora che nascano.
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DAL DISCORSO AI GIOVANI DEL CENTRO FÉLIX VARELA
Domenica 20 settembre
Tutti sappiamo oggi che, in questo impero del dio denaro, si scartano le cose e si scartano le persone: si scartano i ragazzi perché non li vogliamo più, o anche prima di nascere, si scartano gli anziani perché non producono più, in alcuni paesi c'è l'eutanasia.
Fra di noi c'è un'eutanasia nascosta, mascherata: si scartano i giovani perché non hanno lavoro. E che cosa fa un popolo senza lavoro? A questi giovani non rimane che il suicidio, o cercare eserciti di distruzione per fare guerre. […]
A Buenos Aires in una parrocchia nuova i ragazzi stavamo costruendo l'oratorio e lavoravano il sabato e la domenica perché erano studenti e studentesse dell'università. Li andai a trovare su invito del parroco e vidi che uno, che studiava da architetto, era comunista, l'altro invece cattolico praticante, ma tutti stavano lavorando insieme. […] La cultura dell'incontro: l'amicizia sociale costruisce, l'inimicizia distrugge, e il mondo si sta autodistruggendo con la guerra, perché non capiamo che possiamo avere in comune qualcosa da negoziare.
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Il programma e i discorsi integrali del viaggio:

Settimo Cielodi Sandro Magister 21 set



1. DOVE FINISCE LA “REVOLUCIÓN”, INIZIA IL “MARCHETTON”: ANCHE CON PAPA BERGOGLIO, FIDEL CASTRO NON HA TRADITO IL LOOK ADIDAS, IL GENEROSO SPONSOR TEDESCO CHE FORNISCE DA ANNI MATERIALE TECNICO ALLA NAZIONALE OLIMPICA CUBANA
2. ALL’UOMO-ADIDAS, TRA LE IMMAGINI DEL CHE E DI GESÙ, IL PAPA ARGENTINO HA IMPARTITO UNA UMILE LEZIONE DI POLITICA: “NON SI SERVONO LE IDEOLOGIE, MA LE PERSONE”
3. DOPO MARX, BERGOGLIO: “LA GRANDEZZA DI UNA NAZIONE SI MISURA DAL SERVIZIO AI PIÙ DEBOLI. BISOGNA CAPOVOLGERE LA LOGICA DEL POTERE, SULLE ÉLITE PREVALGANO GLI UMILI”

castro in adidasCASTRO IN ADIDAS
1. HASTA L’ADIDAS SIEMPRE!
Da “time.com”
Fidel Castro è un uomo Adidas. Apparentemente l’ottantenne castiga-yankees, un tempo fanatico delle durezze militaresche, adesso apprezza l’abbigliamento comodo che solo il produttore di attrezzatura sportiva tedesco può offrire.
Mentre si ristabiliva da un’operazione nel 2006, Castro mise da parte il camicione standard dei pazienti d’ospedale e decise di mostrare la sua buona salute indossando una tuta sportiva rossa, bianca e blu con il logo Adidas.

castro bergoglio 3CASTRO BERGOGLIO 3
“Non facciamo particolare attenzione a queste cose”, minimizzò Travis Gonzolez, responsabile delle relazioni esterne di Adidas, quando il “New York Times” gli chiese contodell’apparente endorsement del leader cubano per la casa tedesca. “Non è un fatto positivo o negativo. Noi siamo una marchio sportivo. Facciamo prodotti per atleti, non per i leader”. Adidas infatti ha fornito materiale tecnico alla nazionale olimpica Cubana nel 2004 e nel 2008.

2. FRANCESCO INCONTRA FIDEL E A PIAZZA DELLA REVOLUCIÓN “BISOGNA SERVIRE LE PERSONE NON LE IDEOLOGIE”
Marco Ansaldo per “la Repubblica”
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Fidel e Francesco. Uno davanti all’altro. Il Comandante della Revolución cubana e il Papa della riforma nella Chiesa. Il Líder maximo che ha sconfitto il generale Fulgencio Batista e il Pontefice argentino che attacca i conservatori della Curia. Non poteva non esserci questo incontro all’Avana. Ora sono qui, nella residenza del Jefe, con i familiari di Castro intorno, la moglie e i figli, mentre Jorge Bergoglio ha con sé il nunzio vaticano a Cuba, monsignor Giorgio Lingua e alcuni cardinali.

FIDEL CASTRO CON LA TUTA ADIDASFIDEL CASTRO CON LA TUTA ADIDAS
Ma la cordiale stretta di mano fra i due leader latinoamericani, il gesuita diventato Papa, e il rivoluzionario un tempo allievo dei gesuiti, solo dieci anni di differenza uno dall’altro, è più che ideale. È una consonanza di vedute, di passato e di prospettive. Nel rispetto della diversità e della storia personale di ognuno, ovvio. E difatti il discorso spazia fluido, dalla politica all’ambiente, dalla letteratura alla religione.

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Senza interpreti. Non c’è bisogno. Tutto in spagnolo. E così i regali. Francisco ha portato la sua Enciclica “Laudato Sì” in lingua castigliana. E altri tre libri, ognuno tradotto e pronto da leggere. Anche Castro ha preparato un dono: il saggio del teologo brasiliano Frei Betto Fidel e la religione .
bergoglio fidelBERGOGLIO FIDEL

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Il Comandante lo apre sulla prima pagina. Prende una penna, verga la sua dedica: «Por Papa Francisco / in occasione della sua visita a Cuba/ con l’ammirazione e il rispetto del popolo cubano».

«Un incontro in un clima familiare, una conversazione dai toni informali», lo definisce il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi. Avviene dopo la messa nella Plaza de la Revolución, con un’omelia ricca di riferimenti politici e spirituali, che Fidel ha seguito alla tv senza perdersi una parola del Papa. Di che cosa parlano? Fidel, nell’ormai abituale tuta blu, fa molte domande, come avvenuto tre anni fa, sempre qui, con Benedetto XVI.

E se allora l’intesa intellettuale fra il Líder cubano e il Pontefice tedesco aveva funzionato, con un Castro che chiedeva a Joseph Ratzinger di mandargli por favor dei libri di teologia, ieri l’incontro non ha mancato di toccare argomenti politici e pastorali. «La conversazione tra il Papa e Fidel — conferma Lombardi — ha riguardato i temi della riflessione e del magistero di Francesco sull’umanità, il suo futuro, la situazione mondiale oggi, la crisi ambientale».

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Castro è assetato di letture religiose. Bergoglio lo sa. Nella sua borsa nera ha portato, assieme all’Enciclica scritta di suo pugno, due volumi in edizione spagnola del sacerdote italiano Alessandro Pronzato, esperto di catechesi, di Bibbia e di divulgazione teologica: «La nostra bocca si aprì al sorriso» (citazione da un salmo), testo sul valore dello humour e dell’allegria in relazione alla fede, e Vangeli scomodi .Poi una raccolta di discorsi e prediche, con registrazione acclusa in due cd («trovati a fatica», ammette Lombardi), di padre Armando Llorente, che fu insegnante di Ca- stro qui a Cuba, al collegio dei gesuiti di Belen.

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Quaranta minuti di botta e risposta che scorrono veloci. Fidel è felice. Francesco sorride. Un’atmosfera familiare e informale. “Fraterna”, la descrive Lombardi. Il Vaticano decide di non diffondere nessuna immagine dell’incontro. «Per rispetto della riservatezza di questa visita». Lo fa invece, più tardi, il regime cubano. La salute di Fidel è argomento sempre delicato. Castro, ora 89enne, aveva lasciato il potere nel 2006 per qualche accenno di malattia. Ieri l’argomento delle dimissioni di Benedetto XVI nel 2013, nemmeno un anno dopo il suo viaggio a Cuba, e di una eventuale rinuncia accennata da Francesco non ha avuto il tempo di essere affrontato.
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Al mattino, il Papa aveva trovato una piazza sufficientemente gremita: mezzo milione di persone. E in un luogo altamente simbolico per Cuba come Plaza de la Revolución, ha detto che «non si servono le ideologie, ma le persone». Parlava all’ombra di due evidentissime immagini stilizzate del Che Guevara e dell’altro leader rivoluzionario, Camilo Cienfuegos, e sotto un’enorme bandiera di Cuba.

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Ma anche sotto una grande immagine di Gesù. Così, davanti all’attuale capo dello Stato, Raul Castro, e in prima fila all’ormai onnipresente Presidenta argentina Cristina Kirchner (freddina oggi la stretta di mano del Papa), Francesco non ha lesinato parole legate ai temi politici.

Sulla Colombia, che vorrebbe visitare il prossimo anno, lancia un appello sul negoziato andato male tra il governo e i guerriglieri delle Farc: «Per favore, non possiamo permetterci un altro fallimento in questo cammino di pace e riconciliazione. Bisogna mettere fine alla notte di violenza». Il cardinale Jaime Ortega — unico arcivescovo ad aver ricevuto la visita di tre Papi — a conferma dell’importanza dell’isola caraibica per il Vaticano, accenna al disgelo fra l’Avana e Washington: «Non rimanga ai livelli alti politici, ma arrivi ai popoli di entrambe le nazioni».
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Poi all’Angelus il Papa fa riflessioni di carattere più spirituale. E trova una bellissima frase: «Bisogna riconoscere Gesù nell’uomo sfinito sulla strada». Che continua: «In ogni fratello affamato o assetato, che è spogliato o in carcere o malato». È la sua riflessione sugli ultimi: «La grandezza di una nazione si misura dal servizio ai più deboli. Bisogna capovolgere la logica del potere, sulle élite prevalgano gli umili».
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A lui si richiamano in serata le Damas de blanco , il movimento di opposizione la cui leader, Berta Soler, viene fermata con alcune compagne e il marito, il dissidente politico Angel Moya, mentre vanno alla messa. «Siamo usciti dalla sede delle Damas de blanco in 23, e con Moya, alle 5 del mattino per andare nella piazza e siamo stati arrestati tutti», spiega Soler dopo essere tornata a casa dopo un fermo di qualche ora in un commissariato. Non è riuscita a vedere, come voleva, el Papa argentino.
Ma a quell’ora, Francesco si era già incontrato con Fidel.


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