MARXISMO E CRISTIANESIMO
Il marxismo dà una spiegazione totale del mondo il cristianesimo resta aperto al mistero. La grandezza del cristianesimo è che in esso la spiegazione ultima del reale non è di pertinenza dell’uomo ma esclusivamente di Diodi Francesco Lamendola
Il marxismo dà una spiegazione totale del mondo; il cristianesimo resta aperto al mistero
La grandezza del cristianesimo, dal punto di vista intellettuale e spirituale, è che esso, pur prestandosi ai voli più audaci della speculazione filosofica, nondimeno conserva sempre il senso ultimo del mistero, della soglia che non può essere varcata: perché la spiegazione ultima del reale non è di pertinenza dell’uomo, ma esclusivamente di Dio.
Grandezza, perché il cristianesimo non disprezza la ragione, al contrario, la valorizza, perché concepisce l’uomo fatto a somiglianza di Dio - e la scienza moderna è stata possibile grazie ad esso e non già a dispetto di esso, come ci raccontano i vari Odifreddi -; ma, nello stesso tempo, circoscrive il suo ambito di pertinenza: ed è questo il punto di frizione con lo scientismo.
Si può dire, pertanto che la visione del reale propria del cristianesimo è totale, ma non totalizzante: essa si fonda su una verità che abbraccia tutto, ma, nello stesso tempo, sostiene che tale verità ultima può essere solo intuita e sfiorata dalla ragione, non già compresa e spiegata sino in fondo; se così fosse, il cristianesimo non sarebbe una verità soprannaturale, ma una filosofia come tante. Difatti, i più insidiosi nemici del cristianesimo, quanti hanno cercato di colpirlo al cuore, piuttosto che attaccarlo frontalmente, lo hanno, per così dire, accarezzato, sostenendo che in esso, in fondo, non c’è nessun mistero, e che il suo contenuto è perfettamente ragionevole (cfr. i nostri articoli «Il cristianesimo senza misteri di John Toland è una religione svuotata e anestetizzata» e «La crociata di John Toland contro i pregiudizi, classico esempio d’intolleranza radicale», pubblicati sul sito di Arianna Editrice, rispettivamente, in data 30/03/2009 e 22/05/2012).
Inoltre, il cristianesimo rispetta la libertà dell’uomo: non gli impone la Rivelazione, gliela propone; vuole che l’uomo vi aderisca liberamente, perché si tratta di accogliere l‘amore di Dio, e l’amore non potrà giammai essere imposto, ma solamente offerto. Se, in alcune situazioni storiche, la Chiesa ha cercato d’imporlo, essa si è allontanata dal suo vero messaggio; non ha mai smarrito del tutto, però, quel fondo di verità che consiste nella custodia – talvolta umanamente imperfetta, perché la Chiesa visibile è fatta di uomini e non di angeli - della Tradizione e della Scrittura. E poiché il cristianesimo rispetta e valorizza la libertà dell’uomo (ma non la assolutizza: e il senso del Peccato originale è tutto qui), esso non pretende di dare, qui e ora, cioè nella dimensione terrena, una spiegazione integrale del reale. Perché al fondo del reale c’è, appunto, il Mistero (si pensi alla duplice visione di Dante, nell’ultimo canto della «Commedia», dei due massimi misteri cristiani: l’Incarnazione e la Trinità: visione che è resa possibile non già dall’intelligenza umana, ma dal soccorso straordinario della grazia, propiziato dalle preghiere dei Santi).
Altre visioni del reale, invece, non solo sono totali, ma totalizzanti: il marxismo e la psicanalisi sono fra queste. Si tratta, in fondo, di versioni moderne della gnosi: il loro comune denominatore è la convinzione che la verità sia accessibile all’uomo; ma non a tutti gli uomini, solo a quei pochi che arrivano a vederla e a comprenderla: i quali, modestamente, si incaricheranno di diffonderla nel mondo, o, in ogni caso, di fare in modo che ogni ginocchio le si pieghi dinnanzi, anche se le masse continueranno a non capire e crederanno per sola fede. Ma di ciò gli gnostici, vecchi e nuovi, generosamente si accontentano, come si sono sempre accontentati. In fondo (altra differenza con il cristianesimo), la gnosi è l’espressione di una concezione aristocratica del conoscere: lo gnostico ha il massimo disprezzo per il popolino e per le sue credenze, che, se innocue, gli lascia interamente; l’importante è che la vecchietta non ardisca di potersi paragonare al sapiente. Nel cristianesimo, le cose vanno in maniera opposta: e i più grandi santi, compresi alcuni fra i massimi pensatori dell’umanità, hanno sempre nutrito un senso di rispetto e quasi d’invidia per la fede semplice, ma profonda, delle vecchiette, memori delle parole di Cristo stesso: «Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e agli intelligenti, e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre; perché così è piaciuto a te. Tutto mi è stato rivelato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare» (Mt, 11, 25-26).
Prediamo il marxismo. Esso ha una risposta per tutto; e, se non l’ha, è certo di poterla dare, un giorno: non ammette il limite umano, nega il mistero. È una perfetta creazione del Positivismo. Il marxista non dice mai: «Non lo so»; ha una spiegazione per tutto, perfino per i clamorosi e drammatici contrordini dei suoi capi (vedi il patto Molotov-Ribbentrop fra stalinismo e hitlerismo dell’agosto 1939); il suo seguace ci spiegherà, ad esempio, che, in quel momento storico, era giusto fare così, e che pertanto non vi è stata alcuna contraddizione fra i principi e la pratica, ma solo una manovra strategica mirante ad aggirare un ostacolo o a guadagnare tempo. Anche per quanto riguarda la profezia, sbagliata in pieno, che la rivoluzione sarebbe scoppiata là dove il capitalismo, più maturo, avrebbe accumulato il massimo delle sue contraddizioni, la quale, a sua volta, era l’effetto di un’altra profezia sbagliata, e cioè che dove il capitalismo giunge alla sua fase più avanzata, lì la classe operaia subisce il massimo dello sfruttamento: ebbene, il marxista ortodosso non si scompone per così poco, e con perfetta calma ci spiegherà che siamo noi a non aver capito bene il senso delle affermazioni di Marx: perché il suo verbo è infallibile.
Scriveva il saggista e vaticanista Paolo Volpini in un articolo, «L’intervista a J. M. Domenach», apparsa sul quotidiano romano «Il tempo» nell’ormai lontano marzo 1977 (in: P. Volpini, «Cloro al clero. Imprudenze di un cattolico del consenso», Milano, Rusconi, 1978, pp. 185-187):
«J. M. Domenach è uno dei più prestigiosi intellettuali della sinistra cattolica francese. Segretario di redazione con Mounier nella rivista “Esprit” a ventiquattro anni, nel 1946, ne divenne caporedattore nel 1949, e, infine – con la morte di Béguin nel 1957 – il direttore. Non c’è bisogno di dire quello che è stato e quello che ancora oggi significa “Esprit” e l’influenza culturale che ha avuto anche da noi in Italia, segnatamente fra i cattolici, per le sue prese di posizione, per le polemiche sulla destra e per il lungo dialogo aperto con i marxisti in generale e con i comunisti in particolare.
Ora, lasciando la direzione, Domenach, in un saggio premesso all’ultimo numero dell’anno scorso dal titolo significativo, “Sans adieu”, fa il bilancio con una onestà intellettuale e morale che dovrebbe essere illuminante anche per i cattolici italiani aggregati al marxismo.
Domenach sottolinea come oggi, più di quanto non lo sia stato nel passato urge la coscienza spirituale della libertà: “Abbiamo imparato che la libertà dipende meno dalle regole che la delimitano che dal coraggio di coloro che la vivono”. “è una certa proporzione di uomini liberi che fa libero un paese” diceva Bernanos; è il richiamo alla “tradizione di Péguy” contro le ipoteche di ogni sorta di tirannide; e dichiara che fra gli uomini degli ultimi anni “due, in particolare, ci hanno aiutato ad avanzare: Ilich [Illich?] e Solgenitsin”.
Insieme a questo saggio bisogna leggere la sua intervista, pubblicata in un settimanale portoghese, “Voz Portucalense”, sui rapporto fra cristiani e marxisti. L’intervista è stata tradotta sostanzialmente intera, ijn un settimanale per suore; è incredibile, o meglio è naturale, che questa intervista non abbia interessato proprio quei cristiani che hanno da sempre tratto da “Esprit” quanto faceva comodo alle proprie tesi, ma che storcono il musino (come fanno i gatti dalla zuppa che rifiutano) quando c’è da prendere atto di qualcosa che li disturba. E questa intervista potrebbe non soltanto disturbarli, ma metterli in cristi: dato che ne siano ancora capaci. Dovrebbe essere citata per intero.
Mi limito a due affermazioni che entrano nel cuore del rapporto fra cristiani e marxisti con la (lieve) speranza che possano indurre nella tentazione di leggere il seguito. “Io non credo che un cristiano possa essere totalmente marxista, senza lasciare di essere cristiano o marxista. E non lo credo una volta di più, non perché egli sarebbe presto ridotto al materialismo dialettico, ma molto semplicemente perché, poco alla volta, gli sarebbero date tutte le spiegazioni, perché egli stesso diventasse un uomo della spiegazione totale, perché perderebbe quella modestia, quell’interrogarsi di fronte alla storia, al significato dell’azione umana, che a mio avviso caratterizza il cristiano. Direi, dunque, che l’’osso duro da rosicchiare’ del marxismo è la pretesa di dare una spiegazione totale”. E come cristiano “dico semplicemente che se la storia ci fosse interamente manifesta, se conoscessimo sino in fondo il suo significato, anzitutto non avremmo bisogno di Cristo… Il cristiano è un essere più storico del marxista”.»
Da queste riflessioni emerge, fra le altre cose, in quale errore abissale, anzi, in quale radicale travisamento e totale rovesciamento, siano incorsi quei sedicenti cristiani, e specialmente cattolici, i quali, autodefinendosi progressisti, aperti, ecumenismi, dialoganti e Dio sa cos’altro, hanno tentato, intorno agli anni Settanta e Ottanta del XX secolo, di propagandare una nuovissima versione del Vangelo, profondamente intrisa di marxismo; quei teologi che hanno fatto proprie le categorie del marxismo; quei preti e laici che hanno ritenuto non esservi alcuna divergenza o inconciliabilità di fondo tra marxismo e cristianesimo, essendo entrambi diretti ad un unico e medesimo fine: la “liberazione” integrale dell’uomo.
Quel che stupisce, semmai, è la pazienza, per non dire l’acquiescenza, con cui una simile eresia, che stravolge dalle fondamenta la Lieta Novella cristiana, è stata tollerata, o assai blandamente redarguita, dal Magistero ecclesiastico; sicché essa ha avuto agio di spandersi e penetrare ovunque nel corpo della cristianità e di infettarlo sino al midollo: al punto che oggi, laddove il marxismo è stato sconfitto e sbugiardato in ogni angolo del globo terracqueo (con la sola eccezione, a quel che ci consta, della Corea del Nord), tratti caratteristici del pensiero e della mentalità marxista continuano ad annidarsi nel cuore del cristianesimo e specialmente del cattolicesimo: e ne stiamo avendo delle ulteriori manifestazioni proprio in questi ultimi tempi.
Che altro significano, certe esternazioni arroganti, insolenti, ideologizzanti, da parte di esponenti di spicco della Chiesa cattolica, come monsignor Galantino, segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana, contro i politici italiani sul tema dei cosiddetti migranti, se non che il virus del marxismo ha attecchito e continua a seminare i suoi errori, mascherato dietro le apparenze di una lettura “integrale” del Vangelo, che altro non è se non una variante del totalitarismo comunista, o, peggio, la pretesa calvinista di costruire la società dei “perfetti” qui e ora, con le armi del ricatto e della scomunica, tacciando di egoismo e di mancanza di carità cristiana chiunque osi avanzare il minimo dubbio circa la saggezza di una politica della accoglienza indiscriminata nei confronti di milioni di stranieri, dei quali nulla sappiamo, né delle loro vere origini, né, meno ancora, delle loro reali intenzioni?
Si vede che i cattolici progressisti, alla Galantino, non leggono i giornali, oppure li leggono secondo le loro categorie preconcette, ossia dando torto ai fatti, quando i fatti danno torto alle loro teorie buoniste, mondialiste ed egualitariste: per esempio, quando riportano fatti atroci, come il delitto compiuto alla fine di agosto 2015, nel Catanese da un “profugo” ivoriano diciottenne, che pare abbia massacrato due anziani coniugi per derubarli, mente era ospitato in un Centro di accoglienza per Richiedenti Asilo (C.A.R.A.). Di fatti così, o, per fortuna, meno cruenti, non però meno odiosi, ne accadono ogni giorno: e tuttavia i vescovi ed i preti di sinistra, alla Galantino, continuano a invocare, a pretendere, a ordinare a tutti, credenti e non credenti, la massima accoglienza, la massima disponibilità, la massima benevolenza. Così come massacri e deportazioni di cristiani avvengono ogni giorno in Iraq, in Siria e in altri Paesi islamici, ma quei signori non vogliono ascoltare nemmeno le testimonianze di quei preti e di quei fedeli cattolici, che ne sono vittime in prima persona: i quali affermano che gli Europei dovrebbero levarsi dalla testa certe pie illusioni sul “dialogo” con l’Islam e prendere atto che, nelle loro terre, è in atto un vero e proprio genocidio anticristiano, e che i loro connazionali islamici, compresi i cosiddetti moderati, in molti casi non muovono un dito, né dicono una parola, per dissociarsene.
Una cosa bisognerebbe sempre ricordare: le spiegazioni totalizzanti del reale non promuovono mai l’uomo, né, meno che mai, la sua intelligenza, ma favoriscono il suo asservimento; perché si fondano sempre sulla pretesa di una minoranza di aver compreso, sino in fondo, la verità. Ecco perché abbiamo bisogno del Mistero: per restare uomini, per non cadere nella “hybris” demoniaca...
di Francesco Lamendola
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.